Il direttore di ‘Avvenire’ si fa pescare stamattina con il dito nella marmellata…
La seconda pagina dell’Avvenire di oggi, mercoledì 29 aprile 2020 è in buona parte occupata da otto lettere al direttore in cui si commentano le grottesche vicende di questi giorni a proposito della ripresa delle Messe coram populo. Ça va sans dire, le lettere sono scelte secondo i criteri turiferari della casa, così che da esse emerga – come si proclama nel titolo - una “matura e serena capacità di dibattere”. Insomma i lettori di Avvenire devono essere ammodo e rispettare la buona ipocrisia turiferaria.
Come è costume della casa, uno spazio minore è riservata anche a qualche lettera un tantin più pungente, giusto per permettere allo scaltro direttore di annotare nel suo commento complessivo che “alcune (lettere) portano alla luce anche certi tic polemici e qualche pregiudizio”.
Non solo. Sempre nel commento il Tarquinio – quasi a eventualmente pararsi le terga – scrive: “Proprio come le quattro pubblicate ieri (NdR: martedì 28 aprile), anche le più ampie ( NdR: non si dovrebbero superare le 1500 battute) di queste lettere sono state sintetizzate, secondo la mia responsabilità di direttore e in forza dell’esplicito patto di libertà e di fiducia che lega da sempre Avvenire ai suoi lettori e alle sue lettrici”. Bla bla bla bum bum bum , come dimostrano vicende non lontane di cui ci siamo occupati (come quella di don Fragiacomo, a proposito del capo-scout gay di Staranzano, vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/738-caso-gorizia-l-autogol-d-autore-del-direttor-tarquinio.html ).
Una lettera attira particolarmente la nostra attenzione, quella scritta dalla lettrice Margherita Lancellotti. Il nome ci dice qualcosa… certo, ne avevamo appena letta una, a firma Margherita Lancellotti, sull’edizione odierna de La Verità. L’argomento sembra lo stesso…
LA LETTERA DI MARGHERITA LANCELLOTTI APPARSA SU LA VERITA’
Riprendiamo allora La Verità e leggiamo, nella pagina delle lettere, in prima posizione, sotto il titolo: “Mi vergogno di vivere in un Paese che nega le messe” (il neretto è nostro): Mi vergogno di dover scrivere questa lettera in Italia, un Paese di tradizione cattolica e con libertà di culto, o almeno così credevo. Signor Giuseppe Conte è mai stato a messa? Signori virologi e innumerevoli consulenti tecnici siete mai stati a messa? Perché sembra che la stiate confondendo con un concerto rock. O, peggio ancora, con una Rsa. Il che dimostra quanto gli “esperti “ non abbiano capito il popolo di Dio. Pensate davvero che il pericolo sia il segno della pace? Ai supermercati si può toccare tutto con i guantini. In chiesa no? Davvero non riescono ad immaginare di chiedere alla Cei che si possa indicare ai fedeli di scambiarsi un semplice sorriso? Pensate davvero che il pericolo sia ricevere l’eucarestia? Alla posta e alle casse si può fare la fila. Invece in chiesa, è risaputo, la gente si accalca scompostamente, urtandosi sguaiatamente, quindi: no, cari fedeli, per voi no eucarestia, no culto, no umanità. Per voi decidiamo noi, anche su questo.
Battute: 973, spazi inclusi – 811, spazi esclusi (dunque ben sotto le 1500 battute ammesse da Avvenire)
LA LETTERA DI MARGHERITA LANCELLOTTI APPARSA SULL’AVVENIRE
E ora tocca all’organo cattofluido… ma qui, ma qui… ci sono differenze di sostanza… e che sostanza! Ecco la versione pubblicata dal Turiferario direttore (in neretto – nostro – le differenze):
“Mi vergogno di dover scrivere questa lettera. In Italia, in un Paese di tradizione cattolica e di libertà di culto quale credevo fosse quello in cui vivo. Mi chiedo che (!!!, correttore sgangherato… eh, la fretta di censurare!) qualcuno di quelli che pontificano sia mai stato a una Messa? Perché sembra che la si stia confondendo con un concerto rock. Il che davvero dimostra quanto non qualcuno (!!! correttore sgangherato) non capisca il popolo di Dio.”
Fermiamoci qui che la materia sfornata è già ampiamente sufficiente a mostrare la professionalità del direttore tappetino (in questo caso) dell’inquilino di Palazzo Chigi. Sparito il nome di Giuseppe Conte. Sparito l’accenno ai “virologi e innumerevoli consulenti tecnici”. Il tutto sostituito con “qualcuno di quelli che pontificano”. Idem sul “concerto rock”: “sembra che la si stia confondendo”. Sparito l’accenno alla Rsa.
C’è bisogno di dilungarsi? No, misero censore che blateri di "patto di libertà e di fiducia con i lettori”! Dovresti ben sapere, o Tarquinio, che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi… c’è sempre una Verità che ti frega!
AVVENIRE: IL TARQUINIO TURIFERARIO FA LE PENTOLE, MA NON I COPERCHI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 29 aprile 2020
Ci si ricordi che di Papi guastatori ce ne furono altri, e che la vigna dopo di loro tornò a fruttificare
(foto LaPresse) |
di Camillo Langone
https://www.ilfoglio.it/preghiera/2020/04/29/news/il-papa-ha-scaricato-non-solo-la-cei-pure-migliaia-di-fedeli-315691/
Se citiamo Cesare e Dio solo quando fa comodo
Si è tirato in ballo il Concordato, la Costituzione, i rapporti Stato-Chiesa e chi più ne ha più ne metta, ma perché le stesse parole di Dio non vengono ripetute da nessuno? Possibile che siano più importanti gli accordi politici e diplomatici della Sua parola? La Chiesa deve difendere la libertà religiosa perché la difese Gesù.
Carissimo Direttore,
mi dispiace doverla disturbare, ma dopo quello che è stato detto la sera del 26 aprile dal premier in conferenza stampa, la mia coscienza di cristiano e di sacerdote non mi permette di tacere: che non si venga a dire che tutti i sacerdoti hanno taciuto di fronte a questi eventi.
La mattina successiva, ripensando alle parole del Presidente del Consiglio, ai commenti ascoltati di vari giornalisti e amici, mi è balzata alla mente una frase evangelica, che da poche parti mi pare di aver letto in questi mesi: «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Una frase tra le più controverse del Nuovo Testamento, ma che su un punto vede concordare quasi tutti: su questo testo si fonda la separazione tra Chiesa e Stato.
Vorrei soffermarmi su un fatto molto strano: perché davanti a tutto quello che il governo italiano ha deciso su temi prettamente religiosi, qualcuno non si è rifatto a queste parole di Cristo? Si è tirato in ballo il Concordato, si è tirata in ballo la Costituzione, i rapporti Stato-Chiesa e chi più ne ha più ne metta, ma perché le stesse parole di Dio non vengono citate da nessuno? Possibile che siano più importanti gli accordi politici e diplomatici della parola di Dio?!
Riflettevo su questa straordinaria incongruenza quando mi è venuto in mente il generale dei gesuiti, Padre Sosa, che qualche anno fa se ne uscì fuori con la frase: «Non c’era il registratore ai tempi di Gesù», e allora tutto mi è stato chiaro.
Se non c’è modo di sapere cosa veramente è stato detto dal Cristo, non possiamo usare le Sue stesse parole perché potrebbero essere non vere, edulcorate, cambiate dai redattori, quindi meglio tacere e usare altri mezzi di persuasione. Ma come? Per decenni abbiamo sentito dire: «Basta con orpelli, basta con tutto quello che non è essenziale alla fede, torniamo al puro e semplice Vangelo, torniamo ad evangelizzare» e adesso (per modo di dire adesso: è da secoli che cercano di distruggere l’autorità del Vangelo) ci venite a dire che non possiamo neanche usarlo, perché rischieremmo di citare frasi spurie, contaminate dalla mano di altri autori? Robe da matti!
Le due cose non possono stare insieme. Ma piuttosto che cadere in queste vuote discussione, preferisco riaffermare la totale sacralità del Vangelo, insieme a quella degli “orpelli”, che orpelli non sono, della nostra Tradizione, che per secoli hanno illuminato il mondo.
Dobbiamo riaffermare con veemenza la libertà della Chiesa, perché abbiamo la certezza che «le porte degli inferi non prevarranno su di essa»!
Le parole che il papa Pio VII rivolse al generale Miollis quando quest’ultimo gli intimò di consegnare gli Stati pontifici a Napoleone devono essere fatte nostre: «Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo». Se era penoso e assurdo che il pontefice rinunciasse alla libertà del suo stato, quanto più grave sarà rinunciare alla libertà della Chiesa nell’esercitare il culto al suo Dio?
Don Luca Bernardi
https://lanuovabq.it/it/se-citiamo-cesare-e-dio-solo-quando-fa-comodo
CHIESE CHIUSE: CAOS TOTALE!
di Massimo Magliaro
Bergoglio smentisce i vescovi italiani. Meglio: il papa corregge Bassetti, il cardinale che lui, Bergoglio, ha messo alla guida dei vescovi italiani, il “suo” capo della Conferenza episcopale. Se non ci fosse questa inondazione informativa (e deformativa) sul coronavirus, in Italia non si parlerebbe che di questo. Anche perché non è l’unico “strappo” avvenuto fra Santa Marta e Circonvallazione Aurelia 50 (sede centrale della Cei). Ma sicuramente è il più grosso.
Il malessere dei fedeli per la chiusura delle Chiese e il fermo delle Messe e dei funerali (e dei battesimi, ovviamente) non è stato sopito dalle (non poche) Messe clandestine celebrate in tutta Italia, soprattutto al centro-nord, né da quel surrogato di Messa che sono state quelle on-line o in streaming né è stato ridotto dalle Messe organizzate sulle terrazze dei palazzoni delle metropoli con amplificatori che ne trasmettevano nei dintorni musiche e parole oppure dalla scampanìo a ore convenute.
Tutto questo ingegnarsi a supplire ad una mancanza così improvvisa e significativa non è servito a nulla. Niente. I fedeli reclamavano le Messe in Chiesa, col prete sull’altare, l’organo, le preghiere e tutto il resto. Punto e basta.
Il primo tappo autorevole saltato via dalla bottiglia del malcontento è stato quello del vescovo di Ascoli, mons. Giovanni d’Ercole, il quale, con coraggio e schiettezza, dall’interno della sede vescovile, aveva parlato di dittatura. C’è stato chi ha pensato che mons. D’Ercole fosse stato inviato dalla Cei in avanscoperta per saggiare la reazione del Conte devozione di Padre Pio. Niente. Silenzio.
Poi Conte ha parlato e ha detto no a Chiese aperte, a Messe, (normali) funerali e battesimi. Le critiche cattoliche al “cattolico” Conte sono diventate tsunami. S’è arrabbiato Bassetti e s’è arrabbiato Avvenire e con loro tanti vescovi ma soprattutto tutti i fedeli. Tutti meno uno, Jorge Mario Bergoglio.
Da Santa Marta Bergoglio ha parlato per dire a Conte: stà tranquillo che qui hai un amico. Nessuno ti tocca. Va’ avanti per la tua strada senza paura. Problemi non te ne creo. E ai fedeli: dovete obbedire. A chi? A Conte e ai suoi DPCM, non alla Cei e al suo presidente Bassetti né ai vostri vescovi né tantomeno alla vostra voglia di partecipare alla Messa che vi manca e che volete.
Insomma: “Buoni! Buoni, se potete”, per dirla con S. Filippo Neri. Dicevamo: non è il primo strappo. A metà marzo il card. Vicario di Roma, De Donatis, aveva incontrato Bergoglio e aveva decretato, d’accordo con lui, di chiudere le Chiese. Un giorno dopo Bergoglio gli ha fatto fare marcia indietro con tanto di decreto.
Sempre negli stessi giorni di marzo Bergoglio era sceso dalla macchina per andare a piedi, senza mascherina d’ordinanza, nella Chiesa di San Marcellino al centro di Roma. Gli stessi giorni in cui tutta la Cei era mobilitata per cercare di spiegare ai fedeli i buon motivi della chiusura di Chiese e relative attività religiose e della necessaria obbedienza alla direttive protettive emanate da Conte.
Qualche giorno fa Bergoglio aveva ribadito che “la Chiesa è sempre dalla parte del popolo e dei sacramenti”, un modo per dire ai fedeli: sto con voi. Per Bassetti la decisione di Conte è stata “arbitraria”, per Avvenire è stata “una scelta ingiusta”. Per Bergoglio no. Va bene così.
Dopo quello dottrinale e dopo quello liturgico, lo sbandamento della Chiesa bergogliana è diventato anche politico, visto che Bassetti è (era?) amico del papa e Avvenire il suo bollettino quotidiano. Insomma caos totale. Mai vista roba del genere.
Bergoglio smentisce i vescovi italiani.
di Massimo Magliaro
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