Un articolo di padre Raymond de Souza su un aspetto che ha molto colpito gli osservatori, la veridicità della comunicazione da parte dei vescovi, cardinali e Vaticano. Ecco un suo articolo pubblicato sul Catholic Herald, che vi propongo nella mia traduzione. 
Cardinal Donald W. Wuerl nel 2010. (Gerald Martineau/for The Washington Post)
Cardinal Donald W. Wuerl nel 2010. (Gerald Martineau/for The Washington Post)
Una delle più grandi storie del 2019 ha avuto luogo esattamente un anno fa. La diocesi di Pittsburgh ha confermato che il cardinale Donald Wuerl di Washington aveva, di fatto, saputo della cattiva condotta sessuale di Theodore McCarrick, nonostante le sue affermazioni contrarie.
Le rivelazioni del 10 gennaio 2019 sono state un colpo mortale per la credibilità dei prelati, proprio per il prestigio del cardinale Wuerl e la sua meritata reputazione di [persona] attenta ed esatta. Quella perdita di credibilità ha avvelenato il rapporto tra vescovi e sacerdoti. È iniziata molto prima del cardinale Wuerl, ma il fatto che egli abbia offerto dichiarazioni fuorvianti in modo così spudorato su un caso di così alto profilo [dell’ex card. McCarrick ] ha avuto conseguenze di vasta portata.
In effetti, la vicenda del cardinale Wuerl faceva parte di una storia più ampia. È stata una delle più importanti del 2019, e cioè che persino il Vaticano non ha più il beneficio del dubbio. Al contrario, i media sono ora abbastanza sereni nell’affermare apertamente che i funzionari della Chiesa non dicono la verità.
Ricordiamo i fatti. Nell’estate del 2018, dopo che furono rese pubbliche le prime accuse contro Theodore McCarrick, al cardinale Wuerl fu chiesto cosa sapesse. Egli insisteva di non essere a conoscenza di alcuna accusa di abusi sessuali su minori da parte di McCarrick. Ma andò oltre, insistendo sul fatto che non aveva mai sentito “voci” sulla cattiva condotta di McCarrick con i seminaristi. Egli aggravò le sue dichiarazioni ai media riunendo i suoi sacerdoti per dire loro la stessa cosa.
Eppure nel 2004, quando era ancora vescovo di Pittsburgh, aveva sentito lamentele contro McCarrick da parte di un ex prete, che sosteneva di aver subito abusi da McCarrick quando era seminarista. Wuerl, niente di più puntiglioso dei protocolli, riferì la questione al nunzio apostolico, confermato dalla diocesi di Pittsburgh. Nel 2006 fu nominato successore di McCarrick a Washington.
Nel 2018 il cardinale Wuerl ha ripetutamente negato di aver mai sentito parlare di McCarrick. E quella relazione del 2004 che aveva fatto al nunzio apostolico su un cardinale? Un “lapsus in memoria”, ha scritto ai suoi sacerdoti lo scorso gennaio. Nessuno credeva che il cardinale Wuerl, meticoloso all’eccesso, avesse dimenticato di aver trasmesso al nunzio apostolico le accuse sul suo predecessore. Nessuno credeva che un vescovo avrebbe dimenticato di riferire al nunzio le accuse su un cardinale. Nel caso del cardinale Wuerl, la sua spiegazione mancava di credibilità data la sua reputazione di amministratore diligente ed esigente.
(All’epoca, l’arcidiocesi di Washington insisteva sul fatto che “il cardinale Wuerl ha cercato di essere preciso nell’affrontare le domande sull’arcivescovo McCarrick” e si è attenuto alle sue dichiarazioni, “che non volevano essere imprecise”).
L’impatto sulla credibilità dei vescovi è stato significativo. Il successore del cardinale Wuerl a Washington, l’arcivescovo Wilton Gregory, si è sentito costretto a iniziare il suo ministero con la promessa di dire la verità, precedentemente assunta per un caso di un vescovo. Non è più supposta.
Non è facile trovare sacerdoti – per non parlare dei giornalisti – che siano inclini a credere a quello che dicono i loro vescovi senza una conferma. E i vescovi lo sanno, ed è per questo che le revisioni dei fascicoli diocesani sono affidate a studi legali, o a giudici in pensione, o a ex forze dell’ordine.
I dati forniti da un vescovo sono sospetti senza una verifica indipendente.
Abbiamo visto le conseguenze di questa cultura della falsità nel 2019 in Vaticano, dove i giornalisti di tutto lo spettro non danno più ai funzionari della Chiesa la presunzione di dire la verità.
In ottobre, in una conferenza stampa vaticana, il giornalista Sandro Magister aveva chiesto, in ottobre, in una conferenza stampa vaticana, di parlare delle prostrazioni nei confronti della “Pachamama” nei Giardini Vaticani. Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero della Comunicazione, aveva insistito sul fatto che non vi erano state “prostrazioni”, nonostante il suo stesso dipartimento ne avesse fornito le riprese video. Il suo vice alla conferenza stampa aveva applaudito la sua smentita, dando all’intera vicenda un’aria un po’ sovietica. Magister prontamente sottolineò che Ruffini aveva “inspiegabilmente negato” le prove dirette contenute nel filmato.
Forse Magister è troppo veloce nella critica? E che dire del rispettato John Allen, che spesso si piega all’indietro per estendere il beneficio del dubbio? A novembre ha scritto un aspro articolo, definendo “sciocchezze” la spiegazione ufficiale del Vaticano sulla partenza di René Brülhart, presidente del consiglio di amministrazione dell’Autorità per l’informazione finanziaria [del Vaticano]. “Non cercate di dirci che non c’è niente da vedere qui, quando l’esame della vista rivela qualcosa di diverso”, ha scritto Allen.
E la stampa laica? Nel 2019, l’Associated Press (AP) ha adottato uno stile rimarchevole negli articoli sul vescovo argentino Gustavo Zanchetta, allontanato dalla sua diocesi nel 2017, solo per far sì che papa Francesco creasse un ruolo speciale per lui a Roma come funzionario curiale di alto rango.
In tutti gli articoli su Zanchetta, l’AP include queste righe, o qualcosa di simile, affermando in modo esplicito che il Vaticano non sta dicendo la verità: “Il Vaticano ha insistito sul fatto che Zanchetta stava affrontando (nella sua diocesi in Argentina, ndr) problemi di “governance” solo al momento delle sue dimissioni (dalla sua diocesi, ndr) e della sua nomina in Vaticano nel 2017, e che la prima accusa di abuso sessuale è stata fatta alla fine del 2018. I documenti, tuttavia, chiariscono che il Vaticano era a conoscenza dei comportamenti sessuali inappropriati da parte di Zanchetta due anni prima delle sue dimissioni”.
Questa non è un’opinione da opinionista. Questa è una notizia affidabile e diretta.
Il caso Zanchetta potrebbe essere risolto nel 2020. Il rapporto su McCarrick sarà pubblicato. Ma chi crederà a ciò che viene detto?
Di Sabino Paciolla