ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 12 aprile 2019

Come la pioggia in un deserto

Del Noce: “il problema della sessualità e dell’erotismo è oggi il problema fondamentale dal punto di vista morale”

L’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles Chaput, nel commentare il saggio del papa emerito Benedetto XVI sugli abusi sessuali nella Chiesa, ci fa notare una stretta consonanza di pensiero tra Benedetto ed il filosofo italiano Augusto Del Noce. Nel suo articolo ci spiega il perché.
Vi propongo questo interessante articolo dell’arcivescovo Chaput nella mia traduzione.
mons. Charles Chaput,  arcivescovo di Philadelphia
mons. Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia
 Scrivendo quasi mezzo secolo fa (1970), il filosofo cattolico italiano Augusto Del Noce ha osservato che

Spesso mi ritrovo a invidiare i non credenti: La storia contemporanea non fornisce abbondanti prove che i cattolici sono una specie mentalmente inferiore? La loro fretta di conformarsi all’opinione sul cattolicesimo dei laicisti razionalisti laici è sbalorditiva.

Queste parole del suo saggio “The Ascendance of Eroticism” aprono le brillanti riflessioni di Del Noce – in parte analisi, in parte profezia – sulla rivoluzione sessuale allora in corso in Europa. In un momento in cui un giovane sacerdote di nome Joseph Ratzinger prevedeva una Chiesa del futuro più piccola, più pressata ma più pura, nelle sue interviste radiofoniche tedesche e vaticane del 1969-70, Del Noce spiegava come [ciò] sarebbe accaduto. Egli prevedeva che “la battaglia decisiva contro il cristianesimo può essere combattuta solo a livello di rivoluzione sessuale. E quindi il problema della sessualità e dell’erotismo è oggi il problema fondamentale dal punto di vista morale”. 

La storia gli ha dato ragione, e per ovvie ragioni. Il sesso è al tempo stesso un legame potente e un corrosivo feroce, motivo per cui, storicamente, quasi tutte le culture umane l’hanno circondata da tabù che ne ordinano l’armoniosa integrazione nella vita quotidiana.  L’ansia ingenua – “stupidità” non sarebbe una parola troppo forte per gli scopi di Del Noce – di molti progressisti della Chiesa della metà del secolo nell’accettare, o almeno nell’accomodare, la licenza sessuale come forma di liberazione umana, ha guidato il collasso intellettuale di un’intera generazione di teologia morale cattolica. Dagli anni ’60, la licenza si è trasformata in diffuse disfunzioni sessuali e sociali, conflitti e sofferenze, come previsto anche da Del Noce. 

Purtroppo, le lezioni degli anni ’60 sono oggi costantemente ignorate da gran parte della classe intellettuale della Chiesa: In parole povere, il sesso è intimamente legato all’antropologia, all’autocomprensione umana e allo scopo del corpo.  Così, affinché la Chiesa rimanga Chiesa, non ci può essere accordo con comportamenti fondamentalmente in contrasto con la Parola di Dio e la comprensione cristiana della persona umana come imago Dei. Tutti questi tentativi portano inevitabilmente a quella che Ratzinger (ora Benedetto XVI, papa emerito) una volta chiamava l’apostasia silenziosa. Mi viene in mente la situazione attuale della Conferenza episcopale tedesca; ma il problema è più ampio di una singola Chiesa locale.

Nel suo saggio del 10 aprile “La Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali, un molto più anziano Joseph Ratzinger guarda al fenomeno degli abusi attraverso la lente della sua esperienza di vita, dividendo il suo testo in tre parti: origini della crisi, risposte iniziali della Chiesa e cosa bisogna fare per guarire la vita cattolica. Il saggio manca di un po’ del rigore dei suoi precedenti scritti formali, e non soddisferà quei critici che vedono Giovanni Paolo II e Benedetto come lenti nell’affrontare la scala e la gravità del problema, ma le sue parole sono comunque chiare e penetranti come sempre. 

Come i laici che servono e guidano, i sacerdoti sono formati dalla cultura da cui emergono. Dovrebbero essere tenuti, giustamente, ad un livello più alto a causa della loro vocazione. Ma i sacerdoti e i vescovi non hanno alcuna immunità miracolosa nei riguardi dell’anormalità che bolle intorno a loro. Ratzinger individua il germe della crisi attuale nella deliberata svolta verso l’anarchia sessuale che ha segnato gran parte dell’Europa negli anni Sessanta, e il completo fallimento dei teologi morali cattolici nel contrastarla – un fallimento che più spesso assomigliava a quello dei compagni di viaggio. Egli nota anche, come Del Noce, il piccolo segreto sporco della rivoluzione sessuale:  Norme sessuali più libere non riducono l’appetito per la violenza, compresa la violenza sessuale. Accade esattamente il contrario.

Ratzinger riconosce che “In vari seminari si sono formate cricche omosessuali che hanno agito più o meno apertamente e hanno cambiato significativamente il clima dei seminari”. Egli nota anche un problema che ha contagiato la leadership: Soprattutto, un criterio per la nomina di nuovi vescovi [è diventato] ora la loro “conciliarità”, che naturalmente potrebbe essere intesa in modi piuttosto diversi”.

Ratzinger cerca di spiegare la risposta inizialmente lenta e inadeguata della Chiesa al problema degli abusi. Egli vedeva correttamente la questione degli abusi come una crisi che incideva sull’integrità della fede e non solo come una questione legale fondata sui diritti del clero accusato. Così ha forzato con successo il trasferimento dei casi di abuso dalla Congregazione della giurisdizione del Clero alla Congregazione per la Dottrina della Fede, dove il trattamento dei casi poteva essere accelerato.  Ma anche in questo caso, la portata del problema si rivelò più ampia di quanto si potesse prevedere. Rimane in silenzio su quella che molti vedono come la continua resistenza di Roma a nominare in maniera Franca la questione centrale del problema dell’abuso del clero, che non è principalmente una questione di privilegio clericale, ma piuttosto un modello di omosessualità predatoria.
In tutto il suo breve testo, Ratzinger ha momenti di intuizione e genio che cadono come la pioggia in un deserto, soprattutto oggi. Come in: “Ci sono valori che non devono mai essere abbandonati per un valore maggiore e addirittura superare la conservazione della vita fisica. C’è il martirio. Dio è più importante della sopravvivenza fisica.Una vita che fosse comprata dalla negazione di Dio, una vita che si basasse su una menzogna finale, è una non vita”. E “Un mondo senza Dio può essere solo un mondo senza significato”.  E “Un compito fondamentale, che deve risultare dagli sconvolgimenti del nostro tempo, è che noi stessi ricominciamo a vivere di nuovo per Dio e per lui”.

Le parole del papa emerito sono particolarmente penetranti quando parla dei tanti cattolici contemporanei che trattano l’Eucaristia – la Presenza Reale di Dio in mezzo a noi; la fonte e il culmine della vita cristiana come “un mero gesto cerimoniale…. che distrugge la grandezza del Mistero”. O quando nota che la Chiesa oggi “è ampiamente considerata come una sorta di apparato politico”, e anche molti vescovi “formulano la loro concezione della Chiesa di domani quasi esclusivamente in termini politici”. E infine questo:
 Oggi l’accusa contro Dio è, soprattutto, quella di caratterizzare la sua Chiesa come completamente cattiva, dissuadendoci così da essa. L’idea di una Chiesa migliore, creata da noi stessi, è infatti una proposta del diavolo, con la quale egli vuole allontanarci dal Dio vivente attraverso una logica ingannevole con la quale siamo ingannati troppo facilmente. No, anche oggi la Chiesa non è fatta solo di pesci ed erbacce cattive.  La Chiesa di Dio esiste anche oggi, ed è oggi lo strumento stesso attraverso il quale Dio ci salva…….

La Chiesa di oggi è più che mai una Chiesa dei Martiri, e quindi una testimonianza al Dio vivente. Se ci guardiamo intorno e ascoltiamo con cuore attento, possiamo trovare testimoni ovunque oggi, soprattutto tra la gente comune, ma anche nelle alte sfere della Chiesa, che si ergono per Dio con la loro vita e la loro sofferenza. È un’inerzia del cuore che ci porta a non volerli riconoscere. Uno dei grandi ed essenziali compiti della nostra evangelizzazione è, per quanto possibile, quello di stabilire habitat di fede e, soprattutto, di trovarli e riconoscerli.
 Amen.  Non c’è molto altro da dire.

Verso la fine del suo saggio del 1970, Augusto Del Noce ha osservato che “sarà necessaria un’enorme revisione culturale per lasciarsi davvero alle spalle i processi filosofici che hanno trovato espressione nella rivoluzione sessuale di oggi”. La cattiva notizia è che troppi cattolici di oggi sembrano non avere la volontà e la capacità di perseguire questo compito. La buona notizia è che alcuni dei nostri leader hanno ancora il coraggio di dire la verità.
 Fonte: First Thing

Reno: “la Chiesa cattolica è diventata un pasticcio ingovernabile” a causa del ‘68, dissenso interno, carenti leggi canoniche

Ecco una acuta analisi di R.R.Reno, direttore della autorevole rivista First Thing, della inaspettata e graditissima testimonianza di Benedetto XVI sulla crisi della Chiesa, martoriata dagli abusi sessuali.
Ve la propongo nella mia traduzione.
Piazza San Pietro colpita da fulmine
Sesso, scandalo, la Chiesa e un’atmosfera generale di disintegrazione: Questo è il fulcro dell’inaspettato interventodel Papa emerito Benedetto XVI nell’infelice politica ecclesiale di oggi. Benedetto, dopo aver contattato Papa Francesco, ha scritto una dichiarazione sulla Chiesa e il suo scandalo degli abusi sessuali che intende pubblicare su un periodico bavarese. Il tono del documento è quello abituale, quello di dichiarazioni calme e concrete. Nel complesso, è più testimonianza che analisi, testimonianza di un uomo che ha vissuto attraverso convulsioni culturali e tradimenti teologici. Ed è la testimonianza di un uomo fedele all’amore duraturo di Dio.

La Rivoluzione del ’68 ha sempre avuto un grande peso nelle relazioni di Benedetto. Gli eventi di quell’anno fatidico si sono sentiti molto più acutamente nell’Europa occidentale che negli Stati Uniti. Il continente dilaniato dalla guerra tirò un respiro profondo nel 1945, e i quindici anni successivi videro determinati sforzi di ricostruzione. L’oggetto non era solo la ricostruzione materiale, ma anche il ricostituzione morale e spirituale.

In qualche modo l’Occidente ci riuscì, ma ad un costo.  Ci volle una ferma volontà nel rimandare indietro il comunismo in Francia e in Italia. Germania e Austria avevano divisioni russe ai loro confini. Tutti sentivano la spaventosa minaccia dell’annientamento nucleare. In retrospettiva, non sono stati i giovani a cambiare così tanto nel ’68. Lo sono stati i loro genitori, molti dei quali non avevano né la volontà né l’inclinazione a resistere.  Forse erano spiritualmente esausti, prima dalla catastrofe civile della prima metà del XX secolo, e poi dai due lunghi decenni di sforzi per riportare prosperità, decenza e vita normale.

Qualunque siano le sue cause, Benedetto è sicuramente corretto. La Rivoluzione del ’68 ha infranto i divieti, le inibizioni e le norme stabili che sono necessarie per frenare l’appetito dell’uomo, contribuendo così alle condizioni in cui la malafede e l’abuso sessuale clericale si sono manifestati. Ma è importante rendersi conto che il ’68 ha liberato di più che il semplice desiderio sessuale. Ha scatenato la pleonexia (il desiderio insaziabile di avere ciò che appartiene di diritto agli altri, ndr). Il contenuto duraturo di quel momento storico era un imperativo di liberazione che serviva ad un desiderio vorace di esperienze sensuali e di consumo materiale.
Le trasformazioni sociali indotte da questo imperativo sono in corso. Sono così potenti che, nella politica dell’Occidente, hanno fuso sinistra e destra in un consenso neoliberale che cerca la massima liberazione per il bene della creazione di ricchezza (il diritto economico di deregolamentazione) e la massima liberazione per il bene della realizzazione personale e dell’auto-accettazione (la deregolamentazione culturale di sinistra). Non sorprende che la Chiesa sia stata travolta dall’imperativo della liberazione che sventola la falsa bandiera della libertà.

Benedetto presta ampia attenzione ai modi in cui i principali teologi morali hanno battezzato l’imperativo della liberazione, raccontando la patetica promessa di Franz Böckle di resistere con tutte le sue risorse all’unico male che ha riconosciuto: la limitazione alla liberazione che deriva dal riconoscimento della nozione di atti intrinsecamente malvagi – cioè le cose che non si possono fare. Böckle era tipico. In un modo o nell’altro, a partire dal Vaticano II la maggioranza dei teologi in Occidente è indietreggiata dinanzi alle implicazioni dell’affermazione della Chiesa sull’oggettività della verità.

Egli fornisce aneddoti sulla formazione seminaristica degli anni Settanta e Ottanta, che indicano che una noncurante dimissione del magistero della Chiesa non era l’unico campo dei teologi morali. Predominava una certa mentalità “progressista”, che scacciava tutto ciò che aveva il minimo odore dell’autorità della rivelazione.  Durante il pontificato di Giovanni Paolo II c’erano interi settori della Chiesa in ribellione quasi aperta, fedeli all’imperativo della liberazione piuttosto che al vescovo di Roma. A questo Benedetto aggiunge osservazioni dettagliate sulle inadeguatezze del proprio codice giuridico della Chiesa che hanno reso inefficaci i meccanismi ufficiali per disciplinare gli abusi sessuali clericali. L’impressione generale: Travolta dalla Rivoluzione del ’68, piena di dissenso e strutturata da presupposti istituzionali e canonici inadatti alla realtà attuale, la Chiesa cattolica è diventata un pasticcio ingovernabile. L’immagine dà una simpatia per gli uomini che cercano di padroneggiare le sue attuali e gravi sfide.
Benedetto vede l’influenza che la Rivoluzione del ’68 ha esercitato sulla Chiesa. Come uno degli ultimi sopravvissuti della generazione eroica, gli uomini che a metà del XX secolo hanno rimodellato la Chiesa con coraggiosi progetti intellettuali nuovi, culminanti nel Concilio Vaticano II, io vorrei che lui riflettesse sui modi in cui le linee di influenza andavano anche in senso contrario. Non c’è dubbio che il Vaticano II ha funzionato come meccanismo di innesco durante gli esplosivi anni Sessanta. Esso ha segnalato all’Occidente che l’epitome della verità immutabile era riconsiderare, ripensare, rielaborare, in una parola, correggere.

Tutta questa revisione si disse [che era] per ri-esprimere le stesse verità immutabili. Erano semplicemente riaffermate con uno sguardo verso una maggiore apertura. Ma naturalmente “apertura”, pur non essendo sinonimo di liberazione, è un cugino stretto. Se il Papa emerito volesse dare un resoconto adeguato del contesto storico del fallimento della disciplina morale tra il clero, deve fare i conti con il ruolo profondo della Chiesa nella Rivoluzione del ’68, non solo con il suo destino nelle sue conseguenze.

Questo non è solo un compito per Benedetto; è un compito che tutti dobbiamo intraprendere. Come egli avverte, non possiamo sfuggire ai nostri problemi creando un’altra Chiesa. Aggiungerei: Non possiamo sfuggire fingendo di vivere in un’altra epoca, una non contaminata dal ’68 e dall’imperativo della liberazione.  Nel cercare la via della fedeltà nel ventunesimo secolo, dobbiamo tenere gli occhi su Cristo, come ci ricorda giustamente Benedetto. Ma dobbiamo anche prendere la piena misura del ventesimo secolo, e farlo tenendo presente che la Chiesa è stata un agente in quei decenni tumultuosi tanto quanto una vittima.
Fonte: First Thing

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