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venerdì 22 maggio 2020

Sulle ali del terrore diffuso

MISURE COATTE
Nuovi obblighi vaccinali con la scusa del Covid-19? No grazie

Nei giorni scorsi Mariastella Gelmini e Andrea Mandelli (FI) hanno presentato una mozione che chiede al Governo di adottare iniziative per introdurre l'obbligo di vaccinazione antinfluenzale per diverse categorie. Si tratta di una proposta incostituzionale e scientificamente insostenibile, anche perché non sappiamo se l’incidenza e la gravità dell’infezione da Covid-19 siano state diverse tra pazienti vaccinati e non vaccinati. Un tale modo di procedere è contrario a quello della scienza medica.




Credere che un aumento di vaccinazione antiinfluenzale, scarsamente efficace e coprente piccola parte delle malattie respiratorie, aiuti a fare diagnosi di Covid-19 è segno di non avere idea di cosa sia una diagnosi medica. Proposto per motivi poco chiari sulle ali del terrore diffuso dal continuo bombardamento massmediatico, l’obbligo vaccinale per ampie categorie di cittadini sarebbe inutile e controproducente, un tradimento della medicina basata sulle prove di efficacia.

Nei giorni scorsi Mariastella Gelmini e Andrea Mandelli (FI) hanno presentato una mozione parlamentare che chiede al Governo di adottare iniziative per introdurre l'obbligo di vaccinazione antinfluenzale per tutte le categorie cui oggi il vaccino è solo raccomandato. Ad esempio, sarebbero obbligati all’inoculo tutti gli ultrasessantacinquenni, i bambini da 6 mesi in su che abbiano malattie respiratorie croniche, diabete o cardiopatie, le donne che all'inizio della stagione epidemica si trovino in stato di gravidanza, gli individui ricoverati presso strutture per lungodegenti, gli addetti a servizi pubblici di interesse collettivo, tutti gli operatori sanitari indipendentemente dall’età. La principale motivazione del provvedimento, espressa dai presentatori, è che la vaccinazione per l’influenza, diminuendo i casi di questa malattia, faciliterebbe la diagnosi del Covid-19 nel caso si presentassero le due diverse epidemie contemporaneamente. Curiosamente, ma non troppo, nella proposta è inserito un articoletto che impegna il Governo ad utilizzare per le vaccinazioni anche le farmacie. Guarda caso, il secondo firmatario della proposta è Presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani.

Si sfrutta l’onda della paura del Covid-19 per introdurre l’obbligo per l’antiinfluenzale. Tale proposta è incostituzionale e scientificamente insostenibile. È formalmente incostituzionale, come altre elaborate sull’argomento dalle Regioni, perché la Costituzione afferma che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” (art. 32). Quindi, il Governo non può e non deve decretare su trattamenti sanitari di alcun genere senza una legge del Parlamento. Ma neppure il Parlamento potrebbe imporre un obbligo di antiinfluenzale, perché esso non è necessario, né giustificabile per ragioni tecniche. Si noti che chi scrive non contesta il vaccino, come possibile intervento di prevenzione accanto ad altri efficaci, ma è contrario all’obbligo vaccinale, come già evidenziato  anche per i 10 vaccini della legge Lorenzin (“Vaccini sì, obblighi no”, Ed. Libreria Cortina, Verona)

Ma a cosa serve?  La proposta di Gelmini-Mandelli, laddove sostiene che sarebbe necessario aumentare le coperture  dell’antiinfluenzale “per consentire la diagnosi differenziale e facilitare la distinzione tra le due malattie”, denota mancanza di conoscenze sulle caratteristiche del vaccino e, cosa ancora più grave, su come procede normalmente l’attività diagnostica e clinica del medico. Bisogna sapere che il vaccino antiinfluenzale ha scarsa effettività sull’influenza (circa 50%, qualche anno un po’ di più, qualche altro di meno) e quasi nulla sulla maggior parte sindromi infettive del tratto respiratorio, che sono causate da altri virus.

A conferma di questo concetto, un recente rapporto di Euro-surveillance riporta sei studi, svolti in diversi Paesi europei su un totale di 31.537 pazienti che presentavano sintomi di malattia simil-influenzale o infezione respiratoria acuta. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a tampone e analisi RT-PCR, ma solo 5.300 (17%) erano positivi per virus influenzale. Molti di questi positivi erano vaccinati e l’effettività della vaccinazione è stata dal 29% al 61% secondo i diversi studi. Se le cose stanno così, si può facllmente prevedere che in un’eventuale futura epidemia di Covid-19, solo una piccola parte dei casi di infezioni respiratorie concomitanti potrebbe essere attribuita ipoteticamente all’influenza. Il fatto poi che il vaccino sia di incerta efficacia, rende ancora più trascurabile il suo peso nel percorso diagnostico.

La scienza delle evidenze. Nella mozione, l’obbligo vaccinale per l’influenza sarebbe sostenuto anche dal fatto che “La sovrapposizione della epidemia influenzale alla pandemia da Covid-19 potrà determinare un forte impatto sui livelli di efficienza del servizio sanitario nazionale, un ricorso incontrollato e inappropriato ai servizi di pronto soccorso, un sensibile aumento delle ospedalizzazioni e una congestione dei servizi sanitari territoriali”. Si tratta di una previsione teorica ma del tutto campata in aria perché non è affatto detto che la vaccinazione antiinfluenzale, anche se parzialmente efficace, riduca i ricoveri. Una delle più rigorose riviste scientifiche (chiamata “Cochrane”) ha pubblicato nel 2018 una rassegna sul vaccino antiinfluenzale nell’anziano, dove sta scritto che gli studi finora condotti non sono in grado di determinare l'impatto dei vaccini su polmonite, mortalità e ricoveri. Nel 2020 è stato pubblicato da Annals of Internal Medicine uno studio osservazionale per determinare l'efficacia del vaccino antinfluenzale nel ridurre i ricoveri e la mortalità tra le persone anziane nel Regno Unito. In questo progetto, i confronti erano limitati a individui vicini alla soglia dei 65 anni e quindi plausibilmente simili per la maggior parte delle dimensioni, tranne il tasso di vaccinazione. I dati includevano 170 milioni di episodi di cura e 7,6 milioni di morti.

Nessuna prova indica che la vaccinazione abbia ridotto i ricoveri o la mortalità tra le persone anziane. Mancano anche prove che la vaccinazione del personale sanitario riduca nei pazienti il rischio di contrarre l’influenza ed una rassegna pubblicata dalla rivista PlosONE sostiene che mentre la raccomandazione alla vaccinazione è sempre raccomandabile, l’obbligo vaccinale appare eticamente ingiustificabile.

Effetti collaterali? La proposta Gelmini-Mandelli sorvola completamente sul problema degli effetti avversi dei vaccini, mentre la questione della sicurezza è cruciale, viepiù se l’iniezione è imposta a persone non consenzienti. La rassegna Cochrane sopra citata scrive che le prove disponibili relative alle complicanze sono di scarsa qualità, insufficienti o vecchie e non forniscono indicazioni chiare per la salute pubblica in merito alla sicurezza, efficacia o efficacia dei vaccini antinfluenzali per le persone di età pari o superiore a 65 anni. Si sa che i sistemi di farmacovigilanza in questo settore sono lasciati prevalentemente alle segnalazioni “spontanee”, che sono largamente insufficienti per evidenziare l’entità del fenomeno. La vaccinazione è un intervento invasivo sia per l’individuo sia per tutto l’ecosistema microbico dell’intera società (è noto che i ceppi resistenti emergono anche dal largo uso dei farmaci). Non sappiamo ancora se l’incidenza e la gravità dell’infezione da Covid-19 siano state diverse tra pazienti vaccinati e non vaccinati con l’antiinfluenzale e già si vuole introdurre l’obbligo? Non è mai stato questo il modo di procedere della scienza medica.

Non è corretto trattare un problema complesso con un approccio semplicistico e propagandistico come quello che fa da titolo ad un libro pubblicato in questi giorni: “I vaccini fanno bene”. Quali vaccini e per quali malattie? A chi fanno bene, a chi fanno meno bene, per quanti possono essere causa o con-causa di gravi eventi avversi? Come in altre aree della medicina, un approccio "unico per tutti" alla vaccinazione antinfluenzale non sarà mai ottimale per ogni individuo. In particolare, lo stato di salute e le precedenti esposizioni del soggetto sono importanti nel determinare il successo del vaccino e sue eventuali problematiche. In una situazione ideale, prima della vaccinazione, si dovrebbe valutare la storia immunologica del soggetto, la co-morbidità, la risposta a precedenti a vaccini ed eventuale la famigliarità di reazioni vaccinali e, idealmente, lo stato di immunità umorale e cellulare mediante il laboratorio.

In questo delicato momento di transizione è necessario evitare che si inseriscano ulteriori interventi coercitivi sulla popolazione, senza valide motivazioni e privi di fondamenti scientifici. Piuttosto, sarebbe auspicabile che le varie “società medico-scientifiche” e l’attuale “comitato tecnico scientifico” si esprimano contro questo tipo di proposte estemporanee e pseudoscientifiche, che sembrano fatte per approfittare della paura della gente e dell’evidente propensione autoritaria della politica governativa.

Paolo Bellavite*

*Medico chirurgo, ematologo, docente di Patologia Generale

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