I neocatecumenali sulla via del tramonto, col contributo del papa
Venerdì 20 settembre papa Francesco ha ricevuto in udienza, a Casa Santa Marta, il fondatore del Cammino neocatecumenale Francisco “Kiko” Argüello, accompagnato dai suoi due luogotenenti María Ascensión Romero e padre Mario Pezzi. Nell’occasione, Kiko ha offerto al papa un suo disegno con l’effigie di san Francesco Saverio, gesuita e grande missionario dell’Asia.
Il dono non era casuale. Un’insigne reliquia di san Francesco Saverio si conserva a Macao, sulla costa della Cina, dove la congregazione vaticana “de Propaganda Fide” ha aperto il 29 luglio l’ultimo dei seminari “Redemptoris Mater” per la formazione di sacerdoti appartenenti al Cammino, ormai più di cento e disseminati in tutto il mondo. Mercoledì 18 settembre, al termine dell’udienza generale in piazza San Pietro, il papa ha anche salutato i formatori e gli alunni di questo nuovo seminario, prima della loro partenza per Macao. E avrebbe poi detto a Kiko, stando a un comunicato del Cammino: “Sono contento perché voi realizzate la cosa più importante della Chiesa, che è evangelizzare, e lo fate senza proselitismo ma mediante la testimonianza”.
Non tutto, però, è così trionfale, per Kiko e per il movimento da lui creato. Le fortune di entrambi hanno toccato lo zenit durante il pontificato di Giovanni Paolo II, abbagliato dalla loro intransigenza nel campo della morale coniugale, con il no assoluto ai contraccettivi e con famiglie ultraprolifiche. Ma prima con Benedetto XVI e poi anche con Francesco i rimproveri al Cammino si sono moltiplicati. E oggi, in questa fine di settembre, esce un libro che addirittura lo accusa di sostenere vere e proprie eresie:
Il sacerdote autore del libro è anche il direttore di un blog attentissimo all’ortodossia dottrinale. E individua i due errori capitali del Cammino in una “concezione ereticale del sacro mistero eucaristico” – con la messa fatta somigliare “in parte a una pasqua ebraica e in parte a un banchetto calvinista” – e in una “confusione sulle diverse forme di sacerdozio”, quella comune a tutti i battezzati e quella propria di chi ha ricevuto gli ordini sacri, con i catechisti laici, a cominciare da Kiko, che si arrogano i compiti dei sacerdoti e comandano su tutto.
In effetti, pur senza mai arrivare a imputazioni di eresia, la dottrina e la prassi del Cammino ha sollevato negli scorsi decenni severe critiche da parte delle autorità vaticane, sia dalla congregazione per la dottrina della fede, che già con Joseph Ratzinger prefetto aveva scrutinato e obbligato a correggere i quindici volumi di trascrizioni delle catechesi orali impartite agli adepti da Kiko e dalla cofondatrice Maria del Carmen Hernández Barrera (1930-2016), sia dalla congregazione per il culto divino, che più volte ha richiamato le comunità neocatecumenali alla fedele osservanza del rito romano nella celebrazione della messa.
A questi richiami, i vertici del Cammino si sono sempre dichiarati ubbidienti a parole, disubbidendo però nei fatti, cioè continuando a porte chiuse a celebrare le loro messe bizzarre e a tenere le loro astruse catechesi, mentre in pubblico facevano mostra di sé riempiendo le piazze dei “Family Day”, convergendo in massa nelle città sedi delle giornate mondiali della gioventù, inviando famiglie in missione in terre lontane, oltre che moltiplicando i loro seminari “Redemptoris Mater”.
Tutto ciò ha garantito loro qualche successo, ma ha anche suscitato aspre reazioni, specie da parte di vescovi sia conservatori che progressisti – come il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012) che non li volle mai nella sua diocesi di Milano –, i quali non tollerano che i neocatecumenali penetrino in diocesi e parrocchie seminando divisioni e facendo proseliti non alla Chiesa ma alla loro specifica setta.
Nel 2010 addirittura un’intera conferenza episcopale, quella del Giappone, li mise al bando dal loro Paese e chiuse il loro seminario. E ha continuato a sbarrare loro la strada anche dopo che nell’agosto del 2018 essi tornarono alla carica con l’ausilio del cardinale Fernando Filoni, prefetto di “Propaganda Fide” e loro fervente sostenitore, che annunciò di voler riaprire nella diocesi di Tokyo un seminario “Redemptoris Mater”, questa volta sotto la diretta giurisdizione della sua congregazione vaticana. Fallito questo secondo assalto all’Estremo Oriente, Kiko e Filoni ci riprovano oggi con l’avvenuta erezione del seminario di Macao.
Un altro rovescio l’hanno però subito, intanto, nell’Oceano Pacifico. Lì l’arcivescovo di Guam, Anthony Apuron, fiancheggiatore del Cammino neocatecumenale, lo scorso 7 febbraio è stato colpito da una condanna canonica definitiva per abusi sessuali, in capo a un’accurata indagine condotta in prima istanza dal cardinale Raymond L. Burke e in seconda istanza personalmente da papa Francesco. Non sorprende che Kiko abbia sostenuto fino all’ultimo l’innocenza di Apuron, ma con la rimozione del vescovo, a Guam è stato chiuso anche il seminario “Redemptoris Mater” ed è quasi sparita la presenza dei neocatecumenali.
Con l’avvento di Bergoglio al pontificato, Kiko aveva calcolato di avere il campo più libero che con il predecessore Benedetto XVI, vista l’indifferenza dell’attuale papa per le deviazioni dottrinali e liturgiche del Cammino.
Ma Francesco è allergico anche ai presunti meriti acquisiti dai neocatecumenali con la loro intransigente condanna dei contraccettivi. Tanto allergico da riservare proprio a loro – a giudizio di molti – la sferzante battuta sull’aereo di ritorno dalle Filippine: “Alcuni credono che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli. No. Paternità responsabile”.
Al sinodo sulla famiglia Bergoglio non ha invitato nessun membro del Cammino, nemmeno come uditore, a dispetto della loro ostentata specializzazione in materia. E anche l’enciclica ecologista “Laudato si’”, con i malthusiani Ban Ki-Moon e Jeffrey Sachs sempre più di casa in Vaticano e ora anche invitati dal papa all’imminente sinodo sull’Amazzonia, ha messo nell’angolo gli ultraprolifici neocatecumenali.
Un’altra cosa che a Francesco non va è la confusione tra “foro interno” e “foro esterno”. “È il peccato in cui molti gruppi religiosi cadono oggi”, ha detto lo scorso 5 settembre in Mozambico, incontrando i gesuiti del luogo. Ma è proprio questo che fanno i neocatecumenali con i loro cosiddetti “scrutini”, che sono di fatto “confessioni pubbliche che scarnificano le coscienze con domande che nessun confessore oserebbe mai rivolgere”, come li definì un arcivescovo molto critico del Cammino, quello di Catania Luigi Bommarito.
Inoltre, al pauperista Bergoglio proprio non piacciono le ingenti spese che il Cammino fa per ingraziarsi i vescovi di tutto il mondo, ad esempio regalando a centinaia di loro viaggi promozionali in Israele, culminanti nella visita della spettacolare cittadella neocatecumenale di nome “Domus Galilaeae”, con magnifica vista sul lago di Tiberiade. Anche a questo il papa può aver alluso, quando il 5 maggio 2018, sulla spianata di Tor Vergata, ha detto ai neocatecumenali che festeggiavano i 50 anni del Cammino: “Gesù non autorizza trasferte ridotte o viaggi rimborsati. Dice a tutti i suoi discepoli una parola sola: Andate!”.
Ma soprattutto c’è l’avversione di Francesco per i movimenti cattolici di qualsiasi tipo, per quei movimenti in auge nella seconda metà del Novecento e che suscitavano tanto entusiasmo in Giovanni Paolo II, ma che oggi, indipendentemente dal favore o disfavore dei papi, sono ovunque in declino, qua e là rovinoso.
Il Cammino neocatecumenale è uno di questi. Se soltanto riuscisse a trasmettere il suo “credo” alla figliolanza delle sue prolifiche coppie, e poi ai figli dei figli, la sua crescita numerica sarebbe esponenziale. Ma non è così. Nemmeno in famiglia funziona più.
Settimo Cielo
di Sandro Magister 30 set
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