ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 8 agosto 2019

Passano, ma non invecchiano

RIFLESSIONI
I giorni di agosto
I giorni di agosto sono fatti per essere respirati a pieni polmoni. Sono nati per lasciarti gli indizi giusti per la tua rinascita, per il tuo riscatto. Sono stati pensati per insegnarti la quiete del pensiero, la forza della commozione e lo stupore per il divino.



I giorni di agosto sono come grandi pagine bianche, aperte sotto il cristallo del cielo estivo, tutte da scrivere in bella grafia ariosa e con caratteri svolazzanti. Sono pegni di speranza per il futuro che maturano al sole. Sono un’ininterrotta sospensione del tempo, preludio dell’eternità dove il tempo non esiste.


I giorni di agosto assomigliano ai neumi lasciati sulla sabbia dalle onde, incomprensibili, misteriosi e forse per questo così affascinanti. Sembrano volare alti, diafani e immateriali, così perfetti tanto sono identici alle nostre giornate ideali. Paiono gravidi di promesse, opulenti nella loro magnanimità.

I giorni di agosto diventano tante barchette di carta che beccheggiano oziose prima vicino alla riva di luglio e poi a quella di settembre. Si mutano in una collana di una trentina di perle di mare che ami far scorrere tra le dita abbronzate. Prendono le sembianze del vociare dei bambini sulla battigia, dei succulenti limoni spaccati a metà sulla tavola, delle luci che galleggiano sulla notte del lago, dei ricordi che sanno di ultimo giorno di liceo.

I giorni di agosto si perdono tra i vicoli dell’antico borgo, così simili all’intreccio della vita che vorresti fosse tua. Si smarriscono sotto il manto silenzioso dei pini marittimi e nelle chiacchiere dolci delle comari che stanno sedute presso l’uscio attendendo, senza saperlo, che l’incanto di questa estate si compia. Si consumano privi di fatica sul tratturo che si fa sentiero e poi si inerpica fino a quella cresta il cui profilo pare il tuo.

I giorni di agosto cercano riposo tra le pieghe del bucato steso all’aperto, così fresco di sole. Desiderano cullarsi tra le braccia di tua figlia che gioca con le bambole. Chiedono di decifrare la ragnatela di rughe che, come un tatuaggio naturale, impreziosisce il viso di quell’anziana donna sporta sul balcone di casa a spingere lo sguardo oltre i tetti, quasi aspettasse il ritorno del marito che l’attende in cielo.

I giorni di agosto sono fatti per essere respirati a pieni polmoni. Sono nati per lasciarti gli indizi giusti per la tua rinascita, per il tuo riscatto. Sono stati pensati per insegnarti la quiete del pensiero, la forza della commozione e lo stupore per il divino.

I giorni di agosto vivono guardando l’ondeggiare dei rami degli alberi al vento, quasi un respiro che li solleva e abbassa senza posa. Prendono esistenza tra i libri usati di una bancarella, tra i sacchetti di lavanda nascosti negli armadi che, non sai perché, ti ricordano tua zia, tra l’acciottolato che ti porta finalmente a casa. Conducono una vita segreta oltre la linea perfetta dell’orizzonte, oltre i tramonti alla Turner – ed ogni sera è un trionfo – oltre il velluto nero che palpita dei fuochi delle stelle.

I giorni di agosto, chiari e senza dubbi, ti parlano mentre fai finta di ascoltare gli altri e dentro te c’è tempesta. Ti sussurrano briciole di verità che divori affamato, non più sazio della noia di discorsi scontati, rancido pasto di tutto un anno cittadino. Ti narrano storie che ti paiono nuove, ma erano le stesse che tua madre ti raccontava prima di farti chiudere gli occhi.

I giorni di agosto incidono la carne dell’anima per farla sanguinare, per farla risanare. Marchiano i pensieri per renderli autentici, genuini, tuoi. Segnano con indelebile tratto vermiglio le ore spese al sole, tanto che le ricorderai anche nel duro e spento inverno del nord.

I giorni di agosto, ardenti ed avidi di luce, danzano nel catino arroventato del meriggio. Ballano al ritmo di quella bianca tenda che, lenta e maestosa, si gonfia per la brezza e poi, all’apice della sua rotondità, si fa esile e di nuovo torna panciuta. Si agitano al suono del vento tra le sartie delle barche nel porto ed anche tu pensi che ormai è venuto il tempo di mollare gli ormeggi.

I giorni di agosto passano, ma non invecchiano. Trascorrono come le pagine di un romanzo voltate dal vento prima in un verso e poi nell’altro. Corrono rapidi verso la meta, verso quel punto nel passato da cui è originato tutto, in quel sorriso incielato che, quasi un sospiro, è stato il suo modo più sommesso per dirti addio.

Ma già settembre si sfoglia sulle cime degli alberi.

http://www.lanuovabq.it/it/i-giorni-di-agosto

L’ABATE FARIA, LA DIOCESI DI ROMA. “VIA LIBERA AGLI SQUILIBRATI”. TREMORE E TIMORE.

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, avevamo perso le tracce dell’Abate Faria da un bel po’ di tempo. Ed ecco che all’improvviso il buon religioso si fa vivo di nuovo, e ci dice che addirittura è andato a ritemprarsi con l’aria marina. Non lo vediamo in costume sulla spiaggia, no, non riusciamo proprio a immaginarcelo. Che cosa lo ha fatto riapparire? L’elogio degli squilibrio fatto dalla diocesi di Roma. Come se la Chiesa di squilibrati non ne avesse in quantità, a cominciare dai massimi livelli….ma lasciamo perdere e leggiamo Faria.

ξ

Cari lettori,
La calura estiva tenta la mia pazienza, pure qui in questo modesto ritrovo marittimo dove trascorro giorni di meditazione e riposo. Mi svago con alcune letture. Tra queste un libro che raccoglie i sonetti di Giuseppe Gioachino Belli che mi ha donato un parrocchiano. Eccone uno che mi ha colpito, chiamato “I Vicarj”.
Cqua cc’è un vicario de Ddio nipotente:
c’è un Vicario, vicario der vicario:
e pper urtimo c’è un Vicereggente
vicario der vicario der vicario.
Ste distinzione cqui ttiettel’a mmente
pe nnun sbajjà vvicario co vvicario:
ché una cosa è vvicario solamente,
antra cosa è vvicario de vicario.
Ccusí er primo commanna sur ziconno,
er ziconno sur terzo, e ttutti poi
commanneno su ttutto er Mappamonno.
Tira adesso le somme come vòi,
smovi er pancotto, e ttroverai ner fonno
che cchi ubbidissce semo sempre noi.
“Cchi ubbidissce semo sempre noi?” A questa domanda è difficile dare una risposta. Lo è ancora di più quando l’attuale Cardinale Vicario scrive una lettera ai sacerdoti fidei donum della Diocesi di Roma con passaggi in cui si invitano i parroci a scegliere collaboratori “appassionati dello squilibrio”. No a persone “prudenti, misurate e circostanziate”, no a “professionisti competenti e qualificati”, via libera agli squilibrati.
Pure io, umile prete, devo ormai riconoscere che il Concilio ha permesso un cambiamento di paradigma nella Chiesa cattolica con pochi precedenti. E, lo dico con timore e tremore, questa Chiesa è oramai veramente un’altra cosa. Che Dio ci aiuti e indichi la via.
Abate Faria

ξ

Ed ecco un comunicato sull’iniziativa:
“Dodici persone che possano collaborare stabilmente con il parroco, o comunque un piccolo gruppo che sia «appassionato dello squilibrio». Non tanto «professionisti competenti e qualificati», quanto «cristiani apparentemente come tutti, ma in realtà capaci di sognare, di contagiare gli altri con i loro sogni, desiderosi di sperimentare cose nuove».Non «pensatori isolati», ma gente che ha «voglia di incontrare gli altri», che non si vergogna «di farsi vicina ai poveri» ed «esercitano una certa attrazione sui giovani». Dovranno avere queste caratteristiche i membri delle nuove équipe pastorali, per il cardinale vicario Angelo De Donatis. Ne delinea il profilo in una lettera inviata oggi (giovedì 11 luglio) ai parroci e ai sacerdoti della diocesi di Roma.
Nel testo il cardinale torna sulle novità previste per l’anno pastorale 2019-2020. Innanzitutto, quella della formazione di una équipe pastorale che «possa prendersi cura del cammino di tutti, custodendo la direzione comune e animando concretamente le diverse iniziative». Ma comunque, sottolinea il vicario, «tutta la comunità cristiana e tutti gli operatori pastorali sono chiamati a mettersi in atteggiamento di ascolto». Quell’ascolto del «grido della città» richiamato anche da Papa Francesco. L’équipe «aiuterà la comunità cristiana a portare avanti l’ascolto, lasciando agireil Fuoco che abbiamo invocato insieme nella Veglia con il Papa. Sarà lui a illuminare, a purificare, a scaldare».
Ma ogni fuoco, prosegue il cardinale De Donatis, dopo un po’ si affievolisce: l’équipe pastorale è dunque chiamata a «custodire il senso del cammino e ad animarlo, tenerlo vivo all’interno della comunità». In concreto, si tratterà di aiutare gli operatori a progettare l’azione di ascolto, fornendo loro attenzioni, strategie, strumenti; verificare che l’ascolto venga realizzato; sintetizzare quanto raccolto nella fase di ascolto; condividere esperienze e testimonianze con le altre équipe pastorali del territorio; attivare legami con istituzioni e associazioni di zona. L’équipe, ci tiene a sottolineare il porporato, «nello svolgere questi compiti sarà supportata dalla diocesi e dagli Uffici pastorali coinvolti».
«Da questo cammino pastorale – la conclusione del cardinale vicario – la nostra Chiesa diocesana ne uscirà più attenta agli altri, più consapevole delle domande profonde delle persone, più convinta della Buona Notizia che è chiamata ad annunziare, più sensibile alle ispirazioni di Dio»”.
Marco Tosatti
8 Agosto 2019 Pubblicato da  15 Commenti --

Cronache dal futuro / Quella provocazione dell’Etero Pride

    È stata davvero una giornata di fuoco. L’Etero Pride ha raccolto centinaia di partecipanti. Guardati a vista dagli agenti della polizia sociale, hanno sfilato lungo la via principale della città. Da una parte persone vestite in completo blu, dall’altra persone in abito bianco. Le prime (e ci scusiamo con i lettori se usiamo queste espressioni)  hanno preteso di definirsi “uomini”, le seconde “donne”.
La bandiera dell’orgoglio etero (di nuovo ci scusiamo, ma siamo costretti a descriverla: è bianca, con le figure stilizzate di un “uomo” e di una “donna” che si tengono per mano) è stata sventolata a lungo sia dagli “uomini” sia dalle “donne”. In testa al corteo uno striscione recava lo slogan “Via la polizia! No all’eterofobia!”.
A lungo in discussione, la manifestazione si è tenuta, come sapete, per una concessione delle autorità, le quali, pur consapevoli della forte provocazione insita nel corteo, hanno ritenuto così di dar prova di magnanimità e disponibilità al dialogo.
Per gran parte della manifestazione, in effetti, tutto si è mantenuto entro i limiti di una certa decenza. Certo, vedere tante persone che si sono autodefinite “uomini” e tante che si sono autodefinite “donne”, e vederle, oltretutto, procedere ordinate e silenziose, senza mostrare nemmeno una porzione di pelle scoperta, ha costituito un duro colpo al comune senso del pudore. Inoltre assistere alla rivendicazione tanto sfacciata della condizione di eterosessualità ha provocato allarme e anche disgusto, tanto che molte famiglie hanno deciso di non far uscire di casa i bambini, onde evitare loro lo choc di uno spettacolo incompatibile con le regole della civiltà. Tuttavia fino all’arrivo del corteo nella Piazza dei Nuovi Diritti non ci sono stati momenti di particolare tensione.
All’improvviso, però, alcuni manifestanti hanno incominciato a srotolare uno striscione o, meglio, una sorta di stendardo, sul quale campeggiava l’immagine della Madonna. Una Madonna detta “di Lourdes”, per la precisione, in abito bianco e fascia celeste.
E subito dopo ecco comparire un altro stendardo, questa volta con l’immagine detta “del Sacro Cuore di Gesù”.
Quando gli ispettori, prontamente, si sono portati nelle vicinanze del corteo, non hanno creduto ai loro occhi. Quegli stendardi! Un atto di blasfemia inaudita!
Immediatamente il capo della polizia sociale ha avvertito la prefettura, dove l’unità di crisi era in seduta permanente. Vi sono stati momenti di incertezza: che fare? Tollerare un simile affronto oppure reagire e imporre la ragione della legge?
In un crescendo di tensione, i responsabili dell’ordine pubblico si sono consultati a lungo, poi la decisione, inevitabile. Ai sensi della normativa sull’esposizione di immagini sacre, secondo la quale, come ben sapete, le immagini di contenuto religioso possono essere utilizzate in pubblico soltanto allo scopo di denigrare e irridere la religione stessa, il primo reparto mobile della polizia sociale si è posto proprio di fronte alla testa del corteo, impedendo la prosecuzione della manifestazione. Nello stesso tempo, altri reparti hanno circondato gli attivisti etero, in modo tale da chiudere ogni via di fuga.
Per alcuni minuti è sembrato che tale manovra fosse sufficiente per riportare i manifestanti a più miti consigli, ma quando gli agenti hanno cercato di afferrare gli stendardi blasfemi allo scopo di sequestrarli, alcuni degli “uomini”, e anche qualche “donna”, hanno difeso quelle loro immagini ponendosi in formazione di scudo.
Alla polizia sociale non è restata altra scelta che attaccare. E quando sia gli “uomini” sia le “donne”, nonostante tutto, hanno continuato ad opporre resistenza passiva, i rappresentanti dell’ordine pubblico hanno estratto i manganelli laser.
Il bilancio è quello che abbiamo già fornito nelle precedenti edizioni e che la polizia sociale ha confermato.
Ora, inevitabile, si impone una domanda: le autorità hanno fatto bene a consentire lo svolgimento dell’Etero Pride? Dimostrare magnanimità e comprensione ha pagato in termini di sicurezza e, soprattutto, di educazione alla legalità?
Lasciamo la risposta ai nostri lettori. Quel che è certo è che per lungo tempo le strade della nostra città non rivedranno più un Eetero Gay. Al momento infatti tutti i superstiti sono rinchiusi nei centri di ripensamento, dove potranno meditare sulla loro iniziativa e dove speriamo possano essere presto rieducati mediante gli appositi programmi di formazione alla sessualità fluida.
Resta inoltre lo sconcerto per l’uso distorto di immagini a contenuto religioso, quando è ormai ben noto (lo ribadiamo, su richiesta delle autorità, a scopo terapeutico) che tali immagini possono essere utilizzate durante pubbliche manifestazioni solo nella misura in cui siano ritenute efficaci per screditare la religione, al fine di sradicare ogni sentimento religioso.
Dobbiamo a questo punto confessare il nostro sconcerto. Davvero non pensavamo che qualcuno potesse spingersi a utilizzare in pubblico immagini sacre non screditanti. Un motivo in più per riflettere sulla necessità di inasprire le norme di controllo, intensificare i programmi di educazione e, ovviamente, rafforzare la polizia sociale.
Ecco perché, alla fine, possiamo dire che da un male, quale l’Etero Pride, potrà venire un bene.
Aldo Maria Valli

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