Il caso Giovannino: l’inganno in provetta
In un tempo di cronaca effimera a trazione emotiva, ha suscitato una certa commozione il recente caso di Giovannino, abbandonato dopo la nascita all’ospedale Sant’Anna di Torino perché affetto da ittiosi arlecchino.
La storia è nota, e già vista: la coppia che l’ha abbandonato aveva ordinato un bambino in provetta e intendeva, ovviamente, un bambino sano. Anzi, perfetto.
Invece è arrivato Giovannino. Un bimbo malato? No grazie. Giovannino non è la cosa che i due avevano chiesto e che si aspettavano; Giovannino è, tecnicamente, un aliud pro alio. Commercialmente, un prodotto fallato.
SORPRESA: GIOVANNINO È OMOLOGO Tutta la folla pro-life (quell’insieme di prefiche antiabortiste con o senza stipendio episcopale) è saltata sulla notizia. Per strillare, secondo copione, contro la fecondazione eterologa, generatrice designata di ogni aberrazione in materia di bebè artificiali. Il pensiero pro-life italiano, oggi, è tutto qua.
Il melodramma è durato finché il dottor Silvio Viale, noto abortista piemontese (verde, radicale, piueuropeo), ha candidamente svelato che si trattava di una fecondazione in vitro sì, ma omologa, ovvero realizzata col seme della coppia aspirante al famoso “bimbo in braccio”, cioè al pargolo artificiale chiavi in mano.
Peraltro il dottor Viale, uno che fa il suo lavoro, con l’occasione ha auspicato anche che il prodotto difettato venisse accompagnato alla morte al più presto possibile, affinché non soffrisse. Come da imperativo utilitarista. L’utilitarismo, del resto, è rimasta l’unica filosofia oggi superstite, nel mondo e nella chiesa: sono il piacere e il dolore a governare la vita e la morte, e non il contrario. Fatto sta che, dal suo punto di vista, la strada da percorrere è sempre quella, ben nota, del “best interest” dell’essere vivente, una strada umana, pietosa, già intrapresa con profitto in molti casi consimili, tipo Charlie Gard e Alfie Evans e i mille altri a cui essi hanno aperto la strada. Il dottor Viale è tutto sommato persona onesta, che trae le corrette conseguenze dalle proprie disumane premesse, e in questa ennesima storia distopica non è lui il nostro nemico.
CHI NON DIFENDE GLI INDIFESI I nemici veri di Giovannino e dei suoi innumerevoli fratelli – quanti fratellini aveva Giovannino quando era in provetta? Quanti sono stati sacrificati perché giudicati dal microscopio indegni di vivere? Quanti sono stati impiantati nell’utero della madre? – sono altri.
È di loro che vorremmo, di nuovo, parlarvi. I veri nemici della vita innocente, che ci hanno portati fino al punto che tra poco diremo, sono coloro che si atteggiano a suoi difensori, i sedicenti cattolici esecutori, consapevoli o no, dell’agenda segreta scritta nei vangeli apocrifi della chiesa che fu cristiana.
Quelli che si sono d’improvviso azzittiti quando è saltato fuori che Giovannino era il frutto di sintesi omologa, perché catechizzati a tuonare sempre e solo contro il babau dell’eterologa, uno dei due grandi falsi bersagli messi in campo dai falsari delle cose ultime. In lingua anglica si dice stalking horse: letteralmente è la sagoma di un cavallo usata un tempo per nascondere un uomo. In italiano corrisponde, più o meno, allo “specchietto per allodole”.
Quindi: sì, l’eterologa è uno stalking horse. L’altro stalking horse contro il quale si accaniscono i cattolici in retroguardia perenne è l’utero in affitto. Se si nota infatti, i paladini probiotici nostrani frignano tutti, senza eccezione, per eterologa e utero in affitto. Sono stati messi dentro quel recinto e, obbedienti come solo loro sanno essere, abbaiano alla luna per non disturbare i lavori in corso.
Il lettore conoscerà la storia che da parecchio tempo andiamo raccontando: l’eterologa è l’ultimo paletto piantato dalle pontificie accademie occupate, e dal movimentismo e associazionismo connesso, per imbrogliare il parrocchiano modello e renderlo artefice felice della dissoluzione pianificata.
La lezione va imparata così: i bambini si possono produrre in provetta, come la tecnica consente e come prevede la cattolicissima legge 40/2004, ma solo se ovulo e spermatozoo provengono dal focolare domestico. Insomma, una questione di cognome dei gameti.
Alle pontificie accademie e ai loro strilloni a libro paga su giornali e social network non interessa l’intrinseca immoralità del bambino in provetta. E nemmeno l’effetto collaterale della strage massiva procurata. No. Alle persone dabbene preparate nelle catechesi autorizzate importa solo lo stato anagrafico di chi fa l’ordine e di chi ci mette la pancia per la gestazione.
Quindi, cari lettori, quando vi stordiscono con la solfa dell’eterologa o dell’utero in affitto, quando vi rintronano con diritti dei bambini ad avere un padre e una madre, stanno semplicemente sequestrando le vostre percezioni per coprire l’agenda segreta del cattolicume adulterato, che punta da anni allo sdoganamento del bambino sintetico: insulto in carne e ossa al piano della creazione divina, sfida biologica e blasfema all’imago Dei.
LA STRAGE INCRUENTA Ricordiamo ancora una volta che ad ogni “bimbo in braccio” prodotto da FIVET corrisponde almeno una ventina di embrioni scartati. Questo ha portato la FIVET ad essere, già da anni, la prima causa di morte per gli embrioni italiani. Gli embrioni uccisi dalla provetta, con la benedizione del Ruini della legge 40, superano di gran lunga quelli uccisi dall’aborto della 194.
Del resto, il signore storico del mondo pro-life, quel Carlo Casini che considerava la legge 40 un capolavoro assoluto – definita la sua «Cappella Sistina» – riteneva anche che la produzione di tre embrioni (non due, o cinque, ma proprio tre, numero perfetto) rappresentasse un «minimo etico dello stato moderno». Ipse dixit.
Ma l’abominio biologico e morale della riproduzione artificiale va ben oltre la micromorte massiva. Sotto la copertura della maschera della vita, gli stregoni della provetta stanno producendo, indisturbati, mostruosità di cui il quivis de populo non ha la minima contezza. Ecco i lavori in corso che il bravo pro-life cattolico non deve intralciare.
LE NUOVE FRONTIERE DELLA RIPROGENETICA Lo stato dell’arte biotecnologica, che non è altro che il frutto della zootecnologia applicata all’essere umano, è già molto più avanti di tutte le lagne pro-life e i “paletti” sui quali indugiano i cultori della bioetica – disciplina anch’essa inventata come passatempo per buontemponi – non si scorgono più nemmeno in lontananza.
Ed è fondamentale capire, caro lettore cattolico, che i paletti non è che sono diventati obsoleti a causa di uno scatto imprevisto o imprevedibile della riprogenetica. No: i paletti sono stati escogitati scientemente per agglutinare la reazione dietro un’insegna fasulla e così favorire l’avanzata faustiana dell’umanità sintetica. I paletti esistono per far progredire dolcemente la cultura della morte. Chi li ha messi, tra leggi ed omelie, tra encicliche e proclami, lo ha fatto al fine ben preciso di programmare un atterraggio morbido verso il bambino artificiale cattolicamente accettato.
Facciamo solo qualche esempio dello stato di avanzamento dei lavori, per far capire quanto ridicoli siano i ritornelli con cui vorrebbero addomesticarci.
IBRIDI, CHIMERE E ALTRE ATTRAZIONI È sottaciuta, tanto per cominciare, l’impennata delle chimere umane, favorite dal cumulo di embrioni trasferiti in gran numero in utero nella speranza che qualcosa attecchisca. Parliamo di quei casi in cui un bambino si forma dalla fusione di due diversi embrioni, e quindi dispone incredibilmente di due diversi DNA. Un domani costui potrebbe trasmettere ai suoi figli anziché il proprio DNA, quello degli zii mai nati, il cui embrione è stato “divorato” dal più forte. Alcune chimere finiscono per avere problemi medici non indifferenti: nel corso dei decenni, gli embrioni fusi insieme crescono creando tessuti incongruenti e c’è chi dentro al proprio corpo ha capelli, occhi, denti del proprio fratello mai nato. Tuo fratello, o almeno parti di lui, continuano a crescere dentro di te: ringrazia la provetta.
Ancora: le chimere uomo-animale. Già da tempo si producono per esperimenti chimere umano-suine o umano-roditrici, e nessuno si chiede se i ratti di laboratorio iniettati con cellule cerebrali umane soffrono come ratti o come umani. Strano, la domanda sul dolore è la prima che si pone l’utilitarismo imperante, che è il vero padre dell’animalismo. Non ci si chiede, soprattutto, se un incrocio genetico – sempre più vicino – tra uomo ed animale, sarà uomo o sarà animale. Forse, il costume diffuso tra le signore di mezza età di portare a spasso la bestiola in passeggino, vestita di tutto punto con capi d’alta moda, è un modo come un altro di preparare il terreno all’ibrido di domani. Uno di noi.
Ancora: è in cantiere la gametogenesi, la nuova tecnica di produzione di cellule sessuali già testata con successo sui topi di laboratorio: cellule somatiche qualsiasi vengono trasformate in cellule sessuali, col risultato che un maschio potrà produrre un ovulo col proprio DNA e farlo fecondare dall’amichetto, una femmina potrà farsi il suo spermatozoo e fecondare la concubina lesbica.
Quanto all’utero in affitto, come l’eterologa, sarà ben presto un ricordo. La tecnologia dell’utero artificiale, e della xenogravidanza, è dietro l’angolo. Le ricerche, come noto, risalgono a molti anni addietro: proprio in Italia a metà degli anni Ottanta un esperimento di Carlo Flamigni, che ora siede tranquillo nel Comitato Nazionale di Bioetica, dimostrò la praticabilità tecnica della cosiddetta “gestazione extracorporea”. Ora, dopo vari studi pionieristici nipponici e americani, il tema torna in pompa magna da noi, ed è così che agli inizi dello scorso ottobre l’Unione Europea ha reso noto di aver assegnato 2,9 milioni di euro per uno studio olandese sull’utero artificiale: «Il prototipo ricreerà l’esperienza di essere nel ventre materno, battito del cuore incluso» hanno scritto i giornali. «Una volta immersi di nuovo nel liquido, i polmoni possono maturare, e il bambino riceverà ossigeno tramite il cordone ombelicale, proprio come nell’utero naturale» ci informa lo scienziato del centro olandese che ha ricevuto incarico e denari.
L’utero artificiale vanificherà la battaglia contro l’aborto: l’embrione che intralcia la madre potrebbe essere tranquillamente trasferito in un utero artificiale, più sano e sicuro, perché ciberneticamente controllabile. Monitorato durante tutta la sua gestazione, il bambino può rivelare seduta stante eventuali difetti acquisiti durante il processo, ed essere di conseguenza curato o eliminato (soluzione, quest’ultima, meno costosa e meno stressante).
Nell’attesa, la zootecnologia suina scalda i motori: come venti anni fa rivendicò la rivista gay The Advocate – quella stessa che ha premiato Bergoglio come uomo dell’anno – sarebbe giusto per le coppie omosessuali che i loro embrioni fatti in provetta potessero crescere in un contenitore che non beve, non fuma e non ha rapporti con il marito e cioè la scrofa.
CRISPR PIGLIATUTTO Su tutto, comunque, sappiamo bene quanto veloce e inarrestabile galoppi il CRISPR – un giorno sì e l’altro pure decantato dalle colonne dei rotocalchi che contano – la tecnologia di editing genetico con cui potrà essere riprogrammata tutta la vita del pianeta. Dalle zanzare agli alimenti, dalle gemelle cinesi ai vostri nipoti. Col CRISPR domestico la provetta sarà fatta “in famiglia”, i geni su cui intervenire col taglia-e-cuci molecolare saranno quelli dei richiedenti aspiranti genitori – eterologa addio – così si preserverà il nuovo “diritto di aver figli che ti somigliano” come ha sentenziato di recente un giudice a Singapore. La coppia sterile borghese, finanziata dai LEA (livelli essenziali di assistenza) grazie alla signora Lorenzin, si procurerà un bambino artificiale secondo i desiderata genetici propri e sponsorizzati dallo Stato, come le supergemelle cinesi.
È il trionfo del figlio suppellettile, del figlio animale domestico, del figlio status symbol: con le tue fattezze, ma con ossa inscalfibili per lo sport, memoria prodigiosa per lo studio, resistenza a tutte le malattie possibili. Un genetista di Boston, dove il transumanismo borghese ormai non è più nemmeno lontanamente tabù, dice, candidamente pure lui: «sarà come vaccinarli». Si può capire meglio, a questo punto, l’enfasi sui vaccini, che in Italia casualmente trovarono proprio nel ministro Beatrice Lorenzin una sponsor di eccezione.
A breve – e lo stigma sociale montante contro i genitori che non vaccinano i figli dovrebbe far capire che non si tratta di una prospettiva lontana o fantasiosa – diventerà immorale fare un figlio senza CRISPR. Diventerà immorale non farlo in provetta. Per il suo bene, chiaramente. Chi corre il rischio di affidarsi alla roulette russa della natura, senza fare tutto il possibile per ottenere un prodotto perfetto, sarà considerato dal censore collettivo un egoista socialmente pericoloso. E punito come si merita.
SVEGLIATEVI DALL’INCANTESIMO Ecco, la situazione reale intorno al recinto dove abbaiano le fedeli retroguardie cattoliche, è quella che abbiamo a grandi linee tratteggiata. Per tutte queste belle novità la morale cattolica si sta attrezzando. Eserciti di utili idioti mandano a memoria le formule delle maledizioni all’eterologa e all’utero in affitto, mentre sottobanco si prepara l’ondata di umanità sintetica, che verrà coltivata in uteri artificiali al costo di stragi embrionali esponenzialmente maggiori rispetto a quelle causate dall’aborto, chirurgico o chimico che sia.
Ecco chi è il vero nemico, il nemico mascherato che abbiamo il dovere morale di combattere mostrando sia il suo vero volto, sia l’obiettivo ultimo della sua propaganda demoniaca spacciata per catechismo d’avanguardia. Quello che va predicando la tolleranza per il “desiderio di avere un figlio” tramutato in “diritto alla genitorialità” della coppia borghese insterilita dalla carriera, o della sua parodia monosessuale, ambedue innamorate dei bambini da compagnia.
E i cattolici addomesticati alla scuola del verbo invertito, proprio non lo hanno capito che stanno correndo dietro ai falsi bersagli che hanno apparecchiato per tenerli impegnati, mentre lavorano per estinguere la nostra stirpe.
Ci danno la morte, e la chiamano vita.
Elisabetta Frezza e Roberto Dal Bosco
Dicembre 9, 2019
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