ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 7 agosto 2020

Mysterium iniquitatis…

IL 1° TRADIMENTO DELLA VERITA'


Dignitatis humanae il primo tradimento della verità. 1964-65: quando le opere delle tenebre vennero alla luce e il male della menzogna entrò ufficialmente nella pastorale cattolica. L'incredibile "confessione" di Albino Luciani                                                                                                                                                   di Francesco Lamendola

 

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Nei precedenti articoli ci siamo chiesti quando, dove e come il male è penetrato nella Chiesa cattolica e l’abbia condotta a non opporsi più al vizio e al peccato, ma a farsi essa stessa promotrice attiva di ciò che il Magistero e il Catechismo hanno sempre condannato, almeno fino a ieri: valga per tutti l’esempio del cardinale Schönborn, arcivescovo di Vienna, divenuto un frenetico attivista gay e solito cedere la cattedrale di Santo Stefano per allestirvi spettacoli osceni, che avrebbero fatto fremere d’indignazione gli Apostoli, così da spingerli, crediamo, a lanciare una solenne maledizione contro dei “cristiani” talmente sfrontati nella loro depravazione. Ci resta da capire quando il male della menzogna è entrato ufficialmente, per così dire, nella pastorale cattolica e poi, insinuandosi e strisciando, anche nella dottrina: perché il diluvio di falsità, profanazioni e bestemmie che caratterizza la sedicente chiesa del signor Bergoglio non è certo cominciato all’improvviso e deve aver sfruttato un terreno di coltura preparato da lungo tempo. 


Pertanto, la domanda che ora ci poniamo è la seguente: quando, esattamente, con quale documento, con quale solenne dichiarazione, il clero cattolico ha alzato bandiera bianca davanti al mondo, e invece di difendere tenacemente, ostinatamente, fino all’ultimo respiro, la Verità di Cristo, com’era suo dovere e com’è nella sua ragione d’essere, si è messo invece a socchiudere la porta all’errore e alla menzogna, introducendo nella vigna del Signore una falsa dottrina, un insegnamento addomesticato, suscettibile di creare la breccia attraverso la quale, in un secondo tempo, avrebbero fatto irruzione ogni sorta di eresie, perversità e mistificazioni?

 

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L'inizio della fine? Dignitatis humanae il primo tradimento della verità. 1964-65: quando le opere delle tenebre vennero alla luce e il male della menzogna entrò ufficialmente nella pastorale cattolica!

 

Non abbiamo esitazioni nel rispondere a questa domanda: il documento che è stato concepito e utilizzato per aprire la breccia nel vero Magistero e introdurre nella Chiesa il veleno dell’eresia, e nella vita dei cattolici una visione della realtà e un codice morale che non sono più quelli autenticamente cattolici, è stato nel Concilio Vaticano II, la dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, il 19 novembre 1964, approvata con 2308 voti favorevoli e 70 contrari, poi promulgata da Paolo VI il 7 dicembre 1965. In essa veniva radicalmente modificato, o meglio capovolto, il punto centrale del Magistero cattolico, quello che fa perno sul Primo Comandamento: Non avrai altro Dio fuori che Me. La Chiesa aveva sempre insegnato che ogni uomo ha il dovere di cercare la Verità e che, una volta trovatala, ha il dovere di tenersi fermo ad essa, rifiutando ogni altra “verità”, vale a dire ogni falsa credenza e falsa religione. Di conseguenza, essa aveva sempre insegnato che solo nell’adesione alla Chiesa cattolica si trova la salvezza dell’anima: nulla salus extra ecclesiam. Non esiste, per l’uomo, un diritto all’errore, quindi non esiste la libertà religiosa intesa come facoltà di scegliere, a piacere, l’una o l’alta religione: una sola è la vera religione, che coincide con la verità; le altre sono false e non conducono alla salvezza. Ora improvvisamente veniva approvato dall’assemblea generale dei vescovi e promulgato dal papa un solenne documento nel quale si affermava il principio che ciascuno è libero di scegliere questa o quella religione, secondo coscienza e non secondo il criterio della verità assoluta.

 

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Il cardinale Schönborn, arcivescovo di Vienna, divenuto un frenetico attivista gay e solito cedere la cattedrale di Santo Stefano per allestirvi spettacoli "alternativi"!

 

La cosa è tanto più strana, per non dire inquietante, se si precisa che, all’inizio della discussione, solo un 10% dei padri conciliari era dichiaratamente a favore del principio laico della libertà religiosa. Capire come una piccola minoranza è divenuta maggioranza schiacciante, così da licenziare il documento in un’accezione rivoluzionaria del principio della libertà religiosa, significa capire come e per quali meccanismi la Chiesa cattolica ha rinunciato a essere se stessa, cioè ad essere cattolica, e ha iniziato la sua deriva, lenta dapprima, poi sempre più veloce, verso l’eresia e l’apostasia generalizzata, fino agli orrori attuali: l’adorazione della Pachamama; il documento di Abdu Dhabi; la celebrazione della Messa insieme ai pastori protestanti; la riabilitazione semiufficiale di Lutero; l’affermazione che gli ebrei hanno già la salvezza mediante l’Antica Alleanza: in breve, la nullificazione del significato dell’Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo.

 

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Da quando la Chiesa cattolica ha rinunciato a essere se stessa, cioè ad essere cattolica, e ha iniziato la sua deriva, lenta dapprima, poi sempre più veloce, verso l’eresia e l’apostasia generalizzata, fino agli orrori attuali: l’adorazione della Pachamama e il documento di Abdu Dhabi?

 

Per cercar di penetrare questo arcano, ci è sembrato quanto mai utile prendere in esame la figura e il travaglio interiore di uno di quei vescovi che erano sicuramente in buona fede; che erano sempre stati fedeli alla dottrina; che sino alla vigilia di quella discussione venivano senz’altro classificati fra i “conservatori” e non fra i “riformisti”; e che, nondimeno, risolsero di approvare la Dignitatis humanae, ma lo fecero in così gran numero che la legittima domanda, perché lo avete fatto?, si smorzò e fu dissipata prima ancora che qualcuno la potesse formulare apertamente. La schiacciante maggioranza dei voti a favore del documento, come allora si disse e come poi non si è cessato di ripetere, era la prova del fatto che lo Spirito Santo aveva assistito i padri e illuminato le loro menti al momento di prendere la decisione. Ma siamo sicuri che sia andata proprio così? Per cercar di fare un po’ di luce in questa strana, misteriosa vicenda, abbiamo scelto di rileggere quel che disse in proposito uno dei vescovi meno sospettabili di modernismo: Albino Luciani, allora proveniente dalla piccola diocesi di Vittorio Veneto, più tardi, in progressione, patriarca di Venezia, cardinale e infine papa, col nome di Giovanni Paolo I, per soli 33 giorni, dal 26 agosto al 28 settembre 1978, data della sua morte improvvisa (e mai chiarita).

Ecco cosa disse Albino Luciani in un colloquio con un colto sacerdote della sua diocesi, lo storico don Nilo Faldon (1921-2016), predicatore presso la chiesa di San Rocco a Conegliano e canonico onorario presso la cattedrale di Ceneda, che noi abbiamo conosciuto personalmente abbastanza bene, e del quale ci siamo già occupati in un’altra occasione (cfr. l’articolo Una pagina al giorno: Notte di Pasqua alla Certosa, di Nilo Faldon, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 27/03/09 e ripubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 17/11/17), a proposito della sua personale, e un po’ inattesa adesione alla Dignitatis humanae (in: Il nostro papa Luciani, a cura di N. Faldon, Vittorio Veneto, 1979, p. 19):

Ho cambiato anch’io. Una volta pensavo differentemente: ho anche insegnato così. Ma ora è giusto cambiare. La verità resta intatta; ma va proposta in un modo diverso, con rispetto delle persone.

 

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Dal Concilio Vaticano II all'adorazione della Dea "Terra"Pachamama: quando il male della menzogna è entrato ufficialmente, nella pastorale cattolica, perché il diluvio di falsità, profanazioni e bestemmie che caratterizza la sedicente chiesa del signor Bergoglio non è certo cominciato all’improvviso e deve aver sfruttato un terreno di coltura preparato da lungo tempo?

 

Non sappiamo che effetto facciano queste poche parole a chi ci sta leggendo; su di noi sono state qualcosa di simile a un fulmine a ciel sereno. Come, come? Le abbiamo lette e rilette, e stentavamo a raccapezzarci. Da principio, una franca ammissione: Ho cambiato anch’io. Concetto ulteriormente ribadito, senza alcun tentativo di attenuarne il senso, che è a dir poco dirompente: Una volta pensavo differentemente: ho anche insegnato così. Ma ora è giusto cambiare. Ecco qui un vescovo della Chiesa cattolica, un successore degli Apostoli, il quale dice tranquillamente: Una volta pensavo differentemente: ho anche insegnato così, e dunque confessa di aver pensato e insegnato a chissà quanti giovani seminaristi e studenti di teologia che la libertà religiosa è, a rigor di termini, un non senso, poiché per il cristiano la libertà non coincide col fare quel che si vuole, ma quel che si deve; e che di fronte  Dio c’è un solo dovere, riconoscerlo, amarlo, adorarlo, servirlo con tutte le proprie forze e con tutto il proprio cuore; quel Dio che è stato proclamato da Gesù Cristo, che si è Incarnato per amore degli uomini, e che è Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma poi, dopo aver così pensato e così insegnato, assumendosene la responsabilità di fronte ai futuri sacerdoti che sedevano davanti alla sua cattedra, per molti e molti anni, a un tratto ha capito che ora è giusto cambiare. E per quale ragione, di punto in bianco, egli ha capito che si deve cambiare (con buona pace dell’ermeneutica della continuità, sostenuta poi anche da Benedetto XVI), vale a dire, parlando un po’ brutalmente, che fino a quel momento la Chiesa aveva insegnato male, e che lui stesso aveva insegnato male, anzi, aveva insegnato talmente male da dover poi fare una vera e propria conversione a “U” per rimettersi in carreggiata?

 

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Con la dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, venne radicalmente modificato, o meglio capovolto, il punto centrale del Magistero cattolico, quello che fa perno sul Primo Comandamento: Non avrai altro Dio fuori che Me!

 

La ragione, espressa in maniera quanto mai sbrigativa, senza ulteriori chiarimenti, è la seguente: La verità resta intatta; ma va proposta in un modo diverso, con rispetto delle persone. Il che, se la lingua italiana non è un’opinione, equivale a dire che la Chiesa, fino a quel momento, aveva mostrato ben poco rispetto per le persone. Vale a dire che aveva insegnato la verità con troppa durezza, con troppa intransigenza; mentre ora bisogna che la verità – la quale, fra parentesi, non deve più essere insegnata, possibilmente con autorità, ma semplicemente proposta, un po’ come il cameriere al ristorante propone una determinata scelta di vini, o di dessert, e il cliente resta libero di acconsentire o meno, nonché di scegliere questo oppure quello – non offenda le persone ma abbia il dovuto rispetto per esse. Che strano; noi avevamo sempre creduto che sono gli uomini a dover mostrare rispetto e amore per la verità; ora veniamo ad apprendere che è la verità a doversi porgere in maniera tale da esser rispettosa degli uomini. Effetti della svolta antropologica di Karl Rahner, evidentemente: non è più Dio il fulcro del discorso religioso, ma l’uomo.

La “confessione” di Albino Luciani non può non lasciare molto perplessi. Non vi è un filo logico fra le premesse e la conclusione del racconto, che sono in patente contraddizione reciproca; e tale contraddizione non viene spiegata affatto, viene semplicemente esposta, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ma c’è di più. Nel corso di esercizi spirituali intitolato Il buon samaritano (Padova, Edizioni del Messaggero, 1980, pp. 239-242), il futuro papa sarebbe ritornato sulla questione in maniera approfondita, rievocando quei giorni decisivi a distanza di molti anni e perciò a mente fredda, senza tuttavia chiarire l’arcano della sua conversione alle tesi dei riformisti. Ne citiamo un breve estratto:

Il decreto sulla libertà religiosa è molto attuale e di grandissima importanza. Sarà pubblicato quanto prima [e invece passerà più di un anno: nota nostra]. Ci sono state delle grosse difficoltà. È stata la giornata più tremenda: era il 19 novembre di quest’anno [1964], c’era nell’aria un po’ di insofferenza e poca comprensione. Sarà un decreto importantissimo, vi ha accennato anche il papa nel messaggio natalizio.

La libertà religiosa, rettamente intesa, però, perché non avessimo a capire a rovescio. Tutti siamo d’accordo che c’è una sola vera religione, e chi la conosce è obbligato a praticare quella e basta. Ma, detto questo, ci sono anche altre cose che sono giuste e bisogna dirle. Cioè, chi non è convinto del cattolicesimo, ha il diritto di professare la sua religione per più motivi. Il diritto naturale dice che ciascuno ha il dovere e il diritto di cercare la verità. Ora guardate che la verità, specialmente religiosa, non si può cercarla chiudendosi in stanza e leggendo qualche libro. La si cerca specialmente parlando con gli altri, consultandosi. Se ho diritto di andare in cerca della verità religiosa, io che sono pagano, che sono luterano, ho diritto anche di comunicare con altri, di spiegare ad altri la mia religione, di parlarne. Voi avete sempre sentito, in morale, che ci sono i diritti della coscienza. Anche la coscienza falsa (sono ignoranti, ma sono in buona fede), ha i suoi diritti. Se uno ha coscienza che quella è la sua religione, ha il diritto di tenersela, di manifestarla e di farne propaganda. E d’altra parte si deve giudicare buona la religione propria, ma anche quella degli altri. E la scelta della religione deve essere libera: quanto più è libera e convinta, tanto più chi l’abbraccia se ne sente onorato.

Questi sono i diritti, i naturali.  Ma voi sapete che il diritto è sempre una cosa relativa.  Non c’è un papà se di fronte a lui non c’è un figlio, non c’è un maestro se di fronte al maestro non c’è lo scolaro. Ora non c’è un diritto al quale non corrisponda anche un dovere.

I non cattolici hanno il diritto di professare la loro religione, e io ho il dovere di rispettare il loro diritto: io privato, io vescovo o sacerdote, e anche io stato.

Qualcuno si ribellava al concilio:  ma i diritti della verità? I diritti della verità non esistono, non c’è un diritto della verità. La verità non è persona che cammina per la strada: vi sono solo i diritti della persona. Si dice per modo di dire i diritti della verità, ma ci sono solo persone fisiche o morali che hanno il diritto di cercare la verità. Quindi non abbiate paura di dare uno schiaffo alla verità quando date ad una persona il diritto di usare della sua libertà.

La verità non è un soggetto di diritto; solo le persone umane sono soggetto di diritto. Si fa una metafora quando si dice: la verità ha i suoi diritti. Il possessore della verità ha dei diritti, ma le verità in astratto non hanno né diritti né doveri.

 

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La "Svolta antropologica" del padre gesuita Karl Rahner fu devastante: non è più Dio al centro, ma l'uomo, che si fa dio di se stesso!

 

Ah, come vorremmo che queste parole non fossero mai state scritte: distruggono l’immagine che molti si son fatti della coerenza e della perfetta ortodossia cattolica del “papa del sorriso”, insieme alle loro pie illusioni sul fatto che, se egli fosse vissuto, il suo pontificato avrebbe riportato la Chiesa nell’alveo della Tradizione. Niente affatto: certo, Luciani detestava la massoneria ecclesiastica, era ben conscio della sua minacciosa presenza e intendeva combatterla a fondo: e questo naturalmente gli fa onore, oltre a gettare forti sospetti sulla natura della sua morte. Ma dal punto di vista teologico e dottrinale, anche lui era completamente acquisito alle idee rivoluzionarie dei neomodernisti, e, quel che è peggio, non sembra abbia avuto particolari conflitti interiori nell’effettuare egli stesso la “svolta”, benché ammetta che la discussione sulla libertà religiosa abbia creato grosse difficoltà e provocato delle giornate “tremende”; non solo: che fra i padri regnava un clima d’insofferenza e incomprensione reciproca, ben diverso da quello, idilliaco, descritto all’inizio del Concilio stesso.

Dapprima l’affermazione, che sembra perentoria: Tutti siamo d’accordo che c’è una sola vera religione, e chi la conosce è obbligato a praticare quella e basta. Tutto chiaro, allora? Niente affatto: stabilito il principio, ecco le eccezioni e le varianti. Il diritto naturale dice che ciascuno ha il dovere e il diritto di cercare la verità… Voi avete sempre sentito, in morale, che ci sono i diritti della coscienza. Anche la coscienza falsa (sono ignoranti, ma sono in buona fede), ha i suoi diritti. Se uno ha coscienza che quella è la sua religione, ha il diritto di tenersela. Ci sembra di sognare. Luciani non parla come un vescovo cattolico, ma come un illuminista: Voltaire e Rousseau non avrebbero potuto dir meglio (o peggio, fate voi). Un diritto naturale che viene prima della verità? Una coscienza soggettiva che autorizza a rifiutare il vero e  a scegliere ciò che è falso? Una falsa coscienza che ha comunque i suoi diritti, meritevoli di essere rispettati sempre e comunque? Cioè: se io vedo uno che, credendo di camminare sul terreno solido, va dritto verso il precipizio, non devo interferire, non devo avvertirlo, perché la sua coscienza va rispettata? Questa è un’idea aberrante della libertà; in ogni caso, un’idea che non ha niente a  che fare col cristianesimo. Per il cristiano, niente è buono, niente è giusto fuori dalla verità: e la Verità non è “un’idea astratta”, è la concreta, concretissima Persona di Gesù Cristo, Dio che si è fatto uomo per la nostra salvezza e non per “proporci” una ricetta fra le altre, una via fra le molte. Ma il peggio deve ancora arrivare. Voi sapete che il diritto è sempre una cosa relativa. Come? Qui c’è un vescovo, oltretutto considerato un po’ conservatore, che predica apertamente il relativismo; che nega la Verità assoluta. Certo non è la sua intenzione, ma è evidente che è come se negasse Cristo, perché Cristo è la Verità assoluta: Io sono la via, la verità e la vita. E infatti, subito dopo: I diritti della verità non esistono, non c’è un diritto della verità. Abbiamo capito bene? Sono parole incredibili, che fanno trasalire. Ma purtroppo non vi è possibilità d’aver compreso male: La verità non è persona che cammina per la strada: vi sono solo i diritti della persona… Quindi non abbiate paura di dare uno schiaffo alla verità quando date ad una persona il diritto di usare della sua libertà. Ma sì che la verità è una persona: è la Persona di Cristo. Quindi negando i diritti della verità, è come se dessimo uno schiaffo in faccia a Gesù Cristo! E ancora: Il possessore della verità ha dei diritti, ma le verità in astratto non hanno né diritti né doveri. Appunto: il possessore della verità. Ma Luciani ha appena ammesso che può esservi una falsa coscienza, e tuttavia ha affermato che anche questa falsa coscienza ha dei diritti. Quindi è come se dicesse che la menzogna ha dei diritti, mentre la verità non ne ha alcuno. La cosa è aberrante, ma è proprio così che la pensa il vescovo di Vittorio Veneto. Solo le persone concrete hanno dei diritti, e se pure esse sono nel falso, i loro diritti restano intangibili. Naturalmente vi è qui anche una confusione di piani. Il Magistero non afferma che chi è nel falso deve essere ricondotto con la forza nella Verità: questo lo dicono, come è noto, e lo praticano, altre religioni. La Chiesa insegna che chi è nel falso va rispettato comunque in quanto persona, così come il peccatore; ma che non esiste un diritto al rispetto della falsità. Al contrario, esiste il dovere di accogliere la Verità, sempre e in qualsiasi caso. In altre parole, l’esatto contrario di quel che Luciani ha affermato in queste righe. La cosa è tanto più notevole se si considera che lui stesso ha ammesso d’aver pensato e insegnato altrimenti, prima del Concilio; di essersi ricreduto solo poi, al tempo della Dignitatis humanae, ma non spiega quali argomenti lo abbiano convinto. Perché se sono stati gli argomenti esposti poi nel Buon samaritano, bisogna pensare che egli era già da anni nel solco del pensiero modernista, cioè che non era onesto con se stesso, o quando seguiva il Magistero di sempre, o quando, poi, decise di cambiare radicalmente le sue opinioni.

 

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Nel Concilio le opere delle tenebre vennero alla luce, ma riuscendo a mascherarsi così bene, e con tanta sopraffina malizia, da non venir riconosciute come tali, anzi da essere scambiate per le opere della luce stessa!

 

Crediamo che quanto si è verificato nell’atteggiamento di Albino Luciani di fronte alle novità conciliari, massime l’introduzione di un’idea laica di libertà religiosa, che sovvertiva secoli e secoli di Magistero e contraddiceva la stessa Tradizione, sia esemplare per capire quel che deve essere accaduto nella mente e nell’animo della maggioranza dei padri. Quella maggioranza che pareva ligia al Magistero e alla Tradizione, ma che, alla prova dei fatti, si liquefece come nebbia al sole, consegnando le decisioni più importanti al volere d’una minoranza astuta, abile e aggressiva, che fin dall’inizio aveva inteso manipolare l’assemblea, sorprendendo la buona fede dei vescovi e conducendoli là dove essi, a mente fredda e a ragion veduta, non avrebbero mai creduto di andare. Resta il fatto che la resa ci fu, che fu pressoché subitanea e coinvolse la quasi totalità dei padri conciliari. Come spiegare una cosa del genere? La sola spiegazione possibile è che già da tempo il veleno della nuove idee, o quantomeno del nuovo stato d’animo, fatto di profonda benché inconfessata insofferenza verso il Magistero e la Tradizione, doveva esistere già da parecchi anni, e aspettava solo l’occasione propizia per manifestarsi e venire pienamente in luce. La luce, infatti,  rivela le opere delle tenebre. E questo fu ciò che accadde in quel drammatico biennio, 1964-65: le opere delle tenebre vennero alla luce, ma riuscendo, almeno per allora, a mascherarsi così bene, e con tanta sopraffina malizia, da non venir riconosciute come tali, anzi da essere scambiate per le opere della luce stessa. Mysterium iniquitatis…


Dignitatis humanae, il primo tradimento della verità

di Francesco Lamendola


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