Don Maurizio Chiodi
 Padre José Granados, vice presidente del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, nel turbinio delle polemiche sorte sui licenziamenti di alcuni professori dall’Istituto, lo aveva detto: “Circolano ora voci che il professor Maurizio Chiodi verrà a insegnare, il quale è aperto alla legalità della contraccezione e accetta gli atti omosessuali come ‘possibili’ in alcune situazioni”. 
Ebbene, sì. Ora è ufficiale. Al Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II il prof. don Maurizio Chiodi insegnerà “Etica teologica della vita”. Terrà anche un seminario di dottorato dal titolo “Coscienza e discernimento. Testo e contesto del cap. VIII di Amoris laetitiaLo si rileva dal nuovo elenco dei corsi per l’anno accademico 2019-2020, pubblicato l’11 settembre sul sito del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia. 

Il prof. don Maurizio Chiodi è colui che nel dicembre del 2017, nel corso di un incontro pubblico tenuto alla Università Gregoriana a Roma, quella dei gesuiti, tenne una relazione su “Rilettura della Humanae Vitae alla luce di Amoris Laetitia”. In quell’occasione aveva detto che “ci sono circostanze che richiedono l’uso della contraccezione”, perché in questi casi l’”intervento tecnico (cioè l’uso del contraccettivo, ndr) non nega la responsabilità delle relazioni procreative”.
Chiodi sottolineò anche che “l’insistenza del Magistero della Chiesa sui metodi naturali non può essere interpretata, a mio parere, come una norma fine a se stessa, né come semplice conformità alle leggi biologiche, perché la norma si riferisce ad un’antropologia, il bene della responsabilità coniugale”.
Alla fine, don Chiodi disse: “un metodo artificiale per la regolazione della nascita potrebbe essere riconosciuto come un atto di responsabilità che viene compiuto, non per rifiutare radicalmente il dono di un bambino, ma perché in queste situazioni la responsabilità chiama la coppia e la famiglia ad altre forme di accoglienza e ospitalità”.
In poche parole, Chiodi ci sta dicendo che in certi casi la contraccezione diventa un dovere.
Ma Chiodi non si è fermato qui. 
In una intervista concessa a Luciano Moia, e pubblicata su Noi famiglia & vita, supplemento mensile allegato ad Avvenire del 28 luglio 2019, pp.34-37alla seguente domanda: È d’accordo con chi sostiene che gli atti all’interno di una coppia omosessuale dovrebbero essere valutati sulla base dei frutti spirituali che producono, se ordinati o meno cioè a costruire il bene della persona?
Chiodi, dopo una serie di premesse discendenti dalla lettura di Amoris Laetitia, aveva detto: 
Sotto tale profilo, a me pare sia difficile – anzi impossibile – dare delle risposte pre-confezionate, come se da una teoria antropologica si potessero dedurre immediatamente tutte le risposte pratiche.
E dopo aver accennato al “bene possibile”, aveva concluso: 
“Per tale ragione, non escluderei che, a certe condizioni, una relazione di coppia omosessuale sia, per quel soggetto, il modo più fruttuoso per vivere relazioni buone, tenendo conto del loro significato simbolico, che è insieme personale, relazionale e sociale. Questo, ad esempio, accade quando la relazione stabile sia l’unico modo per evitare il vagabondaggio sessuale o altre forme di relazioni erotiche umilianti e degradanti o quando sia aiuto e stimolo a camminare sulla strada di relazioni buone”.
Come si vede, anche in questo caso, la relazione omosessuale diventa un “dovere” se quello è “il modo più fruttuoso per vivere relazioni buone”.
Ma don Maurizio Chiodi non sarà isolato nel Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II. Oltre a lui, mons. Vincenzo Paglia, Gran Cancelliere dell’Istituto, ha invitato anche don Pier Davide Guenzi, presidente dell’Associazione dei teologi morali e insegnante di teologia morale e di etica sociale alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, che insegnerà al Giovanni Paolo II Antropologia ed etica del nascere
Guenzi, a febbraio scorso, ha detto che il bene della persona non deriva soltanto dal rispetto della norma ma anche dalla qualità delle relazioni interpersonali.
In particolare, Guenzi ha detto:
«Oggi siamo invitati a comprendere come la relazione nell’orizzonte della comunione delle persone rappresenti il bene cui tendere e che lo stesso legame uomo-donna non ne esaurisce tutte le forme umane di espressione, anche sotto il profilo affettivo. In questa luce anche la relazione omosessuale esprime potenzialità e limiti inerenti ai legami umani di tipo affettivo, non solo in riferimento alla valutazione morale dei comportamenti, ma anche nel segno positivo di arricchimento reciproco delle persone impegnate in esse».
In poche parole, quello che conta non sono l’essenza e la moralità dell’atto omosessuale quanto il “confort relazionale” che questo produce. Se fa sentire bene, che male c’è in una relazione omosessuale? Il fine cui tendere è la relazione stessa “nell’orizzonte della comunione“.
Come è evidente, tutti questi ragionamenti hanno come loro base e struttura l’esortazione apostolica Amoris Laetitia.
Dunque, da quello che una volta si chiamava l’Istituto Giovanni Paolo II sono stati tenuti fuori mons. Livio Melina, già suo presidente, padre Josè Noriega, Stanisław Grygiel, amico e collaboratore di papa San Giovanni Paolo II, Monika Grygiel, Maria Luisa Di Pietro, Sr. Vittorina Marini, padre Jarosław Kupczak e padre Przemysław Kwiatkowski, per far posto a Chiodi, Guenzi e chissà quanti altri nel prossimo futuro. 
Fuori dunque tutti coloro che seguivano l’insegnamento morale di Giovanni Paolo II, con al centro la Teologia del corpo, la Veritatis Splendor e l’Humanae Vitae di san Paolo VI, dentro coloro che seguono il nuovo paradigma morale imposto dall’Amoris Laetitia.
Mi sovviene però quello che il card. Gerhard L. Müller disse nel marzo dell’anno scorso e che forse è bene tenere a mente:
“L’attuale tentativo di contrapporre gli ultimi tre pontificati, con il pretesto di imporre un insegnamento eterodosso ai fedeli è un crimine contro la Chiesa e un tradimento della sua missione e del suo mandato, il cui compito finale è quello di conservare la fede autenticamente ereditata dagli apostoli”.