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venerdì 5 luglio 2019

Un modello essenzialmente sovietico

Tutti i dubbi della curia romana sulla bozza di riforma

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Praedicate Evangelium, la bozza della nuova costituzione vaticana consegnata dal consiglio dei cardinali al papa,  non solo prevede che un dicastero per l’evangelizzazione assuma un ruolo di assoluto rilievo, anche più della Congregazione per la dottrina della fede, ma prospetta una forte centralizzazione, “un consolidamento del potere di Roma senza precedenti nell’era moderna”.

La valutazione è della Catholic New Agency, che in un articolo di Ed Condon fa il punto della situazione e spiega: nella nuova costituzione tutti i dipartimenti vaticani – attualmente designati come congregazioni, pontifici consigli o segretariati, a seconda della loro dimensione e portata – sono ribattezzati dicasteri e sebbene il dicastero per l’evangelizzazione sia elencato per primo, non vi è alcun ordine di precedenza o priorità perché tutti sono considerati giuridicamente uguali tra loro. Unica eccezione la Segreteria di Stato, che conserva il suo nome tradizionale e assume un ruolo di assoluta priorità.
La riforma prevede “la fine effettiva della capacità di qualsiasi dipartimento di esercitare l’autorità di governo su base stabilmente delegata”. La bozza del testo stabilisce infatti che ogni dipartimento della curia romana non possa emanare leggi o decreti generali aventi forza di legge, né possa derogare alle prescrizioni della legge universale, salvo in caso di esplicita approvazione del papa. Legalmente, questo significa che il papa deve approvare personalmente ogni decisione che esca da un dipartimento di curia.
Ecco perché, scrive Condon, molti canonisti e funzionari curiali che hanno potuto vedere la bozza avvertono in privato che la riforma potrebbe rivelarsi una ricetta perfetta per provocare lo stallo amministrativo.
“Immaginate se il presidente americano dicesse che ogni decisione vincolante presa da un dipartimento esecutivo deve passare sulla sua scrivania e ricevere la sua approvazione personale. È impossibile, non c’è il tempo, non si farà nulla”, ha detto un arcivescovo di curia alla Catholic News Agency.
Rafforzato sarà il ruolo della Segreteria di Stato, l’unico organismo che dovrà essere guidato da un cardinale (per gli altri dicasteri la riforma prevede che i prefetti potranno essere anche dei laici) e avrà il compito di redigere i documenti legali di governo, incluse le costituzioni apostoliche, le lettere di decreto e le lettere apostoliche, e di elaborare gli atti da presentare al papa per la sua approvazione.
Commenta un funzionario di curia che mantiene l’anonimato: “Il preambolo della nuova costituzione parla molto di collegialità e sussidiarietà, ma nei fatti siamo di fronte a una centralizzazione del potere mediante la Segreteria di Stato. Nulla si potrà fare senza l’approvazione del papa e niente arriverà al papa se non attraverso il segretario di Stato”.
Praedicate Evangelium pone una notevole enfasi sugli incontri regolari tra i capi dei dicasteri e sulla necessità di “collegialità, trasparenza e azione concertata”, ma un arcivescovo che attualmente ha un ruolo curiale di alto livello afferma che tutto ciò potrebbe condurre all’inefficienza. “È un modello essenzialmente sovietico. Molte riunioni, molte discussioni, ma alla fine sarà il segretario di Stato a decidere”.
“Il papa – spiega l’arcivescovo – non può decidere tutto, ed è proprio questo il motivo per cui esiste la curia. Ma questo papa odia gli incontri e il comitato di redazione della bozza lo sa. Così è stato creato un filtro per lasciar passare ciò che è deciso che il papa dovrà approvare, mentre il resto semplicemente non gli arriverà”.
Funzionari curiali raccontano alla Catholic News Agency che la centralizzazione del potere amministrativo nella Segreteria di Stato sarà “controbilanciata” da un nuovo, ampliato riconoscimento del ruolo delle Conferenze episcopali nazionali, tanto che anche il dicastero che sostituirà la Congregazione per la dottrina della fede dovrà riconoscere l’autorità dottrinale della Conferenze e la vorare in stretta collaborazione con loro, ma, dice un alto funzionario vaticano, “questa idea  che le Conferenze episcopali nazionali abbiano un’autentica autorità in campo dottrinale è molto pericolosa. Nel caso della comunione per i divorziati risposati abbiamo già visto tanta confusione”.
Il documento è ancora in fase di revisione. Papa Francesco ha incontrato il C 6 a giugno per discutere i commenti e i suggerimenti ricevuti dopo che il testo è stato diffuso tra i presidenti delle Conferenze episcopali nazionali, i dicasteri della curia romana, i sinodi delle Chiese orientali, le conferenze dei superiori maggiori e le università pontificie.
Secondo fonti vaticane, i vari organismi hanno prodotto “pagine di revisioni e suggerimenti” ed espresso profonda preoccupazione per la prevista centralizzazione e il ruolo assegnato alla Conferenze episcopali in campo dottrinale.
Con questa bozza, ha commentato un rappresentante della curia, “abbiamo un nuovo sistema che sembra progettato esattamente per creare quel tipo di problemi che la curia è chiamata a risolvere”.
Resta da vedere quanto la versione finale di Praedicate Evangelium assomiglierà a quella attuale.
A.M.V.

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