Come noto, padre James Martin, gesuita, molto vicino agli ambienti LGBT, ha incontrato Papa Francesco il 30 settembre scorso. Di quell’incontro dette notizia sui social con una foto molto significativa. L’incontro fu molto cordiale, tanto che, come ha fatto sapere lo stesso Martin,lui ed il Papa risero “varie volte”.
A distanza di un mese da quell’incontro, padre Martin ha sentito il bisogno di “commemorare” quell’evento su Twitter comunicando ai suoi 255.800 follower un fatto per lui importante. A suo parere, l’incontro privato con Papa Francesco di settembre scorso è stato “un segno pubblico” del “sostegno” del pontefice al suo lavoro – che il gesuita americano descrive come “ministero con i cattolici LGBT”.
One month ago today, I was invited to meet Pope Francis in the Apostolic Palace, 30 minutes that encouraged me to continue ministering with LGBT Catholics. I hope that this event, a public sign of his support, inspires many others to reach out to that community in our church.
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(Traduzione: Un mese fa, oggi, sono stato invitato a incontrare Papa Francesco nel Palazzo Apostolico, 30 minuti che mi ha incoraggiato a continuare il ministero con i cattolici LGBT. Spero che questo evento, segno pubblico del suo sostegno, ispiri molti altri ad aprire un dialogo con quella comunità della nostra chiesa.)
Mio malgrado, e per la prima volta, devo dare ragione a padre James Martin. Anzi, dirò di più, quell’incontro e quella foto, costituiscono un autentico spartiacque.
Stando alla rivista americana dei gesuiti, America, padre James Martin aveva incontrato il Papa già altre due volte, ma quella del 30 settembre è stata la prima a svolgersi con una sostanziosa conversazione. Quella volta, stando a quanto ha riferito lo stesso Martin, era stato proprio il Papa che, avendo saputo della presenza del gesuita a Roma per un incontro presso il Dicastero vaticano delle comunicazioni, di cui è consultore proprio su nomina di Papa Francesco, aveva chiesto di incontrarlo. Contentissimo, rese pubblico l’avvenuto evento con il famoso tweet.
Credo che quella foto di padre Martin in udienza privata con Papa Francesco segni un evento.
La mente corre immediatamente all’incontro richiesto al Papa dai quattro cardinali dopo che stilarono i cinque Dubia sul testo di Amoris Laetitia. I Dubia furono scritti in maniera molto rispettosa dell’autorità petrina, su questioni teologiche molto importanti che riguardavano punti fondamentali della fede, e su un “format” canonicamente previsto da secoli, quello del “dubium”, cioè di una domanda di chiarimento su una particolare questione. Quella, dunque, fu una richiesta avanzata sia in forma orale sia in forma scritta, che però rimase lettera morta. Di questa cosa il Card. Caffarra, ma si può immaginare anche gli altri tre cardinali, rimase molto amareggiato.
Quello fu un episodio molto triste, anche perchè a fronte di parole assai usate come “dialogo”, “costruire ponti, non muri”, a mancare in quella circostanza fu proprio il dialogo, ad essere alzati furono proprio i muri.
Cosa assai diversa è capitata con padre Martin. Non è stato Martin a chiedere una udienza privata ma il Pontefice in persona a volerla. L’evento non è rimasto segreto, ma è stato ampiamente pubblicizzato, si può immaginare con il consenso del Papa, sui social, mediante una foto in cui le due personalità sono uno di fronte all’altro, con il Papa e Martin sorridenti e compiaciuti.
Stando sempre alla rivista America, di cui padre Martin è una delle più importanti firme, una fonte non meglio identificata ha rivelato alla rivista dei gesuiti americani che Papa Francesco aveva letto il libro di Padre Martin del 2017 Costruire un ponte: Come la Chiesa cattolica e la comunità LGBT possono entrare in una relazione di rispetto, compassione e sensibilità. Inolte, la stessa fonte ha detto che il Papa era anche consapevole del fatto che padre Martin è molto criticato dentro e fuori gli USA da varie persone, compresi alti prelati, per quel libro, così come per le sue conferenze e il suo ministero alle persone LGBT.
Infatti, Padre Martin, almeno in certi ambienti della Chiesa, appare una figura molto controversa. Il perché è presto detto. Egli è un personaggio molto contiguo agli ambienti LGBT, che con un linguaggio spesso ambiguo sostiene le stesse istanze del Mondo LGBT+, pur affermando che lui non intende affatto cambiare la dottrina ma solo far fare passi avanti alla pastorale, in particolare quando si occupa dell’accompagnamento di tali persone.
Ecco alcune sue espressioni.
Padre Martin in un incontro del 2017 alla Fordham University disse “Ho difficoltà a immaginare come anche il cattolico più tradizionalista, omofobico e chiuso non possa guardare il mio amico [in un ‘matrimonio’ omosessuale] e dire: ‘Questo è un atto d’amore, e questa è una forma d’amore che non capisco ma a cui devo riverenza’”. Aggiunse anche, riferendosi alle espressioni contenute nel n.2358 del Catechismo della Chiesa Cattolica: “Non c’è altra frase che io conosca più di ‘oggettivamente disordinato’ e ‘intrinsecamente disordinato’, che si riferisce all’orientamento sessuale, …. che ha fatto sentire le persone LGBT così meno di, così subumane.”. In un’altra circostanza, allo stesso modo, disse: “affermare che una delle parti più profonde di una persona – la parte che dà e riceve amore – è disordinata è inutilmente dannoso”.
Nell’agosto dello stesso anno, dopo una conferenza all’Università di Villanova, Martin ad un giovane cattolico sessualmente attivo con un altro uomo che sperava un giorno di poter baciare il suo “partner” in chiesa disse: “Spero che tra dieci anni tu sia in grado di baciare il tuo partner [in chiesa] o, sai, che presto sia tuo marito. Perché no? Cosa c’è di terribile?”.
Ovvio che queste ed altre frasi abbiamo suscitato reazioni. Infatti, il card. Robert. Sarah, in un editoriale sul WSJ, ha definito padre Martin “uno dei critici più schietti del messaggio della Chiesa riguardo alla sessualità”. Il card. Burke, in una intervista a The Wanderer, ha detto che quanto affermato da padre Martin “non è coerente con l’insegnamento della Chiesa” sull’omosessualità. L’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles Chaput, ultimamente ha scritto che padre Martin “travisa il credo cattolico”. Il vescovo Thomas John Paprocki, della diocesi di Springfield, il 19 settembre scorso ha emesso un comunicato nel quale, tra l’altro, si dice che “I messaggi pubblici di Padre Martin creano confusione tra i fedeli e sconvolgono l’unità della Chiesa, promuovendo il falso senso che il comportamento sessuale immorale è accettabile secondo la legge di Dio.”
A fronte di queste affermazioni di padre Martin, e alle relative reazioni, troviamo la famosa foto dell’incontro del controverso gesuita con Papa Francesco. E’ indubbio che quella foto segna un benestare e un lasciapassare in mondovisione alla posizione di padre Martin. Per questo, padre Martin ha ragioni da vendere quando dice che il Papa sostiene il suo “ministero con i cattolici LGBT”.
Lo hanno capito in molti e lo ha capito pure New Ways Ministry, una associazione cattolica che sostiene apertamente molte delle posizioni LGBT, tanto che qualche anno fa la Conferenza Episcopale USA la diffidò dal parlare a nome della Chiesa Cattolica in tema di morale sessuale. New Ways Ministry ha detto in una dichiarazione rilasciata dopo l’incontro: “È un chiaro segnale che Papa Francesco sta chiamando la Chiesa alla conversione, lontano dai messaggi negativi che essa ha inviato in passato sulle persone LGBTQ”. “È un giorno di festa per i cattolici LGBTQ che hanno desiderato una mano tesa di benvenuto dalla chiesa che amano”.
L’incontro, proprio perché voluto da Papa Francesco, appare a molti un chiarissimo e plastico segnale inviato per terza persona, quella di padre Martin, al mondo cattolico al quale, senza troppi giri di parole ma con la pregnanza di una immagine, viene detto: è finita l’epoca dei Caffarra, è iniziata quella della pastorale alla padre Martin.
In quella immagine dell’incontro molti hanno visto anche un pieno sostegno all’approccio ambiguo di padre Martin. Del resto, questa cosa era stata “certificata” dall’invito fatto recapitare a Padre Martin a parlare all’Incontro Mondiale delle Famiglie a Dublino nel 2018. A quell’incontro fu invitato solo e soltanto Martin, non, ad esempio, Courage International che, in materia di omosessualità, segue un approccio consono allo spirito del Catechismo della Chiesa Cattolica.
D’altra parte, e come abbiamo visto più sopra, se è lo stesso Martin ad affermare che l’approccio alla questione omosessuale adottato dal Catechismo è profondamente irrispettoso della sensibilità delle persone omosessuali, si potrebbe dedurre, se la logica ha un senso, che il Papa, sostenendo Martin, sostenga in qualche modo anche la posizione critica che padre Martin ha nei confronti del Catechismo.
Naturalmente, scontata arriverà la precisazione che nessuno vuole cambiare di uno iota la Dottrina, ma solo il metodo pastorale, con l’inevitabile conseguenza di rivoluzionare nei fatti la Dottrina che apparentemente, solo apparentemente, rimarrebbe formalmente intonsa.
È questo un chiaro segnale che è partito in maniera sibillina ed implicita con il famoso “Chi sono io per giudicare”, e divenuto ora esplicito e chiaro con la visita mediaticamente pubblicizzata sui social da parte di padre Martin.
Nel mezzo ci sono tanti episodi che si pongono sulla stessa scia, e che rafforzano ogni giorno di più la narrazione di padre Martin. Questi episodi vanno dal “Pellegrinaggio LGBT” di Tobin (fatto cardinale da Papa Francesco) al ritiro spirituale delle coppie omosessuali per educarle alla fedeltà (”coniugale”?) promossa dalla diocesi di Torino, dalle “messe LGBT” al licenziamento dall’Istituto Giovanni PAOLO II di due teologi sostenitori della Teologia del corpo di Papa San Giovanni Paolo II per sostituirli con teologi favorevoli, a certe condizioni, all’amore omosessuale, e così via.
Possiamo ben dire che dopo quell’incontro, dopo quella foto, la marea della pastorale filo omosessualista non potrà che montare fino a sommergere tutto e tutti, con il Catechismo prima di tutto.
di Sabino Paciolla
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