Leonardo Leone
https://www.youtube.com/watch?v=Z6NlSdRgZ8s
Mascherine: portatelesolo in luoghi chiusi dove ci sono altre persone.
Portate le mascherine così non sputerete addosso sgli altri i virus se starnutite, ma portate mascherite di tela semplice, lavabilie e stirabili ( il ferro da stiro sterilizza) e che non blocchino la vostra respirazione. Qualsiasi tipo di mascherina di quelle più performanti, anche la più banale, causa una maggiore presenza di co2 nell’ariainspirata.
L’impiego delle mascherine comporta, secondo Khodarahmi & Coll.
un aumento della frequenza cardiaca, probabilmente correlato all’iperventilazione docuta alla respirazione di CO2 con conseguente sovraccarico per il sistema cardiovascolare
L’aria espirata è vapore a 36°C che se trattenuto dalla mascherina, la trasforma in un incubatrice di germi. la mascherina, trattenendo le goccioline, può imbrigliare, tra le sue maglie, il virus. Una persona infetta se esposta di nuovo al virus ha sviluppato sintomi naggiori. Studi mirati a valutare l’utilità delle mascherine tra gli operatori sanitari, dimostrano come questi dispositivi aumentino il rischio di auto-contaminazione. In particolare, Chughtai & Coll.
notano come l’accumularsi di germi patogeni, sulla superficie esterna delle mascherine, usate da operatori sanitari, possa aumentare in modo significativo, il rischio di auto-contaminazione, soprattutto quando l’uso della mascherina si prolunga per tempi che vanno oltre le 6 ore.
Se è corretto che perché il sistema immunitario funzioni è importante l’esposizioni a germi e batteri, noi non dobbiamo vivere in camere sterili, il nostro sistema immunitario deve restare in allenamento, altrettanto vero è che la mascherina come già è stato dimostrato presenta rischi di autocontaminazione,
Chughtai & Coll. peraltro avevano già dimostrato come la mascherina non blocchii virusin aereosol, ma blocchi quello in goccioline, per cui consiglio la mascherina nei psti chiusi con altre persone. L’igiene della mascherina deve essere assoluta. Itilizzate mascherine lavabili, lavatele correttamente, oppure cambiatele spesso, anche più volte in una giornata se le usate continuatuivamente, non più di sei ore.
Far portare la mascherina in luoghi aperti è sbagliato.
Anzi è peggio che sbagliato.
E’ un arbitrio che sta assoggettando un popolo a eseguire ordini ingiustificati se non dannosi e a rinunciare alle sue libertà più elementari. E’ il simbolo di un imbavagliamento.
E i guanti sono peggio ancora. In tutto il corpo abbiamo il microbiota che è composto da batteri, funghi e virus che abitano nel nostro organismo, principalmente nell’intestino ma anche sulla pelle. Questo microbiota riesce a “mangiare”, semplificando, gli aggressori esterni e quindi i virus. E’ un patrimonio di batteri utili a difenderci e che abbiamo sulla pelle. Se noi ci mettiamo i guanti, non abbiamo più questa difesa contro i virus esterni quindi la cassiera, la farmacista, il poliziotto che tengono i guanti ore ed ore, vengono a contatto col virus ma non hanno il microbiota che li difenda, quindi su quel guanto c’è il virus, non solo il Covid-19 ma un’infinità di virus. La cassiera che mette i guanti alle 8 del mattino e li toglie alle 20 della sera … saranno pieni di virus! Toccherà i vestiti, il denaro, il bancone. Quei guanti sono veicoli splendidi per i virus quindi non vanno portati“.
Con queste parole il dott. Stefano Montanari, un noto scienziato e nanopatologo bolognese, esprime la propria posizione rispetto all’utilizzo di guanti e mascherine.
Il Covid 19 come ogni coronavirus e come è stato dimostrato a Hong Kong ni trasemtte al ciuso, non all’aperto, stare al chiuso abbatte il sistema immunitario e disequilibria quello cognitivo. Nessuna naziono occidentale ha imposto ai suoi cittadini quello che è stgato imposto al popolo italiano. In nessuna altra nazione fanno multe a chi ha la mascerina rotta o a che non la porta se è da solo in un prato.
Con il pretesto della biosicurezza il controllo politico sta divenendo estremamente pervasivo
Ciò che colpisce nelle reazioni ai dispositivi di eccezione che sono stati messi in atto nel nostro paese (e non soltanto in questo) è l’incapacità di osservarli al di là del contesto immediato in cui sembrano operare. Rari sono coloro che provano invece, come pure una seria analisi politica imporrebbe di fare, a interpretarli come sintomi e segni di un esperimento più ampio, in cui è in gioco un nuovo paradigma di governo degli uomini e delle cose.
Già in un libro pubblicato sette anni fa, che vale ora la pena di rileggere attentamente (Tempêtes microbiennes, Gallimard 2013), Patrick Zylberman aveva descritto il processo attraverso il quale la sicurezza sanitaria, finallora rimasta ai margini dei calcoli politici, stava diventando parte essenziale delle strategie politiche statuali e internazionali. In questione è nulla di meno che la creazione di una sorta di “terrore sanitario” come strumento per governare quello che veniva definito come il worst case scenario, lo scenario del caso peggiore. È secondo questa logica del peggio che già nel 2005 l’organizzazione mondiale della salute aveva annunciato da “due a 150 milioni di morti per l’influenza aviaria in arrivo”, suggerendo una strategia politica che gli stati allora non erano ancora preparati ad accogliere. Zylberman mostra che il dispositivo che si suggeriva si articolava in tre punti: 1) costruzione, sulla base di un rischio possibile, di uno scenario fittizio, in cui i dati vengono presentati in modo da favorire comportamenti che permettono di governare una situazione estrema; 2) adozione della logica del peggio come regime di razionalità politica; 3) l’organizzazione integrale del corpo dei cittadini in modo da rafforzare al massimo l’adesione alle istituzioni di governo, producendo una sorta di civismo superlativo in cui gli obblighi imposti vengono presentati come prove di altruismo e il cittadino non ha più un diritto alla salute (health safety), ma diventa giuridicamente obbligato alla salute (biosecurity).
Quello che Zylberman descriveva nel 2013 si è oggi puntualmente verificato. È evidente che, al di là della situazione di emergenza legata a un certo virus che potrà in futuro lasciar posto ad un altro, in questione è il disegno di un paradigma di governo la cui efficacia supera di gran lunga quella di tutte le forme di governo che la storia politica dell’occidente abbia finora conosciuto. Se già, nel progressivo decadere delle ideologie e delle fedi politiche, le ragioni di sicurezza avevano permesso di far accettare dai cittadini limitazioni delle libertà che non erano prima disposti ad accettare, la biosicurezza si è dimostrata capace di presentare l’assoluta cessazione di ogni attività politica e di ogni rapporto sociale come la massima forma di partecipazione civica. Si è così potuto assistere al paradosso di organizzazioni di sinistra, tradizionalmente abituate a rivendicare diritti e denunciare violazioni della costituzione, accettare senza riserve limitazioni delle libertà decise con decreti ministeriali privi di ogni legalità e che nemmeno il fascismo aveva mai sognato di poter imporre.
È evidente – e le stesse autorità di governo non cessano di ricordarcelo – che il cosiddetto “distanziamento sociale” diventerà il modello della politica che ci aspetta e che (come i rappresentati di una cosiddetta task force, i cui membri si trovano in palese conflitto di interesse con la funzione che dovrebbero esercitare, hanno annunciato) si approfitterà di questo distanziamento per sostituire ovunque i dispositivi tecnologici digitali ai rapporti umani nella loro fisicità, divenuti come tali sospetti di contagio (contagio politico, s’intende). Le lezioni universitarie, come il MIUR ha già raccomandato, si faranno dall’anno prossimo stabilmente on line, non ci si riconoscerà più guardandosi nel volto, che potrà essere coperto da una maschera sanitaria, ma attraverso dispositivi digitali che riconosceranno dati biologici obbligatoriamente prelevati e ogni “assembramento”, che sia fatto per motivi politici o semplicemente di amicizia, continuerà a essere vietato.
In questione è un’intera concezione dei destini della società umana in una prospettiva che per molti aspetti sembra aver assunto dalle religioni ormai al loro tramonto l’idea apocalittica di una fine del mondo. Dopo che la politica era stata sostituita dall’economia, ora anche questa per poter governare dovrà essere integrata con il nuovo paradigma di biosicurezza, al quale tutte le altre esigenze dovranno essere sacrificate. È legittimo chiedersi se una tale società potrà ancora definirsi umana o se la perdita dei rapporti sensibili, del volto, dell’amicizia, dell’amore possa essere veramente compensata da una sicurezza sanitaria astratta e presumibilmente del tutto fittizia.
di Giorgio Agamben
Quodlibet, 11 maggio 2020
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