Mt 7,15-20
Dai loro frutti li riconoscerete
Mi sono recato a messa, in un paese vicino al mio, in una chiesa dove non vado quasi mai. Ovviamente portoni spalancati, tutti rigorosamente in mascherina, tranne due inconsapevoli cagnolini, beati loro.
Mi sono messo in fondo, in piedi e durante la solita predica, misericordiosa e protestante, di noi, buoni e belli, sulla barca, che ci salviamo da soli, perché proprio non ce lo meritiamo di morire annegati…, ho cercato di pensare ad altro, come mi capita quasi sempre. Riflettevo sul fatto che, in fondo, chi si occupa di Apologetica oggi (ovvio che chi scrive è solo un dilettante…), ha la strada spianata perché “ti piace vincere facile eehhh ?”. Ne sparano e ne combinano talmente grosse che è come giocare al gatto col topo…. Pensavo “chissà quale sorpresa oggi…”. Ma è sempre una previsione facile, infatti un signore abbastanza anziano, accompagnato da una signora, è entrato con un cagnolino al guinzaglio e si sono messi a seguire la messa, mentre il loro amico fidato si accovacciava sul pavimento fresco di cotto toscano. Dopo qualche minuto, arrivavano quattro persone, un’intera famiglia suppongo, o forse bisogna cominciare a dire cinque… visto che era con loro un altro cagnolino, un po’ più grande del primo, magari di un’altra “etnia”. Sono entrati dal portone principale, hanno girato e sono usciti, come si fa entrando a sbirciare in un negozio del centro commerciale. Alla fine della messa sono andato dal celebrante, in sagrestia, per chiedergli “ma sono ammessi i cani in chiesa ?”. Lui mi guarda, sorpreso, e mi fa: “mah… dipende, magari è entrato da solo, ha fatto un giro e si è accovacciato..”. “No”, gli rispondo, “sono entrati al guinzaglio accompagnati”. Pensavo di suscitare in lui sconcerto e sdegno, invece scoppiava in una risata che, nel locale alto della sagrestia, in comunicazione con la navata, risuonava beffardamente, come una campana stonata, come l’eco di un ghigno da una caverna infernale. Me ne sono andato….
Quando ero bambino avrebbe provocato una reazione furente da parte del sacerdote con tanto di espulsioni, esecrazioni, cartelli. Ora quella risata sta a sancire la totale perdita del senso del sacro, da parte dei religiosi formati nella nuova chiesa. Proprio ieri, un sacerdote “normale”, molto giovane, mi diceva che, in seminario, non gli hanno mai parlato della liturgia e della celebrazione della Messa. Lui si è preparato da solo per il suo primo Ufficio. Ma, allora, di che cosa parlano nei seminari…. ?!
Ora non hanno più pudore. Se per più di quaranta anni hanno lavorato, lentamente ma inesorabilmente, quasi di nascosto, ora si vantano di metterci la faccia, per piacere al mondo, compiaciuti e tronfi di una vittoria temporanea, a vomitare scempiaggini colossali.
Come quella del vescovo emerito di Caserta che dichiara: “Moralmente e da uomo di fede sarei pronto a trasformare tutte le chiese in moschee se fosse utile alla causa e se consentisse di salvare la vita di uomini e donne, poveri e infelici, perché Cristo non è venuto sulla terra per costruire chiese ma per aiutare gli uomini indipendentemente dalla razza, dalla religione, dalla nazionalità….”. Verrebbe da pensare “ma uomo di quale fede…”.
Pervicacemente sprofondati nella materia, hanno studiato sul vangelo commentato da Karl Marx.
Gesù, sulle rive del lago di Tiberiade, commosso, ha dato il pane a 5000 persone , ma quel pane, creato dal nulla, in un impulso di energia purissima, aveva una porzione di infinito che anticipava quello, infinito, del dono dell’Eucarestia. Gesù preannunciava per loro, nella forma di alimento per il corpo, quell’alimento per le anime, infinitamente più importante, perché eterno. Quel contenuto di infinito che loro hanno completamente ripudiato a favore delle seduzioni verso i corpi, in qualsiasi forma.
Come scrive l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò:
«…il “contenitore-concilio” è stato usato per dare apparente autorevolezza ad un evento volutamente eversivo, esattamente come oggi, sotto i nostri occhi, il Vicario di Cristo è usato per dare apparente autorevolezza ad un’operazione deliberatamente eversiva. In entrambi i casi, il senso innato di rispetto verso la Chiesa di Cristo da parte dei fedeli e del Clero è stato utilizzato come infernale stratagemma – un cavallo di Troia introdotto nella Sacra Cittadella – in modo da dissuadere ogni forma di doveroso dissenso, ogni critica, ogni legittima denuncia…»
Non ci sto. Non mi faccio dissuadere dal “doveroso dissenso” di chi non può sentirsi “in comunione” con una gerarchia che, a partire dal grado più elevato, non mostra più alcun PUDORE, perfino tramutando l’ALLEANZA NASCOSTA di prima in CONDIVISIONE MANIFESTA con le schiere del male.
Non sono in comunione con chi adora idoli pagani; non sono in comunione con il prete che dichiara, spudoratamente, che “le coppie dello stesso sesso, che crescono figli, sono famiglie sante”; non sono in comunione con chi si vanta di organizzare sfilate di moda con paramenti sacri; non sono in comunione con chi profana la Santa Eucarestia; non sono in comunione con la stragrande maggioranza dei vescovi che non condannano, apertamente ed esplicitamente l’aborto, la sodomia e non difendono, strenuamente, la famiglia, che trasformano le chiese in tendoni da circo, che non richiamano più alla conversione all'unica vera religione, all'unico vero Dio; non sono in comunione con chi proclama un altro vangelo al fine di autogiustificarsi turpemente; non sono in comunione con la gerarchia che, quasi al completo, vuole attuare l’utopia di sostituzione della religione cattolica con la religione universale, servendosi, stoltamente, di altre religioni; non sono in comunione con tutti quei religiosi e religiose che antepongono la loro fede politica alla fede per la quale si sono consacrati a Dio, dando il loro consenso a partiti che calpestano sistematicamente i principi cristiani; non sono in comunione con tutti quei religiosi e religiose che, per evitare “ogni forma di doveroso dissenso”, si rendono conniventi, fiancheggiando, volontariamente o inconsapevolmente, ma, davanti all’evidenza la inconsapevolezza non giustifica, le più efferate derive dell’uomo che si è fatto dio.
Sono in comunione con quei pochissimi religiosi normali, di Santa Romana Chiesa, che vivono dolorosamente questo periodo funesto, pagandone le conseguenze morali e materiali. Sono in comunione, ovviamente, con il Fondatore e Capo della Chiesa, che sembra dormire sulla barca, in balia dell’uragano, aspettando che tutto, ma proprio tutto il putridume venga a galla, a perenne ammonimento della nostra sconfinata miseria.
PANDEMICAMENTE ECCLESIALE
Il cristiano non è più pazzo, la Messa è un mistero buffo
La liturgia è stata trasformata in una sorta di “mistero buffo” sull’altare del religiosamente corretto. Il compito della Chiesa è diventato quello di mostrare al mondo di essere civile, rispettosa della salute degli “altri”, rispettosa delle regole che la paura della morte ha dettato per evitare di essere contagiati. Oggi i cristiani hanno imparato a non essere pazzi. Hanno imparato a convivere con la necessità di salvaguardare la salute. Hanno imparato a vincere la morte obbedendo alla fantasia di preti e vescovi impegnati nel rispetto di regole igieniche.
La mia passione sono le Dolomiti e ci torno tutti gli anni. Fra una passeggiata e l’altra, con un amico prete, siamo andati a Messa. Il mio amico è andato in sacrestia per chiedere di concelebrare e la risposta ha superato ogni possibile immaginazione: «No, perché non ti conosco». Tradotto: chi mi può assicurare che tu non sia affetto da virus? Dopo di ché, siccome aveva dimenticato la mascherina, gli è stato fornito un oggetto curioso che praticamente copriva tutto il volto.
Da molti mesi non faccio che discutere, e litigare, con amici e conoscenti perché ho come l’impressione che la liturgia sia stata trasformata in una sorta di “mistero buffo” sull’altare del politicamente corretto, tradotto nel religiosamente corretto. Perché mi sembra che il compito della chiesa sia diventato quello di mostrare al mondo di essere credibile, civile, rispettosa della salute degli “altri”. Rispettosa delle regole che la paura della morte ha dettato per evitare di essere contagiati.
Se provi a far notare a qualcuno l’irrazionalità di un simile comportamento da un punto di vista religioso, l’unica ragione che ti viene addotta è la seguente: dobbiamo obbedire alle regole che vescovi e preti hanno stabilito per questo tempo di pandemia. Tutti noi che non obbediamo a nessuno (figurarsi se obbediamo alle norme che la Bibbia e il Magistero dettano per il comportamento morale, a cominciare dall’apertura alla vita), siamo all’improvviso diventati i più zelanti corifei dell’obbedienza.
Un popolo che ha perso la fede nella vittoria di Cristo sulla morte si rifugia nel tentativo di evitare la morte e la malattia nell’obbedienza a norme igieniche. L’ossessione per la salute ostentata in ogni celebrazione religiosa, mostra come la Bibbia abbia ragione. Il nostro problema è sempre lo stesso: il terrore della morte (Eb 2,14) che ci rende schiavi di satana tutta la vita.
L’ossessione delle mascherine e del liquido che reiteratamente pulisce le nostre mani durante l’Eucaristia non fa che dare ragione a Nietzsche e ad Hitler secondo cui il cristianesimo è una religione per schiavi e stupidi.
Ma le cose non stanno così. Per tre secoli (e sempre fino ad oggi in tante parti del mondo) i cristiani sono stati torturati ed uccisi solo perché si rifiutavano di ammettere che il loro benessere materiale dipendesse dalla forza politica e culturale di una città, Roma. Solo perché rifiutavano una cosa ovvia: dare l’incenso alla statua di Cesare. Quel Cesare che impersonava la forza della città-mondo che dava a tutti i cittadini enormi privilegi. Eppure i cristiani si sono rifiutati di obbedire a quell’ovvietà. Pazzi. Asociali.
Oggi i cristiani hanno imparato a non essere pazzi. Hanno imparato a convivere con la necessità di salvaguardare la salute. Hanno imparato a vincere la morte obbedendo alla fantasia di preti e vescovi impegnati nel rispetto di regole igieniche.
“Guai a me se non annunciassi il Vangelo”, scrive Paolo. Guai a me se non annunciassi che Dio ha vinto la morte per me. Il cuore di questo annuncio è l’Eucaristia. Forse il vero problema è la mancanza di fede. Forse i martiri romani hanno da insegnarci qualcosa.
Angela Pellicciari
Si è pregato in tutte le lingue del mondo per il superamento della pandemia, e per coloro che ne soffrono gli effetti, “a tutti i livelli e alle varie latitudini” nella celebrazione della festa dell’Assunta svoltasi nel Duomo di Napoli e presieduta dal cardinale Crescenzio Sepe. Una liturgia, come da tradizione ormai, aperta ai canti e ai riti delle varie etníe delle popolazioni e per questo detta Messa Internazionale di Ferragosto, con i saluti iniziali e finali dell’arcivescovo in sette lingue.“Preghiamo anche per l’intercessione della Vergine, di cui oggi celebriamo l’Assunzione in cielo. Una festa che per noi è la Pasqua di Maria. È la Madre che ci ascolta, in questo momento di grande incertezza e dolore nel mondo”, sottolinea l’arcivescovo, in un Duomo con un rigoroso controllo del distanziamento e con molti turisti (soprattutto italiani, ma anche francesi, inglesi ) decine dei quali attendono ordinatamente in coda all’esterno, nonostante la torrida temperatura di queste ore, per evitare contatti ravvicinati. La mascherina manca infatti per pochi minuti solo a chi danza e sta a distanza da tutti gli altri. La Madre Assunta é al centro delle invocazioni e dell’omelia , che tocca anche “l’eterna lotta con il maligno”, rievocata dalla prima lettura dell’Apocalisse in cui – sottolinea Sepe – “le forze del male vengono sopraffatte da Dio”. Tra i fedeli che hanno partecipato anche con cori, percussioni e balli, rappresentanti delle comunità africane, cinesi, cingalesi (oltre a quelle della comunità europea). Ed anche in altri punti (dall’offertorio alla preghiera dei fedeli), la celebrazione cui hanno partecipato anche i vescovi ausiliari Lucio Lemmo e Gennaro Acampa, ha lasciato spazio ai suoni e agli idiomi delle altre culture. Il ringraziamento del cardinale arriva a tutte le comunità : “Rappresentiamo insieme la chiesa Universale, affratellati da questa intima unione con Cristo”. Fino allo scambio augurale, sentito in modo speciale essendo Sepe già in prorogatio, e alla benedizione ormai distintiva di Sepe dall’altare, che è in napoletano e non ha bisogno di traduzione : ‘A Madonna t’accumpagne.
(da La Repubblica)
Di Sabino Paciolla
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Napoli, preghiere e balli etnici in Duomo per l'Assunta - la ...
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Napoli, preghiere e balli etnici in Duomo per l'Assunta. Si è pregato in tutte le lingue del mondo per il ...
1 giorno fa
DANZARE O NON DANZARE? DANZATE, CHE L’ICEBERG SI AVVICINA…
16 Agosto 2020 5 Commenti
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ho un solo consiglio da darvi: tenete a portata di mano cerotti e disinfettante, perché oggi il generale Laporta graffia…buona lettura.
§§§
Danzare o no? Dilemma da cicisbei, come al solito. D’altronde il non Vicario di Cristo, come vedremo, dette la sua benedizione danzante. Perché dunque angustiarsi? La notizia del giorno, oggi vigilia di Ferragosto: il governo vuole chiudere o limitare l’accesso alle discoteche, a causa del virus. Talune regioni s’oppongono con energia. Quanta energia? Chi vincerà? La soluzione del dilemma non pare di grande interesse per il futuro dell’Italia, sebbene esiga una riflessione: furono chiuse le chiese con le discoteche per il virus. Dopo le sante Messe e le sante Eucaristie soggiacquero a regole ferree quanto grottesche. Mentre il ballo dilaga invece indisturbato, dall’Alpi a Lampedusa, è arduo dimenticare la sbirraglia nel bel mezzo della santa Messa, coi vertici delle polizie defilati dall’obbedienza, come fossero sugli scranni di Norimberga.
Il mondo balla sfrenato e continuerà la danza a dispetto(?) delle grida e delle pochette. Perché quindi un bellicoso reparto di marinai non dovrebbe danzare alla fine del proprio addestramento? Che cosa c’è di male? La tesi difensiva dell’avvocato appare fondata, patrocinando il tenente di vascello danzante col suo reparto, al ritmo di Jerusalema.
Roberto Saviano propone anzi alla Marina Militare di premiare la Salomè marinara: «Jerusalema è una canzone in questo momento ascoltata da milioni di persone perché è partita in milioni di challenge, un testo semplice di invocazione religiosa, “Gerusalemme è la mia casa, Salvami, lui è venuto con me non lasciarmi, Gerusalemme è la mia casa”» declama il gomorrista scortato, per strologare antropologia bergogliana «Il sogno di un ritorno alla città dove vivere in pace, un’invocazione, chi danza questa canzone non riesce a comprendere le parole perché sono in lingua venda parlata dalla comunità bantu, lingua che si parla in Zimbabwe e che molti degli uomini e delle donne della Marina militare hanno ascoltato direttamente pronunciata dalle persone che hanno salvato in mare». A parte l’italiano sgarrupato, come dare torto al gomorrista scortato? Lasciamo dunque danzare il tenente di vascello… o no?
Il fremente lettore si cheti. Numerosi video testimoniano nel web danze più o meno scatenate persino di religiosi, di una delle quali SC dette conto tempo fa con un proprio video. Jerusalema è danzato su YouTube pure da frati e suore. Osservate la coreografia, provate a pensare che cosa siano state le prove. Il frate coreografo che correggeva i confratelli e le religiose: «Sorella Antonia, alza di più quella gamba e oscilla a tempo con la schiena… Frate Francesco, più alta quella mano, più alta… non stai mica celebrando!…» E così avanti per ore, per una pastorale necessaria al pastore prima che al gregge.
Inutile quindi dare addosso alla Marina Militare, d’altronde vocata alle danze guerriere, si direbbe. Un reparto dei fanti di marina è infatti immortalato a danzare in questo video. In conclusione, l’avvocato difensore del tenente di vascello danzante ha ottime possibilità di fermare i minacciati procedimenti disciplinari. Se la Marina Militare invece insisterà, ci penserà il Tribunale Amministrativo Regionale e poi il Consiglio di Stato ad affondarla, se non altro grazie a quel video dei danzanti, bellicosi fanti di Marina. Allora che cosa si fa? I fanti di Marina – maschi per giunta – possono danzare e il nostro tenente di vascello, pettoruta e callipigia, invece no? L’esito del giudizio amministrativo, se ci sarà, è insomma scontato.
Lo scrissi a suo tempo ai vertici della Difesa, ora lo ripeto: le donne italiane – non sono anglosassoni né slave e neppure cinesi – non possono fare il soldato. Non è “solo” questione di DNA. Il parere andò a un ammiraglio che avrebbe fatto strada all’ombra del galantuomo Mario Monti. Vorrei dirmi lieto ora che tocchi proprio alla Marina pagare il conto; non è così mentre l’Italia affonda. Mentre altri eserciti sono riusciti ad arginare in vari modi la femminilizzazione, i nostri ranghi ne sono pervasi a causa dei cicisbei. I limiti di fatica con gli obiettivi addestrativi e formativi furono abbassati per includere le donne, scesero tuttavia ben dopo quelli etici, perché i cicisbei dilagano da tempo, infettando della propria femminilizzazione l’istituzione militare.
Qual è la funzione direttiva importante quanto “comandare” e “coordinare”? È il “controllo”, cioè controllare che gli ordini siano in corso d’opera, correttamente eseguiti e, se così non è, raddrizzare il timone. È una funzione di cui sono particolarmente carenti tutti, un po’ meglio va all’Aeronautica, per ragioni che non sto a spiegare. I peggiori, incredibile dictu, sono i CC, come si capisce dalle cronache, mentre Esercito e Marina fanno pena a pari merito.
Per capire che cosa è per altri il controllo, bisognerebbe adottare i modelli statunitense o, meglio ancora, inglese, con le intrusioni nella vita privata, i licenziamenti in tronco e le punizioni esemplari per i comandanti – e poi per i rimanenti – per ridare nerbo e significato alla disciplina. Il rimedio è tuttavia impossibile in Italia per due ragioni concorrenti, come i bracci d’una tenaglia: la scarsa credibilità dei vertici militari e la sindacalizzazione. La foto del generale Claudio Graziano, piegato a novanta gradi davanti a Jean Claude Juncker, è programmatica. Nulla di nuovo tuttavia per chi ha vita militare alle spalle. Un generale dei carabinieri, oggi popolare arruffapopolo, era soprannominato “novantagradi” fra noi giovani ufficiali della divisione corazzata Ariete. Fu antesignano dello stile di Graziano nel salamelecco fantozziano ai divini superiori. Intendiamoci, la sindacalizzazione è conseguenza dei “novantagradi” e non viceversa. L’incapacità di vertici a “novantagradi” di difendere la dignità dei propri uomini alimenta la tossica speranza in un sindacato taumaturgo. Danzando danzando s’accorgeranno dell’errore, tant’è a nostre spese.
Lasciamo dunque danzare l’Italia mentre va incontro al suo iceberg, anzi lo urtò, non s’accorse ed esultò. Era il 16 Dicembre 2014, compleanno di Bergoglio. Come festeggia il Papa il suo compleanno? Con una santa Messa? Con una processione? Con un Te Deum? Con un digiuno? Macché, anticaglie dei soliti fondamentalisti: tremila a ballare il tango in piazza San Pietro per ringraziare Nostro Signore d’averci mandato Bergoglio. Se questo è l’ordine, il caos è benvenuto. Suvvia lettori fondamentalisti, vi basti l’ostilità governativa alla danza e l’abolizione dello “scambiamoci un segno di pace” come sensali al mercato, per ringraziare Dio per questo virus, da ovunque provenga.
www.pierolaporta.it
Piero Laporta
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