ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 10 gennaio 2020

Mi spiego ma non mi spezzo

Vaticano, Papa Francesco e l'intervista bomba di monsignor Luigi Negri a Libero: "La Chiesa si è piegata all'islam e alla sinistra"


Monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara e Comacchio, da pochi mesi Emerito, per tanti anni docente di Filosofia presso l' Università Cattolica, si è fatto la fama di prelato del dissenso. Motivo, le sue esternazioni sugli immigrati, la comunione ai divorziati e la deriva laicista della Chiesa. Ma lui non ci sta a farsi affibbiare questa etichetta.
«Tutte le mie parole» spiega «nascono dal fatto che sono ben consapevole della gravità della situazione in cui versa il cattolicesimo odierno e ritengo che per uscire da questa situazione occorra una consapevolezza precisa di ciò che non va; per questo mi premuro di evidenziarlo».

Cos' è che non funziona nella Chiesa, monsignore?
«Sono due secoli che si avverte in Occidente una profonda tendenza antireligiosa, espressione del razionalismo e dell' illuminazione laicista. Tale movimento di pensiero e di azione si sta configurando come pensiero unico dominante, come ha denunciato anche Papa Francesco nei primi momenti del suo pontificato. L' uomo ormai ha una concezione di sé e del suo potere intellettuale, morale, tecnico e scientifico come l' unica misura del mondo e ha costruito una società insensibile alla domanda religiosa».
Siamo a inizio anno e sono appena passate le feste cristiane: che augurio si sente di fare ai fedeli e ai non fedeli per il 2018?
«Mi auguro che la fede torni a investire la società e restituisca agli uomini di oggi il senso profondo dell' esistenza».
È ottimista?
«Non troppo, perché negli ultimi decenni la Chiesa, nonostante gli straordinari magisteri di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, ha imboccato una china che la sta portando ad arrendersi alla forza dilagante dell' anticristianesimo: sta cedendo alla mentalità dominante e si accontenta di rifugiarsi in una sorta di riserve, già imposte in questi secoli a molte altre minoranze religiose e culturali».
Papa Francesco ha denunciato il pensiero unico ma talvolta non ne sembra invece il portabandiera?
«Papa Francesco viene strumentalizzato dal pensiero dominante e la sua denuncia iniziale sta perdendo forza. Ormai c' è una connivenza tra un certo cristianesimo e la società laicista, alla quale la Chiesa sembra ormai incapace di dire dei "no", che sarebbero a mio avviso assolutamente necessari».
Anziché di connivenza, non sarebbe più corretto parlare di un tentativo di intercettare la società laica?
«Per intercettare efficacemente una società come quella in cui viviamo è necessario che investiamo il mondo di una proposta essenziale per tutti gli uomini di questo tempo. La fede non si comunica mediaticamente e quindi non è un problema di strutture o organizzazioni: la fede si comunica da cuore a cuore attraverso la testimonianza. È un evento di grazia, non una notizia da telegiornale».
C' è un problema di testimonianza del Cristo negli uomini di Chiesa?
«Certamente ciò che rende difficoltosa la comunicazione non è l' incoerenza morale: la Chiesa, nella sua storia, si è sempre saputa riprendere dagli scandali morali.
Ma oggi la questione è ben più grave. Attualmente l' incoerenza che affligge la Chiesa è di natura ideale.
Si tende a venire a patti con il secolarismo, per ritagliarsi un posticino e fare del cattolicesimo quasi un elemento di folklore, che non disturbi questa società ateistica».
Come può ritrovare attualità il cattolicesimo e avvicinare anche i non credenti?
«Deve tornare a sporcarsi le mani e vivere nel mondo, dove gli uomini hanno problemi e fatiche, e non deve temere di scontrarsi. Come diceva Jean Guitton, una delle personalità più straordinarie del cattolicesimo mondiale, è la fede a dover giudicare il mondo e non viceversa, come invece avviene oggi.
Il cattolicesimo ha una grande vocazione sociale, che ha la sua radice nell' eucarestia e la sua espressione in una comunità sociale nuova. Oggi molti laici si sperticano in elogi aòl' autorità della Chiesa e dei suoi vertici ma poi li trattano come prodotti del grande magic shop globale e ne utilizzano il pensiero secondo le proprie convenienze».
Perché, a differenza del cattolicesimo, l' islam non è in crisi?
«Perché ha una vocazione politica più che religiosa: l' islam più che una fede è una legge, uno status, sintetizzato dal termine sharia».
Cosa la preoccupa dell' islam?
«A differenza del cristianesimo, che esalta la libertà dell' uomo e la sua irriducibilità, al punto da renderlo partner di Dio nella fede, l' islam non tiene in considerazione la persona. Il musulmano vale solo per il contesto sociale e politico nel quale vive. Non a caso l' islam si diffonde tra i deboli, che hanno bisogno dell' autorità per sentirsi protetti. Un altro aspetto preoccupante è la sua tendenza ad abbattere i valori della civiltà occidentale, primo tra tutti quello della distinzione invalicabile tra politica e religione, più volte sottolineato da Papa Ratzinger e che mi sembra uno degli aspetti migliori della nostra Costituzione. Nell' islam le autorità religiose, che in molti casi fungono anche da autorità civili, amministrano la giustizia nei loro tribunali impartendo fatwe che prevedono anche la pena di morte. Il tutto senza che si veda con chiarezza la base di questa autorità sociale. C' è poi l' aggravio dell' assenza di una interpretazione univoca dei testi religiosi».
Cosa pensa della questione immigrazione?
«L' integrazione deve essere ragionevole e non si possono aprire le porte, come fosse una festa, senza mettere in evidenza i costi economici umani e culturali dell' immigrazione, perché questo significa fare del qualunquismo ideologico. Sono cattolico e pertanto sono per l' accoglienza delle diversità ma essa non può essere senza misure perché altrimenti porta allo schiacciamento e all' eliminazione della nostra società. Non è così che l' Europa cristiana ha, nei secoli integrato i fattori di novità che hanno poi contribuito a fare la sua ricchezza».
Quindi lei dissente sul tema da Bergoglio?
«Il Papa ha la funzione importante e straordinariamente efficace di farci superare la paura del diverso e farci considerare l' apertura come dimensione necessaria della vita cristiana. Ritengo che, come ci ha insegnato in maniera efficace il grande Cardinale Biffi, competa alle istituzioni mettere le condizioni per impedire l' esilio della civiltà cristiana in casa propria».
Non ritiene però che il messaggio non arrivi chiarissimo?
«La Chiesa e i fedeli devono assumersi la responsabilità della difesa del Cristo contro le manipolazioni.
Si torna alla lotta contro l' ideologia dominante della quale ci parlò Benedetto XVI».
Però sono stati anche i preti a mettere i profughi nel presepe.
«Farlo è un errore e una mistificazione. Perfino Cacciari sostiene che la difesa del presepe coincide con la difesa dell' autenticità della proposta cristiana. La storia di Gesù, nato a Betlemme da Maria, è reale e come tale va celebrata, non è un mito da contestualizzare e manipolare come fanno certi "intellettuali". È stata grandiosa la stretta di Papa Francesco in difesa del Natale dal suo snaturamento in nome di un falso rispetto di chi non è cristiano, come avviene negli asili e nelle scuole dove non si celebra più la Natività come una festa cattolica. C' è stato un andazzo, le scorse settimane, per cui sembrava che stessimo celebrando la festa del migrante anziché la nascita di Cristo».
Com' è possibile che la Chiesa non sappia difendere dalle strumentalizzazioni il messaggio di Francesco?
«Se la cristianità è debole, non è in grado di capire le parole del Papa. Attualmente è diffuso un concetto distorto della solidarietà cattolica, che si preoccupa solo dei problemi sociali da affrontare subito con le soluzioni imposte dalla mentalità dominante, e non dalla nostra identità . Solo se si è forti della propria identità ci si può aprire al prossimo. La Chiesa deve riconvertirsi e riprendere coscienza della propria identità».
Ma che vantaggio avrebbe il pensiero unico a spingere così ftanto per l' immigrazione?
«Perché essa porta all' omologazione, che è funzionale alla grande economia mondializzata, tra i cui obiettivi ci sono la riduzione del costo del lavoro attraverso la creazione di una bassa manovalanza di immigrati. Diceva il cardinale Caffarra che la verità è diventata un' opinione, la giustizia è diventata giustizialismo e il bene è diventato benessere».
È pro o contro lo ius soli?
«Sono contrario a che esso diventi un valore indiscutibile da imporre al mondo cristiano senza un' adeguata discussione. La cittadinanza è un bene prezioso per la società, non va concesso».
Cosa risponde a chi accusa Bergoglio di essere comunista?
«Rispondo che non è comunista. È sudamericano, quindi diverso da noi europei, che tendiamo a privilegiare una guida più sinodale e consensuale della Chiesa».
Lei è contrario alla comunione ai divorziati?
«Non può essere data automaticamente, senza una valutazione del singolo caso. Sono contrario alla confusione, per questo gradirei un chiarimento papale. Il cristianesimo non deve essere integralismo né in un senso né nell' altro. Papa Ratzinger ci esortava a creare laici vivi, attivi e intraprendenti».
È ancora convinto che sia stato costretto alle dimissioni?
«Su questo è stato scritto di tutto.
Non intendo contribuire all' incremento della confusione. Ratzinger aveva una presenza umile e grandissima. Riproponeva la fede come cambiamento di vita e questo era inaccettabile per il pensiero unico dominante. In sostanza forse vale la pena di ricordare che il Cristianesimo è un evento di vita, donato dalla Grazia di Cristo e accolto dalla libertà dell' uomo. Nei 15 anni del mio Episcopato ho inteso soltanto servire la rinascita continua dell' avvenimento della fede nel cuore dell' uomo e accompagnare un cammino di immedesimazione profonda nel Mistero della Chiesa e della Sua missione».
Ora si vocifera che si dimetterà anche Bergoglio?
«Non le sembrano già sufficienti due Papi»?.
di Pietro Senaldi

Rula Jebreal e il palco di Sanremo, autobiografia (triste) della nazione


di Cominius.
Abbiamo convissuto con l’ansia e la preoccupazione per giorni e giorni. Il mondo politico si è diviso aspramente. Per il Medioriente? Anche, ma non solo.
Volete mettere il problema della libertà di espressione conculcata dall’ipotesi che la giornalista Rula Jebreal non potesse salire sul palco di Sanremo? Volete mettere lo sconcerto del pubblico televisivo privato del sermone sulle donne, sul sessismo e sul razzismo che gli sarebbe stato impartito a condimento e rinforzo delle troppo banali canzonette nazionalpopolari? Qui si stava parlando di “rilanciare l’Italia come capitale culturale del mondo” e di opporsi alla “discriminazione di stato” (il virgolettato, benché fortemente sospettabile di incredibilità, è attribuito dalla stampa al Senatore Davide Faraone, di Italia Viva).
Ci si potrebbe chiedere in base a quali criteri esistesse un diritto inalienabile della giornalista ad essere presente sul palco più popolare d’Italia, ma è una domanda oziosa e pignolescamente reazionaria, giacché il sistema mediatico delle verità veloci ha stabilito che ce l’aveva. Punto.
Naturalmente lo strike (di tweet) di Daniele Capezzone, Marco Gervasoni, e compagnia è stato ricondotto subito alla Lega e al suo leader, il quale però –penso esausto dalla futilità del tema- ha dichiarato “Invitino chi vogliono, io non mi occupo delle conduttrici di Sanremo”. E manco questo andava bene, perché Rula è una specie di premio Nobel in pectore che abbiamo l’onore di ospitare nelle nostre TV, e lui – il Salvini- siccome è un rozzo neppure laureato non può trattarla con disprezzo assimilandola alle vallette. Come diceva la canzone di Antoine? Sei bello e ti tirano le pietre, sei brutto e ti tirano le pietre…
A un certo punto si sparge pure la vergognosa notizia che tra le donne presenti sul detto palco ci sarà anche Rita Pavone, a cui però non basta la lunga carriera di cantante di successo per essere qualificata: parte l’offensiva social – questa sì buona e giusta – perché sarebbe “sovranista”.
Fortunatamente però alla fine il bene vince, e arriva il lancio di agenzia risolutivo e liberatorio: Rula sarà sul palco, la democrazia è salva. E in questo contesto di generale tripudio il premio per il miglior titolo va al Quotidiano di Sicilia: “Sconfitto Salvini, Rula Jebreal ci sarà”.
Un solo rammarico: peccato che nella fase finale del ristabilimento della democrazia non sia stata sottolineata adeguatamente la lotta coraggiosa del capogruppo di Italia Viva, partito che su temi secondari come tasse e giustizia ruggisce ma non colpisce, ma quando si tratta di argomenti non negoziabili come Rula sì/Rula no ruggisce, colpisce e porta a casa risultati decisivi, perfino per il rilancio dell’Italia come capitale culturale del mondo.
Insomma, se qualcuno temeva che il partito di Matteo Renzi potesse insidiare la destra liberale collocandosi sul suo terreno, può stare sereno. Parla Faraone, e passa la paura.

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