Che cosa devo fare io, nella presente situazione della chiesa?
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“Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è favorevole”, diceva un noto agente della dissoluzione, il quale dal suo punto di vista poteva anche avere ragione. Chi non lavora per Satana, il grande dissolutore, deve pensare all’opposto che la confusione sia un pericolo mortale.Che il mondo sia confuso è normale, lo è sin dagli inizi e sempre lo sarà. L’entropia sembra però crescere anche nella chiesa, il cui “sistema” ci sta dando l’impressione di evolvere rapidamente ad un grado massimo di disordine, e la cosa più preoccupante è che chi dovrebbe istituzionalmente “sorvegliarlo” (che in greco si dice episkopein) sembra non farci caso o addirittura compiacersene (come quel “grande timoniere” di cui sopra).
In tale situazione, che cosa possiamo (e dobbiamo) fare noi piccoli, che non abbiamo nessuna responsabilità istituzionale (con le conseguenti possibilità di intervento), ma abbiamo una responsabilità personale nei confronti del battesimo che abbiamo ricevuto, di noi stessi e di tutti coloro che dalla nostra testimonianza (che in greco si dice martyrion) possono essere edificati o al contrario scandalizzati?
La buona notizia, paradossalmente, è che la confusione nella chiesa c’è sempre stata: non è dunque lo stato finale dell’entropia di un sistema chiuso le cui trasformazioni irreversibili producono inesorabilmente un aumento del disordine. La chiesa conosceva la confusione anche agli inizi, e dunque non saremo scandalizzati dal disordine della “chiesa iniziale” di oggi. Perché ricordiamoci sempre che il cristianesimo è sempre iniziale, e il suo non è affatto un “sistema chiuso” destinato alla decadenza, bensì aperto all’impulso potente della grazia divina per opera dello Spirito santo.
Conoscendo la confusione, la chiesa apostolica – la cui autocoscienza, indefettibilmente consegnata alla Scrittura nei testi del Nuovo Testamento, è normativa per noi – conosceva anche il rimedio. Ce lo indica, per esempio, San Paolo con questo avvertimento che sembra davvero (ed in effetti è) scritto per noi oggi, 23 ottobre 2020:
«Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. In realtà, però, non ce n’è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!» (Lettera ai Galati, 1, 6-9).
Dicano e facciano quello che vogliono: io so a Chi e che cosa ho creduto. E non c’è nulla di confuso in Colui a cui ho creduto e nell’insegnamento che, per Suo mandato la chiesa mi ha impartito. Di magistero ce n’è quanto ne vogliamo (oltretutto a portata di ogni mano in quel bellissimo e per nulla confuso Catechismo che – Dio l’abbia in gloria! – san Giovanni Paolo II ha donato alla chiesa) e può rispondere, con chiarezza, ad ogni nostra esigenza. Se anche un angelo dal cielo ci predicasse un vangelo diverso da quello che abbiamo ricevuto, sappiamo che cosa fare. Che il bianco sia nero e che il nero sia bianco non lo accetteremo mai. Perinde ac cadaver qui non funziona: siamo vivi, grazie a Dio, e tali vogliamo restare.
Posted by leonardolugaresi
Se le recenti osservazioni di Francesco sono state fatte senza una preoccupazione prudenziale per come sarebbero state accolte, sono profondamente preoccupanti. Se sono state fatte con attenzione e con specifica attenzione a come sarebbero state accolte, sono profondamente preoccupanti.
Un articolo di Carl E. Olson, pubblicato su Catholic World Report, nella traduzione di Maurizio Patti.
“Papa benedice i matrimoni gay”, dichiara il titolo in Metro, uno dei più grandi giornali britannici, sopra il sottotitolo “Gli omosessuali sono figli di Dio … Hanno diritto all’unione civile”.
Vero? Preciso? Abbastanza vicino? Non proprio. Più o meno. Forse.
I commenti di papa Francesco, che compaiono nel documentario “Francesco”, presentato oggi (l’altro ieri, ndr) in anteprima a Roma, non erano così chiari come indicano molti dei titoli dei giornali, anche se i commenti veri e propri attiravano l’attenzione.
“Gli omosessuali hanno il diritto di far parte della famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere cacciato via, o reso infelice a causa di questo”, ha affermato Papa Francesco, aggiungendo poi: “Quello che dobbiamo creare è una legge di unione civile. In questo modo sono legalmente coperti… io mi sono battuto per questo”.
Non conosco la domanda specifica posta a Francesco, ma la CNA riferisce che “il film racconta l’approccio di Papa Francesco alle questioni sociali urgenti, e al ministero pastorale tra coloro che vivono, secondo le parole del pontefice, ‘alle periferie esistenziali'”. Io non vivo in Italia, ma l’idea che gli omosessuali, diciamo, negli Stati Uniti siano confinati nelle “periferie esistenziali” è piuttosto umoristica (anche se dire così è, ne sono certo, considerato omofobico e intollerante). È quasi impossibile uscire di casa, o accendere la TV o la radio, o leggere un giornale o una rivista e non essere bombardati dall’onnipresenza esistenziale dell’omosessualità. Inutile dire che l’omosessualità è sempre presentata come normale, entusiasmante, e richiede ancora più – se possibile – conferma. In realtà, “Il Regno dei Gay è così” (articolo 2014); ora viviamo pienamente nella Tirannia del Trans.
Ma, divago. Il senso della questione specifica potrebbe non essere chiaro, ma il risultato finale di questo momento francescano per eccellenza sembra abbastanza chiaro: è una girandola di affermazioni che creano polemiche e confusione, accompagnate da altre dove c’è attenzione a ciò che la Chiesa insegna veramente, e dove i commenti papali nei documentari dovrebbero essere collocati in relazione alle dichiarazioni magisteriali: Sopra le interviste rilasciate a un anziano, ateo giornalista italiano? Sotto i commenti improvvisati fatti in volo a 10.000 metri? Vicino a telefonate private fatte a questa madre o a quella vecchia amica?
Il fatto è questo: se le osservazioni di Francesco sono state fatte senza una preoccupazione prudenziale per come sarebbero state accolte, sono profondamente preoccupanti. O peggio.
Sì, tutti hanno il “diritto” di essere “parte di una famiglia”; la loro stessa esistenza fa pensare che provengano da una famiglia. Ma Francesco dice allora che gli omosessuali hanno il “diritto” di avere una famiglia? Così sembra. Come nota il rapporto della CNA, il film include la storia di Francesco che “incoraggia due uomini italiani in una relazione omosessuale a crescere i loro figli nella loro chiesa parrocchiale, cosa che, secondo uno degli uomini, è stata di grande beneficio per i suoi figli”. Inoltre, nel suo libro “Sul Cielo e sulla Terra” del 2013, Francesco afferma che le leggi che “assimilano” le relazioni omosessuali al matrimonio sono “una regressione antropologica”, dicendo che se alle coppie dello stesso sesso “viene concesso il diritto all’adozione, ci potrebbero essere dei bambini colpiti. Ogni persona ha bisogno di un padre maschio e di una madre donna che possano aiutarlo a plasmare la propria identità”.
Allora, qual è [la cosa giusta]? Beh, probabilmente dipende dal giorno e dalla settimana. Il cambiamento di rotta e lo spostamento dei parametri narrativi per i diversi tipi di pubblico è stato una caratteristica regolare di questo pontificato, spesso dettati da una certa inclinazione sentimentale.
Di maggiore interesse per me, sotto molti aspetti, è l’affermazione: “Sono figli di Dio…”. In primo luogo, Francesco parla di cattolici omosessuali? Lottano con l’attrazione omosessuale? O di tutti gli omosessuali? Anche in questo caso, non è chiaro. Ma lo slogan “siamo tutti figli di Dio” è stato una caratteristica importante di questo pontificato, come quando, in un messaggio video del gennaio 2016, Francesco ha affermato: “Molti pensano in modo diverso, si sentono in modo diverso, cercano Dio o incontrano Dio in modi diversi. In questa folla, in questa gamma di religioni, c’è una sola certezza che abbiamo per tutti: siamo tutti figli di Dio…”. Lo stesso sentimento si ritrova nell’enciclica Fratelli tutti, recentemente pubblicata.
È vero che siamo tutti figli di Dio? Beh, sì, ma no.
Ogni volta che sento l’affermazione “siamo tutti figli di Dio”, penso immediatamente a ciò che l’apostolo Giovanni ha scritto nella sua prima Lettera:
Nessuno nato da Dio commette peccato, perché la natura di Dio risiede in lui, e non può peccare perché è nato da Dio. Da questo si può vedere chi sono i figli di Dio, e chi sono i figli del diavolo: chi non fa il bene non è di Dio, né chi non ama il fratello. (1 Gv 3, 9-10)
Un’argomentazione molto forte, senza dubbio, e certamente fuori dal tatto – per fortuna – con l’intollerante “tolleranza” della nostra epoca attuale. Ma Giovanni sta semplicemente dando voce a quello che è un tema forte nel Nuovo Testamento: diventare figli di Dio richiede grazia, fede, conversione e ricerca della santità (cfr Gv 1,12; Rm 8,14; Gal 3,25-29). E sono molti coloro che consapevolmente rifiutano il dono della figliolanza divina.
Benedetto XVI, in un‘Udienza generale del 2012, ha fatto una distinzione essenziale che Francesco sembra spesso ignorare o a far cadere. Dio, ha detto Benedetto, “è nostro Padre perché è il nostro Creatore”. Siamo tutti creati a immagine di Dio (cfr. Gen 1, 27), e quindi per Dio “non siamo esseri anonimi, impersonali, ma abbiamo un nome”. Allora Benedetto afferma:
Tuttavia questo non è ancora abbastanza. Lo Spirito di Cristo ci apre a una seconda dimensione della paternità di Dio, al di là della creazione, poiché Gesù è il “Figlio” nel senso pieno di “uno solo con il Padre”, come professiamo nel Credo. Diventando un essere umano come noi, con la sua Incarnazione, morte e risurrezione, Gesù a sua volta ci accetta nella sua umanità e anche nel suo essere Figlio, affinché anche noi possiamo entrare nella sua specifica appartenenza a Dio. Certo, il nostro essere figli di Dio non ha la pienezza di Gesù. Dobbiamo diventarlo sempre più lungo il cammino della nostra esistenza cristiana, svilupparci nella sequela di Cristo e nella comunione con Lui per entrare sempre più intimamente nel rapporto d’amore con Dio Padre che sostiene la nostra vita.
È questa realtà fondamentale che ci viene rivelata quando ci apriamo allo Spirito Santo ed Egli ci fa rivolgere a Dio dicendo “Abbà!” Abbiamo veramente preceduto la creazione, entrando in adozione con Gesù; uniti, siamo veramente in Dio e siamo suoi figli in un modo nuovo, in una nuova dimensione.
Non basta, quindi, dire che un omosessuale – o chiunque altro – è “figlio di Dio” e lasciar perdere, come se i misteri centrali della Trinità e dell’Incarnazione fossero solo sottigliezze poetiche o distrazioni dottrinali. Tutta la vita morale, come sottolineava San Giovanni Paolo II in Veritatis Splendor, è orientata verso l’autentica libertà e la realtà – cioè Dio stesso – e questo include certamente la verità sulla sessualità, il matrimonio e la procreazione. “Perché questo è l’amore di Dio”, dice l’apostolo Giovanni, “che noi osserviamo i suoi comandamenti”. E i suoi comandamenti non sono gravosi” (1 Gv 5, 3). O, per dirla in un altro modo, i comandamenti di Dio non sono contro l’uomo.
Ora, se tutti nascono figli di Dio e questo è tutto ciò che conta, allora rinascere con la forza dello Spirito Santo per poter avere, in Gesù Cristo, la comunione con il Padre è mero settarismo o, peggio, dogmatismo intollerante. Se siamo tutti figli di Dio da soli, allora la Chiesa non è essenziale e il cattolicesimo non ha senso. E non c’è certo motivo di credere che la castità sia per tutti, che il matrimonio sia per un uomo e una donna, e che il sesso sia destinato al solo matrimonio.
Papa Francesco ha, a volte, sostenuto con forza questi insegnamenti della Chiesa. A volte, però, sembra un gesuita in stile anni Settanta che cerca di affrontare le “realtà” dei primi anni Duemila. Quanto sarebbe meglio, credo, se prendesse a cuore queste parole di saggezza del suo predecessore:
Il potere che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori è, in senso assoluto, un mandato da servire. Il potere di insegnare nella Chiesa implica un impegno al servizio dell’obbedienza alla fede. Il Papa non è un monarca assoluto i cui pensieri e desideri sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è una garanzia di obbedienza a Cristo e alla sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, ma piuttosto vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza alla Parola di Dio, di fronte ad ogni tentativo di adattarla o di annacquarla, ad ogni forma di opportunismo.
Carl E. Olson è redattore di Catholic World Report e Ignatius Insight. È l’autore di Did Jesus Really Really Rise from the Dead?, Will Catholics Be “Left Behind”?, co-editor/contributor to Called To Be the Children of God, co-autore di The Da Vinci Hoax (Ignatius), e autore delle guide di studio “Catholicism” e “Priest Prophet King” per il vescovo Robert Barron/Word on Fire. È anche collaboratore del giornale “Our Sunday Visitor”, della rivista “The Catholic Answer”, “The Imaginative Conservative”, “The Catholic Herald”, “National Catholic Register”, “Chronicles” e altre pubblicazioni.
Di Maurizio Patti
https://www.sabinopaciolla.com/non-basta-dire-che-un-omosessuale-o-chiunque-altro-e-figlio-di-dio/
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