ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 16 giugno 2020

Coraggiose verità

Brevi considerazioni su
Mons. Carlo Maria Viganò


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Mons. Carlo Maria Viganò, in un testo inviato a Chiesa e Postconcilio, ha scritto cose molto importanti e che devono essere oggetto di nostre profonde considerazioni; tuttavia, in esse si trova ancora qualcosa  di liberale nella sua formazione politica e filosofica e una certa ingenuità su Benedetto XVI.
Ciò che ci interessa qui sono le coraggiose verità che ha detto soprattutto in quel testo.



Egli inizia citando il vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan, Mons. Athanasius Schneider, che in un articolo ha parlato degli errori del documento sulla Fratellanza Universale firmato l’anno scorso da Papa Francesco e da un Imam ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi.
In tale terribile documento si afferma che Dio, nella sua infinita saggezza, ha voluto la pluralità delle religioni come ha voluto quelle di razza e di sesso; un’affermazione che Papa Francesco ha attribuito alla volontà permissiva di Dio.
Mons. Schneider, nel suo articolo ha dimostrato l’errore di tale affermazione, non solo, ha anche richiamato un rapporto di causa ed effetto tra il concilio Vaticano II e tale documento.

Mons. Viganò inizia lodando la confutazione del documento di Abu Dhabi da parte di Mons. Schneider e correggendo alcuni punti errati della sua argomentazione quando, ad esempio, afferma che il documento conciliare in cui si trova il germe dell’idea espressa ad Abu Dhabi sulla Fratellanza Universale, Dignitatis humanae, potrebbe essere rivisto da un altro Papa in futuro perché anche alcuni documenti di altri concili sono stati rivisti nel corso della storia, dando come esempio alcune disposizioni su ebrei e musulmani.
Ora, tali disposizioni non erano eretiche e avevano lo scopo di salvaguardare la cittadella cristiana, cosa ben diversa dalla Dignatatis humanae che contiene elementi che portano all’apostasia e alla perdita della fede.

Dopo questo preambolo, Mons. Viganò passa poi al problema centrale della questione: il concilio Vaticano II; e qui evidenzia l’affermazione dei difensori delle novità del Concilio, secondo i quali queste novità sono state fatte in nome di un cosiddetto “spirito” conciliare:

“Non si è mai dato uno ‘spirito del Concilio di Nicea’, né lo ‘spirito del Concilio di Ferrara/Firenze’, e men che meno lo ‘spirito del Concilio di Trento’, così come non abbiamo mai avuto un ‘postconcilio’ dopo il Lateranense IV  o il Vaticano I.
“Il motivo è evidente: quei Concili erano tutti, indistintamente, l’espressione della voce unisona di Santa Madre Chiesa, e per ciò stesso di Nostro Signore Gesù Cristo. “Significativamente quanti sostengono la novità del Vaticano II aderiscono anche alla dottrina ereticale che vede contrapposto il Dio dell’Antico Testamento al Dio del Nuovo, quasi si potesse dare una contraddizione tra le Divine Persone della Santissima Trinità. Evidentemente questa contrapposizione quasi gnostica o cabalistica è funzionale alla legittimazione di un nuovo soggetto volutamente diverso e opposto rispetto alla Chiesa Cattolica”.

Con queste poche parole, Mons. Viganò riconosce che vi è una opposizione tra il Vaticano II e la Chiesa cattolica e che coloro che aderiscono al Concilio si oppongono a Nostro Signore Gesù Cristo perché proclamano una voce che non è quella di Cristo ma di uno “spirito del Concilio”, dimostrando così l’incoerenza degli accordisti e di coloro che cercano l’accordo con quelli che seguono questo “spirito”.

Mons. Viganò, in altre occasioni, aveva già segnalato la congiura massonica che aveva mosso il Concilio dietro le quinte e con l’infiltrazione, ma ora lui stesso, con un gesto di profonda umiltà, ammette di aver commesso un errore, o per ingenuità o per mancanza di senso della realtà. E scrive:

“Abbiamo, tra gli altri errori, commesso anche quello di considerare i nostri interlocutori come persone che, pur nella diversità delle idee e della fede, fossero comunque animate da buone intenzioni, e che qualora riuscissero ad aprirsi alla nostra Fede, sarebbero stati disposti a correggere i loro errori. Insieme a numerosi Padri conciliari, abbiamo pensato l’ecumenismo come un processo, un invito che chiama all’unica Chiesa di Cristo i dissidenti; all’unico vero Dio gli idolatri e i pagani; al promesso Messia il popolo ebraico. Ma, ad iniziare dal momento in cui è stato teorizzato nelle Commissioni conciliari, esso è venuto configurandosi in netta opposizione alla dottrina sino ad allora espressa nel Magistero.
“Abbiamo pensato che certi eccessi fossero solo un’esagerazione di chi si era lasciato prendere dall’entusiasmo della novità; abbiamo sinceramente creduto che vedere Giovanni Paolo II attorniato da santoni, bonzi, imam, rabbini, pastori protestanti e altri eretici desse prova della capacità della Chiesa di chiamare a raccolta i popoli per invocare a Dio la pace, mentre l’esempio autorevole di quel gesto diede l’inizio ad una sequela deviante di pantheon più o meno ufficiali, giunti addirittura a veder portato a spalle da alcuni Vescovi l’idolo immondo della pachamama, dissimulato sacrilegamente sotto la presunta apparenza di una sacra maternità”.

Niente potrebbe essere più in accordo con Mons. Lefebvre, che non fu così ingenuo al tempo del pantheon di Assisi e vide con chiaroveggenza profetica il disastro che si stava svolgendo davanti a tutti.
Mons. Vigano, pur non citando Mons. Lefebvre, almeno ha l’umiltà di riconoscere che lui ha sbagliato nel non vedere quanto si stava preparando fin dall’inizio da parte dei nemici di Dio e che era penetrato nella Chiesa con lo “spirito del Concilio”, cosa che invece riconosce ora coraggiosamente:

“Se la pachamama ha potuto esser adorata in una chiesa, lo dobbiamo a Dignitatis humanae. Se abbiamo una liturgia protestantizzata e talvolta addirittura paganizzata, lo dobbiamo alle azioni rivoluzionare di Mons. Annibale Bugnini e alle riforme post-conciliari. Se si è firmato il Documento di Abu Dhabi, lo si deve a Nostra Aetate. Se si è giunti a delegare le decisioni alle Conferenze Episcopali – anche in violazione gravissima del Concordato, com’è accaduto in Italia – lo dobbiamo alla collegialità, e alla sua versione aggiornata della sinodalità. Grazie alla quale ci siamo trovati con Amoris Laetitia a dover cercare un modo per evitare che apparisse ciò che era evidente a tutti, e cioè che quel documento, preparato da una macchina organizzativa impressionante, doveva legittimare la Comunione ai divorziati e ai concubinari, così come Querida Amazonia verrà usata come legittimazione delle donne prete (recentissimo il caso di una “vicaria episcopale” a Friburgo) e dell’abolizione del Sacro Celibato”.

Come si vede, Mons. Viganò non mitiga i danni del Concilio, perché, lungi dall’essere cattivo per un cinque per cento, il Concilio, in blocco, è un’opposizione alla Dottrina di nostro Signore Gesù Cristo e come tale deve essere respinto fino a quando l’autorità competente non lo condanni insieme ai suoi frutti avvelenati.
Ma continuiamo con Mons. Viganò:

“Il Concilio è stato utilizzato per legittimare, nel silenzio dell’Autorità, le deviazioni dottrinali più aberranti, le innovazioni liturgiche più ardite e gli abusi più spregiudicati. Questo Concilio è stato talmente esaltato da essere indicato come l’unico riferimento legittimo per i Cattolici, chierici e vescovi, oscurando e connotando con un senso di spregio la dottrina che la Chiesa aveva sempre autorevolmente insegnato, e proibendo la perenne liturgia che per millenni aveva alimentato la fede di un’ininterrotta generazione di fedeli, martiri e santi…”
E infine una commovente confessione degna di tutto il nostro sostegno:
“Lo confesso con serenità e senza polemica: sono stato uno dei tanti che, pur con molte perplessità e timori, che oggi si rivelano assolutamente legittimi, hanno dato fiducia all’autorità della Gerarchia con un’obbedienza incondizionata. In realtà penso che molti, ed io tra questi, non abbiamo inizialmente considerato la possibilità di un conflitto tra l’obbedienza ad un ordine della Gerarchia e la fedeltà alla Chiesa stessa. A rendere tangibile la separazione innaturale, anzi, direi perversa, tra Gerarchia e Chiesa, tra obbedienza e fedeltà è stato certamente quest’ultimo Pontificato”.

Dopo aver diagnosticato il fallimento e l’inganno della cosiddetta ermeneutica della continuità, egli aggiunge:

“… è innegabile che dal Vaticano II in poi si sia costituita una chiesa parallela, sovrapposta e contrapposta alla vera Chiesa di Cristo. Essa ha progressivamente oscurato la divina istituzione fondata da Nostro Signore per sostituirla con un’entità spuria, corrispondente all’auspicata religione universale di cui fu prima teorizzatrice la Massoneria”.

Ci sarebbe molto altro da dire sulle parole di Mons. Viganò, ma lasciamo la parola a lui stesso, che con proprietà parla di ciò che conosce profondamente circa le vere motivazioni di chi ha occupato la gerarchia della Chiesa per più di mezzo secolo.

“… onestamente e serenamente ho obbedito ad ordini opinabili sessant’anni fa credendo che rappresentassero l’amorevole voce della Chiesa, così oggi con altrettanta serenità e onestà riconosco di essermi lasciato ingannare. Essere coerente oggi perseverando nell’errore rappresenterebbe una scelta sciagurata e mi renderebbe complice di questa frode. Rivendicare una lucidità di giudizio sin dall’inizio non sarebbe onesto: sapevamo tutti che il Concilio avrebbe rappresentato più o meno una rivoluzione, ma non potevamo immaginare che essa si sarebbe rivelata così devastante, anche per l’operato di chi invece avrebbe dovuto impedirla.
“La Chiesa ha celebrato domenica scorsa la Santissima Trinità, e ci propone nel Breviario la recita del Symbolum Athanasianum, ormai proscritto dalla liturgia conciliare e già confinato a due sole occasioni nella riforma del 1962. Di quel Simbolo ormai scomparso rimangono scolpite in lettere d’oro le prime parole: “Quicumque vult salvus esse, ante omnia opus est ut teneat Catholicam fidem; quam nisi quisque integram inviolatamque servaverit, absque dubio in aeternum peribit.” - Chiunque voglia salvarsi, deve anzitutto possedere la fede cattolica: Colui che non la conserva integra ed inviolata 
perirà senza dubbio in eterno.

Che Dio la protegga, Monsignore.

di
 Prof. Carlos
Articolo pubblicato su un sito brasiliano

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