Rosario. E se Salvini ci credesse davvero?
Da tempo, la politica sta prendendo una strada anomala: in un mondo ormai completamente scristianizzato, si combatte tenacemente sulla permanenza o meno dell’elemento cristiano nella nostra società. Noi tutti sappiamo che è la Rivoluzione a dettare l’agenda politica dal 1789 in poi; dunque, non ci sorprende che la politica voglia combattere il cristianesimo, posto che l’azione politica è permeata di spirito rivoluzionario. Semmai, sorprendono i (rari) episodi contrari a questo sistema, nei quali l’elemento cristiano torna a farsi distintivo. Non soltanto invocando dei principi e delle idee nei quali riconoscersi, ma anche ricordandosi direttamente dei santi, di Maria Sempre Vergine e di Nostro Signore.
Insomma: evidenziare le radici cristiane d’Europa è di per sé un atto coraggioso, ma spesso ridotto a mera retorica perché in quelle radici cristiane non ci crede quasi più nessuno. Invece, citare i santi e la Madonna in un discorso con riverenza, affetto e confidando in una loro protezione ha l’effetto di un uragano: possibile che un politico nell’Europa scristianizzata e senza Dio senta il bisogno di chiamare in causa nientemeno che il Cuore Immacolato di Maria?
Matteo Salvini lo ha fatto in piazza Duomo a Milano, invocando anche la protezione di sei santi.
È facile immaginare che queste parole irriteranno tutto quel mondo che ha la sua luce nella Rivoluzione e non nella Rivelazione: «ma come – diranno – dall’Illuminismo in poi cerchiamo di distruggere la stessa idea di cristianità, e poi arriva Salvini e chiude il comizio di Milano con il rosario in mano?» La domanda che dovrebbero porsi, però, è un’altra: a chi si rivolge Salvini quando brandisce il rosario e invoca il Cuore Immacolato di Maria? Non si dica che si rivolge alle vecchiette timorate di Dio, perché questa spiegazione poteva andar bene ai tempi di don Camillo. A trovarle, quelle vecchiette. E soprattutto non è plausibile pensare che, oggi, esse facciano la differenza nelle urne. Tanto più, molte di quelle vecchiette – e molti, moltissimi cattolici, purtroppo – hanno ormai una visione del cattolicesimo così deformata da un cinquantennio di spirito conciliare, di cattocomunismo, di buonismo e di volemmossebbene, che alla fine il rosario e l’affidamento dell’Europa al Cuore Immacolato risultano non soltanto argomenti remoti e confusi, ma perfino fastidiosi. La stessa Chiesa, in piena crisi di identità, ha ormai da tempo cessato di rivolgersi ai fedeli con l’enfasi dimostrata da Salvini in un paio di frasi. Anche dire che egli stia strizzando l’occhio ai “cattolici tradizionalisti” è un’analisi misera: a ben contare, nemmeno loro sono una massa considerevole.
Dunque, il vicepremier non si sta rivolgendo alle vecchiette, né ai cattolici: categorie ormai così variegate da non poter pensare che votino in maniera monolitica, come negli anni Cinquanta. Ad essere cinici, si direbbe che Salvini utilizzi il rosario e la Vergine come elementi di una identità europea astratta. Potrebbe citare anche i castelli, i cavalieri e i trovatori medievali: anch’essi fanno parte della nostra identità europea. Poteva concludere in modo molto laico ma perfettamente calzante, augurandosi che i nostri avi, cavalieri e crociati, vegliassero su di noi. Sarebbe stato un augurio affascinante e comunque energico. Invece, ha scelto la religione e ha richiamato la fede, magari estinta o latente, dei popoli d’Europa.
È possibile che questa scelta non sia casuale, ma sia dettata dalla fede personale del ministro. E allora c’è da chiedersi quanto Salvini sia consapevole di quello che ha chiesto pubblicamente a Milano. E c’è soprattutto da chiedersi quanto Salvini consideri la sua missione politica: perché quando si scoprono le carte bisogna avere in mano dei punti, e quando un politico decide di farci nuovamente respirare l’aria buona che respiravano non i nostri nonni, ma i nostri bisavoli al tempo delle teste coronate e dell’alleanza trono-altare, deve sapere quello che fa. Perché è dal 1789 che, progressivamente, l’Europa si è emancipata dallo schema religioso che contraddistingueva l’Ancien Régime. Citando, nuovamente, santi e rosari nei proprio grandi discorsi, Salvini si sta richiamando ad un mondo trapassato, che funzionava perché l’intera società era cristiana e credeva in quei santi e in quei rosari. Oggi, no. L’invocazione rosario alla mano deve essere fatta con la convinzione di lavorare per ripristinare quell’Europa defunta: l’Europa delle nazioni cristiane. Lavoro improbo, lavoro impossibile per un solo uomo. Ma lavoro quanto mai necessario. Almeno, è fondamentale che qualcuno inizi quel lavoro, ora o mai più. Matteo Salvini ha questo obiettivo? Non possiamo che augurarcelo. In Russia, nell’arco di un ventennio, Vladimir Putin è riuscito a riaprire le chiese distrutte dai sovietici, a ripristinare il giusto ruolo sociale della chiesa ortodossa, a riportare la fede in molti cuori; azione politica che ha ridato un’anima alla Russia, evitando per essa il molle destino dell’Europa intorpidita dal consumo e resa vigliacca dal dio denaro. Il rosario di Matteo Salvini ci permette di sperare che anch’egli abbia in serbo per l’Italia un futuro “alla russa”. Una timida speranza, benché sappiamo che nel nostro paese accadano le giravolte politiche più assurde e che le durate degli esecutivi siano tra le più brevi del mondo. Allo stato attuale, resta un sogno: il sogno che quel rosario voglia dire qualcosa e non sia un feticcio, un vuoto ricordo simbolico di un’epoca trapassata brandito senza credere. Senza fede. Ed il nostro sogno è che l’Italia sia un giorno guidata da un uomo che abbia fede in Dio; fede magari piccola, ma salda; fede che possa servire al momento – ahinoi, temiamo vicino – dell’implosione sociale, economica e umana del mondo in cui viviamo.
Ultima considerazione: Matteo Salvini, certamente non un santo, certamente opinabile e contestabile sotto molti aspetti, ha avuto coraggio ed ogni cattolico in buona fede dovrebbe riconoscerglielo. Che poi abbia fatto bene ed abbia le idee chiare su ciò che vuol fare, è un altro discorso. Gli va riconosciuto un grande coraggio, nell’affidare l’Europa al Cuore Immacolato di Maria. Lo stesso coraggio non possiamo purtroppo riconoscere a molti nostri pastori, troppo vigliacchi per parlare ancora di Maria, di Gesù e dei santi. Coraggio, forse un po’ tracotante, da una parte; vigliaccheria e apostasia dall’altra. E si giunge all’ultima, amarissima domanda: come è possibile che per sentire qualcosa di cattolico si debba ascoltare un comizio di Matteo Salvini?
Matteo Salvini lo ha fatto in piazza Duomo a Milano, invocando anche la protezione di sei santi.
È facile immaginare che queste parole irriteranno tutto quel mondo che ha la sua luce nella Rivoluzione e non nella Rivelazione: «ma come – diranno – dall’Illuminismo in poi cerchiamo di distruggere la stessa idea di cristianità, e poi arriva Salvini e chiude il comizio di Milano con il rosario in mano?» La domanda che dovrebbero porsi, però, è un’altra: a chi si rivolge Salvini quando brandisce il rosario e invoca il Cuore Immacolato di Maria? Non si dica che si rivolge alle vecchiette timorate di Dio, perché questa spiegazione poteva andar bene ai tempi di don Camillo. A trovarle, quelle vecchiette. E soprattutto non è plausibile pensare che, oggi, esse facciano la differenza nelle urne. Tanto più, molte di quelle vecchiette – e molti, moltissimi cattolici, purtroppo – hanno ormai una visione del cattolicesimo così deformata da un cinquantennio di spirito conciliare, di cattocomunismo, di buonismo e di volemmossebbene, che alla fine il rosario e l’affidamento dell’Europa al Cuore Immacolato risultano non soltanto argomenti remoti e confusi, ma perfino fastidiosi. La stessa Chiesa, in piena crisi di identità, ha ormai da tempo cessato di rivolgersi ai fedeli con l’enfasi dimostrata da Salvini in un paio di frasi. Anche dire che egli stia strizzando l’occhio ai “cattolici tradizionalisti” è un’analisi misera: a ben contare, nemmeno loro sono una massa considerevole.
Dunque, il vicepremier non si sta rivolgendo alle vecchiette, né ai cattolici: categorie ormai così variegate da non poter pensare che votino in maniera monolitica, come negli anni Cinquanta. Ad essere cinici, si direbbe che Salvini utilizzi il rosario e la Vergine come elementi di una identità europea astratta. Potrebbe citare anche i castelli, i cavalieri e i trovatori medievali: anch’essi fanno parte della nostra identità europea. Poteva concludere in modo molto laico ma perfettamente calzante, augurandosi che i nostri avi, cavalieri e crociati, vegliassero su di noi. Sarebbe stato un augurio affascinante e comunque energico. Invece, ha scelto la religione e ha richiamato la fede, magari estinta o latente, dei popoli d’Europa.
È possibile che questa scelta non sia casuale, ma sia dettata dalla fede personale del ministro. E allora c’è da chiedersi quanto Salvini sia consapevole di quello che ha chiesto pubblicamente a Milano. E c’è soprattutto da chiedersi quanto Salvini consideri la sua missione politica: perché quando si scoprono le carte bisogna avere in mano dei punti, e quando un politico decide di farci nuovamente respirare l’aria buona che respiravano non i nostri nonni, ma i nostri bisavoli al tempo delle teste coronate e dell’alleanza trono-altare, deve sapere quello che fa. Perché è dal 1789 che, progressivamente, l’Europa si è emancipata dallo schema religioso che contraddistingueva l’Ancien Régime. Citando, nuovamente, santi e rosari nei proprio grandi discorsi, Salvini si sta richiamando ad un mondo trapassato, che funzionava perché l’intera società era cristiana e credeva in quei santi e in quei rosari. Oggi, no. L’invocazione rosario alla mano deve essere fatta con la convinzione di lavorare per ripristinare quell’Europa defunta: l’Europa delle nazioni cristiane. Lavoro improbo, lavoro impossibile per un solo uomo. Ma lavoro quanto mai necessario. Almeno, è fondamentale che qualcuno inizi quel lavoro, ora o mai più. Matteo Salvini ha questo obiettivo? Non possiamo che augurarcelo. In Russia, nell’arco di un ventennio, Vladimir Putin è riuscito a riaprire le chiese distrutte dai sovietici, a ripristinare il giusto ruolo sociale della chiesa ortodossa, a riportare la fede in molti cuori; azione politica che ha ridato un’anima alla Russia, evitando per essa il molle destino dell’Europa intorpidita dal consumo e resa vigliacca dal dio denaro. Il rosario di Matteo Salvini ci permette di sperare che anch’egli abbia in serbo per l’Italia un futuro “alla russa”. Una timida speranza, benché sappiamo che nel nostro paese accadano le giravolte politiche più assurde e che le durate degli esecutivi siano tra le più brevi del mondo. Allo stato attuale, resta un sogno: il sogno che quel rosario voglia dire qualcosa e non sia un feticcio, un vuoto ricordo simbolico di un’epoca trapassata brandito senza credere. Senza fede. Ed il nostro sogno è che l’Italia sia un giorno guidata da un uomo che abbia fede in Dio; fede magari piccola, ma salda; fede che possa servire al momento – ahinoi, temiamo vicino – dell’implosione sociale, economica e umana del mondo in cui viviamo.
Ultima considerazione: Matteo Salvini, certamente non un santo, certamente opinabile e contestabile sotto molti aspetti, ha avuto coraggio ed ogni cattolico in buona fede dovrebbe riconoscerglielo. Che poi abbia fatto bene ed abbia le idee chiare su ciò che vuol fare, è un altro discorso. Gli va riconosciuto un grande coraggio, nell’affidare l’Europa al Cuore Immacolato di Maria. Lo stesso coraggio non possiamo purtroppo riconoscere a molti nostri pastori, troppo vigliacchi per parlare ancora di Maria, di Gesù e dei santi. Coraggio, forse un po’ tracotante, da una parte; vigliaccheria e apostasia dall’altra. E si giunge all’ultima, amarissima domanda: come è possibile che per sentire qualcosa di cattolico si debba ascoltare un comizio di Matteo Salvini?
di Giorgio Enrico Cavallo
Si critica Salvini per il Rosario e poi??? Guardate qui: è la chiesa degli ipocriti!
Due chiacchiere con Enzo Bianchi e company....
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