La colpa della cultura cattolica? aver leso la fede: la filosofia cristiana si costruisce all’interno della fede. Come la cultura cattolica lasciò campo libero alla cultura di sinistra, divenendo ruota di scorta della modernità
di Francesco Lamendola
La cultura moderna ha fatto, da sempre, il suo mestiere: seminare l’incredulità, insinuare dubbi sulla vita eterna, attaccare il Vangelo e ridicolizzare i cattolici. È la cultura cattolica che non ha fatto il suo mestiere, quello di tener sempre viva la fede nei credenti, ponendo la ragione al suo servizio, secondo la grande lezione di oltre mille anni di filosofia cristiana, e specialmente di San Tommaso d’Aquino. A partire da un certo punto, nel corso del XX secolo, la cultura cattolica si è rovesciata contro se stessa: per trovare un accordo, un compromesso, con la modernità, si è messa a fare lo stesso mestiere della cultura laicista: attaccare il “mito” religioso, eliminare le “sovrastrutture” mitologiche, sfrondare la Tradizione, “filologizzare” la Scrittura, cioè ridurla a un fatto storico e a uno studio erudito. Il tutto per compiacere la cultura moderna e, in teoria, per recuperare credibilità, e addirittura per fare un bagno di autenticità, ossia per tornare a un autentico Vangelo, evidentemente non proprio lo stesso che da sempre la Chiesa annunciava: anche se a parole nessuno diceva ciò apertamente, tuttavia lo scopo evidente era questo.
I teologi si sono messi all’avanguardia di questo processo; ma una spinta decisiva è venuta, dall’interno della Chiesa, da una sorgente inconfessabile, quei cardinali massoni che erano giunti a far carriera dopo essersi infiltrati, da giovani, come seminaristi, al preciso scopo di far deviare la Chiesa dai suoi principi e dalla sua dottrina; e con la spinta ulteriore e la benedizione, si fa per dire, del giudaismo talmudico nella sua veste massonica, cioè dal B’nai B’rith, che, dopo il 1945, forte della nuova Religione mondiale dei Sei Milioni, poteva permettersi di procedere con un’audacia e una determinazione prima impensabili. Ed ecco così la Nostra aetate, che respinge con sdegno la tesi del giudaismo deicida e apre la strada al riconoscimento, per gli ebrei, di una rivelazione e una alleanza divina distinta da quella cristiana: in pratica, al riconoscimento del principio aberrante che esistono due verità, due alleanze, due rivelazioni, due maniere totalmente diverse per giungere all’unico Dio, che è Gesù per i cristiani, ma non è affatto Gesù per i giudei. I quali, sia detto fra parentesi, mentre i cristiani si profondevano in scuse per il loro secolare antigiudaismo, mai hanno chiesto scusa per il processo e la condanna a morte di Gesù Cristo, mai hanno ammesso l’ingiustizia di quella sentenza del Sinedrio, limitandosi a scaricare ogni responsabilità sui romani, in aperta contraddizione con l’esplicito racconto dei quattro evangelisti, ma con la volonterosa collaborazione dei teologi modernisti.
Misteri del Concilio Vaticano II? Come si è arrivati principio aberrante che esistono due verità, due alleanze, due rivelazioni, due maniere totalmente diverse per giungere all’unico Dio, che è Gesù per i cristiani, ma non è affatto Gesù per i giudei!
In altre parole, mentre la cultura moderna attaccava la fede dall’esterno, cosa che non poteva causare molto danno, almeno per chi avesse una fede matura, la cultura cattolica ha agito da dietro le spalle; studiosi e scrittori cattolici, alcuni laici, ma parecchi sacerdoti, hanno svolto lo sporco lavoro d’intaccare, rosicchiare, sgretolare, un poco alla volta, la fede cattolica, con l’ipocrita motivazione di voler giungere a una fede più adulta, più profonda, più vera, suggerendo o anche affermando apertamente che i cattolici non possono più credere alla maniera dei loro nonni e dei loro avi; che devono per forza di cose adeguarsi alla mentalità moderna, quindi accettare il dubbio, il sospetto, l’inconscio, la demitologizzazione e tutto il resto. E così hanno consegnato loro una fede aggiornata, cioè in effetti spolpata, disossata, anestetizzata, disanimata: una fede che è solo una parola vuota, un simulacro, una bolla d’aria, così leggera, così aerea, da volare via e sparire al primo refolo di vento.
Il filosofo Augusto Del Noce. Le sue analisi si sono rivelate non solamente acute, ma addirittura profetiche ed è ciò a cui stiamo oggi assistendo, al principio del terzo millennio!
Ci sembra che uno dei pochi pensatori cattolici ad aver visto per tempo questa deviazione, questo errore, e ad averlo denunciato, quantunque senza esito pratico, sia stato non un sacerdote e neppure un teologo, ma un laico, il filosofo Augusto Del Noce; il quale, semmai, giunse a significative convergenze con il massimo esponente del neotomismo contemporaneo, che era un altro filosofo laico: Étienne Gilson. Ci piace riportare, a questo proposito, una pagina del saggista Massimo Tringali, tratta dal suo libro Augusto Del Noce, interprete del Novecento, postfazione di Norberto Bobbio, Aosta, Edizioni Le Chateau, 1997, pp. 143-144):
Del Noce accusa la recente cultura cattolica di una gravissima colpa: quella di aver messo molti nella difficoltà di credere. Egli non ha avuto un buon rapporto con i teologi del nostro tempo. In genere i teologi, prima i protestanti, poi anche molti cattolici, hanno assunto termini come “secolarizzazione” e “demitizzazione” come valori positivi, cercando di conciliarli con la fede. Essi hanno dimostrato in tal modo di accettare quell’idea di modernità assunta come valore assiologico, intesa come processo irreversibile verso la radicale immanenza e come liberazione dalla dipendenza dalla realtà trascendente. Hanno pensato così di “aggiornarsi” assumendo, nella valutazione del nostro tempo, i criteri interpretativi propri dell’illuminismo massonico o del marxismo. Del Noce ha polemizzato a lungo con quei teologi della secolarizzazione che costituiscono quello che lui chiama il nuovo modernismo.
Tutta l’opera di Del Noce è volta a dimostrare come la modernità sia entrata in crisi, e sembra che proprio i teologi siano gli unici che non se ne siano accorti. Inoltre essi ignorano quanto c’è di positivo in essa. Interessante a questo proposito il seguente passo di Del Noce: “I teologi oggi pretendono di giungere alla modernità e invece assai spesso ignorano proprio quanto di positivo c’è nel pensiero moderno, per esempio ignorano il pensiero kantiano che ben distingue il compito della scienza ponendolo nei limiti nel bisogno metafisico. Un altro limite della teologia, non dico della teologia ma del pensiero cattolico tradizionale, è quello di mettersi spesso sullo stesso piano degli avversari, cioè ritenere che possa esistere una filosofia indipendentemente dalla fede e che questa filosofia autonoma abbia in sé valore sufficiente. Io non credo che sia così e mi avvicino alla posizione del maggiore commentatore di san Tommaso, Gilson, che conclude proprio su questa parentela tra fede e filosofia: la filosofia cristiana si costruisce all’interno della fede e in un certo senso il suo valore sta proprio nella capacità di dare una spiegazione coerente sia del reale sia dell’attività dell’uomo mentre le posizioni che partono da un’esclusione radicale del soprannaturale si trovano impotenti a assolvere questo stesso compito e si trovano votate in definitiva a un insuccesso radicale” (A Del Noce, “Lo scacco dell’hegelismo”, “Spirali”, n. 41, 1982, p. 31).
Il limite culturale dei cattolici, denunciato da Del Noce, comporta una strumentalità del cattolicesimo politico ad una costruzione sociale, quale quella della società opulenta, che rende del tutto estranea ed obsoleta la realtà cristiana. Non è un caso dunque che proprio mentre i cattolici detenevano il potere politico in Italia si sia verificata la maggior opera di scristianizzazione e la crescita del libertinismo di massa. La difficoltà di credere consiste nel fatto che la società opulenta ha confinato nella sfera del privato il senso religioso, rendendolo incapace di essere soggetto attivo nella vita concreta ad ogni livello, in una parola “neutralizzandolo”. La scristianizzazione non deve essere confusa con l’anticlericalismo e neppure con l’ateismo dichiarato. Si tratta piuttosto dell’indifferenza nei confronti del cristianesimo come forza viva. Indifferenza collegata, secondo Del Noce, con il giudizio storico per cui il cristianesimo appare per l’uomo d’oggi come un fatto appartenente a un passato non più ripetibile e riscontrabile nel presente. Un contributo determinante per il formarsi di questo giudizio è attribuibile a buona parte della cultura cattolica…
La cultura cattolica aveva vinto il confronto con una modernità giunta ormai agli sgoccioli, accade invece una cosa paradossale: la moribonda cultura moderna ricevette nuova linfa vitale, e poté superare la crisi quasi disperata nella quale versava, proprio grazie all’apporto massiccio della cultura cattolica, che si era adattata a farle da ruota di scorta e a giocare di rimessa sullo stesso terreno dell’avversario!
Come si vede, e a parte alcuni aspetti secondari del discorso di Del Noce (la sua distinzione fra una modernità “buona”, o comunque accettabile da un punto di vista cristiano, e una che non lo sarebbe; e l’esaltazione del criticismo kantiano, che non ci trova affatto d’accordo, tanto meno in chiave di una rivalutazione della filosofia cristiana), il Nostro sa andare dritto al punto: gli intellettuali cattolici hanno preso un abbaglio tremendo, quello di scambiare per vitale e destinata a dominare il futuro una cultura laicista e immanentista che mostrava, invece, chiari segni d’essere in via di esaurimento. A ciò aggiunse un ulteriore errore, di segno politico: quello di aver lasciato campo libero alla cultura di sinistra, relegando il cattolicesimo a una fruizione di tipo sostanzialmente privato e confermando così l’idea, tipica della cultura marxista, ma anche di quella esistenzialista, strutturalista, psicanalista, ecc., che il cristianesimo come tale non si prestasse più ad essere un valido strumento di lettura della realtà contemporanea. Se la cultura cattolica avesse accettato la sfida della modernità e avesse tenuto duro ancora per pochi anni, si sarebbe accorta di aver vinto il confronto con una modernità giunta ormai agli sgoccioli della propria forza espansiva e già in fase di ripiegamento. Accade invece una cosa paradossale: la moribonda cultura moderna ricevette nuova linfa vitale, e poté superare la crisi quasi disperata nella quale versava, proprio grazie all’apporto massiccio della cultura cattolica, che si era adattata a farle da ruota di scorta e a giocare di rimessa sullo stesso terreno dell’avversario. E si noti che proprio l’espressione gli avversari, adoperata Del Noce nell’articolo sopra citato, mostra quanto egli fosse isolato e in piena distonia con le nuove linee culturali e pastorali inaugurate nel mondo cattolico dall’evento del Concilio: quale teologo di quella “stagione” avrebbe sottoscritto l‘uso di una simile espressione?
La colpa della cultura cattolica? aver leso la fede: la filosofia cristiana si costruisce solo all’interno della fede!
La colpa della cultura cattolica? Aver leso la fede
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