Appello ai Cardinali
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Sia il vostro parlare: sì, sì; no, no. Il di più viene dal maligno (Mt 5, 37).
Se questi taceranno, grideranno le pietre (Lc 19, 40).
Là dove la sede del beatissimo Pietro e la Cattedra della verità è stata costituita per illuminare le genti, han posto il trono della loro abominevole empietà, affinché, colpito il pastore, siano in grado di disperdere anche il gregge (Leone XIII, Esorcismo contro Satana e gli angeli ribelli).
In coscienza, in qualità di fedeli della Chiesa Cattolica, non possiamo considerare normale l’odierna situazione ecclesiale. La costituzione divina della Chiesa militante, stabilita dal suo Fondatore in modo immodificabile, vuole che essa abbia, quale principio di unità visibile, un unico capo; infatti il governo di uno solo e l’obbedienza che gli è dovuta da ogni membro della Chiesa assicurano la comunione di tutti sia con il Capo invisibile, che dal cielo la regge tramite il Suo Vicario in terra e gli altri vescovi, sia tra di loro. Per volontà divina, il primato papale consiste nella piena e suprema, immediata e universale giurisdizione del Successore di Pietro su tutti i battezzati. L’ufficio di Romano Pontefice ha pertanto carattere giuridico e non sacramentale: esso è conferito mediante elezione canonica e decorre a partire dal momento dell’accettazione. La rinuncia ad esso è sempre possibile, purché sia debitamente manifestata, ma comporta la perdita totale dell’ufficio, permanendo soltanto il grado episcopale.
Da questi irrefutabili dati risulta inequivocabilmente che la qualifica di papa emerito è destituita di ogni fondamento dogmatico e canonico. Un papa che rinunci all’ufficio di Sommo Pontefice rimane semplice vescovo e perde ogni diritto di usare ancora il nome, l’abito e lo stemma indicanti la dignità connessa all’ufficio medesimo. Mantenerli dopo l’abdicazione è fonte di confusione, soprattutto se la relativa dichiarazione esprime soltanto l’intenzione di non esercitare più il ministero attivo a partire da una certa data e non – come sarebbe logico – l’atto di volontà con cui si effettua la rinuncia. Se poi è intesa in rapporto a un ipotetico aspetto distinto dell’ufficio, la rinuncia stessa è invalida per errore sostanziale circa il proprio oggetto. L’ufficio di Romano Pontefice è per essenza, come già detto, la suprema giurisdizione su tutta la Chiesa; perciò non lo si può detenere senza esercitarlo attivamente, né si può rinunciare al suo esercizio conservandone la dignità.
Diverso è il caso del vescovo emerito, il quale, pur avendo rinunciato al potere di giurisdizione ricevuto dal Papa (e quindi non detenendolo più), conserva il potere di ordine (legato all’indelebile carattere sacramentale conferitogli dalla consacrazione episcopale), che può tuttavia esercitare solo a determinate condizioni. Tale anomala evenienza, che prima costituiva un’eccezione, dopo il Concilio Vaticano II è diventata la regola: adesso abbiamo successori degli Apostoli a tempo, quasi si trattasse di cariche civili. Ciò è nondimeno ammissibile per via della distinzione, appena menzionata, delle due potestà; ciò che rende il Papa tale, invece, è la sola potestas iurisdictionis, nella quale non si può scindere un aspetto attivo da un supposto aspetto contemplativo, nemmeno se – come ipotizzato da un canonista nel 2013 – Benedetto XVI si è avvalso della propria autorità suprema per rinunciare all’esercizio di tutte le facoltà connesse (cosa che, ammesso che sia possibile, significherebbe che ancora la conserva). Riguardo alla sua rinuncia, dunque, è assolutamente necessario e quanto mai urgente un chiarimento autorevole.
L’eventualità di una rinuncia invalida rende infatti nulla l’elezione del successore, che nel caso presente appare dubbia anche per un altro ordine di gravi motivi: la cospirazione che ha condotto all’elezione, pubblicamente testimoniata da uno dei suoi principali artefici (riguardo alla quale la Costituzione Universi Dominici gregis di Giovanni Paolo II commina la scomunica latae sententiae a quanti ordiscono un accordo prima del conclave e a chi lo accetta); le irregolarità procedurali dell’elezione stessa (che in forza delle norme stabilite dalla medesima Costituzione la rendono nulla); la manifesta eterodossia, precedente all’assunzione al Soglio di Pietro (da cui Paolo IV, con la bolla Cum ex apostolatus officio, esclude gli eretici). L’universale accettazione da parte della Chiesa può pure sanare le irregolarità procedurali, ma è arduo ammettere che possa sanare la carente ortodossia del candidato e lo stato di scomunica di alcuni elettori e dell’eletto stesso. È vero che l’eterodossia di quest’ultimo, pur essendo notoria, non era stata formalmente dichiarata prima dell’elezione, ma successivamente ad essa egli ne ha dato ulteriore, ampia conferma: Furor illi secundum similitudinem serpentis (Il suo furore è simile a quello del serpente, cf. Sal 57, 5).
A tutti i quesiti sopra sollevati, allo stato attuale, pare impossibile fornire una soluzione definitiva. Tuttavia è indubitabile che l’insegnamento di Jorge Mario Bergoglio non sia conforme alla dottrina cattolica: la lista delle affermazioni ad essa contrarie o con essa difficilmente compatibili si allunga di giorno in giorno, aggravando sempre più lo sconcerto e lo smarrimento degli autentici fedeli, che vedono contraddetta la fede trasmessa in continuità dalla Chiesa per due millenni. I laici e i semplici sacerdoti non hanno però l’autorità di intervenire in questo campo, ma possono soltanto reclamare che lo facciano quanti ne hanno il compito, cioè i Vescovi e soprattutto voi Cardinali, collaboratori immediati del Papa. In caso di evidenti errori o ambiguità dottrinali, voi avete l’ineludibile obbligo di redarguirlo severamente e di esigerne la rettifica, come avvenne nel caso di Giovanni XXII quando, tra il 1331 e il 1333, a voce e per iscritto, espresse opinioni contrarie alla sentenza comune circa la condizione dei defunti dopo la morte. I Cardinali di allora lo spinsero a ritrattare, prima di morire, quel singolo errore; nel caso attuale, ne abbiamo a fasci.
Il vostro silenzio siderale, insieme alle anomale modalità delle dimissioni di Benedetto XVI, può essere interpretato come effetto di una permissione divina e, quindi, elemento di un piano superiore mirante a far emergere il reale stato, sul piano della fede e su quello della morale, di parte del clero e dei fedeli, stato che, fino a Francesco I, veniva dissimulato, mentre adesso si appalesa senza più alcuna remora, esibendo tutta la sua ripugnante immondezza. «Doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri. Di fatto, ora molti anticristi sono apparsi; da questo conosciamo che è l’ultima ora» (1 Gv 2, 19.18). Se questa intuizione di fede ci spinge ad avere fiducia nei segreti disegni della Provvidenza, ci chiediamo nondimeno fino a che punto il Popolo santo di Dio dovrà esser messo alla prova sopportando scandali abominevoli e quante anime dovranno ancora essere esposte alla dannazione eterna dall’eterodossia di tanti ministri ordinati. Forse non bastano le inadempienze dei Vescovi nel correggere gli eretici e i viziosi, perché si debba aggiungere la vostra omissione di una doverosa riprensione di colui che continua a smantellare la dottrina e a promuovere i corrotti?
Siamo ben consapevoli che spetta al Signore dirigere la storia, fissandone tempi e scadenze, ma sappiamo parimenti che la nostra preghiera e la nostra azione, previste dall’eternità dalla prescienza divina, sono incluse nel Suo governo e possono pertanto affrettarli. Che cosa preferite, Eminenze Reverendissime? Il martirio per fedeltà alla fede che siete stati chiamati a difendere, simboleggiato dalla porpora che indossate, o la morte ignominiosa che un castigo celeste potrebbe infliggervi per mano dei nemici della Chiesa? Un’opposizione franca e dignitosa, sull’esempio dell’apostolo Paolo, a colui che è ritenuto successore di Cefa, per quanto possa provocare la revoca dei vostri incarichi, o l’umiliazione di una condanna civile, con la relativa berlina mediatica e la concreta eventualità del carcere? È pur vero che c’è chi, fra voi, ha perso l’ufficio non soltanto per un’aperta contestazione, ma persino per aver fatto semplicemente il suo dovere di guardiano della dottrina, come pure chi, da un’altissima responsabilità economica, è stato gettato in pasto alle belve nell’arena di un processo-farsa; non ignoriamo affatto che le presenze scomode possano essere neutralizzate con scandali orchestrati ad arte. Ma non siete certi che il Signore protegga coloro che si pongono senza riserve al Suo servizio e Gli danno coraggiosa testimonianza?
Se la vostra non è la nostra stessa fede, dovete rinunciare al vostro compito e ritirarvi a vita privata. Chi non professa la dottrina cattolica e non è disposto ad abiurare le sue convinzioni erronee deve andarsene, perché non è più membro della Chiesa e deve quindi uscirne anche visibilmente; il suo ministero è del tutto illegittimo. Che ci crediate o no, Dio vi chiederà conto delle vostre scelte e vi castigherà, se non saranno state conformi alla Sua santa volontà. Se invece vi alzerete in piedi e proclamerete a gran voce la verità, noi vi seguiremo con entusiasmo e benediremo il Signore per voi, implorandolo di difendervi da ogni male. C’è tutto un popolo che aspetta solo un segnale per mettersi in moto, ma ha bisogno di guide.
Siamo fedeli figli della Chiesa; perciò non vogliamo fare da soli. Riconosciamo pienamente il ruolo vostro e dei Vescovi; non intendiamo affatto sminuirlo. Gli attacchi che subite ci fanno terribilmente soffrire, perché amiamo il Signore e coloro che Lo rappresentano. È per la fede in ciò che siete e per la stima che nutriamo nei vostri confronti che vi supplichiamo di intervenire. La vostra ricompensa sarà molto grande, già su questa terra, quando il Signore avrà ristabilito le sorti della Sua amata Sposa. Se non farete in tempo a vedere ciò, morirete con la pace di una buona coscienza e sarete ammessi all’eterna beatitudine, nonché ricordati per sempre come veri Pastori.
Pubblicato da Elia
http://lascuredielia.blogspot.com/
Condivido parola per parola.Che cosa aspettano i cardinali a sollevare proteste indignate ?Forse si deve pensare che sono conniventi? Che sono pavidi? Che sono vigliacchi?Aspettano che il castigo li colpisca?Frattanto la chiesa affonda!
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