ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 15 maggio 2019

La schiera di incompetenti

A PROPOSITO DELLE CRITICHE DEL CARD. MÜLLER ALLA BOZZA DI "PRAEDICATE EVANGELIUM"



Se da Santa Marta ci dicessero che è in preparazione una bozza di documento che prevede il ripristino del titolo di "suprema" alla Congregazione del Sant'Uffizio, e che inasprisce le pene per gli eretici, sarei parimenti sospettoso, e considererei questa presunta riforma non tanto per come è presentata, ma sulla base di chi la propone e di coloro ai quali essa è destinata. 

La setta conciliare - ché di setta stiamo ormai parlando almeno dal 2013, connotata non solo da membri palesemente eretici, ma anche da una propria gerarchia e da un capo ad essa funzionale - parte da dei presupposti ideologici tali, da inficiare alla radice qualsiasi speranza di cambiamento, se non in peggio. E dico presupposti ideologici perché essi non possono nemmeno ambire ad esser definiti dottrinali, vista la loro inconsistenza e l'abissale imperizia di chi li formula. 


Per questo ritengo che confutare Praedicate vangelium sia una perdita di tempo, un esercizio inutile, dal momento che tanto l'estensore del documento quanto chi lo confuta partono entrambi dal riconoscimento implicito degli errori ecclesiologici formulati dal Concilio; il primo in modo forse più brutale e sovversivo, oltre che con minor competenza; il secondo con maggiore prudenza e senza la componente eversiva tipica della compagine bergogliana, facendo ben attenzione a ribadire senza equivoci che il Vaticano II rimane punto fermo ed irrinunciabile. Ermeneutica della rottura contro ermeneutica della continuità, ma sempre ermeneutica di quell'infausta assise. 

E' significativo che anche l'ala moderata della neo-chiesa inizi a sentirsi poco rappresentata dall'intemperante argentino, la cui esuberanza rivoluzionaria non impedisce a molti Prelati di prender le distanze dalle parole ma non da chi le pronunzia, dalle idee ma non da chi le formula. 


Lo stesso Müller critica aspramente il documento (qui) ma non evidenzia che esso è espressione coerentissima del pensiero di Bergoglio, e che quindi se vanno condannate le idee dev'esser denunciato anche chi quelle idee le diffonde. Mi sembra che questo atteggiamento - esso sì davvero clericale - finisca per lasciar credere che le idee possano rimanere in un iperuranio e che viceversa esse non si incarnino nelle persone, nelle società e nella Storia. Un po' come avviene per il peccato: l'azione peccaminosa rimane tale - anche nelle fantasiose elaborazioni dottrinali di Bergoglio - ma il peccatore, ossia chi quel peccato lo compie, è in qualche modo sempre giustificabile. Esiste allora il peccato ma non il peccatore, l'eresia ma non l'eretico. Eppure il peccato in sé non esiste, finché non c'è chi lo compie; né esiste l'eresia, se non nel momento in cui un Ario, un Lutero o un Calvino non la teorizzano. Non a caso l'eresia prende il nome da chi la propaga: arianesimo, luteranesimo, calvinismo. 

E gli errori e le imprecisioni e gli equivoci volutamente incistati nei vaniloqui conciliari sono frutto di persone, di teologi progressisti e di Vescovi e Cardinali modernisti, che quegli errori hanno teorizzato, formulato, diffuso e difeso. E che difendono tuttora, o portando alle estreme conseguenze la loro carica eversiva (come fa Bergoglio) o cercando di moderarla non per coerenza logica, ma per mera prudenza, per non dover trarre le necessarie conseguenze e quindi agire coerentemente. Magari prendendo atto che sul Soglio siede un personaggio che in altri tempi avrebbe meritato di soggiornare nelle carceri di Castel Sant'Angelo piuttosto che all'hotel Santa Marta. 

Non dimentichiamo che la schiera di incompetenti che oggi infeuda la Curia e tutti gli organismi ecclesiali è stata fatta avanzare di carriera, nominata in posti strategici e promossa ai vertici delle istituzioni da coloro che oggi, con stupore quasi patetico, scoprono che quei disgraziati, quegli incompetenti, quei ribaldi sono riusciti a prendere il loro posto di comando. Esattamente come i primi, cinquant'anni fa, presero il posto dei buoni e degli ingenui che li avevano lasciati avanzare. 

Copyright MMXVIII - Cesare Baronio


Ecologia, laicismo e multiculturalismo: la Chiesa verso la rivoluzione

Il Sinodo sull'Amazzonia della Chiesa cattolica potrebbe cambiare per sempre il cattolicesimo. Questi sono le principali modifiche sul tavolo

Il documento preparatorio per il Sinodo dell'Amazzonia è centrato sui "nuovi cammini" per la Chiesa cattolica e sulla "ecologia integrale".
Papa Francesco, mediante una riforma apportata nell'autunno del 2018, ha elevato la funzione dei documenti sinodali al rango normativo. Quello finale è destinato ad entrare, di diritto, nel magistero. Significa che quanto disposto dalle assemblee dei vescovi partecipanti costituirà ben più di un suggerimento. È una premessa necessaria al ragionamento che segue.

Siamo ancora lontani dal poter definire l'entità di una possibile rivoluzione. Ma i cattolici progressisti ne sono sicuri: la prossima Assemblea speciale verrà ricordata all'interno dei libri di storia. "Niente sarà più come prima," ha dichiarato mons. Adveniat Franz-Josef Overbeck. Sì, ma in quale direzione e rispetto a quale materie dottrinali? Qualche elemento in più è rintracciabile su La Fede Quotidiana: Il monsignore - si legge - ha sottolineato che "che la struttura gerarchica della Chiesa, la sua morale sessuale, l’immagine generale del sacerdozio, il ruolo delle donne nella Chiesa, saranno da riconsiderare". Non è poco per un Sinodo che dovrebbe occuparsi solo di quella zona di mondo.
Sul tavolo, anzitutto, c'è la sperimentazione per l'Amazzonia, dove i preti scarseggiano di numero, dei "viri probati", cioè il fatto che "uomini di chiara fede", che hanno tuttavia contratto un matrimonio nel corso della loro esistenza, possano ricevere la facoltà di celebrare alcuni o tutti i sacramenti in sostituzione dei sacerdoti ordinari. Sarebbe uno dei "nuovi cammini" della Chiesa. Poi c'è chi sembra voler alzare l'asticella più in alto, come il cardinale Reinhard Marxche vorrebbe si discutesse dell'attualità del celibato. Dopo l'ottobre del 2019, insomma, la Chiesa cattolica potrebbe presentare una concezione del sacerdozio leggermente più laica o del tutto stravolta. I progressisti giocano la partita della dottrina toccando spesso la palla. I sinodi, da qualche tempo a questa parte, hanno un'impronta specifica, che è la loro. I conservatori si sbracciano, segnalando "confusione" e "distorsioni", ma sedendo in panchina e senza entrare poi molto nel vivo del gioco.

Il cardinale Hummes e i "ministeri differenziati"

Il porporato brasiliano Clàudio Hummes ha rilasciato un'intervista a La Civiltà Cattolica, la storica rivista dei gesuiti diretta da padre Antonio Spadaro. Grazie alle sue dichiarazioni, abbiamo scoperto qualcosa in più sull'appuntamento autunnale. C'è, intanto, un accenno alla bontà del multiculturalismo ecclesiale: "Dobbiamo apprezzare la diversità delle culture: alla Chiesa ne verrà un arricchimento, non una minaccia. La diversità non attenta all’unità della Chiesa, ma la rafforza". Poi, l'ex prefetto della Congregazione per il Clero, specifica meglio quali cambiamenti potrebbero essere adottati sul sacerdozio: Questo bisogno della comunità (riferito all'Amazzonia, ndr) forse, dovrà spingerci a pensare a ministeri differenziati a partire dal fatto che una certa comunità, in un posto specifico, ha bisogno di una presenza adeguata". Hummes, in questo virgolettato, sembra riferisi ai già citati "viri probati", ma sarà l'ordine del giorno sinodale a chiarire una volta per tutte come stanno le cose. Il cardinale, come spiegato ieri, parla anche di "resistenze" e di "Chiesa indigena".

La Chiesa verso la rivoluzione

Diviene lecito domandarsi, quindi, che tipo di Chiesa cattolica uscirà, per usare un'espressione impropria, dal Sinodo sull'Amazzonia. Non si può essere pretestuosi, ma la sensazione è che abbia ragione monsignor Overbeck a dire che nulla, dall'approvazione del documento finale in poi, sarà come prima. L'ecologia e il multiculturalismo, con tutte le conseguenze che quest'ultimo tema produce sulla visione ecclesiale dell'immigrazione e dei fenomeni migratori, hanno da tempo fatto la loro comparsa tra le priorità dottrinali. Tanto che alcuni cardinali conservatori hanno richiesto che l'Ecclesia non venisse trasformata in qualcosa di simile a una Ong. Ma il percorso, la direzione culturale che abbiamo cercato d'indagare per mezzo di questo articolo, sembra essere già stata individuata dalle alte gerarchie.

Uno scontro dentro la Chiesa: ecco chi sono i prelati anti Ue 

Quei porporati che si oppongono all’Unione europea



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La Chiesa cattolica non è animata solo da chi, tra gli ecclesiastici, promuove volentieri l’accoglienza dei migranti a tutti i costi, la fine dello Stato nazionale, la bontà della cessione di quote di sovranità e la necessità di processi sinodali, ma di tipo politico. L’europeismo non abita in tutte le sagrestie. Papa Francesco e le alte gerarchie vaticane pensano che la dottrina politica sovranista sia pericolosa. L’unico populismo possibile – ha sostenuto di recente il vescovo di Roma – è quello cristiano. E l’Unione europea finisce per ricoprire il ruolo di alleato naturale della Santa Sede, in quanto contraltare della “mentalità chiusa”. Il ripristino dei confini trova la contrarietà del Santo Padre. Dei rischi comportati dal leaderismo secondo la visione cattolica progressista è quasi inutile parlare. Ma – si accennava – c’è pure chi fa una diagnosi differente.
L’Europa – questo è un tratto comune a buona parte degli ambienti ecclesiastici – è considerata malata. La patologia segnalata su referti, però, cambia a seconda del medico. Se per le gerarchie progressiste vale la pena tuonare contro l’incremento della “paura verso l’altro”, la Chiesa conservatrice, quella che avevamo imparato ad apprezzare sotto il pontificato di Joseph Ratzinger, insiste con la disamina sul relativismo valoriale. Un buon esempio di questo filone culturale è ancora rappresentato da monsignor Antonio Suetta, che è italiano è che è incaricato presso la diocesi di Ventimiglia-San Remo. Potrebbero essere elencati una serie di consacrati che, da più parti del Vecchio continente, hanno continuato a sbracciarsi, evidenziando la nocività di un’Europa desacralizzata. Quella che usa rinnegare le sue “radici cristiane”. Basterebbe citare i cardinali Robert Sarah e Peter Erdo.
La Conferenza episcopale italiana e la Chiesa cattolica – difficile sostenere il contrario – si sono distinte in questi anni per una serie di rimostranze, ma non per la critica al multiculturalismo. Monsignor Suetta, invece, ha tuonato eccome, affermando che: “La multiculturalità invocata per sminuire la matrice cristiana è il rinnegamento di ciò che ci è proprio”. Sembra quasi di ascoltare un altro vescovo, cioè Athanasius Schneiderche è arrivato ad asserire che: “Il fenomeno della cosiddetta ‘immigrazione’ rappresenta un piano orchestrato e preparato a lungo tempo da parte dei poteri internazionali per cambiare radicalmente l’identità cristiana e nazionale dei popoli europei”. Ma la gestione dei fenomeni migratori è solo uno dei campi dove gli ecclesiastici europei seminano in maniera diversa, a seconda di che visione del mondo professano. La bioetica è un altro terreno di scontro.
Conosciamo come, tanto alcuni ambienti ecclesiastici quanto le istituzioni sovranazionali europee, abbiano sposato la cifra stilistica dei pro choice: coloro che, sui temi etici, ventilano la sistematicità di una possibilità di scelta. C’è una parte di Chiesa cattolica a cui questa Unione europea, specie per l’ideologia sedimentata alla base, non piace affatto.
FRANCESCO BOEZI 15 MAGGIO 2019

1 commento:

  1. "Lo stesso Müller critica aspramente il documento ma non evidenzia che esso è espressione coerentissima del pensiero di Bergoglio, e che quindi se vanno condannate le idee dev'esser denunciato anche chi quelle idee le diffonde".

    Solita tirata contro i ratzingeriani da parte di Baronio , solo che il carattere sofistico è quanto mai evidente. La critica al documento non sarebbe una critica anche all'autore? O forse si vorrebbe una dichiarazione preventiva di sede vacante da parte dei cardinali per ritenerli credibili?

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