Martini e il progetto europeista
Recentemente mi è stato inviato questo scritto (vedi immagine) del cardinal Martini del 2005. Quello che all’epoca veniva letto come melassa progressista alla “volemose bbene”, coerente con “ecumenismo e dialogo ad ogni costo” promossi da chi per tutta la vita ha contrastato il magistero dei papi senza sentire ragioni, oggi viene letto in una luce del tutto nuova, che getta ombre sulla figura dello studioso gesuita.
È risaputo che al biblista Martini non interessasse il dogma cattolico, che in vita fu un autorevole interprete della teologia “guardiamo ciò che unisce e non ciò che divide”, e che per le sue critiche al magistero papale si sia guadagnato la nomea di “antipapa”. Queste cose sono del tutto pubbliche, e non destavano diffidenza da parte di nessuno. Non destò nemmeno molto scalpore scoprire che era a capo del “mafia club” cardinalizio di San Gallo, con tutte le voci annesse e connesse fatte circolare dal libro del cardinale Daneels. Tutto ciò è pubblico e risaputo, e molti lo liquidavano all’epoca come “roba da preti” o “politica ecclesiale”. E nel 2005 il testo che ho riportato non destava altra reazione.
Letta alla luce degli eventi politici recenti questa “preghiera” suscita sentimenti del tutto diversi: non è più semplice melassa cattocomunista, ma è un chiaro anticipo delle posizioni di una precisa parte politica e di un ben definito progetto europeista sbandierato apertamente dall’Unione Europea, e che trova tra i suoi sostenitori Bergoglio e i suoi subalterni della CEI.
Tutto ciò è quanto meno inquietante, per molti motivi. In primis, il fatto che il gesuitismo e la mafia di San Gallo non sono solo “roba da preti” o interni alla politica ecclesiale: chi potrebbe negare l’attuale endorsement ecclesiale alla UE e ad un preciso progetto politico, sociale ed economico proprio di una precisa parte politica (che tra le altre cose detesta il cristianesimo)? Ma in pochi nel 2005 avrebbero pensato che molti uomini di Chiesa si fossero consegnati anima e corpo a tale progetto sociale anticristiano. In secondo luogo, chi all’epoca della sua pubblicazione avrebbe letto il testo dandogli quella precisa caratura politica? Sebbene i toni utilizzati non siano dissimili da quelli dell’attuale vescovo di Roma, è però mutato il contesto umano e sociale, e quindi il senso che per noi hanno certe frasi. Per ultimo va fatto notare quanto sia luciferina questa dissimulazione di intenti da parte delle élite politiche ed ecclesiastiche: ciò che oggi dicono apertamente non è altro che quanto fino a pochi anni fa nascondevano con la doppiezza delle parole e delle interpretazioni, un progetto che preparavano da chissà quanti decenni.
La politica “aiutiamoli a casa loro” che oggi viene vista come xenofoba, sovranista eccetera da parte della UE e dei vescovi, 20 anni fa era la politica ufficiale dell’Unione Europea e della Santa Sede, mentre oggi non si vuole nemmeno aprire un dibattito con chi la sostiene (in questo caso è lecito alzare muri e non ponti…). Ciò che risultava incredibile a quasi tutti fino a pochi anni fa è oggi dogma politico indiscutibile, anche a livello ecclesiale. Mutamenti del genere non si improvvisano, e il fatto che quanto sembrava semplice, innocua melassa retorica oggi mostri il veleno che conteneva dovrebbe far riflettere su quanto sia diventato satanico e dissimulatore il potere delle élite sulla pelle dei popoli europei.
Se questa “rilettura ermeneutica” vale per un testo estemporaneo del cardinale Martini, cosa verrebbe fuori se rileggessimo alla luce della situazione attuale altri documenti scritti da ecclesiastici modernisti, politici e intellettuali di grido? Che ombre getteremo sulle élite che hanno in mano la nostra esistenza? Ma soprattutto, avremmo il coraggio di guardarle in faccia?
È risaputo che al biblista Martini non interessasse il dogma cattolico, che in vita fu un autorevole interprete della teologia “guardiamo ciò che unisce e non ciò che divide”, e che per le sue critiche al magistero papale si sia guadagnato la nomea di “antipapa”. Queste cose sono del tutto pubbliche, e non destavano diffidenza da parte di nessuno. Non destò nemmeno molto scalpore scoprire che era a capo del “mafia club” cardinalizio di San Gallo, con tutte le voci annesse e connesse fatte circolare dal libro del cardinale Daneels. Tutto ciò è pubblico e risaputo, e molti lo liquidavano all’epoca come “roba da preti” o “politica ecclesiale”. E nel 2005 il testo che ho riportato non destava altra reazione.
Letta alla luce degli eventi politici recenti questa “preghiera” suscita sentimenti del tutto diversi: non è più semplice melassa cattocomunista, ma è un chiaro anticipo delle posizioni di una precisa parte politica e di un ben definito progetto europeista sbandierato apertamente dall’Unione Europea, e che trova tra i suoi sostenitori Bergoglio e i suoi subalterni della CEI.
Tutto ciò è quanto meno inquietante, per molti motivi. In primis, il fatto che il gesuitismo e la mafia di San Gallo non sono solo “roba da preti” o interni alla politica ecclesiale: chi potrebbe negare l’attuale endorsement ecclesiale alla UE e ad un preciso progetto politico, sociale ed economico proprio di una precisa parte politica (che tra le altre cose detesta il cristianesimo)? Ma in pochi nel 2005 avrebbero pensato che molti uomini di Chiesa si fossero consegnati anima e corpo a tale progetto sociale anticristiano. In secondo luogo, chi all’epoca della sua pubblicazione avrebbe letto il testo dandogli quella precisa caratura politica? Sebbene i toni utilizzati non siano dissimili da quelli dell’attuale vescovo di Roma, è però mutato il contesto umano e sociale, e quindi il senso che per noi hanno certe frasi. Per ultimo va fatto notare quanto sia luciferina questa dissimulazione di intenti da parte delle élite politiche ed ecclesiastiche: ciò che oggi dicono apertamente non è altro che quanto fino a pochi anni fa nascondevano con la doppiezza delle parole e delle interpretazioni, un progetto che preparavano da chissà quanti decenni.
La politica “aiutiamoli a casa loro” che oggi viene vista come xenofoba, sovranista eccetera da parte della UE e dei vescovi, 20 anni fa era la politica ufficiale dell’Unione Europea e della Santa Sede, mentre oggi non si vuole nemmeno aprire un dibattito con chi la sostiene (in questo caso è lecito alzare muri e non ponti…). Ciò che risultava incredibile a quasi tutti fino a pochi anni fa è oggi dogma politico indiscutibile, anche a livello ecclesiale. Mutamenti del genere non si improvvisano, e il fatto che quanto sembrava semplice, innocua melassa retorica oggi mostri il veleno che conteneva dovrebbe far riflettere su quanto sia diventato satanico e dissimulatore il potere delle élite sulla pelle dei popoli europei.
Se questa “rilettura ermeneutica” vale per un testo estemporaneo del cardinale Martini, cosa verrebbe fuori se rileggessimo alla luce della situazione attuale altri documenti scritti da ecclesiastici modernisti, politici e intellettuali di grido? Che ombre getteremo sulle élite che hanno in mano la nostra esistenza? Ma soprattutto, avremmo il coraggio di guardarle in faccia?
di Giovanni Donini
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