«Guai ai pastori d’Israele che pascono se stessi!». A essere giustiziati dai nazisti eravamo preparati, a essere giustiziati dai plotoni di esecuzione della Chiesa misericordiosa no, non eravamo preparati.
diceva di recente un vescovo: «Parliamoci chiaro, la Chiesa così come la conoscevamo un tempo non esiste più». In effetti ce ne siamo accorti, basta esaminare le macerie …
Scrive un giovane sacerdote ad Aldo Maria Valli … [articolo, QUI] |
La lettera di un giovane sacerdote pubblicata sul blog Duc in Altum del vaticanista Aldo Maria Valli [vedere testo, QUI] mi ha riportato alla mente il capitolo XXXIV del libro del profeta Ezechiele sui pastori d’Israele che hanno abdicato il loro compito di guide del popolo per pensare ai propri interessi [cf. Ez 34, 1-31, testo integrale QUI].
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Leggendo questa lettera mi sono sentito subito molto vicino a questo confratello e – essendo forse più grande di lui come età anagrafica – un sentimento fraterno di amicizia mi ha unito a lui seppur spiritualmente.
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Dietro questi scritti, spesso si nasconde uno sfogo autentico che è il gemito inespresso di coloro che desiderano che il Regno di Dio si compia visibilmente sulla terra e che, in un mondo lacerato da discordie, la Chiesa risplenda come segno profetico di unità e di pace [cf. Preghiera Eucaristica V/d – La Chiesa in cammino verso l’unità].
Ci stiamo avvicinando alla solennità di Pentecoste che è il grembo all’interno del quale nasce la Chiesa di Cristo, quella Chiesa che da due millenni porta la buona notizia: Cristo è risorto dai morti, Alleluia! Lo Spirito Santo è unità e crea unità, la Chiesa gode di questa caratteristica quando si ritrova coesa con il suo Sposo e tra i suoi membri e in ciò trova la sua unità e forza. Ma la libertà che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, suscita non poche volte anche voci fuori dal coro che, come i profeti d’Israele spesso inascoltati, cercano di rendere consapevoli gli uomini, ed in particolare gli uomini preposti a esercitare il cosiddetto potere, di quello che sarà il nostro naturale ritorno a Dio.
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O per dirla in altri termini: spesso ci troviamo di fronte a fratelli che nella schiettezza dello Spirito Santo ci indicano che il Re è nudo e che è arrivata l’ora di coprire le sue pudende per restituire ad esso la dignità perduta, che poi è la dignità di tutti noi, sia come singoli sia come Popolo di Dio.
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Il disagio diffuso che questo giovane sacerdote presenta nella sua lettera è palpabile, non tanto in relazione a coloro che si definiscono credenti non praticanti, ma proprio in quelle persone che hanno fatto della fede all’interno della Chiesa la loro missione e il loro vanto. Così, questo disagio che si muta in turbamento, è la malattia di molti fedeli cristiani di oggi e di altrettanti sacerdoti e religiosi. E si noti bene: il turbamento è quella realtà dalla quale nella Santa Messa, subito dopo la recita del Pater Noster, chiediamo la grazia di esserne liberati insieme con il peccato:
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«Liberaci Signore da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, perché con l’aiuto della tua misericordia saremo sempre libera dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo»
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Il turbamento non è segno della presenza di Dio,c’è poco da girarci intorno, quando mi trovo davanti a fedeli turbati, come pastore devo, per dovere di giustizia, rispondere cercando di infondere quella pace che è il frutto più bello dello Spirito Santo. Il segno del turbamento, oggi diffuso all’interno della Chiesa, si evidenzia attraverso uno scollamento massivo tra i pastori e le pecorelle, proprio all’interno di quelle tematiche in cui un tempo c’era chiarezza di vedute e una certa uniformità.
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Dobbiamo poi rabberciare le cosein giustificazioni perché quel tal politico – a qualunque orientamento esso appartenga – è inquadrato come ilcattivone di turno e mi sconquassa i piani? Non sono necessarie scuse a ogni piè sospinto per manifestarci affidabili, fin troppo chiara è quella locuzione latina che dice: «Excusatio non petita, accusatio manifesta». Infatti, a forza di scusarci sempre e per ogni cosa, finiremo anche per scusarci a causa della morte del nostro Divino Redentore. Altre volte categorizziamo invece i nostri fratelli in schieramenti: tradizionalisti contro progressisti, odiatori contro lovvatori, gli entusiastisupporter di questo o di quel pontificie ed i suoi detrattori.
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Venerati Padri Vescovi e Confratelli Sacerdoti, è inutile giocare a mamma Ciccio mi tocca e poi attribuire la colpa ad altri per i nostri fallimenti come uomini di Dio. Se molti fratelli nel Popolo di Dio ci percepiscono come uomini disfunzionali, schizofrenici e nevrotici, probabilmente, qualche cosa di vero ci sarà pure. Forse ci stanno indicando quel venticello flebile della presenza di Dio che Elia ha percepito distintamente [cf. 1Re 19,1-16] e che noi non vogliamo sentire e tanto meno assecondare. Vogliamo per davvero giungere a un tipo di rivoluzione di questo genere?
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Mi è stato riferito che un vescovo, parlando a laici impegnati, ha testualmente detto: «Parliamoci chiaro, la Chiesa così come la conoscevamo un tempo non esiste più». Ebbene – dico io – se questo è già così chiaro, perché non cerchiamo di tornare al Signore, Lui che è il vero pastore del suo gregge e che probabilmente di qui a poco ci sbatterà fuori, là dove sarà pianto e stridore di denti? [cf. Mt 13,42]. E purtroppo, non pochi di noi, sono già fuori da tempo dalla mente e dal cuore del popolo di Dio, pronti per quel luogo di dannazione eterna dove sarà pianto e stridore di denti.
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Piangiamo che i nostri cresimandi non mettono più piede in chiesa, che i nostri fidanzati hanno già sperimentato tutto lo sperimentabile e che il rito del matrimonio è solo uno svago per uscire dalla monotonia di una vita convissuta già da parecchio tempo. Anche i nostri ammalati non ci chiamano più al loro capezzale per amministrare il Santo Viatico e l’Unzione, perché ci vedono interessati a tutt’altro fuorché alla loro anima.
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Le grandi basiliche e le grandi piazze sono sempre più vuote, noi sacerdoti siamo disperati che le nostre assemblee liturgiche sono ormai ridotte ai minimi termini. E di fronte a tutto questo, la cosa più “saggia” che ci viene in mente – invece di fare i preti – è di dare in appalto le nostre chiese ai movimenti ecclesiali e laicali nella speranza di vendere qualche biglietto in più e di fare il tutto esaurito la domenica successiva.
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Domandiamoci con serietà:come potrebbero i nostri fedeli entrare nel tempio del Signore dopo che è stato usato come refettorio, tribuna politica, galleria d’arte, auditorium, mercatino dell’usato e via discorrendo? E il tutto – cosa più grave – senza che sia stato neppure tolto il Santissimo Sacramento dal tabernacolo, spento il lume rosso, lasciata la porta della sacra riserva aperta, tolta la tovaglia e le candele dall’altare. Come si faceva una volta quando con l’espressa autorizzazione del vescovo del luogo, una chiesa consacrata era occasionalmente usata per attività o per attività non liturgiche. Domanda: chi fa questo, crede ancora alla reale presenza di Cristo Dio vivo e vero, presente in anima, corpo e divinità nelle sacra specie eucaristiche?
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Lo stesso santo sacrificio della Messa rischia di essere banalizzato affinché sia più friendly e – credetemi – non serve essere un devoto di Marcel Lefebvre o di Gricigliano per migliorare le cose. Le nostre omelie sono intrise di umanesimo ateo che ha tra i suoi dogmi la promozione di presunti diritti incompatibili con la nostra fede, tanto da farci dismettere il sacro abito talare o religioso per indossare la tuta dell’elettricista, dell’attivista verde, dell’assistente sociale, del politico o del disk jockey.
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Mi viene in mente il film Nel nome del Papa Regirato da Luigi Magni del 1977, in cui il personaggio di Monsignor Colombo da Priverno – interpretato dal grande Nino Manfredi – dice una frase a mio parere decisiva:
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«Fratelli, semo vecchi… c’avemo l’ore contate. Volemo fa’ ‘na b’bona azione, prima de mori’? Una sola: mannamo er boja in pensione e chiudemo in bellezza. Cercamo d’esse preti, d’ esse preti, che nun ce perdemo gnente!».
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Che bello, cerchiamo di essere preti,sacerdoti e pastori così con le nostre debolezze, mancanza, incongruenze ma preti. È questo che la gente semplice ci chiede e che Dio si aspetta, facendo così non ci perderemo niente, ma c’è di più: a quel punto, il buon Popolo di Dio, vedendo comunque il nostro impegno, ci perdonerà con grandissima magnanimità anche tutte le nostre debolezze umane, i nostri difetti e le nostre colpe.
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Nel chiamare gli apostoli Cristo non ha scelto certo i migliori del suo tempo ma ha scelto quelli più idonei per i suoi scopi. Questo ci deve entrare in testa e nel cuore, siamo qui per portare avanti gli scopi del Salvatore che la solennità dell’Assunzione ci ha ricordato:
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«Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» [cf. Mt 28,19-20].
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Le presunte ventate di novità ecclesiale, se non derivano dallo Spirito Santo che dona la pace, sanno di vecchio, nihil novi sub sole,anche le presunte novità sono già vecchie, puzzano di naftalina, solo Cristo è moderno, perché è il vivente, Colui che era, che è, che sarà, come acclamiamo durante la Veglia di Pasqua.
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Mandiamo dunque in pensione il boia del turbamento e con lui anche i moderni boia della misericordia. L’uno e l’altro mietono vittime e tagliano tante teste innocenti dentro le nostre comunità ecclesiali eseguendo le loro condanne a morte su mandato dei peggiori colpevoli. Via, quel boia che, pur vestendosi di una lussuosa ed elegante cappa rossa fino ai piedi, è costantemente grondante del sangue degli innocenti martiri che, come ai tempi di Cristo, pagano la loro testimonianza ad un re Erode che pretende di essere rivoluzionario nel suo essere Messia e Salvatore di un popolo eletto che non ha mai amato e che ha usato per arricchirsi e per stringere connivenze: via!
Autore Ivano Liguori, Ofm. Capp. |
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Cagliari, 4 giugno 2019
— attualità ecclesiale —
Redazione
A essere giustiziati dai nazisti eravamo preparati, ad essere giustiziati dai plotoni di esecuzione della Chiesa misericordiosano, a quello non eravamo preparati …
A essere giustiziati dai nazisti eravamo preparati, ad essere giustiziati dai plotoni di esecuzione della Chiesa misericordiosano, a quello non eravamo preparati …
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