Messa invalida? Impossibile!
Bonus Dominus, et confortans in die tribulationis, et sciens sperantes in se (Na 1, 7).
«Il Signore è buono e conforta nel giorno della tribolazione e conosce coloro che sperano in lui». Il nostro amato Redentore ci parla sempre al momento giusto, rivolgendoci le parole di cui abbiamo bisogno. Le Sue consolazioni, secondo il duplice significato del verbo latino, rinvigoriscono il cuore stabilendolo nella pace. Sapendo di essergli ben noti, non possiamo lasciarci turbare da alcun fatto esterno né da chi trama nell’ombra: «Che cosa macchinate contro il Signore? Egli stesso realizzerà il compimento; non sorgerà una duplice tribolazione» (Na 1, 9). Il Dio geloso e vendicatore non lascerà impuniti gli avversari ma, scuotendo la terra, li consumerà come paglia secca (cf. Na 1, 2.5. 10). «Nel diluvio che passerà, porterà a perfezione il suo tempio e i suoi nemici saranno inseguiti dalle tenebre» (Na 1, 8): lo sconvolgimento in corso serve a completare la raffinazione di coloro che formano la Sua casa terrena, la santa Chiesa Cattolica.
Molti mi domandano se la Messa, con l’entrata in vigore della nuova edizione del Messale di Paolo VI, sarà ancora valida. Su questo non esiste il minimo dubbio: l’unica cosa che potrebbe invalidarla sarebbe una modifica sostanziale delle parole della consacrazione: «Questo è il mio corpo… Questo è il calice del mio sangue». Nemmeno l’epiclesi è essenziale ai fini della transustanziazione, benché abbia la sua importanza nell’esprimere l’intenzione del celebrante. Tuttavia il ritocco apportato al secondo canone (la menzione della rugiada) non è altro che una resa più fedele dell’originale latino; del resto si tratta di un’immagine biblica che di per sé non nega l’intervento dello Spirito Santo. Ben peggiore, a tale proposito, è la formulazione delle preghiere eucaristiche composte dalla Conferenza Episcopale Svizzera e prontamente adottate da quella italiana, fin dal 1983, nella seconda edizione del Messale: il Paraclito vi è invocato non perché trasformi il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo, ma perché «egli sia presente in mezzo a noi con il suo Corpo e il suo Sangue».
Nella terza edizione tipica latina del 2002 – la cui versione italiana la C.E.I. ci ha fatto aspettare per ben diciotto anni, rifilandoci infine un’altra cosa – quell’inaccettabile manomissione linguistica e concettuale era stata doverosamente corretta con l’esplicita affermazione della verità dogmatica (ut Corpus et Sanguis fiant dilecti Filii tui, Iesu Christi, con l’eventuale aggiunta di nobis: cioè a nostro vantaggio o in virtù della nostra fede…?). Sarà interessante verificare se la nuova “traduzione” ha recepito o meno questa necessaria rettifica, anche se – ribadisco – neppure questo mette in pericolo la validità della Messa, pur incidendo negativamente, a lungo andare, sulla mens del celebrante. In realtà, al di là delle arbitrarie modifiche apportate a testi fondamentali come il Gloria e il Pater, le quali non faranno altro che indebolire ulteriormente il senso di continuità della preghiera pubblica della Chiesa, il danno più grave, a livello verbale, è già stato fatto fin dall’inizio e non vi si è ancora apposto rimedio: funzionari così solerti nell’emendare la versione in vernacolo non si scompongono affatto se ut intres sub tectum meum è reso con partecipare alla tua mensa…
Anche un bambino capisce perfettamente che altro è affermare che il Figlio di Dio sta per fare il Suo ingresso in casa nostra, cioè in noi, altro evocare un banchetto che abbia genericamente a che fare con Lui. Quella sarebbe una traduzione? o piuttosto una falsificazione del testo? Così, a forza di ripetere quell’insulsaggine per cinquant’anni, clero e fedeli han perso la fede nella Presenza reale, già sminuita e oscurata da tutto il resto del rito, confezionato a tavolino perché potessero usarlo anche i protestanti… Ci si può meravigliare ancora se tanti, incoraggiati da preti e vescovi, hanno deciso di fare a meno della Messa, o se Bergoglio telefona a Conte dichiarandosi pronto a chiuder di nuovo le chiese? Se pregare tra le mura domestiche è la stessa cosa, a che serve il Santo Sacrificio? Le modifiche più sostanziali della nuova edizione del Messale, d’altronde, non riguardano le parole, bensì alcune rubriche: proprio quelle – guarda caso – riguardanti la postura da tenere durante la consacrazione e la modalità di fare la comunione.
Siamo di fronte, dunque, all’ennesima operazione diversiva: i soliti manipolatori hanno attirato la crucciata attenzione di tanti sugli uomini amati dal Signore e sul non abbandonarci alla tentazione, così da distoglierla dalle loro vere intenzioni: ridurre ulteriormente i segni esterni di adorazione, già scarsissimi, nei confronti del mistero eucaristico. In tal modo si sancisce sul piano normativo una prassi sempre più diffusa e finanche imposta col pretesto dell’epidemia: quella di non inginocchiarsi quasi mai e di ricevere il Sacramento sulle mani. Quei cripto-luterani, piazzati dalla massoneria a capo degli uffici nazionali della conferenza episcopale, vogliono sradicare persino gli ultimi residui di fede nel bene in assoluto più prezioso di cui la Chiesa disponga. Chi di voi, allora, non ha la possibilità di partecipare regolarmente alla Messa tradizionale, oltre a recitare le preghiere nella versione finora usata (magari a bassa voce per non creare ulteriore disordine), curi con particolare zelo l’onore e il rispetto cui ha diritto il Signore nell’Eucaristia.
Gli effetti della cosiddetta “riforma liturgica”, tuttavia, non si limitano a questo, per quanto grave. Essa ha ingenerato, infatti, tutta una mentalità per la quale la religione cattolica non è più un deposito consegnato una volta per sempre dagli Apostoli, da custodire gelosamente e trasmettere inalterato, bensì l’arena di libere interpretazioni, fantasiose sperimentazioni, impreviste evoluzioni… Il pontificato attuale non è altro che il punto culminante di una parabola iniziata sessant’anni fa; chi lo esercita è il perfetto campione di un clero rifatto come un prodotto di sintesi, risultato di un esperimento di laboratorio condotto globalmente in seminari, conventi e facoltà teologiche. Tale snaturamento del sacerdozio è stato innescato – per poi incentivarlo ulteriormente – da un processo di sistematica rilettura antropocentrica del cristianesimo, il quale altro non è che una sua deliberata falsificazione in senso immanentistico, celante in sé un consapevole rigetto della trascendenza.
La completa revisione del credo cattolico si fonda su questa scelta e la promuove, con il conseguente rifiuto di Gesù Cristo come Dio fatto uomo, della Scrittura come testo sacro avente lo Spirito Santo per autore principale, della Tradizione come canale della Rivelazione, del Magistero come norma prossima vincolante per la fede e la morale, della Chiesa come società perfetta santa per essenza, della liturgia come culto reso a Dio… in una parola, della dimensione soprannaturale. Conseguenza inevitabile è l’abbandono della vocazione alla santità e di ogni sforzo di santificazione, ridotti a chiacchiere vuote e inconcludenti con cui riempire di vanità cuori fatui, credenti nel nulla perché perfettamente materialisti. È da questo brodo di coltura che vengono selezionati i membri del clero, meglio se inclini alla sodomia: succubi, smidollati e… ricattabili. Il caso MacCarrick è emblematico di una casta malata e in parte putrefatta: vi stupite che sia stato trattato in modo inadeguato da quanti han tutto l’interesse a non far emergere la capillare corruzione in cui sono coinvolti di persona?
Il Signore, Dio geloso e vendicatore, li castigherà a dovere e, se non si convertono, li tratterà come erbaccia completamente rinsecchita di fronte al fuoco: oltre alle punizioni terrene, che includono la loro stessa degradazione morale, per chi resiste ad ogni richiamo c’è l’Inferno. Da parte vostra, non lasciatevi derubare da quella gentaglia dei beni inestimabili di cui godete e che nessuno potrà mai togliervi, se non li perdete per colpa vostra: la fede, la grazia, la compagnia del Cielo. La resistenza, al tempo d’oggi, richiede lo sviluppo di virtù eroiche: e di che vi lagnate, se la Provvidenza ha disposto che vi facciate santi così? Il Signore conosce coloro che sperano in Lui e non soltanto non li delude di certo, ma li colma di favori spirituali e materiali per aiutarli a raggiungere la mèta e ad occupare il posto loro assegnato in Paradiso, con il grado di gloria in vista del quale ognuno è stato creato. Forti di tali certezze e già inizialmente partecipi della condizione futura, qual danno sostanziale potrete patire dai malvagi? A meno che non abbiate già deciso, in cuor vostro, che le cose andranno nel peggiore dei modi… ma dov’è la fiducia in Dio?
Diligite Dominum, omnes sancti eius, quoniam veritatem requiret Dominus, et retribuet abundanter facientibus superbiam. Viriliter agite, et confortetur cor vestrum, omnes qui speratis in Domino (Amate il Signore, voi tutti suoi santi, poiché il Signore ricercherà la verità e retribuirà in abbondanza quanti operano con superbia. Agite virilmente e si rinvigorisca il vostro cuore, o voi tutti che sperate nel Signore; Sal 30, 24-25).
Pubblicato da Elia
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