In quello che molti vedono come uno sforzo per normalizzare l’omosessualità nella Chiesa cattolica, il Vaticano ha pubblicato un nuovo libro che riduce il “peccato di Sodoma” (Genesi 19, 1-29) a “una mancanza di ospitalità”. 
“La storia della città di Sodoma … illustra un peccato che consiste nella mancanza di ospitalità, con ostilità e violenza verso lo straniero, un comportamento giudicato molto grave e quindi meritevole di essere sanzionato con la massima severità”, afferma il nuovo libro. Su questo libro riferisce la giornalista Diane Montagna riferisce nel suo articolo pubblicato su LifesitenewsEccolo nella mia traduzione. 
Distruzione di Sodoma
Distruzione di Sodoma
 In quello che molti vedono come uno sforzo per normalizzare l’omosessualità nella Chiesa cattolica, il Vaticano ha pubblicato un nuovo libro che riduce il “peccato di Sodoma” (Genesi 19, 1-29) a “una mancanza di ospitalità”. 
“La storia della città di Sodoma … illustra un peccato che consiste nella mancanza di ospitalità, con ostilità e violenza verso lo straniero, un comportamento giudicato molto grave e quindi meritevole di essere sanzionato con la massima severità”, afferma il nuovo libro. 
Fonti consultate da LifeSite hanno descritto il libro come “assolutamente banale” e “ovviamente ridicolo”. Un teologo ha esclamato: “Grazie a Dio questa roba non è magistero”.
Il nuovo volume, intitolato “Cos’è l’uomo? Un itinerario di antropologia biblica”, è stato pubblicato il 16 dicembre dalla Pontificia Commissione Biblica (PBC), e si propone di esaminare la comprensione scritturale della persona umana. Il gesuita padre Pietro Bovati, segretario della Pontificia Commissione Biblica, ha detto che il lavoro è stato svolto per espresso desiderio di papa Francesco. 
Con una prefazione del Cardinale Luis Ladaria, SJ, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Presidente della Pontificia Commissione Biblica, il volume si compone di quattro capitoli: L’essere umano creato da Dio (cap. 1); L’essere umano nel giardino (cap. 2); La famiglia umana (cap. 3); e l’essere umano nella storia (cap. 4).
La sua trattazione di 10 pagine sull’omosessualità si trova nel capitolo tre, in una sezione intitolata “vie trasgressive” che include anche l’incesto, l’adulterio e la prostituzione. 
La trattazione sull’omosessualità inizia affermando che “l’istituzione del matrimonio, costituita dalla relazione stabile tra marito e moglie, è costantemente presentata come evidente e normativa nel corso di tutta la tradizione biblica. Non esistono esempi di ‘unioni’ legalmente riconosciute tra persone dello stesso sesso”.
La commissione rileva poi l’emergere, soprattutto in Occidente, di “voci di dissenso” rispetto all'”approccio antropologico della Scrittura, inteso e trasmesso dalla Chiesa nei suoi aspetti normativi”.
Gli autori continuano: 
“Tutto questo è giudicato il riflesso di una mentalità arcaica e storicamente condizionata. Sappiamo che diverse affermazioni bibliche, in ambito cosmologico, biologico e sociologico, sono state progressivamente considerate superate con la progressiva affermazione delle scienze naturali e umane; analogamente – si deduce da alcuni – una nuova e più adeguata comprensione della persona umana impone una riserva radicale sul valore esclusivo delle unioni eterosessuali, a favore di una simile accettazione dell’omosessualità e delle unioni omosessuali come espressione legittima e degna dell’essere umano. Per di più – si sostiene a volte – la Bibbia dice poco o nulla su questo tipo di relazione erotica, che non va quindi condannata, anche perché spesso si confonde indebitamente con altri comportamenti sessuali aberranti. Sembra quindi necessario esaminare i brani della Sacra Scrittura in cui il problema omosessuale è oggetto di omosessualità, in particolare quelli in cui viene denunciato e criticato”.
Questo paragrafo è stato citato erroneamente dai media per far sembrare che la PBC approvi posizioni di cui si limita ad annotare l’esistenza. Tuttavia, nel rilevare l’esistenza di queste voci di dissenso radicale, si posiziona retoricamente tra queste e l’insegnamento tradizionale della Chiesa. Pertanto, il documento non è certamente privo di colpe in questa questione, poiché utilizza una strategia retorica per spostare l’insegnamento percepito della Chiesa verso l’ideologia radicale di genere dei nostri giorni, senza tentare di invertire l’intera distanza in un unico limite. 
Una fonte informata a Roma ha commentato il trattamento dell’omosessualità nel libro, dicendo: “Questo libro è una banalità assoluta, che si evidenzia prima di tutto nel fatto che può essere usato in maniera non corretta da tutti.”
 L’inospitale folla di Sodoma
 Se da un lato la Pontificia Commissione Biblica non può essere accusata semplicemente di avallare le posizioni espresse in precedenza, dall’altro è certo che si spinge molto lontano nell’insinuarle, in particolare nella sua trattazione del peccato di Sodoma. 
La commissione infatti esamina diversi passi dell’Antico e del Nuovo Testamento (Gen. 19, Giudici 19, Lev. 18,22 e 20,13). Gli estensori introducono il loro esame, osservando che “la Bibbia non parla dell’inclinazione erotica verso una persona dello stesso sesso, ma solo di atti omosessuali”.
Passando al “peccato di Sodoma” e alla totale distruzione della città da parte della giustizia divina per una “malvagità” senza rimedio (Gen 19,1-29), la commissione biblica si chiede: “Ma qual è stato il peccato di Sodoma, da meritare una punizione così esemplare?”
Gli autori osservano che “in altri passi della Bibbia ebraica che si riferiscono alla colpa di Sodoma, non vi è alcuna allusione a una trasgressione sessuale praticata con persone dello stesso sesso”, ma notano che questi passi (Isaia 1:10; Geremia 23:14; Ezechiele 16:49) parlano di “tradimento”, di “adulterio” e di “orgoglio”.
La commissione conclude che una “significativa tradizione biblica (Antico Testamento), attestata dai profeti, ha etichettato Sodoma (e Gomorra) con l’emblematico, ma generico, titolo della città malvagia”. 
Ma, sostengono, all’alba del Nuovo Testamento (in particolare 2 Pt 2,6-10 e Giuda 7), nel II secolo comincia a emergere una “diversa interpretazione” del peccato di Sodoma che diventa la “lettura abituale” del racconto biblico.
“La città di Sodoma viene poi accusata di una pratica sessuale inappropriata chiamata ‘sodomia’, che consiste nella relazione erotica con persone dello stesso sesso”, scrive la commissione. 
La PBC continua: “Questo sembrerebbe avere, a prima vista, un chiaro sostegno nella narrazione biblica. In Genesi 19 si dice, infatti, che due ‘angeli’ (v.1), ospitati per la notte in casa di Lot, sono assediati dagli ‘uomini di Sodoma’,’ giovani e vecchi, l’intera popolazione (v.4), con l’intenzione di abusare sessualmente di questi sconosciuti (v.5)”. 
Ribaltando la tradizionale concezione del peccato di Sodoma, la Pontificia Commissione Biblica fa poi questa affermazione: “La storia, però, non vuole presentare l’immagine di un’intera città dominata da irrefrenabili voglie omosessuali, ma denuncia la condotta di un’entità sociale e politica che non vuole accogliere lo straniero con rispetto, e quindi pretende di umiliarlo, costringendolo a subire un infame trattamento di sottomissione”.
Fiduciosa nella loro interpretazione, la commissione scrive: “Questo modo di leggere la storia di Sodoma è confermato dalla Sapienza, (19,13-17) dove la punizione esemplare dei peccatori (prima Sodoma e poi l’Egitto) è motivata dal fatto che avevano mostrato un profondo odio verso lo straniero”.
La commissione conclude: 
“Dobbiamo quindi dire che la storia della città di Sodoma (così come quella di Gabaa) illustra un peccato che consiste nella mancanza di ospitalità, con ostilità e violenza verso lo straniero, un comportamento giudicato molto grave e quindi meritevole di essere sanzionato con la massima severità, perché il rifiuto del diverso, dello straniero bisognoso e indifeso, è un principio di disgregazione sociale, avendo in sé una violenza mortale che merita una punizione adeguata”. 
LifeSite ha consultato un teologo che, parlando in condizioni di anonimato, ha offerto questi pensieri: 
“L’idea che i sodomiti abbiano attaccato la casa di Lot non perché fossero consumati dalla lussuria perversa, ma perché erano così ostili all’immigrazione da non poter sopportare il pensiero di Lot che intratteneva due ospiti è ovviamente ridicola. Erano preoccupati che questi fossero solo l’inizio di un enorme afflusso di Angeli che si sarebbe riversato a Sodoma, cambiando completamente il carattere della città fino a quando un animale razionale non si sarebbe sentito più a suo agio lì, con locande e ristoranti traboccanti di esseri immateriali? È ovvio che la perversione vorace e non la mancanza di tolleranza per l'”altro” è la fonte dei crimini del sodomita”.
Raccontare l’abominio
La Pontificia Commissione Biblica esamina poi il passo del Levitico, che dice: “Non giacerai con un uomo come [si fa] con una donna; è un abominio”, punibile con la morte (18,22; 20,13). 

Osservando che questo peccato è annoverato tra “l’incesto e altre deviazioni sessuali”, la commissione osserva che “il legislatore non dà alcuna motivazione, né per il divieto né per la severa pena comminata”. Possiamo, tuttavia, considerare che la legge del Levitico intendeva proteggere e promuovere l’esercizio della sessualità aperta alla procreazione, secondo il comando del Creatore agli esseri umani (Gen 1:28)”.

Soggetto a discernimento?

Passando al Nuovo Testamento, la commissione afferma che la “ragione dell’omosessualità” non appare nei Vangeli, ma è presentata in tre lettere di San Paolo (Rm 1,26-27; 1 Cor 6,9; e 1 Timo 1,10). Gli autori prendono in considerazione quello che chiamano le “liste dei peccati” offerte da San Paolo, e notano che, in 1 Cor 6,9-10, la sodomia maschile è preceduta da adulterio e comportamento effeminato ed è “sancita dall’esclusione dal Regno”. Essi notano che altri peccati (come l’avarizia e la calunnia) sono soggetti a discernimento, in quanto la loro gravità dipende da caso a caso. Il Nuovo Testamento, sostengono, ci permette di vedere che “per i cristiani la pratica dell’omosessualità è considerata un peccato grave”. 
Commentando la Lettera di Paolo ai Romani (1,18-27), la Pontificia Commissione Biblica sottolinea il legame tra idolatria (1,20-25) e deviazione sessuale (1,26-27). Il testo paolino rivela che “l’uomo dovrebbe vedere nella sessualità che non riconosce più le differenze ‘naturali’ il sintomo della sua distorta nozione di verità”. L’incapacità dell’uomo di riconoscere il vero Dio, osserva la commissione, porta al “disordine sociale e alla violenza” (1,29-31).
La Pontificia Commissione Biblica termina così il suo trattamento sull’omosessualità dicendo:
“L’esame rigoroso condotto sui testi dell’Antico e del Nuovo Testamento ha rivelato elementi che devono essere considerati per una valutazione dell’omosessualità, nelle sue implicazioni etiche. Alcune formulazioni degli autori biblici, così come le direttive disciplinari del Levitico, richiedono un’interpretazione intelligente che salvaguardi i valori che il testo sacro intende promuovere, evitando così di ripetere alla lettera ciò che porta con sé, anche i tratti culturali dell’epoca. Il contributo delle scienze umane, insieme alla riflessione dei teologi e dei teologi morali, sarà indispensabile per un’adeguata esposizione della questione, che è stata solo abbozzata in questo documento”.
“Inoltre – concludono – sarà necessaria un’attenzione pastorale, soprattutto nei confronti delle persone, per svolgere quel servizio di bene che la Chiesa deve assumere nella sua missione per gli uomini”. 
Papa Paolo VI ha rimosso il ruolo magisteriale della Pontificia Commissione Biblica nel 1971, e da allora ha funzionato come organo consultivo o think-tank. La difficoltà di conciliare i suoi documenti con l’insegnamento della Chiesa sull’infallibilità della Scrittura è evidente da tempo.
Di Sabino Paciolla
NUOVO DOCUMENTO
Divorzio e omosessualità, ambiguità vaticane
Alcune anticipazioni di uno studio della Pontificia Commissione Biblica, richiesto dal Papa, sono state salutate dai media come un'apertura della Chiesa su divorzio e omosessualità. Le cose sono in realtà più ambigue, però da quanto finora letto emerge un approccio alle Scritture che si allontana dalla Tradizione.

Da qualche giorno si parla della pubblicazione di un testo di oltre trecento pagine da parte della Pontificia Commissione Biblica, dal titolo Che cosa è l’uomo? Un itinerario di antropologia biblica. Il testo viene presentato (vedi qui) come una «lettura antropologica sistematica della Bibbia», commissionata «dal Papa in persona». Non ci viene detto di più, se non che (vedi qui) «il Papa ha voluto che questa tematica [dell’uomo] venisse affrontata partendo proprio dalla Scrittura, che è il fondamento e l’anima di tutta la riflessione cristiana».
Secondo Vatican News, che riporta dei virgolettati, il paragrafo del volume dedicato al divorzio ribadisce «con chiarezza che l’insegnamento di Gesù “introduce elementi di radicale novità, poiché il Maestro asserisce perentoriamente l’indissolubilità del matrimonio, vietando il divorzio e nuove nozze”». Deo gratias: fin qui ci siamo. Ma il dubbio viene dopo, perché nel medesimo capitolo «si ricorda che “non fa allora un atto contrario al matrimonio il coniuge che – constatando che il rapporto sponsale non è più espressione di amore – decide di separarsi da chi minaccia la pace o la vita dei familiari; anzi, egli attesta paradossalmente la bellezza e la santità del vincolo proprio nel dichiarare che esso non realizza il suo senso in condizioni di ingiustizia e di infamia”».
Molti quotidiani hanno già strombazzato che il Papa e la Chiesa aprono al divorzio. In realtà, il testo parla di separazione, non di divorzio, il che non è affatto una novità. Il Catechismo della Chiesa Cattolica  insegna infatti che «esistono [...] situazioni in cui la coabitazione matrimoniale diventa praticamente impossibile per le più varie ragioni. In tali casi la Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della coabitazione. I coniugi non cessano di essere marito e moglie davanti a Dio; non sono liberi di contrarre una nuova unione. In questa difficile situazione, la soluzione migliore sarebbe, se possibile, la riconciliazione» (§ 1649).
Da parte sua il Codice di Diritto Canonico (can. 1153, §§ 1-2) traduce giuridicamente il suddetto principio: «Se uno dei coniugi compromette gravemente il bene sia spirituale sia corporale dell'altro o della prole, oppure rende altrimenti troppo dura la vita comune, dà all'altro una causa legittima per separarsi, per decreto dell'Ordinario del luogo e anche per decisione propria, se vi è pericolo nell'attesa. In tutti i casi, cessata la causa della separazione, si deve ricostituire la convivenza coniugale, a meno che non sia stabilito diversamente dall'autorità ecclesiastica».
Concediamo però che l’affermazione della Pontificia Commissione Biblica, almeno per come è stata riportata da Vatican News, non si distingue per chiarezza, soprattutto se confrontata con i due testi precedenti. L’elemento più atto ad essere malinterpretato è proprio l’inciso «constatando che il rapporto sponsale non è più espressione di amore», ed è infatti quello maggiormente riportato dai giornali. Si poteva anche immaginare che in un contesto come quello odierno, una frase come quella avrebbe finito per essere capita più o meno così: non mi vuoi più bene? Allora ci lasciamo.
Di dubbia interpretazione è anche l’affermazione secondo la quale il coniuge che, nelle condizione riportate, decide di separarsi «attesta paradossalmente la bellezza e la santità del vincolo proprio nel dichiarare che esso non realizza il suo senso in condizioni di ingiustizia e di infamia». A chi scrive appare invece il contrario: chi legittimamente si separa e si mantiene fedele al coniuge, manifesta che il vincolo si realizza proprio nelle contrarietà, per grazia di Dio, nella fedeltà al coniuge, anche in situazione di separazione. Diversamente, quella del coniuge fedele, rischia di apparire come una vita incompiuta, parzialmente fallita, che aprirebbe la strada al “rifarsi una vita”, come si dice oggi. Il vincolo matrimoniale è segno del legame tra Cristo e la Chiesa: la grandezza dell’amore di Dio si è manifestata proprio perché «mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito» (Rm. 5, 6). Il vincolo dell’Incarnazione, mediante il quale «il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo» (Gaudium et Spes, 22), realizza pienamente il suo senso anche di fronte all’empietà, al rifiuto, al disprezzo o all’indifferenza.
Il quotidiano Repubblica, dal canto suo, del volume da poco pubblicato sottolinea la posizione sulle unioni omosessuali. Secondo i virgolettati riportati dal quotidiano, nel documento si afferma che «“l'istituzione matrimoniale, costituita dal rapporto stabile tra marito e moglie, viene costantemente presentata come evidente e normativa in tutta la tradizione biblica" e che non esistono "esempi di unione legalmente riconosciuta tra persone dello stesso sesso"». Nel contempo però, nello stesso documento trovano spazio le posizioni dei dissenzienti: «"Da qualche tempo - si legge nel documento dell'ex Sant'Uffizio -, in particolare nella cultura occidentale, si sono manifestate voci di dissenso rispetto all'approccio antropologico della Scrittura, così come viene compreso e trasmesso dalla Chiesa nei suoi aspetti normativi. Tutto questo è giudicato come il semplice riflesso di una mentalità arcaica, storicamente condizionata. Sappiamo che diverse affermazioni bibliche, in ambito cosmologico, biologico e sociologico, sono state via via ritenute sorpassate con il progressivo affermarsi delle scienze naturali e umane; analogamente - si deduce da parte di alcuni - una nuova e più adeguata comprensione della persona umana impone una radicale riserva sull'esclusiva valorizzazione dell'unione eterosessuale a favore di un'analoga accoglienza della omosessualità e delle unioni omosessuali"».
Inoltre, quest’ala contestatrice del dato biblico «"argomenta talvolta che la Bibbia poco o nulla dice su questo tipo di relazione erotica, che non va perciò condannata, anche perché spesso indebitamente confusa con altri aberranti comportamenti sessuali". L'allusione è alla pedofilia». Dunque sì alla relazione erotica omosessuale, purché non sfoci nella pedofilia; almeno fino a quando le lobby pedofile non avranno raggiunto il grado di influenza di quelle LGBTQ, perché allora non si potrà dire più nulla nemmeno sulla pedofilia.
Il problema è che, stando alla ricostruzione di Repubblica, la Pontificia Commissione Biblica non pare prendere posizione di fronte a tali affermazioni, queste sì, aberranti. Al contrario, tende a sfumare fino a quasi cancellare la chiara condanna delle Scritture, ribadita dai Padri e dal Magistero, degli atti omosessuali, in nome di una interpretazione “intelligente”: «“Certe formulazioni degli autori biblici, come le direttive disciplinari del Levitico, richiedono un'intelligente interpretazione che salvaguardi i valori che il testo sacro intende promuovere evitando, dunque, di ripetere alla lettera ciò che porta con sé anche tratti culturali di quel tempo"».
Dunque, secondo la recente pubblicazione, non dovremmo più ripetere alla lettera questa ammonizione di san Paolo: «Non v'illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio» (1Cor. 6, 9-11)».
Evidentemente, quanti l’hanno ripetuta letteralmente in duemila anni di storia della Chiesa non ne hanno avuta una comprensione intelligente. E nemmeno gli estensori del Catechismo devono essere particolarmente acuti di ingegno, visto che hanno insegnato che «appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”» (§2357). Guarda un po’: appoggiandosi alla Sacra Scrittura, della quale nella nota 238 vengono riportati i passi, la Tradizione ha condannato gli atti omosessuali. Si vede che l’interpretazione biblica della Pontificia Commissione Biblica non è d’accordo con quella della Tradizione.
E non lo è, perché ha pensato di poter interpretare la Bibbia in modo autentico, ponendosi fuori dalla Tradizione, in un punto di osservazione ritenuto più neutro, ottimale, superiore alla Tradizione stessa, un punto che la renderebbe capace di liberare intelligentemente l’insegnamento positivo - «i valori che il testo sacro intende promuovere» - dai superati «tratti culturali di quel tempo». In realtà l’interpretazione data dalla Pontifica Commissione Biblica risente con evidenza del clima culturale odierno, al punto da ritenere che sia bene non citare più letteralmente le Scritture laddove queste urtano con la mentalità omosessualista dominante.
A questo punto, sorge il legittimo sospetto che le posizione dissenzienti siano state riassunte all’interno del documento per sdoganarle a tempo opportuno.
Luisella Scrosati