ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 10 luglio 2019

Imprigionati nella loro teologia

Quando i teologi dimenticano il sensus fidei fidelium



La Religione sconfigge l'eresia
Roma, chiesa del Gesù
(è palese che per religione va intesa quella praticata dai veri fedeli con il loro sensus fidei)


Da quando è stata resa nota la Lettera aperta ai vescovi della Chiesa cattolica sull’eresia di Papa Francesco, sono stati diffusi diversi interventi che hanno puntualizzato sia l’inopportunità dell’iniziativa, sia l’impossibilità formale di affermare l’eresia del Papa, sia pure la possibilità di ricorrere a forme diverse per  mettere Papa Francesco di fronte alla sua responsabilità circa parole e gesti che configurano la sua eresia.
Come è logico che sia, i varii interventi sono tutti teologicamente fondati e aderiscono in diversa maniera alle sentenze teologiche consolidate negli anni.
Sembrerebbe quindi che l’iniziativa della “lettera aperta” non possa né interamente giustificarsi, né possa portare agli affetti desiderati; e questo nonostante tutti concordino con l’evidenza della difformità delle parole e dei gesti di Papa Francesco rispetto all’insegnamento millenario della Chiesa. E’ come se tutti convenissero sull’eresia di fatto, ma dissentissero sull’eresia formale. Cosa che per molti aspetti appare quasi paradossale, poiché se “di fatto” ci troviamo di fronte all’eresia, com’è possibile che formalmente la stessa eresia scompaia o non abbia rilevanza?

Ragionando secondo la comune forma mentale del fedele cattolico, basata sul semplice buon senso, se il Papa offre all’insegnamento dei fedeli una dichiarazione che contraddice l’insegnamento della Chiesa, lo stesso fedele sente il dovere di rigettarla e di dedurne, logicamente, che il Papa sbaglia, si separa dall’insegnamento della Chiesa e quindi afferma un’eresia.
Ovviamente il fedele non parlerà di “eresia”, ma constatando la inaccettabile contraddizione e non potendo neanche supporre che la Chiesa possa essersi sbagliata, si convincerà che a sbagliare è Papa Francesco e quindi, in quella occasione, egli non è cattolico; e se un papa non è cattolico o è un protestante o è un miscredente, cioè, intermini tecnici, o eretico o apostata.
Questo significa che il semplice fedele, in forza del suo battesimo e della sua fede, possiede una disposizione spirituale atta a riconoscere la verità e a distinguerla dall’errore, senza alcun bisogno di ricorrere a nozioni teologiche, che non gli sono proprie. A tale disposizione corrisponde l’espressione sensus fidei fidelium.

Ora, è indubbio che il senso della fede non può sostituire le sentenze dei teologi, ma ugualmente non può darsi che queste ultime ignorino tale senso della fede, se non altro perché è lo stesso che hanno o dovrebbero avere i teologi prima ancora di teologare.
Ne deriva che l’argomentare dei teologi circa l’eresia di Papa Francesco può e dev’essere basata sul loro senso della fede, che come negli altri fedeli constata che Papa Francesco sbaglia e quindi o è eretico o è apostata.
Ciò nonostante, i teologi, imprigionati nella loro stessa teologia, si industriano per argomentare che pur essendo eretico Papa Francesco non può essere dichiarato eretico: quasi affermando che possa esistere un’eresia colta dal senso della fede che non possa essere chiamata formalmente eresia. Eppure, un’eresia o è tale o non è, e nessun argomentare teologico può trasformarla in qualcos’altro, né negare che sia ciò che è. E non può così trasformarla neppure il sofistico distinguo che un’eresia, per essere veramente tale, dev’essere espressa al massimo grado d’espressione canonica di chi la pronuncia, poiché sarebbe come dire che un papa o un vescovo, fintanto che non si esprimono al massimo grado del loro potere d’insegnamento possono insegnare tutte le eresie che vogliono, tanto esse, per i teologi, non sarebbero formalmente tali, ma sarebbero solo delle eresie materiali, che, chissà perché, non scandalizzerebbero i teologi.

Questo conferma che i teologi sono veramente imprigionati nella loro teologia, perché trascurano la cosa più grave che riguarda l’insegnamento espresso da un vescovo o un papa: i fedeli lo recepiscono come insegnamento della Chiesa e si convincono che tale insegnamento, seppure intriso di eresie, sia aderente alla verità da credere. In tal modo, l’insegnamento eretico finisce con mutare la fede del fedele, al punto da fargli ritenere legittimo tutto quello che fino ad allora non lo era.
Basta citare, ad esempio, l’insegnamento di Papa Francesco secondo il quale “Il pluralismo e le diversità di religione, … sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani” (Documento di Abu Dhabi, 4 febbraio 2019). Tale insegnamento è stato fissato in un documento ufficiale che è stato inviato a tutti i vescovi e a tutti gli organismi educativi cattolici perché lo facessero proprio e ne facessero materia d’insegnamento per tutti i fedeli.
Ebbene, secondo i nostri teologi, tale eresia, che contraddice perfino il più elementare buon senso e insieme costituisce una vera e propria bestemmia, non sarebbe veramente tale perché non è stata espressa al massimo grado del potere di insegnamento di Papa Francesco.
Il sensus fidei fidelium, invece, riconosce che si tratta di qualcosa che si separa nettamente da tutto l’insegnamento del Vecchio e del Nuovo Testamento e come tale è un’eresia da rigettare e da condannare.

Ugualmente problematico è supporre teologicamente che un papa eretico possa essere costretto a misurarsi con una formale dichiarazione di infallibilità, convinti che non possa farlo per l’immancabile intervento dello Spirito Santo; ma questo equivale a “tentare lo Spirito Santo” oltre che a costringere lo stesso Papa; costringere il Papa è forse un illecito canonico, ma peccare contro lo Spirito Santo è peccato imperdonabile.
Vero è che l’assistenza dello Spirito Santo non viene mai meno, ma di certo può benissimo venire meno la libera volontà dell’uomo, che può resistere allo Spirito Santo senza che Egli intervenga, perché Dio non interferisce con il libero arbitrio, quanto meno perché allora non sarebbe “arbitrio libero”. Supporre che un papa possa tentare di impegnare le condizioni dell’infallibilità con le quali possa tentare di far passare un’eresia, e insieme supporre che in definitiva non riuscirebbe a farlo per l’intervento dello Spirito Santo, significa negare il libero arbitrio concesso irrevocabilmente da Dio all’uomo.
E stupisce che tanti dimentichino la vicenda del peccato originale, quando Dio non interferì con la libera volontà dell’uomo. E sarebbe ridicolo obiettare che allora Adamo, ripieno dei doni dello Spirito Santo, non si appellò allo stesso Spirito, né di fatto né in maniera formale.

A noi sembra che molti teologi argomentino tenendo presente una condizione ordinaria della vita della Chiesa, trascurando il fatto, peraltro evidente, che oggi tale condizione non è più ordinaria, ma alquanto straordinaria, interamente legata al fluire del tempo che non risparmia neanche la Chiesa. Oggi la Chiesa si trova abbastanza addentro alla condizione profetizzata da Nostro Signore, quando in maniera retorica si chiedeva: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc. XVIII, 8): e proprio perché quella “fede sulla terra” è sinonimo di “fede nella Chiesa”. Nostro Signore, infatti non ha in vista i luoghi in cui la fede non c’è, ma i luoghi in cui essa c’è, e quindi in primis la Chiesa.
Se la fede nella Chiesa andrà sempre più affievolendosi, fino quasi a scomparire, nonostante la Chiesa stessa rimarrà indefettibile, non dovrebbe sorprendere che lo stesso Papa possa venire meno nella fede, fino all’eresia; sia perché l’eresia è la condizione normale del mondo che ci circonda, e alla cui influenza non sfugge neanche il Papa; sia perché la preghiera di Nostro Signore “ho pregato per te, che non venga meno la tua fede” (Lc. XXII, 32), non autorizza a credere che qualunque papa, in quanto tale, sia preservato dal perdere la fede.
In questo senso, non solo è maestra la storia della Chiesa, ma soprattutto è lampante la realtà oggettiva di Papa Francesco che insegna, tra l’altro, che Nostro Signore “non era un pulito”, “fa un po’ lo scemo”, “ha mancato la morale” (Discorso in San Giovanni in Laterano, 16 giugno 2016).
Nostro Signore ha pregato perché non venisse meno la fede di Pietro, ma Pietro, oggi, rinnega ancora Nostro Signore, e fino a quando non interverrà il suo pentimento e piangerà amaramente (cfr. Mt. XXVI, 75), la sua condizione eretica o apostatica rimarrà e i fedeli, con il loro sensus fidei, potranno respingerlo e valutarlo per quello che è; sia per la salvezza della loro anima, sia per la salvezza delle anime dei loro confratelli; il loro rifiuto infatti dev’essere pubblico come è pubblica l’eresia o l’apostasia di Papa Francesco.

E contro tale sensus fidei non valgono le argomentazioni dei teologici, soprattutto perché esse sono basate su riferimenti e canoni che non hanno ipotizzato la condizione attuale della Chiesa e del Papa, e neanche l’hanno pensata. Piuttosto, le riflessioni dei teologici e dei canonisti dovrebbero occuparsi della formulazione di nuovi riferimenti e di nuovi canoni adatti alla oggettiva condizione in cui si trovano oggi la Chiesa e il Papa.

Per finire ci poniamo una domanda molto semplice: il sensus fidei fidelium ha valore rispetto alla professione della verità o oggi non avrebbe più valore? Se ha ancora valore, sarebbe bene che i teologi partissero da tale sensus fidei fidelium per esprimere valutazioni sull’ereticità di Papa Francesco, diversamente le loro argomentazioni sono come infondate.

San Vincenzo di Lerino affermava: Magnopere curandum est ut id teneatur quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est - Bisogna soprattutto preoccuparsi perché sia conservato ciò che in ogni luogo, sempre e da tutti è stato creduto. (Commonitorium, II).
A noi sembra che lo stesso principio valga pari pari alla rovescia: bisogna preoccuparsi di tenere conto di quanto è sentito e percepito come eterodosso dai fedeli in ogni luogo, sempre e da tutti; dove sempre va inteso in termini temporali attuali.
Oggi è questa la realtà oggettiva: tutti i fedeli, quelli veri, per sei anni consecutivi e dovunque nel mondo percepiscono e constatano che Papa Bergoglio è un eretico o un apostata.
                                            Pentimento di San Pietro
                                            cappella 26, Sacro Monte di Varallo

di
 Giovanni Servodio

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