Video intervento del prof. Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, al convegno "Amazzonia: la posta in gioco" tenutosi a Roma il 5 ottobre 2019, promosso dall’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira.
Corrispondenza Romana
https://www.youtube.com/watch?v=cchLZo8ts48
“Dunque quando i partecipanti del sinodo parlano di spostarci dal paradigma tecnocratico ad uno ecologico, stanno realmente tornando indietro ad una vera prospettiva biblica.
Così è se – ed è un grande se – non pensiamo a noi stessi come un qualche tipo di incrostazione sul terreno, come pare che i più radicali degli ambientalisti credano. Sfortunatamente il Vaticano ha largamente attinto alle figure ambientaliste più radicali – non esclusivamente, ma molto – nello sviluppare idee riguardanti la nostra relazione con la Creazione. Si è spesso rivolto a gente che invoca il controllo della popolazione difendendo contraccezione ed aborto, e – come tutti sanno – non ha molto aiutato a sviluppare correnti di pensiero e pratiche che non ci trattino come ospiti nel mondo – se non una peste.”
Così Robert Royal in questo ottimo articolo pubblicato su The Catholic Thing nella traduzione di Riccardo Zenobi.
Quasi sempre i sinodi si muovono entro limiti prestabiliti e i soggetti sui quali sono fatti, il linguaggio che usano, sono largamente predicibili. Ma un nuovo termine è risaltato al sinodo amazzonico negli ultimi giorni che può essere significativo. Fonti varie dicono che i partecipanti del sinodo sono stati a parlare di modificare la nostra mentalità dal pensare noi stessi come signori e padroni della natura alla nostra (ritenuta) vera posizione – come “ospiti” nel mondo.
Insieme al molto altro che accade nelle discussioni di ecologia, ciò ha i suoi aspetti positivi e negativi. Il lato positivo, molto positivo, è che ripudia una visione secolare che ha corrotto la rivoluzione scientifica al suo inizio. Cartesio disse di rendere noi stessi “padroni e possessori della natura”. Francesco Bacone andò ancora oltre raccomandandoci di “mettere la natura sotto tortura per il sollievo della proprietà umana”.
Ora, senza bisogno di dirlo, queste asserzioni sono nuda brutalità, non una visione cristiana. La falsa credenza che la Bibbia – e non le fasi iniziali dell’illuminismo – ha autorizzato tale insensibile supremazia ha portato per più di mezzo secolo ad oggi un significativo gruppo di ambientalisti a pensare che il cristianesimo sia responsabile del degrado ambientale, e debba perciò essere ripudiato.
Un visione biblica della natura inizia alle origini, con la Genesi, dove ci viene detto “Crescete e moltiplicatevi, popolate la terra e soggiogatela; comandate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, e su ogni essere vivente che si muove sulla terra” (1; 28).
La parola ebraica “dominate”, dicono gli studiosi della Bibbia, è abbastanza forte, è il tipo di governo di un Re – un buon Re – sul suo reame. Ma è doveroso ricordare a noi stessi che, prima dell’avvento e della diffusione di tecnologie moderne, la natura non è sempre stata una madre amorosa per la nostra razza, ma un severo nemico. Al giorno d’oggi, alcune persone pensano sia innaturale quando ci sono inondazioni, siccità, terremoti, tsunami, tornado, strani eventi metereologici. La verità è che queste cose sono state parte delle condizioni della terra da molto prima che entrassimo in scena.
Dunque il dominio di cui parla la Bibbia può essere forte, ma è la forza di un amministratore che fa fiorire il deserto, coltiva la terra, si prende cura degli animali, e lui o lei deve comportarsi in tal modo se vogliamo vivere sulla terra.
Non ho idea di dove questa nozione di “ospite” – ne hanno parlato gli italiani – venga fuori. Sembra puntare all’umiltà e alla deferenza verso la natura, che sarebbe bene in sé e per sé stessa. Ma il fatto è che non siamo ospiti qui; non siamo come qualcuno che soggiorna in un hotel o in una casa privata in base alla pazienza dei padroni. Siamo fatti per stare qui – noi cristiani e gli ebrei lo crediamo, sulle basi della divina rivelazione – a dunque abbiamo un ruolo essenziale da giocare.
L’ho detto qui in passato: il sinodo amazzonico non sbaglia nel sollevare domande sul trattamento della natura da parte dell’uomo perché la natura non è la mera cosa materialistica (materia ed energia che si scambiano) che la visione tecnologica/scientifica ci presentano. È utile a volte guardare alla natura in tal modo per raggiungere certi beni. Ma quel tipo di scienza, che non è scienza in nessun modo, non può dire nulla su ciò che è centrale per la vita umana: libero arbitrio, intelligenza, scopi – e in ultima analisi, amore.
Dunque quando i partecipanti del sinodo parlano di spostarci dal paradigma tecnocratico ad uno ecologico, stanno realmente tornando indietro ad una vera prospettiva biblica.
Così è se – ed è un grande se – non pensiamo a noi stessi come un qualche tipo di incrostazione sul terreno, come pare che i più radicali degli ambientalisti credano. Sfortunatamente il Vaticano ha largamente attinto alle figure ambientaliste più radicali – non esclusivamente, ma molto – nello sviluppare idee riguardanti la nostra relazione con la Creazione. Si è spesso rivolto a gente che invoca il controllo della popolazione difendendo contraccezione ed aborto, e – come tutti sanno – non ha molto aiutato a sviluppare correnti di pensiero e pratiche che non ci trattino come ospiti nel mondo – se non una peste.
Mi addolora dirlo, ma alcuni dei cattolici meglio intenzionati sembra siano appesantiti da un astratto senso di colpa (non la colpa che un tempo esisteva per i peccati personali) tanto da essere portati a vedere la cultura cristiana e la civiltà occidentale, a cui ha contribuito a dare origine, solo come tossica, tossica fino in fondo. Avvelenati dal “dominio” nella Bibbia, avvelenati dal colonialismo, razzismo, sessismo, schiavitù, genocidio – sicuramente tutte cose terribili. Ma è per via delle nostre radici cristiane che sappiamo che molte cose che sono accadute nella cultura occidentale, come in altre culture, non sono esattamente eccellenti esempi di virtù e benevolenza.
Sarebbe solo un aggravamento di quegli errori se ora dovessimo considerarci come semplici “ospiti” su questo pianeta. Dio non ci ha detto che questo è il nostro destino nel mondo. Al contrario, è nostra responsabilità essere i suoi amministratori, come ho argomentato qui l’altro giorno, finché il vero Re non torna di nuovo.
Sarebbe utile vedere se questo parlare di essere ospiti continua ad aumentare in importanza nella prossima settimana perché, sotto la parvenza dell’umiltà, si tende verso un’altra distorsione ideologica della vita umana su questo pianeta.
Non siamo ospiti, siamo creature, le creature di Dio, che debbono stare qui come i fiumi, le foreste pluviali, le montagne, e i mari. Più di quanto loro siano, in effetti. È una prospettiva sfidante, ma non dobbiamo ritirarci da essa, ma abbracciarla.
Di Riccardo Zenobi
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