Paladini del disordine e del nichilismo, tra imbecilli "strumentalizzati" e corteggiatori di morte: è in corso la battaglia decisiva fra l’ordine e il caos; la vita ha bisogno di ordine, la morte è solo il trionfo del disordine di Francesco Lamendola
Il mondo, le cose e noi stessi, l’intera l'esistenza di tutto si basa sul principio dell’ordine. Il mondo esiste perché esiste un certo ordine; le cose esistono perché sono ordinate; se aumenta l'entropia, cioè il disordine, le cose si autodistruggono. Ciò vale per la realtà fisica, ma anche e a maggior ragione per le realtà spirituali. Una famiglia, per esempio, si regge sul principio d'ordine: è necessario che ciascuno dei suoi membri svolga il proprio ruolo, e che lo svolga in maniera appropriata, cioè ordinatamente. Le cose sono ordinate ad un fine, e l'ordine consiste nella proporzione fra i mezzi e il fine. Anche il pensiero, anche i sentimenti e gli affetti devono rispondere a questo principio: sono ordinati quando conducono verso la meta e sono disordinati quando portano lontano da essa. Oggi prevale la filosofia del disordine, che è l'essenza della modernità: prevale, cioè, l'idea che le cose non hanno alcun fine e che ciascuno è perfettamente libero di cercare la propria realizzazione in qualsivoglia maniera, anche la più disordinata e aberrante. Sempre per restare nell'ambito della famiglia, oggi ci sono persone che si sposano con altre del loro sesso; ci sono quelle che si sposano da sole, ovvero con se medesime; e quelle che sposano un animale. Sono casi molto rari, questi ultimi, e tuttavia ce ne sono: è l'inizio di una tendenza. Senza dubbio, nel prossimo futuro, ci saranno persone che si sposeranno con un computer.
Trionfa il principio dell'individualismo: ciascuno fa quel che vuole, senza alcuna preoccupazione per gli altri. Ma un mondo disordinato, lo abbiamo detto, fatalmente si autodistrugge: è una legge fisica. Si conserva solo ciò che è ordinato, solo ciò che riesce a ricostituire continuamente una certa quantità di ordine. Il disordine, infatti, fa parte delle leggi della vita: è inevitabile che le cose siano sottoposte a un certo grado di pressione e di logoramento, sia dall’interno che dall’esterno; ma è di vitale importanza che esse riescano a contrastare l'entropia con una ricostituzione progressiva dell'ordine. Di fatto, la realtà si regge su un equilibrio dinamico fra ordine e disordine; tuttavia i due principi non stanno su uno stesso livello ontologico: il principio dell'ordine è di natura positiva, serve a far esistere le cose; il principio del disordine è di natura puramente negativa: registra la perdita di ordine e, in ultima istanza, ratifica la fine dell'esistenza delle cose. Fondare l'esistenza sul principio del disordine significa decretarne la rapida distruzione: è l'ordine che fa esistere le cose, non il disordine.
Paladini del disordine e del nichilismo, tra imbecilli "strumentalizzati" e corteggiatori di morte: è in corso la battaglia decisiva fra l’ordine e il caos; la vita ha bisogno di ordine, la morte è solo il trionfo del disordine!
Non sempre è facile ricostituire l'ordine che si è logorato per il sopraggiungere di varie circostanze. Di nuovo, la famiglia: la morte di un componente è una ferita che incrina l'ordine del gruppo. Se, poi, a morire è un figlio, una persona giovane, che aveva l'avvenire davanti a sé, l'ordine vitale degli altri componenti, e specialmente dei genitori, subisce un colpo fierissimo. Il principio dell'ordine vuole che le ferite siano rimarginate e che le persone ritrovino il senso della loro esistenza; se lo smarriscono, subentra il principio del disordine e si può prevedere che la vita di quelle persone, e forse dell'intera famiglia, precipiterà verso il disordine della depressione, della sofferenza cieca, della disperazione, tutte cose che conducono verso la morte, se non in senso fisico, in senso spirituale. La vita ha bisogno di ordine; la morte è il trionfo del disordine. Gli organi cessano di funzionare, le cellule si disgregano, l'attività spirituale si interrompe - sul piano fisico, beninteso. Chi ama il disordine come principio dell'esistenza, ama, in realtà, la morte. L'incitamento alla libertà sfrenata, alla realizzazione di sé in qualsiasi maniera, assecondando qualsiasi impulso, sono tutte maniere di corteggiare la morte.
La nostra è una "Civilta' della morte" in cui il disordine è stato promosso a virtù ed eretto a sistema!
La filosofia nichilista è un corteggiamento della morte; l'arte brutta è un corteggiamento della morte; la musica rock pesante è un corteggiamento della morte; i fumetti e i film horror che trasudano violenza e crudeltà, sono un corteggiamento della morte; lo sport praticato con l'assunzione sistematica di sostanza anabolizzanti è un corteggiamento della morte; la finanza che accresce a dismisura i capitali, a scapito della società del lavoro, depauperando le persone concrete che lavorano e risparmiano, è un corteggiamento della morte. La civiltà moderna è una civiltà di morte. E poiché noi viviamo immersi nella modernità, abbiamo perfino smarrito la capacità di accorgerci che stiamo corteggiando la morte, la nostra morte. I libri che leggiamo, i film che guardiamo, i passatempi e spesso perfino gli sport che pratichiamo o ai quali assistiamo e dei quali siamo tifosi, sono altrettante manifestazioni di un istinto di morte. In alcune forme, anche molto diffuse, l'istinto di morte non si prende neanche il disturbo di dissimularsi. La diffusione dell'uso di droghe, anche pesanti, ad esempio, specialmente fra i giovani, è già di per se stessa un fenomeno eloquente; ma è ancor più significativo il fatto che molte forze politiche ne sostengano la perfetta liceità, e che alcuni parlamenti l'abbiano riconosciuta per legge. Un discorso analogo si può fare per l'aborto, riconosciuto per legge in tutti i Pesi occidentali e democratici, mentre in alcuni anche l'eutanasia ha ottenuto un riconoscimento legale. Non solo l'istinto di morte è stato legalizzato, ma è stato anche presentato e recepito presso l'opinione pubblica come una "conquista di civiltà". Tutto questo si configura come un autentico trionfo del disordine istituzionalizzato: è come se le società occidentali avessero imboccato consapevolmente la strada dell'autodistruzione, approvando e riconoscendo tutte quelle pratiche che introducono una crescente quantità di disordine al loro interno. L'aborto è una forma di disordine perché, oltre che un disordine morale, introduce un elemento di automutilazione e, alla lunga, di autodistruzione per l'intera società: è l'equivalente di un albero che divori i suoi stessi semi. L'eutanasia è un disordine perché infrange il tabù del rispetto incondizionato per la vita, e specialmente per quella delle persone care: facendo passare per un atto di amore la soppressione di un malato terminale, si preparano le condizioni perché la vita appaia sempre più come un fenomeno meramente biologico, che non è degno di essere difeso e conservato se vengono meno le condizioni che noi, soggettivamente, giudichiamo accettabili, il che apre inquietanti scenari futuri, nei quali chiunque si sentirà depresso, o scoraggiato, o deluso, potrà chiedere e pretendere il diritto di essere aiutato a morire. I cosiddetti matrimoni omosessuali rientrano in questa generale tendenza al disordine e all'auto-distruzione. Infatti è evidente che una società nella quale le unioni fra persone dello stesso sesso vengono incoraggiate, e nella quale viene incoraggiata e favorita anche la pratica del cambiamento di sesso, a spese della sanità pubblica, è una società che prepara la propria dissoluzione, visto che la società esiste perché esiste l'amore fra uomo e donna e che da quell'amore fecondo nascono i bambini. Finché i bambini nasceranno da uno spermatozoo e da un ovulo, la sola famiglia degna di essere chiamata tale è quella che si origina dall'unione di un uomo e di una donna. Il fatto che si debbano ripetere simili ovvietà, e il fatto che chi le afferma rischia di essere aggredito, accusato di omofobia, e magari denunciato per istigazione all'odio contro i "diversi", la dice lunga su quanto in profondità sia penetrato l'istinto di morte - perché di questo si tratta - nella nostra società; e di come ci siamo ormai abituati a considerare normale vivere in un mondo sempre più disordinato, e nel quale il disordine è stato promosso a virtù ed eretto a sistema. Ciò è stato reso possibile da alcuni secoli - perché il male parte da lontano - di cultura materialista, relativista, edonista, soggettivista e ultra-individualista, e, da ultimo, dal dilagare del consumismo, specie nella versione tecnologica - computer, telefonini, social network - che ha dato il colpo di grazia a quel poco che ancora esisteva di ordinato e di amante della vita nella nostra società. Per alcune centinaia d’anni, ma specialmente a partire dal tardo XIX secolo, il pubblico europeo ha corteggiato, celebrato, osannato i cattivi maestri: cattivi maestri nella filosofia e nella letteratura, poi nelle arti figurative, nel cinema, nella musica leggera; per non parlare della politica. Il fatto che milioni di uomini abbiano creduto in capi comeHitler e Stalin è già altamente indicativo; tuttavia, se si considerano i contenuti delle opere di tanti sedicenti artisti, cantanti, registi, e le dichiarazioni e gli stessi atteggiamenti e stili di vita di uomini e donne di spettacolo, nonché dei "divi" dei social network, ci si accorge che non esiste, rispetto a quei casi del recente passato, una differenza significativa nell'odio verso la vita e nel rifiuto dell'ordine, che è anche un rifiuto del bene.
Oggi prevale la filosofia del disordine, che è l'essenza della modernità: prevale, cioè, l'idea che le cose non hanno alcun fine e che ciascuno è perfettamente libero di cercare la propria realizzazione in qualsivoglia maniera, anche la più disordinata e aberrante!
È in corso la battaglia decisiva fra l’ordine e il caos
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