Alla fine la diocesi di Torino non ha rinunciato a parlare di fedeltà alle coppie gay. Infatti, si ricorderà, l’anno scorso, quando questa iniziativa venne alla luce, provocando grande clamore, l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, intervenne fermandola. Tanti notarono che si trattava di una semplice interruzione, non di una cancellazione. E infatti, a distanza di un anno, con le acque calme della dimenticanza mediatica, l’iniziativa è stata riproposta ma senza renderla pubblica. Si è saputo a cose fatte.
Complimenti alla diocesi di Torino.
Bando al moralismo, si è detto. “Anche voi siete degni di fedeltà, cioè meritate un amore esclusivo e unico”. Questo, come riporta il giornale La Stampa di Torino, sembra sia stato il messaggio alla base dell’iniziativa. Il ritiro spirituale si è tenuto in un istituto religioso della collina. C’era anche il cappellano del carcere don Alfredo Stucchi.
Il gesuita padre Piva, come riportò Avvenire un anno fa, con dispiacere per l’interruzione dell’iniziativa, disse: «Sarebbe stato un ritiro quaresimale sull’amore per convertirci all’amore, oggi è quanto mai necessario. E non solo per persone omosessuali e per i loro familiari, anche per persone e coppie eterosessuali».
«Siamo fermamente convinti – sono ancora parole di padre Piva – che fare l’esperienza autentica dell’amore di Dio, un amore senza misura e senza condizioni – se non quella di accoglierlo – significhi anche permettere che questo amore possa mettere ordine nella vita delle persone». Ora, come si faccia a mettere ordine in un amore omosessuale i cui atti espressivi ed essenziali il Catechismo definisce “intrinsecamente disordinati” è veramente un rebus. In ogni caso, questo tentativo dimostra la cifra della confusione montante nella Chiesa.
E infatti, se è la fedeltà (che è la modalità espressiva) a rendere ordinato l’amore, e non l’amore in quanto tale, quando è secondo il piano di Dio, allora anche l’amore omosessuale, purché fedele, diventa anch’esso ordinato. Ma se è ordinato, allora vuol dire che è un bene per la persona, dunque degno di essere ricercato e tutelato dalla Chiesa. Questo il ragionamento fatto da alcuni, anche pastori. Si spiega così la richiesta di benedizione in chiesa per le coppie omosessuali avanzata da alcuni alti esponenti della Chiesa tedesca.
Ma la benedizione non è altro che un primo passo verso la equiparazione della famiglia naturale, quella prevista dal piano di Dio, con quella immaginata e poi statuita da una qualsiasi maggioranza politica al potere. L’amore secondo Dio confuso con l’amore secondo l’orizzonte umano.
Come si vede, si è in presenza di un capovolgimento dell’ordine delle cose: l’attributo (la fedeltà) prende il posto della cosa (l’amore secondo il piano di Dio). Una confusione terribile.
Non a caso, uno dei partecipanti al ritiro, Massimo Battaglio, attivista gay, come riporta sempre La Stampa, dice: “Chiediamo alla Chiesa non solo apertura ma anche rispetto, ma quando ci troviamo tra gay credenti diamo per scontato che l’amore gay è amore. E l’amore, nel Cristianesimo, è l’essenza”.
Appunto, “l’amore gay è amore”.
Quale l’obiettivo dichiarato? Aggiornare la Dottrina. Il tutto guidato dalla coscienza (erronea) di non essere al passo con i tempi, di essere obsoleti. Ma quello voluto è un aggiornamento che segue i criteri del mondo, basati sulla sociologia, sulla psicologia, sulla politica. In una parola, sulla ideologia. Un aggiornamento che non segue i criteri di Cristo ma quelli di una società secolarizzata.
Ma la Chiesa, quando spinge gli altri ad agire contro i Comandamenti di Dio e l’insegnamento di Cristo, non sta commettendo un abuso di potere? Non sta perseguendo un suo disegno piuttosto che quello che Dio le ha rivelato? Non sta ricercando il suo particolare piuttosto che il vero bene delle persone e la salvezza delle loro anime?
Ecco il punto centrale: la salvezza delle anime. L’insegnamento alla fedeltà in un amore che la Chiesa definisce disordinato, poiché viola il sesto Comandamento, come potrà mai portare alla salvezza delle anime. È una contraddizione. Spero si sia consapevoli di questo.
Mi chiedo dunque se alcuni pastori abbiano forse dimenticato che «La Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere per sé aperto alla trasmissione della vita… Tale dottrina, più volte esposta dal magistero, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo» («Humanae Vitae», 11-12)
A questo proposito, fanno riflettere le parole che il card. Gerhard Müller ha scritto qualche giorno fa:
“Come sottolinea giustamente Benedetto XVI, possiamo allontanarci dalle false vie solo se comprendiamo la sessualità maschile e femminile come dono di Dio, che non serve al piacere narcisistico ma ha il suo vero scopo nell’amore tra coniugi e nella responsabilità per una famiglia. Solo nel più ampio contesto di Eros e Agape la sessualità ha il potere di costruire la persona umana, la Chiesa e lo Stato. Altrimenti genera la distruzione”.
In conclusione, Benedetto XVI una volta disse che “la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”. Quello che è avvenuto a Torino mi sembra però che si muova su una strada diversa, quella dell’adesione a ciò che il mondo chiede. Qualcosa che fa perdere molto del suo fascino, qualcosa che rende il cristianesimo una tra le tante opzioni disponibili sul mercato dell’offerta consolatoria. Ma una Chiesa che persegue la strada della secolarizzazione è una Chiesa irrimediabilmente senza fascino e senza attrazione. E, come scriveva sempre il card. Müller qualche giorno fa, una Chiesa secolarizzata è destinata alla perdizione.
di Sabino Paciolla
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