Per Bergoglio: lo Spirito Santo è una calamità? I Vangeli non sono libri degli oroscopi: "Il giorno del Signore viene come un ladro di notte". E caro Enzo Bianchi: "La preghiera del cattolico non si rivolge alle cose, ma a Dio"
di Francesco Lamendola
Sono molti i cattolici, quelli veri, non quelli alla Bergoglio, i quali si chiedono, con crescente insistenza, mista di ansietà e di speranza: quando verrà il giorno del Signore? Mancherà poco, mancherà molto? È diffusa, in generale, l’idea che il tempo dell’Anticristo sia arrivato, o stia per arrivare, da molti e manifesti segni; e alcuni ne traggono la deduzione che anche il ritorno di Gesù Cristo sia prossimo.
In realtà, da un’attenta lettura del Libro dell’Apocalisse e di altri passi del Nuovo Testamento, non emerge questa stretta relazione; o meglio: il giorno del Signore seguirà, sì, abbastanza da vicino, l’avvento dell’Anticristo: tuttavia i tempi della Scrittura sono proiettati sullo sfondo dell’eternità, e non sono misurabili con il metro delle cose umane: per cui è difficile, se non impossibile, affermare se “da vicino” si deve intendere come un lasso di giorni, di mesi, di anni o di decenni. Per favore, cari amici cattolici, non confondete le Sacre Scritture con le Centurie di Michel de Nostradamus o, peggio ancora, con le bislacche profezie del mago Otelma. I Vangeli non sono libri degli oroscopi e se qualcuno desidera l’esatta predizione del futuro secondo le aspettative umane, farebbe meglio a rivolgersi altrove, non a quel che ha detto Gesù Cristo nel corso della Sua vita terrena. Anche le rivelazioni contenute nelle apparizioni mariane vanno prese con cautela: non tutte sono buone, non tutte sono serie; ma sappiamo benissimo che, toccando questo argomento, si rischia di sollevare un vespaio, perché ciascuno ha le sue preferenze e le sue diffidenze. Ci sono i cattolici che credono alle visioni di Maria Valtorta quasi più che alla Bibbia, e ci sono quelli che non credono a nulla, per principio, come i protestanti; per non parlare di quelli che vanno in pellegrinaggio a Medjugorje ogni anno, perfino più volte l’anno (noi ne conosciamo personalmente diversi) e pendono dalle labbra delle cosiddette veggenti come se fossero le labbra stesse del Signore, o poco meno. Una cosa sola è certa, e vorremmo che ciascuno la tenesse sempre molto bene a mente: Gesù è stato chiarissimo quando ha detto che il Suo giorno verrà come un ladro nella notte, e che nessuno potrà umanamente prevederlo; per cui la sola cosa da fare, per quelli che credono in Lui, è vegliare e pregare sempre, senza stancarsi mai, perché quel giorno può arrivare in qualsiasi momento, quando meno ce lo aspetteremo.
Il Signore è il padrone del tempo e della storia, ma è anche il Signore dell’eternità: ciò che per noi è troppo presto o troppo tardi, troppo vicino o troppo lontano, per Lui è l’eterno presente; in Lui non vi sono il passato e il futuro, il questo e il quello. Egli è Tutto ed è somma Sapienza, Somma Giustizia, sommo Bene, fonte inesauribile di luce splendente!
Parlando ai discepoli sul Monte degli ulivi, Gesù disse loro (Mt 24, 42-51):
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così!47Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: «Il mio padrone tarda», e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti.
Chiesa di Cristo o Sinagoga di Satana? La facciata della basilica di San Pietro, la più sacra di tutte le chiese, profanata dalla proiezione notturna di belve feroci, tigri, leoni, orsi, squali, scimmioni, nonché di cannibali con l’osso fra i capelli, il tutto con il benestare del clero e dietro pagamento di laute somme di denaro?
Il concetto, dunque, è chiaro: inutile cercar di prevedere, e magari di anticipare, le mosse del Signore. Il Signore è il padrone del tempo e della storia, ma è anche il Signore dell’eternità: ciò che per noi è troppo presto o troppo tardi, troppo vicino o troppo lontano, per Lui è l’eterno presente; in Lui non vi sono il passato e il futuro, il questo e il quello. Egli è Tutto ed è somma Sapienza, Somma Giustizia, sommo Bene, fonte inesauribile di luce splendente. I Suoi pensieri non sono i nostri; Egli non ragiona come noi, non fa calcoli come li facciamo noi. Signore dell’universo, è anche il Signore del pensiero: tutto ciò che noi possiamo pensare, calcolare, prevedere, è meno di polvere al Suo cospetto. Perciò vi è una sola cosa da fare, riguardo agli ultimi tempi e alla Sua venuta: vegliare e pregare, fare come le vergini savie e tenere pronte le lucerne e anche l’olio per alimentarle, e non come le vergini stolte, che si addormentarono e si fecero sorprendere dall’arrivo dello Sposo senza olio per le loro lucerne.
Circa il Suo ritorno alla fine della storia, quando il tempo sarà compiuto, scrive san Paolo nella Prima lettera ai Tessalonicesi (5, 1-11):
Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore. E quando si dirà: «Pace e sicurezza», allora d'improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri.
Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte. Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza. Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate.
Il signore argentino vestito di bianco? Bestemmia, e ride sempre: è nel suo stile!
Certo, comprendiamo perfettamente l’ansia, di sapere, il vivo desiderio del ritorno imminente di Cristo, da parte di tanti credenti, perché le cose del mondo si sono fatte intollerabili e quelle della Chiesa, purtroppo, appaiono segnate dalla stessa mano, dirette dalla stessa regia che già spadroneggia sul mondo. L’ombra di Satana, l’antico avversario, mai stanco di tendere lacci e inganni per far cadere le anime in suo potere, si proietta ormai fin dentro i sacri palazzi. Non abbiamo forse visto la facciata della basilica di San Pietro, la più sacra di tutte le chiese, profanata dalla proiezione notturna di belve feroci, tigri, leoni, orsi, squali, scimmioni, nonché di cannibali con l’osso fra i capelli, il tutto con il benestare del clero e dietro pagamento di laute somme di denaro? E non abbiamo visto i paramenti sacri indossato dai papi dell’ultimo secolo, indossati da attori e modelle, nel corso di una sfilata di alta moda nel corso della quale c’è stato anche chi si è vestito e atteggiato come se fosse Gesù Cristo, mentre una nota cantante di fede satanista apertamente professata, ancheggiava, super truccata e scosciata, con la veste papale e la mitria in capo, e stringendo in pugno il pastorale, simbolo dell’altissima funzione di pastore del gregge di Cristo; e anche questo spettacolo osceno offerto con il benestare del clero, e dietro pagamento di laute somme di denaro? Che cosa non abbiamo visto, che cosa non abbiamo udito in questi ultimi anni: nulla ci è stato risparmiato, abbiamo dovuto bere l’amaro calice sino alla feccia (ma siamo arrivati alla feccia, poi?). La cattedrale di santo Stefano, a Vienna, trasformata in un palcoscenico per spettacoli musicali sacrileghi, organizzati da gruppi LGBT, sotto l’occhio sorridente e compiaciuto di quel porporato. Ma di che stupirsi, se la maggiore rivista di teologia cattolica è uscita con un numero interamene dedicato a Gesù Cristo queer? (vedi il nostro articolo: Gesù queer: la bestemmia più abietta e rivoltante, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 31/12/19) E intanto abbiamo udito il papa, o colui che dice di essere papa, dire con noncuranza che Gesù si è fatto diavolo; che Gesù fa un po’ lo scemo; che Gesù non era uno pulito; che le Persone della Santissima Trinità litigano sempre, ma a porte chiuse (cfr. gli articoli Cattivi maestri e pessime professoresse dietro gli spropositi e le bestemmie del papa, e Caro Bergoglio, la S.S. Trinità è armonia perfetta, pubblicati rispettivamente il 31/01/18 e il 12/04/19); che la Vergine Maria era una donna come tutte le altre, e arrivò a dubitare che Dio l’avesse ingannata; infine che lo Spirito Santo è una calamità (discorso agli istituti di vita consacrata del 4 maggio 2018; consultare il sito vaticano (http://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2018/may/documents/papa-francesco_20180504_congregazione-vitaconsacrata.html):
Buongiorno a tutti!
Io ho pensato se fare un discorso, ben fatto, bello… Ma poi mi è venuto in mente di parlare a braccio, di dire le cose che sono adatte per questo momento.
La chiave di quello che dirò è quello che ha chiesto il Cardinale [Prefetto della Congregazione]: criteri autentici per discernere quello che sta succedendo. Perché davvero, oggi succedono tante cose che, per non perdersi in questo mondo, nella nebbia della mondanità, nelle provocazioni, nello spirito di guerra, tante cose, abbiamo bisogno di criteri autentici che ci guidino. Che ci guidino nel discernimento.
Poi, c’è un’altra cosa: che questo Spirito Santo è una calamità [ride, ridono], perché non si stanca mai di essere creativo! Adesso, con le nuove forme di vita consacrata, davvero è creativo, con i carismi… E’ interessante: è l’Autore della diversità, ma allo stesso tempo il Creatore dell’unità. Questo è lo Spirito Santo. E con questa diversità di carismi e tante cose, Lui fa l’unità del Corpo di Cristo, e anche l’unità della vita consacrata. E anche questa è una sfida.
L’ombra di Satana? Oggi le cose del mondo si sono fatte intollerabili e quelle della Chiesa, purtroppo, appaiono segnate dalla stessa mano, dirette dalla stessa regia che già spadroneggia sul mondo!
Il giorno del Signore viene come un ladro di notte
di Francesco Lamendola
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Vedi anche:
Gesù queer: la bestemmia più abietta e rivoltante - GESU' CRISTO "QUEER"?
Cattivi maestri e pessime professoresse dietro gli spropositi e le bestemmie del papa - TEOLOGA DELLA NEO-CHIESA
Caro Bergoglio, la S.S. Trinità è armonia perfetta - TRINITA' E' ARMONIA PERFETTA
È in uscita un nuovo libro a cura del vaticanista Aldo Maria Valli, Non abbandonarci alla tentazione? Riflessioni sulla nuova traduzione del “Padre nostro”, Chorabooks, 2020. Il tema è quello della recente e infelice traduzione italiana del Padre Nostro, che presenta un certo numero di difficoltà.
Di seguito l’articolo di uno dei co-autori (mons. Nicola Bux, dom Giulio Meiattini, don Alberto Strumia e Silvio Brachetta), già comparso sul sito di Sandro Magister.
Non è chiaro perché un Dio che porta dentro la tentazione dovrebbe essere peggiore di un Dio che abbandona alla tentazione. È un mistero della moderna esegesi, ma anche della presunzione umana, stando almeno al padre del deserto Sant’Antonio, che casca a fagiolo:
«Un giorno alcuni anziani fecero visita al padre Antonio; c’era con loro il padre Giuseppe. Ora l’anziano, per metterli alla prova, propose loro una parola della Scrittura e cominciò dai più giovani a chiederne il significato. Ciascuno si espresse secondo la sua capacità. Ma a ciascuno l’anziano diceva: “Non hai ancora trovato”. Da ultimo, chiede al padre Giuseppe: “E tu che dici di questa parola?”. Risponde: “Non so”. Il padre Antonio allora dice: Il padre Giuseppe sì, che ha trovato la strada, perché ha detto: “Non so”» (Apophthegmata Patrum, 80d; PJ XV, 4).
Nelle Scritture ci sono cose facili da capire, cose difficili e cose che non si possono capire: se ne ricorda qualcuno? No, tutto dimenticato. Il senso letterale regge e guida gli altri sensi delle Scritture: se ne ricorda qualcuno? No, tutto dimenticato. L’esegesi dei testi non può tradire l’esegesi dei padri e dei dottori della Chiesa: se ne ricorda qualcuno? No, tutto dimenticato.
Quanto a ciò che Dio opera, dovrebbe essere chiaro come il Dio che induce alla tentazione del Padre nostro sia il medesimo Dio che fa dire a Gesù Cristo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15, 34). Non vi è dubbio – e nel magistero della Chiesa non vi è mai stato il dubbio – che l’«eisenènkes» greco del Padre nostro esprima un moto a luogo e che il «sabactàni» aramaico di Mc 15, 34 è l’«abbandono».
È anche vero che l’interpretazione di questi passi evangelici da parte di San Tommaso o di Sant’Agostino lasci il lettore insoddisfatto, poiché i dottori sanno bene che fides et ratio sono concordi, ma per nulla coincidenti. San Tommaso e Sant’Agostino scrutano il mistero, però lo fanno nell’umiltà: alle volte riescono a soddisfare pienamente e sapientemente un qualche quesito ma, altrove, possono anche rispondere o soddisfare parzialmente chi cerca una spiegazione.
L’operazione teologica contemporanea è spesso indecente, perché vuole forzare quelle porte inviolabili del mistero, che Ildegarda di Bingen sconsiglia fortemente di violare (cf. Il libro delle opere divine). Da dove tanta superbia? Come mai il teologo moderno – o modernista che sia – è divenuto incapace di dire «non so», davanti a questioni sulle quali Dio ha decretato rimanesse il mistero? Persino i pagani erano di frequente più umili di molti dei nostri contemporanei. «Io sono tutto ciò che fu, che è e che sarà; e nessun mortale o dio solleverà mai il mio peplo» – dice la Sibilla di Plutarco (Sul Fato).
È antica come il mondo l’arte di forzare o falsificare il testo, quando la parola è incomprensibile o non corrisponde alle aspettative del nostro capriccio. Ma è pure antica come il mondo l’arte dell’umiltà, l’arte dello scriba fedele, che tramanda la voce di Dio ricopiando le Scritture e cercando di essere preciso, sillaba dopo sillaba, su quanto ricevuto dai padri.
La verità è stata più volte confessata dai santi: il Dio che porta dentro la tentazione è buono, tanto quanto il Dio che abbandona alla tentazione. Ed è buono perché ascolta la preghiera del penitente, che chiede con insistenza: “non c’indurre, non ci abbandonare”. Dio, quindi, non induce e non abbandona quei figli che si convertono e lo pregano, ma abbandona l’empio, che lo bestemmia.
Il mistero permane e la realtà della «perdizione» – l’«abaddon» ebraico dell’Apocalisse (9, 11) – non può essere cancellata dalla penna di un falsario. Esiste dunque l’«angelo dell’abisso» (ibidem), poiché Dio permette che esista, così come esiste l’inferno e la possibilità di dannarsi. Dietro la negazione del «ne nos inducas» evangelico c’è dunque il rifiuto, da parte della presunzione umana, di uno scandalo: lo scandalo della perdizione eterna dell’empio e il fatto stesso che il Cristo possa essere «pietra d’inciampo» Egli stesso («scandalo», appunto).
di Silvio Brachetta
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