Il Sabato santo della fede e una richiesta ai pastori
Sarò sincero. In questi giorni, così difficili, ho letto i comunicati dei vescovi, ho letto gli interventi del papa, ma non vi ho trovato un vero conforto, non vi ho trovato l’acqua fresca in grado di dissetare un’anima che si trova in un deserto di preoccupazioni.
I comunicati dei vescovi, a parte alcuni accenni qua e là, assomigliano ai bollettini governativi e sono scritti quasi con lo stesso linguaggio burocratico. Preoccupazione numero uno è dare direttive, tutte ispirate ai criteri di salvaguardia della salute del corpo, ma ben pochi, o nulli, sono gli accenni alla salute dell’anima e alla salvezza.
Inoltre, ho notato qualche contraddizione tra quanto ha detto il papa e quanto hanno scritto i vescovi. A Santa Marta, per esempio, il papa, chiedendo ai pastori di “accompagnare il popolo di Dio in questa crisi”, ha dichiarato che “le misure drastiche non sempre sono buone”. Ma proprio nello stesso giorno il suo vicario per la diocesi di Roma ha decretato la chiusura delle chiese. Difficoltà di comunicazione interna?
Che sia mancata fin qui, da parte dei pastori, una parola vera, in grado di sostenere i fedeli, lo dice anche, come opportunamente segnala Sandro Magister, la prestigiosa rivista Il Regno, a firma del suo direttore Gianfranco Brunelli, e la cosa è significativa se si pensa che Il Regno non appartiene certamente allo schieramento dei “nemici di papa Francesco” e non è certamente espressione degli ambienti che vengono dipinti come reazionari e tradizionalisti.
Ebbene, scrive Brunelli: “Ora che è stato detto tutto e di tutto, da parte di tanti; ora che il coronavirus sta assumendo il volto inarrestabile e pervasivo di una pandemia; in quest’ora toccherebbe alla Chiesa fare sentire la propria voce. Perché ci avviciniamo alla Pasqua. Non sono mancati interventi di singoli pastori, ma una parola unitaria della conferenza episcopale italiana è sin qui mancata, se si escludono singoli comunicati, in genere sul tema dell’apertura e della chiusura delle chiese, sulla opportunità o meno di celebrare le funzioni liturgiche, in “ottemperanza” ai decreti governativi. È mancata sin qui una parola vera”.
Questo è il punto. Una “parola vera” significa una parola per l’anima. Significa la parola di un padre. Abbiamo ricevuto regolamenti scritti con lo stile dei funzionari: ci è mancata una parola di fede, un nutrimento per l’anima.
Diciamolo chiaramente: ci stiamo confrontando con il problema della morte, il problema dei problemi. Ma sotto questo profilo i pastori si sono dimostrati quasi del tutto afoni.
L’impressione (ma spero di essere smentito quanto prima) è che i pastori, abituati a scendere in campo sul terreno amico delle questioni sociali, si trovino in imbarazzo ora che, improvvisamente, devono misurarsi con i Novissimi (morte, giudizio, inferno, paradiso): un terreno che per loro dovrebbe essere quello di casa ma che da troppo tempo, forse, trascurano.
Scrive Brunelli: “Qui il problema è affrontare il tema della fragilità personale e collettiva, sociale ed economica, politica e istituzionale. È il tema della malattia, della vita e della morte, che tocca e ridefinisce ogni cosa. È dunque il tema dell’annuncio del Vangelo in questo tempo”.
La stessa chiusura delle chiese, provvedimento che fa soffrire tanti, è stata spiegata in termini funzionali, come misura di contenimento del virus. È mancata la parola della fede.
Osserva ancora Brunelli: “La Chiesa italiana, lo stesso vescovo di Roma sono attesi per una parola che ripeta nuovamente il Vangelo in questo tempo; che affronti il mistero della morte e della risurrezione. Perché con questo, oggi, tutti, individualmente e collettivamente, siamo confrontati. Questa è l’attesa, consapevole o meno, di una moltitudine. Siamo entrati in una lunga vigilia, un’interminabile veglia notturna. È il Sabato santo della fede, il giorno a-liturgico per eccellenza, un tempo denso di sofferenza, di smarrimento, d’attesa e di speranza, che sta tra il dolore della croce e la gioia della Pasqua. Il giorno del silenzio di Dio. La Chiesa deve preparare la Pasqua, perché forse neppure la liturgia pasquale potremo celebrare, il centro della nostra fede: il corpo e il sangue di Cristo dato per noi e per tutti”.
In questo Sabato santo della fede preghiamo per i nostri pastori, perché, pur costretti, come tutti, a starsene al chiuso, si aprano all’ascolto dei figli che aspettano una voce veramente paterna. Una voce per l’anima.
A.M.V.
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Aggiornamento
Dopo aver scritto l’articolo che trovate qui sopra, ho appreso che il cardinale vicario di Roma, De Donatis, ha emesso oggi un nuovo decreto con il quale corregge il tiro rispetto a quello di ieri. A proposito della chiusura delle chiese, il cardinale scrive infatti, ed è la prima volta: “Tuttavia, ogni provvedimento cautelare ecclesiale deve tener conto non soltanto del bene comune della società civile, ma anche di quel bene unico e prezioso che è la fede, soprattutto quella dei più piccoli”.
Troppo stridente, come segnalavo nell’articolo, era la distanza tra la richiesta del papa di non prendere misure eccessivamente drastiche e la richiesta di sbarrare il passo ai fedeli che vogliano entrare in chiesa.
Il nuovo decreto del cardinal vicario pertanto stabilisce: “Rimangono chiuse all’accesso del pubblico le chiese non parrocchiali e più in generale gli edifici di culto di qualunque genere (cf. can. 1214 ss. C.I.C.); restano invece aperte le chiese parrocchiali e quelle che sono sedi di missioni con cura d’anime ed equiparate”.
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Foto tratta da Re-blog
CORONAVIRUS: RIFLESSIONI - LA PREGHIERA DEL CARDINALE ERDOE
Qualche considerazione sulla situazione italiana nei giorni del coronavirus – Una preghiera speciale del cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Budapest-Esztergom
I giorni del coronavirus in Italia (e ormai in buona parte d’Europa) suggeriscono pensieri contrastanti. Da una parte troviamo i numeri dei contagiati, dei ricoverati in terapia intensiva (e qui i famigerati tagli alla sanità degli ultimi anni pesano e molto), dei morti (pur se in quest’ultimo caso non è chiaro chi muoia di coronavirus come patologia principale e non aggiuntiva). Dall’altra la dedizione ammirevole (un dovere certo, ma oggi non così scontato) mostrata dal personale medico e paramedico in prima linea.
Siamo stati confrontati con una comunicazione governativa in materia a dir poco schizofrenica nelle ultime settimane: una gran confusione ( con danni enormi) cui hanno contribuito anche dichiarazioni contrastanti di virologi veri o presunti. Ora è il tempo del rigore imposto con l’intento di rallentare, limitare e infine annullare la diffusione del morbo. Sono decisioni queste che, pur comprensibili nei contenuti, intaccano gravemente certe libertà individuali fondamentali: lo faranno per un periodo di tempo indeterminato (con prevedibili, pesanti conseguenze sull’equilibrio mentale non solo dei più fragili…le isterie e le psicosi già dilagano).
In tal senso stamattina qui a Roma, a piazza Bologna siamo stati testimoni di alcuni episodi invero inquietanti. La banca che si inventa un decreto governativo in cui si vieta l’erogazione di contanti allo sportello (non sarà che si vuole approfittare della situazione per eliminare gli stessi contanti – simbolo di libertà individuale - e costringerci tutti alle card elettroniche?). Un’altra banca che si inventa un decreto governativo in cui si vieta di fare più di un’operazione per volta allo sportello. Un supermercato (di almeno cinquecento metri quadri) che si inventa un decreto governativo che limita a sei i clienti all’interno. Una signora che si inventa un decreto governativo che impone l’obbligo delle mascherine per la strada. Un’altra signora che si inventa un decreto governativo che impedisce tout court l’uscita di casa agli ultrasessantenni.
Insomma diventa difficile non porsi domande sull’occasione che il coronavirus offre ai malintenzionati per imporre decisioni, restrizioni e cambiamenti di vita che con la malattia non c’entrano. E che però vanno tutti nella direzione di ridurre la persona a individuo fragile e dunque ben manipolabile. Basti pensare ad esempio a ciò che è stato evitato all’ultimo momento in Parlamento, cioè la discussione in aula delle norme cosiddette “contro l’omofobia” (dopo il pesantissimo taglio delle audizioni in Commissione): la sinistra (compreso il Movimento 5Stelle) voleva imporre in questi giorni tormentati le norme liberticide con la stessa impudenza antidemocratica di cui quattro anni fa si era fatto ampio uso da parte della sciagurata Maria Elena Boschi per approvare la legge sulle unioni civili del governo Renzi.
Ha fatto e fa discutere anche il fulmineo allineamento della Cei al decreto governativo sul divieto delle cerimonie religiose, con cui la stessa Cei ha sospeso tra l’altro (adeguandosi all’interpretazione del Mostro rosso-giallo, invero non abilitato a ingerenze del genere) le messe feriali e festive coram populo. Una genuflessione-sottomissione giuridicamente molto dubbia che pone la Cei in una posizione debolissima se in futuro ci fossero da parte governativa altre richieste sulla base di ‘interpretazioni’ in materie controverse. Non solo: agendo come ha agito, la Cei non ha forse insinuato nei fedeli il dubbio che in fondo la santa messa non sia poi così importante? Speriamo di no, ma temiamo di sì. E per la Chiesa cattolica in Italia sarebbe un altro duro colpo con conseguenze difficilmente valutabili. Proprio in queste ore poi il cardinale vicario Angelo De Donatis ha disposto addirittura la chiusura delle chiese di Roma fino almeno al 3 aprile: porte sbarrate dunque per chi voglia anche solo pregare. E' una decisione pure questa che solleva pesanti interrogativi sulla 'fluidità' odierna della Chiesa cattolica (non solo italiana).
Gravissime le conseguenze economiche delle restrizioni. Se non si può lavorare, come portare a casa il pane? Una domanda che da sola testimonia del dramma che l’Italia nella sua interezza sta vivendo.
Costringendo de facto o de iure a stare tra le quattro mura dell’abitazione, i giorni del coronavirus possono essere spunto anche per intensificare/approfondire/riallacciare quei rapporti in famiglia che il tran tran quotidiano a volte allenta. Pure per leggere e ritagliarsi spazi per attività amate, ma da sempre o da tempo trascurate.
E poi – qui concludiamo - c’è la preghiera. Come quella che vi proponiamo e che è stata scritta dal cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Budapest-Esztergom perché sia recitata in ogni casa.
Signore Onnipotente, Dio dei nostri padri,
Ti rendiamo grazie per il mondo che hai creato per rendere possibile la vita dell’umanità.
Ti rendiamo grazie per tutta la ricchezza del creato e per le sue meravigliose leggi.
Ti rendiamo grazie perché siamo sopravvissuti, nonostante ogni forza distruttrice, e siamo capaci di giungere a sempre nuove scoperte sul nostro mondo e su noi stessi.
Ti ringraziamo perché possiamo lottare, sia individualmente sia in comunità, per la nostra sopravvivenza e per rendere la nostra vita sempre più bella e ricca di significato.
Ma, prima di tutto, Ti ringraziamo per averci chiamati alla vita eterna e perché, con la morte e la risurrezione redentrice di Cristo, Nostro Signore, hai aperto per noi la via dell’eterna beatitudine.
Quando ci colpiscono delle calamità naturali, contro le quali non riusciamo ancora a difenderci con le nostre sole forze, possiamo sperimentare che la nostra vita è sempre nelle Tue mani.
Ti supplichiamo umilmente di aiutare gli uomini della scienza a trovare prima possibile l’antidoto alla presente epidemia.
Dona a quanti guidano le nostre società l’accortezza di poter arginare, con i provvedimenti adeguati, la diffusione delle infezioni, di promuovere la prevenzione e la cura della malattia, nonché la predisposizione di strumenti efficaci per quanti ne hanno bisogno.
Dona la Tua misericordia e l’eterno riposo a quanti sono morti a causa della malattia, dona la guarigione ai malati, dona forza e benedizione ai medici e al personale sanitario per il loro coraggioso impegno.
Rafforza in noi la fede, la speranza e la carità affinché possiamo sostenere con ogni aiuto spirituale e materiale i malati e i parenti che sono nell’angoscia o nel lutto.
Fa che con i nostri comportamenti responsabili possiamo contribuire anche noi a prevenire la diffusione della malattia.
Perdona, Signore, ogni nostro peccato commesso in pensieri, parole, opere e omissioni.
Santissima Trinità, unico Dio, abbi pietà di noi!
Beatissima Vergine Maria, Salute degli infermi, prega per noi!
Amen.
P:S. del 13 marzo 2020: APERTE A ROMA LE CHIESE PARROCCHIALI
Alle ore 13.00 il Vicariato di Roma ha dato notizia di un nuovo decreto del Cardinale Vicario che modifica quello emesso il 12 marzo 2020. Dopo un confronto con papa Francesco, il cardinale De Donatis ha deciso che l'ingresso nelle chiese parrocchiali di Roma verrà permesso. Resta invece il divieto per le chiese non parrocchiali e per altri luoghi di culto. La modifica deriva dalla necessità di non creare disorientamento e insicurezza tra i fedeli, turbati dalla chiusura materiale di tutte le chiese, come disposto nel decreto precedente.
CORONAVIRUS: RIFLESSIONI - LA PREGHIERA DEL CARDINALE ERDOE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 12 marzo 2020
https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/933-coronavirus-riflessioni-la-preghiera-del-cardinale-erdoe.html
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