Condanne della Chiesa all'eresia chiamata «ecumenismo»
La prestigiosa Enciclopedia Cattolica (Vol. V, Vaticano, Imprimatur 8 ottobre 1950, Coll. 63-65) afferma: La teoria dell'ecumenismo - Parola derivata da «ecumenico», ossia universale, che viene adoperata nei tempi moderni per indicare ogni sorta di attività religiosa che non si limiti ai problemi interni di una Chiesa cristiana. Nel senso proprio ecumenismo è la teoria più recente escogitata dai movimenti interconfessionali, specialmente protestanti, per raggiungere l’unione delle Chiese cristiane. Qui si parla dell’ecumenismo in senso stretto. L'ecumenismo presuppone come sua base l’eguaglianza di tutte e Chiese dinanzi al problema dell’unione.
Ciò
sotto il triplice aspetto psicologico, storico ed escatologico: a)
Psicologicamente tutte le Chiese devono riconoscersi ugualmente
colpevoli della separazione, cosicché, invece di incolparsi l’una
l’altra, ognuna ha da chiedere perdono; b) Storicamente nessuna Chiesa,
dopo la separazione, può credersi la Chiesa unica e totale di Cristo, ma
soltanto parte di quest’unica Chiesa: conseguentemente, nessuna può
arrogarsi il diritto di obbligare le altre a ritornare a lei, bensì
tutte debbono sentire l’obbligo di riunirsi tra loro, (vaneggiando di)
ricostituire la Chiesa Una e Santa fondata dal Salvatore; c)
Escatologicamente la Chiesa futura, risultante dall’unione, non potrà
essere identica a nessuna delle Chiese ora esistenti.
La S.
Chiesa ecumenica, che sorgerà in questa nuova Pentecoste, sorpasserà
ugualmente tutte le singole confessioni cristiane. Si vede subito che
tali teorie sono in contrasto con la fede cattolica. Esse tuttavia
offrono un certo (apparente) vantaggio di ordine pratico, togliendo tra
le varie Chiese ogni rivalità, e prospettando tutto l’arduo problema
dell’unione in un piano senza ortodossi ed eretici, senza vincitori e
senza vinti. Perciò si sono moltiplicate le riviste unionistiche con il
titolo di Oecumenica, perfino le due più importanti associazioni
internazionali unionistiche, Life and Work e Faith and Order, si sono
fuse nel 1946 in una sola con il titolo «Concilio ecumenico», il cui
primo congresso venne celebrato ad Amsterdam dal 22 agosto al 5
settembre 1948.
Ecumenismo
protestante. Data l’origine dell’ecumenismo, esso trovò larga
accoglienza nel campo protestante. Luterani, calvinisti, anglicani e le
altre sètte minori costituiscono l’elemento più numeroso
dell’ecumenismo, il quale trovò anche nei protestanti i suoi principali
autori; e ciò benché non regni tra di loro un accordo perfetto (La
prestigiosa Enciclopedia Cattolica dedica un'intera voce all'argomento,
ivi. Coll 65-70, che qui non tratteremo, ndR).
Ecumenismo
orientale. Gli orientali separati logicamente dovrebbero prendere
posizione contro l’ecumenismo, giacché essi, al pari dei cattolici, si
proclamano l’unica vera Chiesa di Cristo. Nondimeno i principali
esponenti delle Chiese orientali e gli autori più rinomati si dimostrano
pronti a schierarsi accanto agli ecumenisti protestanti.
Il
pensiero degli orientali è stato raccolto nel volume Il problema
ecumenico nella coscienza ortodossa, pubblicato dall’YMCA (s. d.) di
Parigi. In generale si può dire che gli ecumenisti orientali,
principalmente russi, si riallacciano al concetto della «Chiesa
universale», tanto frequente tra i pensatori russi del secolo XIX.
Alcuni distinguono tra l’essenza o natura e la forma della Chiesa (nel
linguaggio della teologia cattolica questi concetti rispondono al corpo
ed all’anima, ovvero alla materia ed alla forma della Chiesa), per dire
che la Chiesa ecumenica futura conserverà la forma della Chiesa loro, ma
in un corpo nuovo, più universale, attraverso il quale essa possa
sviluppare tutte le sue pienezze di vita e di santità. Altri più
radicali e senza scrupoli teologici, come Nicolao Berdjaev, distinguono
lo spirito e la confessione, troppo angusta nelle formole dogmatiche.
Tutte queste impalcature della Chiesa orientale, al pari di quelle delle
altre Chiese cristiane, sono destinate a scomparire nella Chiesa
futura; lo spirito invece (a loro dire) rimarrà intatto nella fusione
con le altre Chiese cristiane.
Ecumenismo
cattolico. Per i cattolici sono precluse le vie dell’ecumenismo nel
senso originario del termine, principalmente dopo che il papa Pio XI
nella sua enciclica Mortalium animos (6 gennaio 1928) e Pio XII nella
Orientalis Ecclesiae (1944) hanno ribadito il genuino concetto
dell’unità della Chiesa, ed hanno tracciato il metodo da seguire per
promuovere il ritorno dei dissidenti.
Scrive
Pio XII (Orientalis Ecclesiae): «Non conduce al desideratissimo ritorno
degli erranti figli alla sincera e giusta unità in Cristo, quella
teoria che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei
capi di dottrina, sui quali o tutte o la maggior parte delle comunità,
che si gloriano del nome cristiano, si trovino d’accordo, bensì l’altra
che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie
qualsiasi verità da Dio rivelata».
Si
aggiunga che la Congregazione del Sant'Uffizio, in data 5 giugno 1948,
nel richiamare le prescrizioni canoniche che vietano le riunioni miste
(peggio ancora le preghiere od i riti misti, ndR), dice che esse
prescrizioni «maggiormente si devono osservare, quando si tratta dei
cosiddetti convegni ecumenici a cui i cattolici, laici e chierici, non
possono prender parte veruna senza previo consenso della Santa Sede».
Queste direttive sono state confermate nell'Istruzione del Sant'Uffizio,
del 20 dicembre 1949 sul «movimento ecumenico». Tuttavia alcuni
cattolici fautori del movimento unionista favoreggiano l’ecumenismo, non
inteso alla maniera dei protestanti, ma come tattica che cerca i punti
di contatto con i cristiani dissidenti, dai quali, secondo alcuni, i
cattolici avrebbero diverse lezioni da imparare. Tutto questo sembra per
lo meno inopportuno, poiché si presta a confusioni l’uso di un termine
che, nel senso corrente, involge teorie anticattoliche.
Nel
1934 lo ieromonaco Alessio van der Menschbrugghe, nell’articolo Danger
du formalisme, in Oecumenica, I (1934), pp. 312-28, e Oscar Bauhofer nel
libro Einheit u. Glauben, Einsiedeln 1935, mostrano aperta inclinazione
in favore dell’ecumenismo. Ad esso aderiscono l’abate P. Coutourier nei
suoi articoli della Revue apologétique (1937) ed il p. M. J. Congar nel
libro pubblicato nel 1937 a Parigi: Chrétiens désunis. Principes d’un
«oecuménisme» catholique.
Ma
questo tentativo è di natura da sollevare delle gravi riserve. Infatti,
se per i cattolici ecumenismo significa ciò che i dissidenti intesero
nel coniare la parola, esso comporta l’ammissione delle Chiese separate e
protestanti come parti della vera Chiesa, nonché l’affermazione che la
Chiesa cattolica non possiede in se stessa attualmente la pienezza
essenziale. Il p. Congar difficilmente può sottrarsi alla necessità di
ammettere almeno in parte questi postulati assegnati all’ecumenismo: non
solo i singoli separati di buona fede (sarebbero) membri della Chiesa
vera ed unica; ma anche le loro Chiese (possederebbero) tali e tanti
elementi della vera Chiesa, che i dissidenti si (salverebbero) nelle
loro Chiese, le quali (potrebbero) per il fatto stesso considerarsi non
totalmente distaccate dall’unica Chiesa fondata da Cristo per la
salvezza delle anime. In quanto alla Chiesa cattolica, ad essa, è
chiaro, non manca nulla di essenziale, ma sì un certo grado di
perfezione. Così (essi intendono ristabilire) un certo equilibrio ed
uguaglianza: benché in maniera ed in grado diverso, tutti senza
distinzione andiamo verso l’unione per integrare ciò che ci difetta
nelle singole Chiese. (...) Questo ecumenismo si riduce piuttosto ad un
complesso artificiale di formule ecumeniste vuote di senso reale. Fine
della citazione.
P.
Maurizio Gordillo, autore della voce Ecumenismo sull'Enciclopedia
Cattolica, non era profeta né veggente, tuttavia aveva la fede
cattolica, usava la ragione, e facilmente riuscì a prevedere le funeste
conseguenze del pericoloso ecumenismo. Veniamo ad alcune - essendo
davvero numerose - principali condanne a quella che, soprattutto dopo
gli evidenti sviluppi avutisi dal 1965 ad oggi, può essere definita,
almeno giornalisticamente, eresia ecumenica.
Una, Santa, Cattolica ed Apostolica
Papa
Leone XIII nella Satis Cognitum afferma: Gesù Cristo istituì nella
Chiesa un “vivo, autentico e perenne magistero”, che egli stesso
rafforzò col suo potere, informò dello spirito di verità e autenticò coi
miracoli; e volle e comandò che i precetti della sua dottrina fossero
ricevuti come suoi. Dunque ogni volta in cui questo magistero dichiara
che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente
rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero, poiché, se potesse essere
falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell’errore
dell’uomo, il che ripugna: “O Signore, se vi è errore, siamo stati
ingannati da te” [Richardus de S. Victore, De Trin., lib. I, cap. 2].
Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito
ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo
stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla Chiesa,
rigetti in complesso tutta la dottrina cristiana? Tale è infatti la
natura della fede che nulla tanto le ripugna come ammetterne un dogma e
ripudiarne un altro. Infatti la Chiesa dichiara apertamente che la fede è
una “virtù soprannaturale, con la quale, ispirati ed aiutati dalla
grazia di Dio, crediamo che sono vere le cose da lui rivelate, non già
per l’intrinseca verità delle medesime conosciuta con il lume naturale
della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio rivelante, che non può
ingannare né essere ingannato” [Conc. Vat., sess. III, cap. 3]. Se
dunque si conosce che una verità è stata rivelata da Dio, e tuttavia non
si crede, ne consegue che nulla affatto si crede per fede divina.
Infatti quanto Giacomo Apostolo sentenzia a proposito del delitto in
materia di costumi, deve affermarsi circa un’opinione erronea in materia
di fede: “Chiunque avrà mancato in un punto solo, si è reso colpevole
di tutti”. Anzi, a più forte ragione deve dirsi di questa che di quello.
Infatti, meno propriamente si dice violata tutta la legge da colui che
la trasgredì in una cosa sola, non potendosi vedere in lui, se non
interpretandone la volontà, un disprezzo della maestà di Dio
legislatore. Invece colui che, anche in un punto solo, dissente dalle
verità rivelate, ha perduto del tutto la fede, in quanto ricusa di
venerare Dio come somma verità e proprio motivo di fede; perciò Agostino
dice: “In molte cose concordano con me, in alcune poche no; ma per
quelle poche cose in cui non convengono con me, a nulla giovano loro le
molte in cui convengono con me”[S. Augustinus, In Psal. LIV, n. 19]. E
con ragione; perché coloro che prendono della dottrina cristiana quello
che a loro piace, si basano non sulla fede, ma sul proprio giudizio: e
non “riconducendo tutto il proprio intelletto all’obbedienza a
Cristo”(1Cor 10,5), obbediscono più propriamente a loro stessi che a
Dio. “Voi, diceva Agostino, che nel Vangelo credete quello che volete, e
non credete quello che non volete, credete a voi stessi piuttosto che
al Vangelo” [S. Augustinus, lib. XVII, Contra Faustum Manichaeum, cap.
3]. Fine della citazione.
Extra Ecclesiam nulla salus
Ci
domandiamo: dato che l'ecumenismo, lo abbiamo visto, è una teoria falsa
od eretica (dipende dalle condizioni), come si concilia la dottrina
cattolica con la salvezza di coloro i quali si trovano, senza propria
colpa, fuori dal collettivo umano chiamato Chiesa (Una, Santa, Cattolica
ed Apostolica)? Risponde Papa Pio IX nella Quanto conficiamur ed
altrove. Cito: Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, ancora
dobbiamo ricordare e biasimare il gravissimo errore in cui sono
miseramente caduti alcuni cattolici. Credono infatti che, vivendo
nell’errore, lontani dalla vera fede e dall’unità cattolica, possano
pervenire alla vita eterna. Ciò è radicalmente contrario alla dottrina
cattolica. (Tuttavia) a Noi ed a Voi è noto che coloro che versano in
una invincibile ignoranza circa la nostra santissima religione, ma che
osservano con cura la legge naturale ed i suoi precetti, da Dio scolpiti
nei cuori di tutti; che sono disposti ad obbedire a Dio e che conducono
una vita onesta e retta, possono, con l’aiuto della luce e della grazia
divina, conseguire la vita eterna. Dio infatti vede perfettamente,
scruta, conosce gli spiriti, le anime, i pensieri, le abitudini di tutti
e nella sua suprema bontà, nella sua infinita clemenza non permette che
qualcuno soffra i castighi eterni senza essere colpevole di qualche
volontario peccato. Parimenti è notissimo il dogma cattolico secondo il
quale fuori dalla Chiesa Cattolica nessuno può salvarsi e chi è ribelle
all’autorità e alle decisioni della Chiesa, chi è ostinatamente separato
dalla unità della Chiesa stessa e dal Romano Pontefice, Successore di
Pietro, cui è stata affidata dal Salvatore la custodia della vigna, non
può ottenere la salvezza eterna. Infatti le parole di Cristo Nostro
Signore sono perfettamente chiare: “Chi non ascolta la Chiesa, sia per
te come un pagano o come un pubblicano (Mt. 18,17). Chi ascolta voi
ascolta me; chi disprezza voi disprezza me, e chi disprezza me disprezza
Colui che mi ha mandato (Lc. 10,16). Colui che non mi crederà sarà
condannato (Mc. 16,16). Colui che non crede è già giudicato (Gv. 3,18).
Colui che non è con me è contro di me, e colui che non accumula con me,
dissipa” (Lc. 11,23). Allo stesso modo l’Apostolo Paolo dice che questi
uomini sono “corrotti e condannati dal loro proprio giudizio” (Tt. 3,11)
e il Principe degli Apostoli li dice “maestri mendaci che introducono
sette di perdizione, rinnegano il Signore, attirano su di sé una rapida
rovina” [Epist. 2, c. 2, v. 1]. Non sia mai che i figli della Chiesa
cattolica siano nemici di coloro che non sono uniti a Noi dagli stessi
legami di fede e di carità; devono al contrario prodigarsi nel render
loro tutti i servizi della carità cristiana, nella loro povertà, nelle
loro malattie, in tutte le altre disgrazie da cui sono afflitti; devono
fare in modo di aiutarli sempre e soprattutto di trascinarli fuori dalle
tenebre di errori in cui miseramente versano, di ricondurli alla verità
cattolica ed alla Chiesa, Madre amatissima, che non cessa mai di tender
loro affettuosamente le sue mani materne, di aprir loro le braccia, per
rafforzarli nella fede, speranza e carità, per farli fruttificare in
ogni genere di buone opere e per far loro ottenere la salute eterna.
Fine della citazione.
Libertà di coscienza
Ci
domandiamo: dato che l'ecumenismo, lo abbiamo visto, è una teoria falsa
od eretica, come si concilia la dottrina cattolica con la pretesa
libertà di coscienza? Risponde, per esempio, Papa Gregorio XVI nella
Mirari Vos. Cito: Veniamo ora ad un’altra sorgente trabocchevole dei
mali, da cui piangiamo afflitta presentemente la Chiesa: vogliamo dire
l’indifferentismo, ossia quella perversa opinione che per fraudolenta
opera degl’increduli si dilatò in ogni parte, e secondo la quale si
possa in qualunque professione di Fede conseguire l’eterna salvezza
dell’anima se i costumi si conformano alla norma del retto e
dell’onesto. Ma a voi non sarà malagevole cosa allontanare dai popoli
affidati alla vostra cura un errore così pestilenziale intorno ad una
cosa chiara ed evidentissima, senza contrasto. Poiché è affermato
dall’Apostolo che esiste “un solo Iddio, una sola Fede, un solo
Battesimo” (Ef. 4,5), temano coloro i quali sognano che veleggiando
sotto bandiera di qualunque Religione possa egualmente approdarsi al
porto dell’eterna felicità, e considerino che per testimonianza dello
stesso Salvatore “essi sono contro Cristo, perché non sono con Cristo”
(Lc. 11,23), e che sventuratamente disperdono solo perché con lui non
raccolgono; quindi “senza dubbio periranno in eterno se non tengono la
Fede cattolica, e questa non conservino intera ed inviolata” (Symbol. S.
Athanasii). Ascoltino San Girolamo il quale - trovandosi la Chiesa
divisa in tre parti a causa dello scisma - racconta che, tenace come
egli era del santo proposito, quando qualcuno cercava di attirarlo al
suo partito, egli rispondeva costantemente ad alta voce: “Chi sta unito
alla Cattedra di Pietro, quegli è mio” (S. Girolamo, Ep. 58). A torto
poi qualcuno, fra coloro che alla Chiesa non sono congiunti, oserebbe
trarre ragione di tranquillizzante lusinga per essere anche lui
rigenerato nell’acqua di salute; poiché gli risponderebbe opportunamente
Sant’Agostino: “Anche il ramoscello reciso dalla vite ha la stessa
forma, ma che gli giova la forma se non vive della radice?”(S. Agostino,
Salmo contro part. Donat.). Da questa corrottissima sorgente
dell’indifferentismoscaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o
piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la
libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero
quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a
danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con
impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza qualche vantaggio alla
Religione. “Ma qual morte peggiore può darsi all’anima della libertà
dell’errore?” esclamava Sant’Agostino (Ep. 166). Tolto infatti ogni
freno che tenga nelle vie della verità gli uomini già diretti al
precipizio per la natura inclinata al male, potremmo dire con verità
essersi aperto il “pozzo d’abisso” (Ap. 9,3), dal quale San Giovanni
vide salire tal fumo che il sole ne rimase oscurato, uscendone locuste
innumerabili a devastare la terra. Conseguentemente si determina il
cambiamento degli spiriti, la depravazione della gioventù, il disprezzo
nel popolo delle cose sacre e delle leggi più sante: in una parola, la
peste della società più di ogni altra esiziale, mentre l’esperienza di
tutti i secoli, fin dalla più remota antichità, dimostra luminosamente
che città fiorentissime per opulenza, potere e gloria per questo solo
disordine, cioè per una eccessiva libertà di opinioni, per la licenza
delle conventicole, per la smania di novità andarono infelicemente in
rovina. Fine della citazione.
Libertà religiosa
Ci
domandiamo: dato che l'ecumenismo, lo abbiamo visto, è una teoria falsa
od eretica, come si concilia la dottrina cattolica con la supposta
legislazione degli Stati che intendono favorire, o addirittura servire,
la pretesa libertà di culto? Risponde Papa Pio XII nel Discorso ai
giuristi cattolici del 6 dicembre 1953, meglio noto come Allocuzione Ci
riesce. Cito: Per il giurista, l'uomo politico e lo Stato cattolico
sorge qui il quesito: possono essi dare il consenso ad un simile
regolamento, quando si tratta di entrare nella Comunità dei popoli e di
rimanervi? Ora relativamente agl'interessi religiosi e morali si pone
una duplice questione: 1) La prima concerne la verità oggettiva e
l'obbligo della coscienza verso ciò che è oggettivamente vero e buono;
2) la seconda riguarda l'effettivo contegno della Comunità dei popoli
verso il singolo Stato sovrano e di questo verso la Comunità dei popoli
nelle cose della religione e della moralità. La prima può difficilmente
essere l'oggetto di una discussione e di un regolamento fra i singoli
Stati e la loro Comunità, specialmente nel caso di una pluralità di
confessioni religiose nella Comunità medesima. La seconda invece può
essere della massima importanza ed urgenza. Or ecco la via per
rispondere rettamente alla seconda questione. Innanzi tutto occorre
affermare chiaramente: che nessuna autorità umana, nessuno Stato,
nessuna Comunità di Stati, qualunque sia il loro carattere religioso,
possono dare un mandato positivo o una positiva autorizzazione
d'insegnare o di fare ciò che sarebbe contrario alla verità religiosa o
al bene morale. Un mandato o una autorizzazione di questo genere non
avrebbero forza obbligatoria e resterebbero inefficaci. Nessuna autorità
potrebbe darli, perchè è contro natura di obbligare lo spirito e la
volontà dell'uomo all'errore ed al male o a considerare l'uno e l'altro
come indifferenti. Neppure Dio potrebbe dare un tale positivo mandato o
una tale positiva autorizzazione, perchè sarebbero in contraddizione con
la Sua assoluta veridicità e santità. Un'altra questione essenzialmente
diversa è: se in una comunità di Stati possa, almeno in determinate
circostanze, essere stabilita la norma che il libero esercizio di una
credenza e di una prassi religiosa o morale, le quali hanno valore in
uno degli Stati-membri, non sia impedito nell'intero territorio della
Comunità per mezzo di leggi o provvedimenti coercitivi statali. In altri
termini, si chiede se il «non impedire», ossia il tollerare, sia in
quelle circostanze permesso, e perciò la positiva repressione non sia
sempre un dovere. Noi abbiamo or ora addotta l'autorità di Dio. Può Dio,
sebbene sarebbe a Lui possibile e facile di reprimere l'errore e la
deviazione morale, in alcuni casi scegliere il «non impedire», senza
venire in contraddizione con la Sua infinita perfezione? Può darsi che
in determinate circostanze Egli non dia agli uomini nessun mandato, non
imponga nessun dovere, non dia perfino nessun diritto d'impedire e di
reprimere ciò che è erroneo e falso? Uno sguardo alla realtà dà una
risposta affermativa. Essa mostra che l'errore e il peccato si trovano
nel mondo in ampia misura. Iddio li riprova; eppure li lascia esistere.
Quindi l'affermazione: Il traviamento religioso e morale deve essere
sempre impedito, quando è possibile, perchè la sua tolleranza è in sè
stessa immorale - non può valere nella sua incondizionata assolutezza.
D'altra parte, Dio non ha dato nemmeno all'autorità umana un siffatto
precetto assoluto e universale, nè nel campo della fede nè in quello
della morale. Non conoscono un tale precetto nè la comune convinzione
degli uomini, nè la coscienza cristiana, nè le fonti della rivelazione,
nè la prassi della Chiesa. Per omettere qui altri testi della Sacra
Scrittura che si riferiscono a questo argomento, Cristo nella parabola
della zizzania diede il seguente ammonimento: Lasciate che nel campo del
mondo la zizzania cresca insieme al buon seme a causa del frumento
(cfr. Matth. 13, 24-30). Il dovere di reprimere le deviazioni morali e
religiose non può quindi essere una ultima norma di azione. Esso deve
essere subordinato a più alte e più generali norme, le quali in alcune
circostanze permettono, ed anzi fanno forse apparire come il partito
migliore il non impedire l'errore, per promuovere un bene maggiore. Con
questo sono chiariti i due principii, dai quali bisogna ricavare nei
casi concreti la risposta alla gravissima questione circa
l'atteggiamento del giurista, dell'uomo politico e dello Stato sovrano
cattolico riguardo ad una formula di tolleranza religiosa e morale del
contenuto sopra indicato, da prendersi in considerazione per la Comunità
degli Stati. Primo: ciò che non risponde alla verità e alla norma
morale, non ha oggettivamente alcun diritto nè all'esistenza, nè alla
propaganda, nè all'azione. Secondo: il non impedirlo per mezzo di leggi
statali e di disposizioni coercitive può nondimeno essere giustificato
nell'interesse di un bene superiore e più vasto. Fine della citazione.
Indifferentismo ed ateismo
Ecumenismo,
come è stato dimostrato, è il sofisma utilizzato per nascondere
l'indifferentismo che, a sua volta, è ateismo. Leggiamo brevemente
alcune sentenze della Chiesa a riguardo. Cito Papa Leone XII nella Ubi
primum: (...) Esiste una setta, a voi certamente nota, la quale,
arrogandosi a torto l’appellativo di filosofica, ha riesumato dalle
ceneri disperse falangi di quasi tutti gli errori. Questa setta,
presentandosi sotto la carezzevole apparenza della pietà e della
liberalità, professa il tollerantismo (così lo chiama), o
indifferentismo, e lo estende non solo agli affari civili, sulla qual
cosa non esprimiamo parola alcuna, ma anche alla materia religiosa,
insegnando che Dio ha dato a tutti gli uomini un’ampia libertà, in modo
che ognuno, senza alcun pericolo, può abbracciare e professare la setta e
l’opinione che preferisce, secondo il proprio personale giudizio.
Contro tale empietà di uomini deliranti, l’Apostolo Paolo ci mette in
guardia: "Io vi esorto, fratelli, a controllare coloro che alimentano
divisioni e scandali contro la dottrina che avete appresa, e ad
allontanarvi da loro. In questo modo, essi non servono nostro Signore
Gesù Cristo, ma il proprio ventre, e attraverso dolci parole e
benedizioni seducono le anime semplici" (Rm. 16,17-18). È vero che tale
errore non è nuovo, ma in questi tempi esso infierisce contro la
stabilità e l’integrità della fede cattolica. Infatti Eusebio, citando
Rodone, riferisce che questa follia era già stata propagata da certo
Apelle, eretico del secondo secolo, il quale asseriva che non occorreva
approfondire la fede, ma che ciascuno doveva arroccarsi nell’opinione
che si era formata. Apelle sosteneva che coloro i quali avevano riposto
la propria speranza nel Crocifisso si sarebbero salvati, purché la morte
li avesse raggiunti nel corso di buone opere. Anche Retorio, come
attesta Agostino, blaterava che tutti gli eretici camminavano nella
retta via e predicavano delle verità. "Ma ciò è così assurdo, osserva il
santo Padre, che mi sembra incredibile". In seguito, questo
indifferentismo si è talmente diffuso e accresciuto, che i suoi seguaci
riconoscono non solo tutte le sette che, fuori della Chiesa cattolica,
ammettono oralmente la rivelazione come base e fondamento, ma affermano
spudoratamente che sono nella retta via anche quelle società che,
respingendo la divina rivelazione, professano il semplice deismo ed
anche il semplice naturalismo. L’indifferentismo di Retorio fu giudicato
da Sant’Agostino cosa assurda in diritto e nel merito, anche se veniva
circoscritto in determinati limiti. Ma una tolleranza che si estenda
fino al deismo ed al naturalismo - teorie che furono respinte perfino
dagli antichi eretici - potrebbe mai essere ammessa da una persona che
usi la ragione? Tuttavia (Oh tempi! Oh filosofia menzognera!) una
siffatta pseudo-filosofia è approvata, difesa e sostenuta.
Cito
Papa Pio IX nella Apostolicae nostrae: (...) sapete benissimo come i
popoli cristiani siano afflitti e sconvolti o da cruentissime guerre, o
da dissidi intestini; o da morbi pestiferi, o da violenti terremoti o da
altri gravissimi mali. Questo soprattutto riempie di dolore: che fra
tanti lutti e danni mai abbastanza pianti, i figli delle tenebre, che
nella loro generazione sono più cauti dei figli della luce, di giorno in
giorno si sforzano sempre più, con ogni inganno, arte e preparazione,
di condurre una guerra durissima contro la Chiesa cattolica e la sua
dottrina salvifica; di stravolgere e distruggere l’autorità d’ogni
potere legittimo; di indurre al male e corrompere le menti e gli animi
di tutti; di propagare dovunque il veleno mortale dell’indifferentismo e
dell’incredulità; di sconvolgere tutti i diritti divini e umani; di
eccitare ed alimentare i dissensi, le discordie e i moti di empie
ribellioni; di consentire qualunque malvagia scelleratezza e
crudelissima azione; di non lasciare nulla d’intentato affinché – se
potesse mai accadere – la nostra santissima religione sia tolta di mezzo
e la stessa società umana sconvolta dalle fondamenta.
Cito
ancora Pio XI nella Exultavit cor nostrum: Di qui dobbiamo deplorare una
caligine di errori diffusa nelle menti di molti; una guerra aspra
contro tutta la cattolicità e contro questa Sede Apostolica; l’odio
terribile contro la virtù e l’onestà; i peggiori vizi considerati onesti
con nome menzognero; una sfrenata licenza di tutto opinare, di vivere e
di tutto osare; l’insofferente intolleranza di qualsiasi autorità,
potere o comando; il disprezzo e il ludibrio per tutte le cose sacre,
per le leggi più sante e per le migliori istituzioni; una miseranda
corruzione dell’improvvida gioventù; una colluvie pestifera di cattivi
libri, di libelli volanti, di giornali e riviste che insegnano a
peccare; il mortifero veleno dell’incredulità e dell’indifferentismo; i
moti di empie cospirazioni e ogni diritto, sia umano, sia divino,
disprezzato e deriso. E non Vi è ignoto, Venerabili Fratelli, quali
ansietà, quali dubbi, quali esitazioni e quali timori sollecitino e
angustino per conseguenza gli animi di tutti, specialmente dei
benpensanti, poiché sono da temere i peggiori mali per il costume
pubblico e privato allorché gli uomini, allontanandosi miseramente dalle
norme della giustizia, della verità e della religione, e servendo alle
malvagie e indomite passioni, tramano nel loro cuore qualsiasi
nefandezza.
Sempre
Pio IX nella Singulari quidem: E neppure ignorate, Diletti Figli Nostri
e Venerabili Fratelli, che tra i tanti e mai abbastanza deplorati mali
che turbano e sconvolgono la società ecclesiastica e civile, ora ne
emergono in particolare due, che si possono considerare a buon diritto
come l’origine di tutti gli altri. A Voi infatti sono anzitutto noti gli
innumerevoli e funestissimi danni che sulla società cristiana e civile
si riversano dal fetido errore dell’indifferentismo. Da qui la grave
negligenza in tutti i doveri verso Dio in cui viviamo, ci muoviamo e
siamo; da qui trascurata la santissima religione; da qui scosse e quasi
sconvolte le fondamenta di ogni diritto, della giustizia e della virtù.
Da questa ignobile forma d’indifferentismo non molto si scosta la
teoria, eruttata dalle tenebre, dell’indifferenza delle religioni per
cui uomini estranei alla verità, avversari del vero credo religioso e
immemori della loro salute, docenti di principi contraddittori e
sprovvisti di solido convincimento, non ammettono alcuna differenza tra
le professioni di fede più divergenti, vivono in pace con tutti, e
pretendono che a tutti, a qualunque religione appartengano, sia aperto
l’ingresso alla vita eterna. Infatti nulla importa loro, sebbene di
diverse tendenze, pur di cospirare alla rovina dell’unica verità. Voi
vedete, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, di quale vigilanza
occorre dar prova per impedire che il contagio di una peste tanto
funesta infetti e distrugga miseramente le vostre pecore. Pertanto non
rinunciate a premunire con zelo da questi esiziali errori i popoli a Voi
affidati; a istruirli ogni giorno più intimamente nella dottrina della
verità cattolica; a insegnare loro che, come vi è un solo Dio Padre, un
solo Cristo Figlio di Lui, un solo Spirito Santo, così vi è una sola
verità divinamente rivelata, una sola fede divina, principio d’umana
salvezza, fondamento di ogni normativa per la quale il giusto vive, e
senza la quale è impossibile piacere a Dio e pervenire alla comunione
dei suoi figli (cf. Rm. 1,16-17; Eb. 11,5); non vi è che una vera,
santa, cattolica, Apostolica, Romana Chiesa e una sola Cattedra fondata
dalla voce del Signore su Pietro, e all’infuori di essa non si trova né
la vera fede né la salute eterna, in quanto non può avere Dio come Padre
chi non ha la Chiesa come madre e assurdamente confida di appartenere
alla Chiesa colui che abbandona la Cattedra di Pietro sulla quale è
fondata la Chiesa. Infatti non vi può essere maggior delitto e nessuna
macchia più ripugnante che essersi posto contro Cristo; aver operato per
la distruzione della Chiesa, generata e assicurata dal Suo sangue
divino; aver lottato con il furore di ostile discordia contro l’unanime e
concorde popolo di Dio, avendo dimenticato l’amore evangelico. Invero,
il culto divino si compone di questi due elementi: di pie dottrine e di
buone azioni; né la dottrina senza opere buone è gradita a Dio, né Dio
accoglie le opere distinte dai dogmi religiosi; non nella sola pratica
delle virtù o nella sola osservanza dei precetti, ma anche nel cammino
della fede si trova l’angusta e ardua via che conduce alla vita. Quindi
non desistete di ammonire e incitare continuamente i vostri popoli
fedeli, in modo che non solo persistano irremovibili, ogni giorno di
più, nella professione della religione cattolica, ma si adoperino anche
di rendere salda la loro vocazione e la loro scelta attraverso le buone
opere. Mentre poi Vi impegnate ad assicurare la salvezza del vostro
gregge, non trascurate di richiamare con tanta bontà, tanta pazienza,
tanta dottrina, i poveri erranti all’unico ovile di Cristo e di
ricondurli all’unità cattolica soprattutto con queste parole di
Agostino: "Venite, Fratelli, se volete essere innestati sulla vite. È
doloroso vedervi giacere in terra così recisi; contate soltanto sui
sacerdoti provenienti dalla Sede di Pietro e considerate come su quel
soglio dei nostri padri l’uno successe all’altro; quella è la pietra che
non può esser vinta dalle superbe porte degl’inferi. Chiunque mangerà
l’agnello fuori di questa casa, è un empio; se qualcuno non sarà
nell’arca di Noè, perirà nel momento del diluvio". Fine delle citazioni.
Irenismo
Sebbene
la maggior parte degli ecumenisti di "casa nostra" lo neghino,
ecumenismo è finalmente - nella dottrina o nella prassi a noi poco
importa - irenismo. Nella prassi ecumenismo equivale ad irenismo; nella
dottrina tale equivalenza può essere più o meno evidente, dipende dai
sofismi utilizzati dai vari autori, ragion per cui, per smascherarli,
noi dobbiamo focalizzare tutte le attenzioni sulla conclusione pratica
alla quale conducono: ossia l'equivalenza, più o meno rivendicata, delle
varie credenze, filosofie di vita o religioni. Equivalenza di fatto che
le pretende, per conseguenza, tutte vere, pertanto tutte false: se Dio
mente a qualcuno, non è Dio, quindi le varie credenze, filosofie di vita
o religioni sarebbero tutte verosimilmente false e rappresenterebbero,
quale meglio e quale peggio, solo l'esternazione di un sentimento
soggettivo, di un'esperienza. Papa Pio XII, condannando ancora il
modernismo (la nuova-teologia) nella Humani Generis, afferma: (...) Noi
sappiamo bene che gli insegnanti e i dotti cattolici in genere si
guardano da tali errori, è noto però che non mancano nemmeno oggi, come
ai tempi apostolici, coloro che, amanti più del conveniente delle novità
e timorosi di essere ritenuti ignoranti delle scoperte fatte dalla
scienza in quest'epoca di progresso, cercano di sottrarsi alla direzione
del sacro Magistero e perciò sono nel pericolo di allontanarsi
insensibilmente dalle verità Rivelate e di trarre in errore anche gli
altri. Si nota poi un altro pericolo, e tanto più grave, perché si copre
maggiormente con l'apparenza della virtù. Molti, deplorando la
discordia e la confusione che regna nelle menti umane, mossi da uno zelo
imprudente e spinti da uno slancio e da un grande desiderio di rompere i
confini con cui sono fra loro divisi i buoni e gli onesti; essi
abbracciano perciò una specie di "irenismo" che, omesse le questioni che
dividono gli uomini, non cerca solamente di ricacciare, con unità di
forze, l'irrompente ateismo, ma anche di conciliare le opposte posizioni
nel campo stesso dogmatico. E come un tempo vi furono coloro che si
domandavano se l'apologetica tradizionale della Chiesa costituisse più
un ostacolo che un aiuto per guadagnare le anime a Cristo, cosi oggi non
mancano coloro che osano arrivare fino al punto di proporre seriamente
la questione, se la teologia e il suo metodo, come sono in uso nelle
scuole con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica, non solo debbano
essere perfezionate, ma anche completamente riformate, affinché si possa
propagare con più efficacia il regno di Cristo in tutto il mondo, fra
gli uomini di qualsiasi cultura o di qualsiasi opinione religiosa. (...)
Infuocati da un imprudente "irenismo", sembrano ritenere un ostacolo al
ristabilimento dell'unità fraterna, quanto si fonda sulle leggi e sui
principî stessi dati da Cristo e sulle istituzioni da Lui fondate, o
quanto costituisce la difesa e il sostegno dell'integrità della fede,
crollate le quali, tutto viene sì unificato, ma soltanto nella comune
rovina. Queste opinioni, provenienti da deplorevole desiderio di novità o
anche da lodevoli motivi, non sempre vengono proposte con la medesima
gradazione, con la medesima chiarezza o con i medesimi termini, né
sempre i sostenitori di esse sono pienamente d'accordo fra loro; ciò che
viene oggi insegnato da qualcuno più copertamente con alcune cautele e
distinzioni, domani da altri, più audaci, viene proposto pubblicamente e
senza limitazioni, con scandalo di molti, specialmente del giovane
clero, e con detrimento dell'autorità ecclesiastica. Se di solito si usa
più cautela nelle pubblicazioni stampate, di questi argomenti si tratta
con maggiore libertà negli opuscoli distribuiti in privato, nelle
lezioni dattilografate e nelle adunanze. Queste opinioni non vengono
divulgate solo fra i membri del clero secolare e regolare, nei seminari e
negli istituti religiosi, ma anche fra i laici, specialmente fra quelli
che si dedicano all'educazione e all'istruzione della gioventù. Fine
della citazione.
Pace universale
Ci
domandiamo: dato che l'ecumenismo, lo abbiamo visto, è una teoria falsa
od eretica, come si concilia la dottrina cattolica con la ricerca di
pace fra i popoli? Subito diciamo che l'ecumenismo, al contrario di
quanto sostengono gli ecumenisti, evidentemente si contrappone alla pace
universale. Adduciamo immediatamente la prova più sensibile: negli
ultimi 31 anni, ossia dalla prima apostasia della cosiddetta "giornata
di Assisi" del 1986 (si legge comunicazione nelle cose sacre, significa
apostasia - lo impareremo nel penultimo paragrafo), reiterata poi tutti
gli anni, nonché replicata anche altrove ed in varie date e contesti,
benché l'ecumenismo sia stato imposto quale religione ufficiale a molti
cattolici nominali, il numero delle guerre e dei conflitti è aumentato a
dismisura. Dunque, pur non avendone bisogno, anche alla prova dei fatti
l'ecumenismo per la pace ha decretato il suo fallimento universale.
Adesso veniamo alla motivazione dottrinale e soprannaturale di questo
fallimento annunciato. Risponde, fra gli altri, Papa San Pio X nella sua
Notre charge apostolique, condannando il movimento del Sillon francese
di Marc Sangnier. Cito: Vogliamo attirare la vostra attenzione,
Venerabili Fratelli, su questa deformazione del Vangelo e del carattere
sacro di Nostro Signore Gesù Cristo, Dio e Uomo, praticata nel Sillon ed
altrove. In altri ambienti è di moda, quando si tocca la questione
sociale, mettere anzitutto da parte la Divinità di Gesù Cristo, e poi
parlare soltanto della sua sovrana mansuetudine, della sua compassione
per tutte le miserie umane, delle sue pressanti esortazioni all'amore
del prossimo e alla fraternità. Certo, Gesù ci ha amati di un amore
immenso, infinito, ed è venuto sulla terra a soffrire e a morire
affinché, riuniti attorno a Lui nella giustizia e nell'amore, animati
dai medesimi sentimenti di carità reciproca, tutti gli uomini vivano
nella pace e nella felicità. Ma, per la realizzazione di questa felicità
temporale ed eterna, Egli ha posto, con un'autorità sovrana, la
condizione che si faccia parte del suo gregge, che si accetti la sua
dottrina, che si pratichi la virtù e che ci si lasci ammaestrare e
guidare da Pietro e dai suoi successori. Inoltre, se Gesù è stato buono
con gli smarriti e con i peccatori, non ha rispettato le loro
convinzioni erronee, per quanto sincere sembrassero; li ha tutti amati
per istruirli, per convertirli e per salvarli. Se ha chiamato a Sé, per
consolarli, quanti piangono e soffrono, non è stato per predicare loro
l'invidia di un'uguaglianza chimerica. Se ha sollevato gli umili, non è
stato per ispirare loro il sentimento di una dignità indipendente e
ribelle all'ubbidienza. Se il suo Cuore traboccava di mansuetudine per
le anime di buona volontà, ha saputo ugualmente armarsi di una santa
indignazione contro i profanatori della casa di Dio, contro i miserabili
che scandalizzano i piccoli, contro le autorità che opprimono il popolo
sotto il carico di pesanti fardelli, senza muovere un dito per
sollevarli. Egli è stato tanto forte quanto dolce; ha rimproverato,
minacciato, castigato, sapendo e insegnandoci che spesso il timore è
l'inizio della saggezza e che a volte conviene tagliare un membro per
salvare il corpo. Infine, non ha annunciato per la società futura il
regno di una felicità ideale, da cui sarebbe bandita la sofferenza; ma,
con le sue lezioni e i suoi esempi, ha tracciato il cammino della
felicità possibile sulla terra e della felicità perfetta in Cielo: la
via regale della Croce. Sono insegnamenti che si avrebbe torto ad
applicare soltanto alla vita individuale in vista della salvezza eterna;
sono insegnamenti eminentemente sociali e ci mostrano in Nostro Signore
Gesù Cristo una realtà ben diversa da un umanitarismo senza consistenza
e senz'autorità. [Per concludere:] Venerabili Fratelli - bisogna
ricordarlo energicamente in questi tempi di anarchia sociale e
intellettuale, in cui ciascuno si atteggia a dottore e legislatore -,
non si costruirà la città diversamente da come Dio l’ha costruita; non
si edificherà la società, se la Chiesa non ne getta le basi e non ne
dirige i lavori; no, la civiltà non è più da inventare, né la città
nuova da costruire sulle nuvole. Essa è esistita, essa esiste; è la
civiltà cristiana, è la civiltà cattolica. Si tratta unicamente
d’instaurarla e di restaurarla senza sosta sui suoi fondamenti naturali e
divini contro gli attacchi sempre rinascenti della malsana utopia,
della rivolta e dell’empietà: "omnia instaurare in Christo" [(Ef. 1, 10)
- l’espressione paolina fu assunta da Papa San Pio X come divisa del
suo pontificato, ndR]. Fine della citazione.
Pax Christi in Regno Christi
Se la
risposta di San Pio X non soddisfa, citiamo Papa Pio XI con il suo
motto Pax Christi in Regno Christi. Ecumenismo, come abbiamo imparato, è
il contraddittorio di cattolicesimo, e poiché quest'ultimo è l'unica
via per raggiungere la vera pace, l'ecumenismo diventa una delle vie
certamente non percorribili, la storia stessa lo attesta. Insegna Papa
Pio XI nella Ubi arcano: Abbiamo visto e considerato che causa precipua
dello scompiglio, delle inquietezze e dei pericoli che accompagnano la
falsa pace è l'essere venuto meno l'impero della legge, il rispetto
dell'autorità, dopo che era venuta meno all'una ed all'altra la stessa
ragion d'essere, una volta negata la loro origine da Dio, creatore e
ordinatore universale. Orbene il rimedio è nella pace di Cristo, giacché
pace di Cristo è pace di Dio, né questa può essere senza il rispetto
dell'ordine, della legge e dell'autorità. Nel Libro di Dio infatti sta
scritto: "Conservate la pace nell'ordine" ("Disciplinam in pace
conservate", Ecclesiaste, 41, 17) , "gran pace avrà chi amerà la tua
legge, o Signore" ("Pax multa diligentibus legem tuam Domine" Salmi,
118, 155) ; "chi osserva il precetto si troverà in pace" ("Qui timet
praeceptum in pace versabitur" Libro dei Proverbi, 13, 13) . E Gesù
stesso più espressamente insegna: "rendete a Cesare quel ch'è di Cesare"
("Reddite quae sunt Caesaris Caesari", Matteo, 22, 21) , e perfino in
Pilato. Egli riconosce l'autorità sociale che viene dall'alto (Gv. 19,
11), come aveva riconosciuta l'autorità finanche nei degeneri successori
di Mosè (Mt. 23,2), e riconosciuta in Maria e Giuseppe l'autorità
domestica, loro soggettandosi per tanta parte della sua vita (Lc. 2,
51). E dagli Apostoli suoi faceva proclamare quella solenne dottrina
che, come insegna "doversi da tutti riverenza ed ossequio ad ogni
potestà legittima", così proclama pure "potestà legittima non esserci se
non da Dio" (Rm. 13, 1-7) (1Pt. 2, 13-18). Se si riflette che i
pensieri e gli insegnamenti di Gesù Cristo, sui valori interni e
spirituali, sulla dignità e santità della vita, sul dovere
dell'ubbidienza, sull'ordinamento divino della società, sulla santità
sacramentale del matrimonio e la conseguente santità vera e propria
della famiglia; se si riflette, diciamo, che questi pensieri ed
insegnamenti di Cristo (insieme con tutto quel tesoro di verità da lui
arrecato all'umanità), furono da Lui stesso unicamente affidati alla sua
Chiesa, con solenne promessa di indefettibile assistenza, affinché in
tutti i secoli ed in tutte le genti ne fosse maestra infallibile, non si
può non vedere quale e quanta parte può e deve avere la Chiesa
Cattolica nel portare rimedio ai mali del mondo e nel condurre alla
sincera pacificazione. (...) Per questo, per essere cioè la Chiesa, ed
essa sola, formatrice sicura e perfetta di coscienze, mercé gli
insegnamenti e gli aiuti a lei sola da Gesù Cristo affidati, non
soltanto essa può conferire nel presente alla pace tutto ciò che le
manca per essere la vera pace di Cristo, ma può ancora, piu di ogni
altro fattore, contribuire ad assicurare questa pace anche per
l'avvenire, allontanando il pericolo di nuove guerre. Insegna infatti la
Chiesa (ed essa sola ha da Dio il mandato, e col mandato il diritto di
autorevolmente insegnarlo) che non soltanto gli atti umani privati e
personali, ma anche i pubblici e collettivi devono conformarsi alla
legge eterna di Dio; anzi assai più dei primi i secondi, come quelli sui
quali incombono le responsabilità più gravi e terribili. Quando governi
e popoli seguiranno negli atti loro collettivi, sia all'interno sia nei
rapporti internazionali, quelle norme di coscienza che gli
insegnamenti, i precetti, gli esempi di Gesù Cristo propongono ed
impongono ad ogni uomo; allora soltanto potranno fidarsi gli unì degli
altri, ed aver anche fede nella pacifica risoluzione delle difficoltà e
controversie che, per differenza di vedute e opposizione d'interessi,
possono insorgere. (...) Appare, da quanto siamo venuti considerando,
che la vera pace, la pace di Cristo, non può esistere se non sono
ammessi i princìpi, osservate le leggi, ubbiditi i precetti di Cristo
nella vita pubblica e nella privata; sicché bene ordinata la società
umana, vi possa la Chiesa esercitare il suo magistero, al quale appunto
fu affidato l'insegnamento di quei precetti. Ora tutto questo si esprime
con una sola parola: "il regno di Cristo". Poiché regna Gesù Cristo
nella mente degli individui con la sua dottrina, nel cuore con la sua
carità, nella vita di ciascuno con l'osservanza della sua legge e
l'imitazione dei suoi esempi. Regna Gesù Cristo nella famiglia quando,
formatasi nella santità del vero e proprio Sacramento del matrimonio da
Gesù Cristo istituito, conserva inviolato il carattere di santuario,
dove l'autorità dei parenti si modella sulla paternità divina, dalla
quale discende e si denomina (Ef. 3,15): l'ubbidienza dei figli su
quella del fanciullo Gesù in Nazareth; la vita tutta quanta s'ispira
alla santità della Sacra Famiglia. Regna finalmente Gesù Cristo nella
società civile quando vi è riconosciuta e riverita la suprema ed
universale sovranità di Dio, con la divina origine ed ordinazione dei
poteri sociali, donde in alto la norma del comandare, in basso il dovere
e la nobiltà dell'ubbidire. Regna quando è riconosciuto alla Chiesa di
Gesù Cristo il posto che Egli stesso le assegnava nella società umana,
dandole forma e costituzione di società, e, in ragione del suo fine,
perfetta, suprema nell'ordine suo; costituendola depositaria ed
interprete del suo pensiero divino, e perciò stesso maestra e guida
delle altre società tutte quante; non per menomare l'autorità loro, nel
proprio ordine competente, ma per perfezionarle, come la grazia
perfeziona la natura, e per farne valido aiuto agli uomini nel
conseguimento del fine ultimo, ossia della eterna felicità, e con ciò
renderle anche più benemerite e più sicure promotrici della stessa
prosperità temporale. (...) È dunque evidente che la vera pace di Cristo
non può essere che nel regno di Cristo: Pax Christi in regno Christi;
ed è del pari evidente che, procurando la restaurazione del regno di
Cristo, faremo il lavoro più necessario insieme e più efficace per una
stabile pacificazione. Così Pio X, proponendosi di instaurare omnia in
Christo, quasi per un divino istinto preparava la prima e più necessaria
base a quella "opera di pacificazione", che doveva essere il programma e
l'occupazione di Benedetto XV. E questi due programmi dei Nostri
antecessori, Noi congiungiamo in uno solo: la restaurazione del regno di
Cristo per la pacificazione in Cristo: pax Christi in regno Christi; e
con ogni sforzo Ci studieremo di attuarlo, unicamente confidando in quel
Dio, che nell'affidarCi questo sommo potere, Ci prometteva la sua
indefettibile assistenza. Fine della citazione.
Religione unica ed universale
L'ecumenismo
è anche il maldestro tentativo, più o meno esplicitato, ciò dipende
dalla furbizia degli autori che lo divulgano, di instaurare quell'unica
religione universale: una sorta di parlameno simbolico delle religioni
con a capo o il "Papa" (nella sua sola materiale occupazione delle
Sede), oppure gli altri leaders in democratica rotazione. Insegna Papa
San Pio X sempre nella Notre charge apostolique: (...) Cosa bisogna
pensare della promiscuità in cui si troveranno coinvolti i giovani
cattolici con eterodossi e con non credenti di ogni genere, in un'opera
di questa natura? Per loro, non è mille volte più pericolosa di
un'associazione neutrale? Che cosa dobbiamo pensare di questo appello a
tutti gli eterodossi e a tutti i non credenti a provare l'eccellenza
delle loro convinzioni sul terreno sociale, in uno speciale concorso
apologetico, come se questo concorso non durasse da diciannove secoli,
in condizioni meno pericolose per la fede dei fedeli e del tutto
onorevoli per la Chiesa cattolica? Che cosa dobbiamo pensare di questo
rispetto per tutti gli errori e della strana esortazione, fatta da un
cattolico a tutti i dissidenti, a fortificare le loro convinzioni con lo
studio e a farne sorgenti sempre più abbondanti di forze nuove? Che
cosa dobbiamo pensare di un'associazione in cui tutte le religioni e
perfino il "libero pensiero" possono manifestarsi apertamente, a loro
piacimento? (...) Che cosa produrranno? Che cosa sta per uscire da
questa collaborazione? Una costruzione puramente verbale e chimerica, in
cui si vedranno luccicare alla rinfusa e in una confusione seducente le
parole di libertà, di giustizia, di fraternità e di amore, di
uguaglianza e di umana esaltazione, il tutto basato su una dignità umana
male intesa. Si tratterà di un'agitazione tumultuosa, sterile per il
fine proposto e che avvantaggerà gli agitatori di masse meno utopisti.
Sì, davvero si può dire che (questa pseudo-dottrina, ndR) scorta il
socialismo, con l'occhio fisso su una chimera. Temiamo che vi sia ancora
di peggio. Il risultato di questa promiscuità nel lavoro, il
beneficiario di quest'azione sociale cosmopolitica, può essere soltanto
una democrazia che non sarà né cattolica, né protestante, né ebraica;
una religione (...) più universale della Chiesa cattolica, che riunirà
tutti gli uomini divenuti finalmente fratelli e compagni, nel "regno di
Dio". (Dicono:) "Non si lavora per la Chiesa ma per l'umanità". (...)
Ahimé!, (queste fantasie, ndR) sono solo un misero affluente del grande
movimento di apostasia, organizzato, in tutti i paesi, per
l'instaurazione di una chiesa universale, che non avrà né dogmi, né
gerarchia, né regole per lo spirito, né freno per le passioni, e che,
con il pretesto della libertà e della dignità umana, ristabilirebbe nel
mondo, qualora potesse trionfare, il regno legale dell'astuzia e della
forza, e l'oppressione dei deboli, di quelli che soffrono e che
lavorano. Fine della citazione.
Mortalium animos
L'ecumenismo
è stato infallibilmente condannato, in tempi abbastanza recenti, anche
da Papa Pio XI nell Mortalium animos. Per chi non ne fosse a conoscenza,
una sentenza infallibile della Chiesa è, per conseguenza, anche
inappellabile . Ovverosia, nella fattispecie, non è possibile
relativizzarla o storicizzarla, quasi come se si possano attribuire
senso e significato differenti - "più progrediti" come taluni blaterano -
alle definizioni dottrinali (cf. Concilio Vaticano, Dei Filius, IV -
"Se qualcuno dirà che può accadere che ai dogmi della Chiesa si possa un
giorno - nel continuo progresso della scienza - attribuire un senso
diverso da quello che ha inteso e intende dare la Chiesa: sia anatema").
Cito la condanna: Un obiettivo non dissimile cercano di ottenere alcuni
per quanto riguarda l’ordinamento della Nuova Legge, promulgata da
Cristo Signore. Persuasi che rarissimamente si trovano uomini privi di
qualsiasi sentimento religioso, sembrano trarne motivo a sperare che i
popoli, per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in materia di
religione, pure siano per convenire senza difficoltà nella professione
di alcune dottrine, come su un comune fondamento di vita spirituale.
Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo
intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a
discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che
miseramente apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano
la divinità della sua Persona e della sua missione. Non possono certo
ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa
teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto
tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente
quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio
e all’ossequente riconoscimento del suo dominio. Orbene, i seguaci di
siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma
ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano passo
passo verso il naturalismo e l’ateismo; donde chiaramente consegue che
quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si allontanano
del tutto dalla religione rivelata da Dio. Ma dove, sotto l’apparenza di
bene, si cela più facilmente l’inganno, è quando si tratta di
promuovere l’unità fra tutti i cristiani. Non è forse giusto - si va
ripetendo - anzi non è forse conforme al dovere che quanti invocano il
nome di Cristo si astengano dalle reciproche recriminazioni e si
stringano una buona volta con i vincoli della vicendevole carità? E chi
oserebbe dire che ama Cristo se non si adopera con tutte le forze ad
eseguire il desiderio di Lui, che pregò il Padre perché i suoi discepoli
«fossero una cosa sola»? [Ioann., XVII, 21]. E lo stesso Gesù Cristo
non volle forse che i suoi discepoli si contrassegnassero e si
distinguessero dagli altri per questa nota dell’amore vicendevole: « In
ciò conosceranno tutti che siete miei discepoli se vi amerete l’un
l’altro»? [Ioann., XIII, 35]. E volesse il Cielo, soggiungono, che tutti
quanti i cristiani fossero «una cosa sola»; sarebbero assai più forti
nell’allontanare la peste dell’empietà, la quale, serpeggiando e
diffondendosi ogni giorno più, minaccia di travolgere il Vangelo. Questi
ed altri simili argomenti esaltano ed eccitano coloro che si chiamano
pancristiani, i quali, anziché restringersi in piccoli e rari gruppi,
sono invece cresciuti, per così dire, a schiere compatte, riunendosi in
società largamente diffuse, per lo più sotto la direzione di uomini
acattolici, pur fra di loro dissenzienti in materia di fede. E intanto
si promuove l’impresa con tale operosità, da conciliarsi qua e là
numerose adesioni e da cattivarsi perfino l’animo di molti cattolici con
l’allettante speranza di riuscire ad un’unione che sembra rispondere ai
desideri di Santa Madre Chiesa, alla quale certo nulla sta maggiormente
a cuore che il richiamo e il ritorno dei figli erranti al suo grembo.
Ma sotto queste insinuanti blandizie di parole si nasconde un errore
assai grave che varrebbe a scalzare totalmente i fondamenti della fede
cattolica. Pertanto, poiché la coscienza del Nostro Apostolico ufficio
ci impone di non permettere che il gregge del Signore venga sedotto da
dannose illusioni, richiamiamo, Venerabili Fratelli, il vostro zelo
contro così grave pericolo, sicuri come siamo che per mezzo dei vostri
scritti e della vostra parola giungeranno più facilmente al popolo (e
dal popolo saranno meglio intesi) i princìpi e gli argomenti che siamo
per esporre. Così i cattolici sapranno come giudicare e regolarsi di
fronte ad iniziative intese a procurare in qualsivoglia maniera l’unione
in un corpo solo di quanti si dicono cristiani. (...) La Sede
Apostolica non può in nessun modo partecipare alle loro riunioni e che
in nessun modo i cattolici possono aderire o prestare aiuto a siffatti
tentativi; se ciò facessero, darebbero autorità ad una falsa religione
cristiana, assai lontana dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo Noi
tollerare l’iniquissimo tentativo di vedere trascinata a patteggiamenti
la verità, la verità divinamente rivelata? Ché qui appunto si tratta di
difendere la verità rivelata. Gesù Cristo inviò per l’intero mondo gli
Apostoli a predicare il Vangelo a tutte le nazioni; e perché in nulla
avessero ad errare volle che anzitutto essi fossero ammaestrati in ogni
verità, dallo Spirito Santo [Ioann., XVI, 13. 1]; forse che questa
dottrina degli Apostoli venne del tutto a meno o si offuscò talvolta
nella Chiesa, diretta e custodita da Dio stesso? E se il nostro
Redentore apertamente disse che il suo Vangelo riguardava non solo il
periodo apostolico, ma anche le future età, poté forse l’oggetto della
fede, col trascorrere del tempo, divenire tanto oscuro e incerto da
doversi tollerare oggi opinioni fra loro contrarie? Se ciò fosse vero,
si dovrebbe parimenti dire che la discesa dello Spirito Santo sugli
Apostoli e la perpetua permanenza nella Chiesa dello stesso Spirito e
persino la predicazione di Gesù Cristo da molti secoli hanno perduto
ogni efficacia e utilità: affermare ciò sarebbe bestemmia. Inoltre,
l’Unigenito Figlio di Dio non solo comandò ai suoi inviati di
ammaestrare tutti i popoli, ma anche obbligò tutti gli uomini a prestar
fede alle verità che loro fossero annunziate «dai testimoni preordinati
da Dio» [Act., X, 41], e al suo precetto aggiunse la sanzione « Chi
crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà, sarà
condannato » [Marc., XVI, 16]. Ma questo doppio comando di Cristo, da
osservarsi necessariamente, d’insegnare cioè e di credere per avere
l’eterna salvezza, neppure si potrebbe comprendere se la Chiesa non
proponesse intera e chiara la dottrina evangelica e non fosse immune da
ogni pericolo di errore nell’insegnarla. Perciò è lontano dal vero chi
ammette sì l’esistenza in terra di un deposito di verità, ma pensa poi
che sia da cercarsi con tanto faticoso lavoro, con tanto diuturno studio
e dispute, che a mala pena possa bastare la vita di un uomo per
trovarlo e goderne; quasi che il benignissimo Iddio avesse parlato per
mezzo dei Profeti e del suo Unigenito perché pochi soltanto, e già molto
avanzati negli anni, imparassero le verità rivelate, e non per imporre
una dottrina morale che dovesse reggere l’uomo in tutto il corso della
sua vita. Potrà sembrare che questi pancristiani, tutti occupati
nell’unire le chiese, tendano al fine nobilissimo di fomentare la carità
fra tutti i cristiani; ma come mai potrebbe la carità riuscire in danno
della fede? Nessuno certamente ignora che lo stesso apostolo della
carità, San Giovanni (il quale nel suo Vangelo pare abbia svelato i
segreti del Cuore sacratissimo di Gesù che sempre soleva inculcare ai
discepoli il nuovo comandamento: «Amatevi l’un l’altro»), ha vietato
assolutamente di avere rapporti con coloro i quali non professano intera
ed incorrotta la dottrina di Cristo: «Se qualcuno viene da voi e non
porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno»
[II Ioann., 10]. Quindi, appoggiandosi la carità, come su fondamento,
sulla fede integra e sincera, è necessario che i discepoli di Cristo
siano principalmente uniti dal vincolo dell’unità della fede. Fine della
citazione.
Orientalis Ecclesiae
L'ecumenismo
è stato condannato molte volte dalla Chiesa. Anche Papa Pio XII lo ha
riprovato in più occasioni. Cito dalla Orientalis Ecclesiae: (...) Non è
lecito, neppure sotto il pretesto di rendere più agevole la concordia,
dissimulare neanche un dogma solo; giacché, come ammonisce il patriarca
alessandrino: «Desiderare la pace è certamente il più grande e il primo
dei beni, ma però non si deve per siffatto motivo permettere che ne vada
di mezzo la virtù della pietà in Cristo» (Ep. 61: PG 77, 325.). Perciò
non conduce al desideratissimo ritorno dei figli erranti alla sincera e
giusta unità in Cristo, quella teoria, che ponga a fondamento del
concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o
tutte o almeno la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome
cristiano, si trovino d'accordo, ma bensì l'altra che, senza
eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità
da Dio rivelata. Fine della citazione. La Orientalis Ecclesiae fornisce
chiare istruzioni anche sulla vera pastorale cattolica - sull'esempio
di San Cirillo - che si deve tenere con gli erranti, affinché essi
riprovino i loro errori e tornino, uniti alla vera ed unica Chiesa, alla
professione della fede di Gesù Cristo.
Comunicazione nelle cose sacre
L'ecumenismo
si manifesta soprattutto nella pretesa preghiera comune, che abbiamo
già appurato avere effetti controproducenti per la pace, talvolta anche
negli scabrosi e patetici rituali interconfessionali. Oggi si è arrivati
alla fantasia, sdoganata dalle settarie società bibliche (cf. Pio IX -
Qui pluribus), di favorire ed usare le cosiddette Bibbie
interconfessionali. La prestigiosa Enciclopedia Cattolica (Vol. IV,
Vaticano, Imprimatur 8 aprile 1950, Coll. 117-119) alla voce
Comunicazione nelle cose sacre ci dice: Per comunicazione nelle cose
sacre o comumnicatio in sacris si intende la partecipazione dei
cattolici alle cerimonie sacre (preghiere, funzioni, prediche, riti)
compiuti dagli acattolici (eretici, scismatici, infedeli) dentro o
fuori della loro chiese o templi. Questa partecipazione può essere:
attiva, quando, cioè, si prende parte al culto religioso positivamente,
compiendo qualche atto, che con esso abbia relazione; passiva, quando vi
si prende parte solo negativamente, astenendosi da ogni azione, che
dica relazione con la cerimonia religiosa; formale, quando vi sia
l’adesione della mente e del cuore; materiale, quando quest’adesione
manca e tutto si riduce ad un atto di presenza esteriore e fisica. La
comunicazione nelle cose sacre si suole designare con il nome di
comunicazione in divinis, per distinguerla dalla comunicazione in
profanis cioè nelle relazioni private e pubbliche che riguardano la
vita domestica e civile, e dalla comunicazione in rebus mixtis, cioè
nelle relazioni, le quali importano atti che si possono considerare o
hanno un lato anche religioso, come i matrimoni, i funerali e cerimonie
simili. La condotta dei cattolici a questo riguardo è regolata in
linea di massima dal CIC (Codex Iuris Canonici, beninteso del 1917), e
nelle varie sue applicazioni dalle norme emanate dalle Sacre
Congregazioni romane. (...) La comunicazione in divinis. Non è mai
lecito ai fedeli di assistere attivamente o prendere parte, in
qualsiasi modo, ai riti sacri degli acattolici (CIC, can. 1258 § 1). Ciò
vale non soltanto quando si tratta di riti falsi o empi in se stessi,
ma anche quando si tratta di quei riti che sono propri di questa o
quella setta o gruppo eretico, scismatico, pagano. Perché simile
partecipazione equivale alla professione di una falsa religione e per
conseguenza al rinnegamento della fede cattolica. E anche nel caso che
ogni idea di rinnegamento potesse escludersi, rimangono sempre tre danni
assai gravi: 1) il pericolo di perversione nel cattolico che vi
partecipa; 2) lo scandalo, sia dei fedeli, che prendono motivo di
giudicar male della persona che tratta con gli avversari della fede e
forse anche di dubitare della verità di essa, sia degli acattolici
stessi, che così si confermano nel loro errore; 3) l’indifferentismo in
materia di religione, cioè l’approvazione esteriore di credenze erronee e
l’idea che l’espressione esterna della propria fede sia una cosa
trascurabile. Fine della citazione.
Breve conclusione
Nulla
posso aggiungere, posso solo imparare dai Sommi Pontefici ed a loro
ossequiamente obbedire. Auspico di avere fatto, alla maggior gloria di
Dio, un decoroso lavoro di ricerca. La Vergine Maria ed i santi Martiri
della fede ci sostengano nella battaglia contro l'ecumenismo, contro gli
ecumenisti, contro i «falsi maestri che introducono eresie perniciose.
Con discorsi gonfiati e vani adescano coloro che si erano appena
allontanati da quelli che vivono nell’errore. Promettono libertà, ma
essi stessi sono schiavi della corruzione. Si è verificato per essi il
proverbio: Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata
ad avvoltolarsi nel brago» (II Pt. 2, 1. 18-19. 22). Il mio commento
critico - benché esiguo poiché ho lasciato devotamente parlare i
Pontefici - può sembrare severo, tuttavia è la verità (cf. Gv. VIII,
32). Ammonisce altresì l'Apostolo: Quae autem conventio Christi cum
Beliar! (II Cor. 6, 15). Ed ancora: Sed licet nos aut angelus de caelo
evangelizet vobis praeterquam quod evangelizavimus vobis, anathema sit!
(Gal. I, 8 segg.). San Giuseppe, San Michele, San Tommaso d'Aquino, San
Pietro Canisio, San Carlo Borromeo, San Pio V, San Francesco di Sales,
Sant'Alfonso, San Pio X e San Giovanni di Dio (nostro speciale
protettore) ci preservino dal vomito e dal brago degli ecumenisti, ci
facciano altresì portatori di vera carità (cf. I Cor. 13, 6) e di pace
nel Santo Nome di Gesù (Atti IV, 12).
A cura di Carlo Di Pietro
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