"L' utero in affitto è un abominio"
Sul riconoscimento giuridico delle unioni civili omosessuali. Nota dell’Osservatorio.
Il nostro Osservatorio sta seguendo la discussione sul riconoscimento giuridico delle unioni civili omosessuali dopo la recente diffusione del parere di papa Francesco in proposito. Esprimiamo qui di seguito i punti a cui la Dottrina sociale della Chiesa si è sempre attenuta e che dovrebbero continuare ad essere punto di riferimento per i cattolici e tutti gli uomini che amano la verità.
Il magistero della Chiesa si è già pronunciato ampiamente sulla questione, negando la legittimità giuridico/morale del riconoscimento civile delle unioni omosessuali e la liceità per i fedeli cattolici di concorrere ad approvarle. Ciò è avvenuto in vari documenti e soprattutto nelle Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali della Congregazione per la Dottrina della Fede,
I motivi insegnati dal Magistero sono di ordine soprannaturale e di diritto divino, in quanto esprimono il dato rivelato, ma contengono anche elementi di ordine naturale in quanto anche la retta ragione, se non indebolita nelle sue convenienti pretese, ha la capacità di comprendere che il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali non è possibile a stabilirsi perché contrario al bene comune.
L’esercizio delle pratiche omosessuali è da considerarsi un grave disordine rispetto all’ordine naturale e finalistico. Esse sono espressione di un desiderio non sostenuto da alcun dovere finalistico e non finalizzato ad alcun bene morale. Tale comportamento è negativo in sé, indipendentemente da intenzioni e circostanze. È ingiusto e apre ad altre ingiustizie: in caso di adozione di minori li priva di una figura genitoriale, in caso di inseminazione artificiale comporta la produzione di esseri umani in laboratorio, il sacrificio di embrioni umani, la commercializzazione dei gameti, la contrattualizzazione della procreazione, l’utero in affitto o, domani, l’utero artificiale e così via.
I diritti delle coppie omosessuali non esistono in quanto i diritti autentici derivano sempre da dei doveri ai quali devono la propria legittimazione. La differenza tra diritto e dovere è che il primo è un poter fare e un poter avere, mentre il secondo è un essere a disposizione. La pretesa d’un diritto può de facto nascere anche da un desiderio infondato mentre il dovere ha una origine oggettiva nella natura finalistica delle cose. I diritti come pretese fondano una società individualistica e relativistica, mentre il dovere finalistico genera una società fondata sulla vocazione naturale delle persone, delle famiglie e dei corpi intermedi.
Nella relazione omosessuale i due individui non si completano, ma si sommano l’uno all’altro. Eventuali loro rapporti di cura e solidarietà sono tali solo apparentemente in quanto conseguenza di una relazione innaturale e essenzialmente ingiusta. Sommandosi senza accogliersi pienamente e facendo solo incontrare tra loro due desideri infondati, i due individui di una relazione omosessuale non esprimono socialità ed essendo naturalmente sterili non fondano nemmeno una società, non essendo in grado di promuoverla e svilupparla procreando nuove vite.
L’autorità politica è legittimata dal bene comune. Essa non può quindi riconoscere giuridicamente tutte le relazioni che i cittadini stabiliscono tra di loro, ma solo quelle che si dimostrano conformi al diritto naturale. La fisicità maschio e femmina non è solo un dato fisico, ma antropologico: mostra il progetto sull’uomo articolato in due poli complementari maschio e femmina. La fisicità maschile e femminile indica quindi un dover essere, è una indicazione su come si deve vivere in accordo con la natura umana. La politica e le leggi non possono prescindere da questo fondamentale dato antropologico e riconoscere dignità e valore comunitario alla sua negazione. Quando l’autorità politica fa questo, contraddice se stessa, si corrompe e si degrada ad altro da sé. Il riconoscimento di un diritto che diritto non è ma è un torto degrada sia il diritto a torto sia la autorità a potere. Il potere si differenzia dall’autorità perché è un puro fare privo di legittimazione morale ma fondato solo sulla forza.
Il riconoscimento giuridico dell’unione civile tra persone omosessuali non è ammissibile nemmeno se dalla legge che lo contempla risultasse chiara la sua non equiparazione alla famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Infatti la relazione omosessuale è ingiusta in sé. La linea “unioni civili sì, a patto che non vogliano il matrimonio” è sbagliata. Non solo per motivi di fatto: la storia insegna che una volta riconosciuta l’unione civile i suoi sostenitori lotteranno per avere anche il matrimonio ed è una illusione pensare il contrario, ma anche per motivi di diritto: l’unione omosessuale è sbagliata in sé. Essa è in se stessa una forma di violenza e origine, in seguito, di altre violenze.
L’idea di accettare il riconoscimento delle unioni civili omosessuali per impedire la radicalizzazione nel matrimonio omosessuale attualizza nuovamente la perdente e moralmente insostenibile strategia del male minore. Non è lecito fare il male per avere un bene, a maggior ragione non è lecito accettare un male minore per evitare un male maggiore. Oltre a non essere moralmente lecita, una simile strategia è anche miope dal punto di vista politico.
Le unioni civili non possono essere giuridicamente riconosciute anche se sono tra un uomo e una donna. Si tratta delle cosiddette convivenze o unioni di fatto. In questo caso i due conviventi non accettano il matrimonio, che invece è fondamentale per costituire una famiglia degna di questo nome e vera cellula della società. Non c’è vera famiglia se non nel matrimonio. Col matrimonio i due riconoscono pubblicamente che non sono insieme per interessi individualistici ma per una vocazione. Non intendono accostarsi l’uno all’altro ma unirsi reciprocamente e indissolubilmente rimanendo aperti alla vita. Solo così si danno le due caratteristiche della socialità e della società in una coppia.
Il nostro Osservatorio ritiene di non avere espresso in questa Nota delle opinioni personali o di parte, ma i tratti fondamentali dell’insegnamento della Chiesa e delle conclusioni della retta ragione.
Stefano Fontana
Direttore dell’Osservatorio
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