Il flop di “Economy of Francesco” e l’ecoteologo estremista
Cari amici di Duc in altum, sul recente evento denominato Economy of Francesco vi propongo questo illuminante contributo di Julio Loredo, che mette in luce il ruolo avuto da Leonardo Boff, uno dei massimi esponenti della Teologia della liberazione.
***
Possiamo pure chiamarlo un gioco delle parti. Consiste nel lanciare, per interposta persona di fiducia, idee e tendenze borderline che abbagliano per il loro estremismo, piantano una bandiera oltre i confini dell’accettabile o anche del ragionevole, provocando, scuotendo, diroccando. E, se la maggioranza le rigetta, è sempre possibile lavarsene le mani: “Lasciamo stare… è bravo… magari un po’ esaltato…”, mentre si presentano in alternativa proposte rivoluzionarie che, a confronto con quelle dell’estremista, sembrano all’acqua di rose e, perciò, più accettabili.
Anche quando rigettati dalla maggioranza, i movimenti radicali hanno un ruolo importante nella marcia del processo rivoluzionario. Spiega Plinio Corrêa de Oliveira: “Si direbbe che i movimenti più veloci siano inutili. Ma non è vero. L’esplosione di questi estremismi alza una bandiera, crea un punto di attrazione fisso che affascina per il suo stesso radicalismo i moderati, e verso cui questi cominciano lentamente a incamminarsi. Così, il socialismo respinge il comunismo, ma lo ammira in silenzio e tende a esso. Ancora prima nel tempo si potrebbe dire lo stesso a proposito del comunista Babeuf e dei suoi seguaci negli ultimi bagliori della Rivoluzione francese. Furono schiacciati. Ma lentamente la società sta percorrendo la via sulla quale essi avevano voluto portarla. Il fallimento degli estremisti è, dunque, soltanto apparente. Essi danno il loro contributo indirettamente, ma potentemente, alla Rivoluzione, attirando lentamente verso la realizzazione dei loro colpevoli ed esasperati vaneggiamenti la moltitudine innumerevole dei ‘prudenti’, dei ‘moderati’ e dei mediocri” [1].
È appena terminato il convegno internazionale The Economy of Francesco. Originariamente programmato come un mega-evento ad Assisi, alla fine si è tenuto online per via delle restrizioni sanitarie. Esso ha coinvolto, sotto l’egida di Papa Francesco, decine di relatori e centinaia di partecipanti in un evento che voleva essere storico: intendeva, nientedimeno, che cambiare l’economia del pianeta modificando la stessa mentalità dell’uomo contemporaneo, proponendo un “nuovo sviluppo umano integrale”.
A giudicare dai numeri, pare che l’evento abbia mancato il bersaglio. E di parecchio.
Le riunioni – con uno spiegamento tecnico veramente notevole che collegava centoventi Paesi con traduzione simultanea in varie lingue – non hanno mai raggiunto un numero di ascoltatori consono a un evento di tale portata. Il messaggio del Papa ha avuto poco più di cinquemila visualizzazioni. Vuol dire che non tante persone stanno ascoltando Francesco. Pure l’eco nei media è stata al di sotto di quanto ci si aspettava data l’importanza del promotore.
Alla conferenza, comunque, non è mancato il suo estremista: il teologo brasiliano Leonardo Boff, che sta sempre più assumendo un ruolo di apripista per Papa Francesco. Ispiratore (alcuni dicono co-autore) dell’enciclica Laudato sì’, persona molto vicina all’attuale Pontefice, portavoce di alcune delle sue proposte più audaci, l’ex frate francescano è stato uno dei principali relatori in The Economy of Francesco.
Chi è Leonardo Boff, o meglio Genézio Darci Boff?
Si condanna il peccato, non il peccatore. Quando si tratta, però, di una figura presentata dal Vaticano come mentore di idee e di tendenze che dovrebbero fungere da modello per lo “sviluppo umano integrale”, allora credo sia lecito sollevare il velo della vita privata.
Per anni, ancora frate francescano, Boff mantenne un rapporto equivoco con la sua assistente Márcia Monteiro da Silva Miranda, divorziata e madre di sei figli, militante nei movimenti dell’estrema sinistra brasiliana. Nel 1992, dovendo affrontare nuovi processi disciplinari, Boff scelse di lasciare l’Ordine dei Frati Minori. Senza che gliene fosse stata concessa la necessaria dispensa, egli si dichiarò slegato dall’Ordine e si unì civilmente alla signora Monteiro da Silva, presentata sempre come “compagna”.
Leonardo Boff è meglio conosciuto come uno dei principali alfieri di quella Teologia della liberazione (TdL) condannata da Papa Giovanni Paolo II nel 1984 [2]. La TdL parte dall’analisi dei processi rivoluzionari in corso, e in concreto di quelli che portano verso il comunismo. E per questo ricorre all’analisi marxista. Dichiarava Leonardo Boff: “Ciò che proponiamo non è teologia nel marxismo, ma marxismo, materialismo storico, nella teologia” [3].
Quest’analisi va fatta dall’interno dei processi rivoluzionari. Secondo Boff, il teologo della liberazione deve partecipare attivamente alle rivoluzioni. È il “primato della prassi”, un altro concetto preso dal marxismo: “Il teologo della liberazione non è un intellettuale da salotto. Egli è un teologo militante, situato all’interno della marcia del Popolo di Dio. (…) Egli ha un piede nella riflessione e un altro nella vita della comunità. Questo, anzi, è il suo piede destro” [4].
L’impegno marxista portò Boff ad appoggiare le dittature comuniste del secolo scorso, a cominciare da quella cubana. Nel 1985 un trio di teologi della liberazione — i fratelli Leonardo e Clodovis Boff, insieme al frate domenicano fra Betto — si recarono a Cuba. Le impressioni sul regime di Fidel Castro sono riportate in un’insolita Lettera teologica su Cuba, scritta in nome del trio da Fra Clodovis: “Anche se la presenza della Chiesa è molto debole, quella del Regno è, invece, molto forte. (…) Il Regno di Dio è scritto nelle strutture cubane”. Non potendo negare l’estrema povertà in cui versava l’antica “Perla delle Antille”, cercò di conferirgli un carattere spirituale: “C’è una grande sobrietà e austerità. Mi è piaciuta la vita ridotta all’essenziale. Per me l’austerità è un ideale di vita sociale. (…) Cuba mi è sembrata un’immensa comunità di religiosi che vivono la povertà evangelica” [5].
Alla Lettera teologica su Cuba fece seguito una non meno insolita Lettera teologica sull’Urss», frutto di un viaggio compiuto dallo stesso trio nell’Unione Sovietica nel 1987. E anche qui, i teologi della liberazione notarono i “valori del Regno”: “Troviamo valori del Regno nel socialismo reale sovietico. (…) Lo Spirito Santo mostra la sua presenza nei processi rivoluzionari di liberazione, come la rivoluzione bolscevica del 1917”. E sottolinearono anche la povertà: “È impossibile non paragonare l’Unione Sovietica a un immenso convento, dove le persone vivono una vita sobria”[6].
Per completare il giro delle dittature comuniste, il trio si recò anche nella Cina maoista, elogiando quindi la “vita modesta e ristretta” dei cinesi sotto il socialismo. “Il socialismo non va visto come sinonimo di ricchezza”, osservarono [7].
Per quanto scioccanti possano essere le posizioni socio-politiche di Leonardo Boff, lo è ancor di più la sua ecclesiologia, formalmente condannata dal Vaticano nel 1985: “Le opzioni di L. Boff [in tema di ecclesiologia] sono tali da mettere in pericolo la sana dottrina della fede” [8].
Ciò che Boff propone è una rivoluzione ecclesiale che comporterebbe la fine della Chiesa cattolica come l’abbiamo conosciuta per duemila anni e l’emergere di una nuova Chiesa: “Si sta assistendo, un po’ dovunque, al sorgere di una nuova chiesa, generata nel cuore della vecchia” [9]. Il termine usato per descrivere questa immane metamorfosi è “reinvenzione”. Boff pretende nientemeno che “reinventare” la Chiesa: “La migliore concettualizzazione di questa esperienza ecclesiale è l’espressione ‘reinvenzione della chiesa’. La chiesa sta cominciando a nascere dalla base” [10].
Boff parte da un presupposto modernista formalmente condannato come eretico da san Pio X: “Durante la sua vita, Gesù non ha fondato una chiesa” [11]. Egli invoca a sostegno della sua tesi addirittura lo scomunicato Alfred Loisy: “Alfred Loisy, il modernista, ha formulato bene il problema quando ha scritto, un po’ sconcertato: Cristo ha predicato il Regno di Dio, e invece è venuta la Chiesa”[12].
Secondo Boff, la Chiesa sarebbe stata costituita dagli Apostoli quando si accorsero che il Regno non sarebbe venuto nel loro tempo. La Chiesa sarebbe, dunque, un sostituto transitorio del “progetto originale” di Gesù, un accidente storico senza un’intrinseca ragion d’essere e che può essere quindi cambiata a piacimento: “Gesù non ha predicato la chiesa ma il Regno di Dio. (…) Nella predicazione e nella realizzazione di questo Regno, Cristo ha introdotto delle realtà che più tardi avrebbero costituito il fondamento della chiesa: la scelta dei dodici, l’istituzione del battesimo e della cena eucaristica. Ma tali elementi non costituiscono ancora tutta la realtà della chiesa. La stessa chiesa solo esiste a condizione che il Regno di Dio non venga accolto dai giudei e che Gesù sia rigettato dal popolo. Se il Regno predicato da Cristo si fosse realizzato, non ci sarebbe stato posto per la chiesa. La quale ha essenzialmente una funzione sostitutiva del Regno e deve definirsi, teologicamente, come lo strumento per la realizzazione piena del Regno e come il suo segno di realizzazione reale. (…) La chiesa-istituzione non si basa, come si dice di solito, sull’incarnazione del Verbo, ma sulla fede nel potere degli apostoli, ispirati dallo Spirito Santo” [13].
L’aspetto più controverso della sua ecclesiologia, però, è la proposta di una “Chiesa pneumatica” o “cosmica”.
Dopo aver ripudiato con forza il Magistero della Chiesa, criticando specialmente le encicliche Satis Cognitum di Leone XIII e Mystici Corporis Christi di Pio XII, Leonardo Boff scrive: “L’espressione Chiesa corpo di Cristo dev’essere definita con cura. (…) La chiesa dev’essere pensata non tanto a partire dal Gesù nella carne, quanto e principalmente a partire dal Cristo risorto, identificato con lo Spirito. La Chiesa non ha soltanto un’origine cristologica, ma anche e specialmente pneumatologica (pneuma = Spirito). (…) Essa ha una dimensione dinamica e funzionale, che la definisce in termini di energia, carisma, costruzione del mondo”[14].
La “Chiesa pneumatica” sarebbe una fluida agglomerazione di persone che ricevono ispirazione direttamente dallo “Spirito”, sotto forma di movimenti interni e di “carismi”. Essa non conoscerebbe limiti, non avrebbe né dottrina, né liturgia, né strutture né autorità visibile. Per appartenere a tale Chiesa sarebbe sufficiente seguire le ispirazioni dello Spirito, che soffia dove vuole. Non ci sarebbe più bisogno né di credere a certi dogmi, né di obbedire a una gerarchia, né — a quanto pare — di essere battezzato.
Col titolo La chiesa, corpo del Cristo risorto: sua dimensione cosmica, Leonardo Boff spiega la sua dottrina in merito: “Il carattere pneumatico della chiesa traspare meglio se veniamo ad analizzare l’espressione ‘chiesa è il corpo di Cristo’. Che cosa significa tale formula? Come si è detto, l’espressione porta a confusioni teologiche se si prende il termine ‘corpo’ in senso terrestre (carnale) e non spirituale (pneumatico). Come abbiamo già approfondito, con la resurrezione Cristo da carnale è stato fatto spirituale, cioè il suo modo di esistere in corpo anima e divinità non si è trovato più limitato a un determinato luogo”.
In un linguaggio alquanto arcano, egli trae le ultime implicazioni di tale affermazione: “Ora, come Spirito, egli si trova libero da tutte le coordinate terrestri e acquisisce realmente delle dimensioni cosmiche, aperte alla totalità del reale. Il suo corpo è un ‘corpo spirituale’. Come tale, è presente a tutte le cose. Egli è ‘tutto in tutte le cose’ e niente di ciò che esiste è fuori della sua presenza. Come diceva un testo antico che faceva parlare il Risorto: ‘Ho sollevato la pietra e sto sotto di essa, ho spaccato la legna e sto dentro di essa. Sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi’. Con questo, Cristo risorto ha spalancato tutte le barriere”.
Secondo il teologo brasiliano, Cristo non è carnale bensì “pneumatico” e “cosmico”, una sorta di presenza immanente nel cosmo e indistinguibile da esso, un’energia che scorre dentro tutte le cose. La Chiesa come corpo di Cristo avrebbe, dunque, le dimensioni del Cristo pneumatico, cioè non avrebbe nessun limite: “Cristo risorto ha spalancato tutte le barriere (…), ha abolito ogni separazione. (…) Niente può limitare la sua ineffabile e pneumatica comunicazione. Ma dove si manifesta tale realtà del Cristo? (…) Se il Cristo pneumatico (risuscitato) non conosce più le limitazioni e i limiti chiusi, allora il suo corpo che è la chiesa non può incapsularsi nei limiti della propria dogmatica, riti, liturgia, diritto canonico. La chiesa ha le stesse dimensioni del Cristo risorto. E queste dimensioni sono cosmiche”.
Chi apparterrebbe a questa Chiesa cosmica? Risponde il teologo della liberazione brasiliano: “Tutti gli uomini salvati e che vivono nello Spirito Santo dovrebbero perciò sentirsi membri della chiesa. (…)Nessuno sta fuori della chiesa, perché non esiste nessun ‘fuori’, come nessuno sta fuori della realtà di Dio e del Cristo risorto”[15].
Che cosa intende esattamente l’ex frate francescano quando parla di “Chiesa pneumatica” o “cosmica”? Una Chiesa che sembra abbracciare non solo tutti gli uomini, ma anche le cose inanimate? Una Chiesa governata non da un’autorità visibile, ma da una forza immanente alla comunità stessa e non vista come persona? Sono questioni delicatissime che rimangono senza una risposta soddisfacente. D’altronde ci chiediamo: tale “Chiesa pneumatica” conserverebbe ancora qualche somiglianza con la Chiesa cattolica?
Come tanti suoi confratelli liberazionisti, dopo la caduta dell’Urss e la conseguente fine della prassi rivoluzionaria che lo aveva ispirato per decenni, Leonardo Boff ha dovuto riciclarsi. Lasciandosi alle spalle la militanza comunista, egli si è autoproclamato “ecoteologo”, lanciando quindi l’“Ecoteologia della liberazione”, figlia e continuatrice di quella marxista.
“Al grido dei poveri dobbiamo aggiungere il grido della Terra – proclama adesso l’ex frate francescano – La Terra è un superorganismo vivo denominato Gaia”, che va “liberato” da ogni fattore di “oppressione” [16]. Ed è proprio nella veste di “ecoteologo” della liberazione che egli ha ispirato alcuni capitoli dell’enciclica Laudato Si’. Ed è anche in questa veste che egli è intervenuto nel convegno The Economy of Francesco.
Lasciamo, però, tutto questo per il prossimo articolo.
Julio Loredo
____________
[1] Plinio Corrêa de Oliveria, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Luci sull’Est, Roma 1998, p. 50.
[2] Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Libertatis Nuntius. Istruzione su alcuni aspetti della «Teologia della liberazione», 6 agosto 1984.
[3] Leonardo BOFF, Marxismo na Teologia, in “Jornal do Brasil”, 6 aprile 1980. Per una disanima in profondità della TdL, si veda mio libro «Teologia della liberazione. Salvagente di piombo per i poveri», Cantagalli 2014.
[4] Leonardo Boff e Clodovis Boff, Como fazer teologia da libertação, Editora Vozes, Petrópolis 1986, p. 34.
[5] Clodovis Boff, Carta Teológica Sobre Cuba, São Paulo, Centro de Educação Popular do Instituto Sedes Sapientiae, 1987, pp. 62-63.
[6] Leonardo Boff, O socialismo como desafio teológico, in “Vozes”, 6, novembre-dicembre 1988, pp. 52-53. Cfr. anche Clodovis BOFF, Carta teológica sobre a URSS, in “Revista de Cultura Vozes”, novembre-dicembre 1987, n. 6, p. 13.
[7] Fra BettoO, A Igreja na China, CEPIS, São Paulo 1988, p. 133.
[8] Notificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede circa il volume del Rev. P. Leonardo
Boff, O.F.M. «Chiesa: Carisma e Potere», 11 marzo 1985.
[9] Leonardo Boff, O.F.M., Chiesa: Carisma e Potere, Borla, Roma 1983, p. 109.
[10] Leonardo Boff, Ecclesiogenesis. The Base Christian Communities Reinvent the Church, Orbis Books, New York l986, p. 23. Rimproverando questa posizione, Benedetto XVI affermava nell’udienza generale del 10 marzo 2010: “Sappiamo, infatti, come dopo il Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci fosse un’altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta un’altra, totalmente ‘altra’. Un utopismo anarchico!” (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2010/documents/hf_ben-xvi_aud_20100310_it.html).
[11] Leonardo Boff, Ecclesiogenesis. The Base Christian Communities Reinvent the Church, p. 50.
[12] Ibid., pp. 49-50.
[13] Leonardo Boff, Chiesa: carisma e potere, pp. 241-242.
[14] Leonardo Boff, Chiesa: carisma e potere, pp. 240-241.
[15] Ibid., pp. 250-251.
[16] Leonardo Boff, As Quatro Ecologias: Ambiental, Politica e Social, Mental e Integral, Mar de Idéias, Rio de Janeiro 2013, p. 33.
https://www.aldomariavalli.it/2020/11/25/il-flop-di-economy-of-francesco-e-lecoteologo-estremista/
Il nuovo spirito di Assisi. Economy of Bergoglio & friends
Sotto il marchio “The Economy of Francesco”, si è tenuto nella sede virtuale di Assisi dal 19 al 21 novembre “L’evento internazionale online: Giovani, patto, futuro”. Qualche riflessione a margine.
Partiamo da un presupposto: senza una perfetta e personale conversione a Cristo non c’è sistema economico che possa funzionare decentemente. Di contro, se tutti fossimo perfettamente convertiti potrebbe funzionare egregiamente qualunque sistema economico.
La persona che suo malgrado risiede dall’altra parte dello specchio mi provoca: Beh, passi la prima affermazione, ma questa poi! Anche il comunismo funzionerebbe? Anche il capitalismo?
Attendo un attimo, fingendo l’immersione in profondissimi pensieri per aumentare l’aspettativa. “Certamente”, rispondo al triste figuro. Certamente, ma forse non nel senso immediato che la risposta suggerisce. La risposta affermativa è dovuta al fatto che in un paese di persone perfettamente convertite non può aver luogo nessuna forma di perfetto comunismo, così come nessuna forma di perfetto capitalismo. Dove, sia chiaro, la perfezione delle due ideologie economiche è riferita alla comprovata nocività per l’uomo di cui sono portatrici, in specie proprio quando applicate pedissequamente.
Le due teorie ideologiche, in modalità differenti e più o meno esplicitamente, escludono l’apertura al trascendente (in particolare la prima), e la necessaria sottomissione dell’uomo a leggi superiori (in particolare la seconda). Come si intuirà, la differenza invero è più che altro apparente.
In entrambe, lo ha esposto mirabilmente Hilaire Belloc, i mezzi di produzione finiscono nelle mani di pochi proprietari, e la libertà confiscata. Nel caso del capitalismo i proprietari saranno pochi privati che formeranno un oligopolio tanto più potente quanto meno barriere saranno poste dagli stati nazionali. Nel caso del comunismo si tratterà di pochi funzionari pubblici fedeli al partito; di fatto sempre una manciata di persone, anch’essa tanto più potente quanto meno ostacoli vi saranno all’internazionalizzazione dell’idea.
Quindi rispetto ai cattolici di Assisi e a quelli invece fiduciosi del capitalismo come ti posizioni?
Mi pongo in una posizione dialogante, quasi ecumenica oserei dire, perché sono d’accordo sia con gli uni che con gli altri. Con gli uni (quelli di Assisi), quando affermano che il sistema attuale, sostanzialmente capitalista, non sta dando bella prova di sé (o forse la sta dando fin troppo) e ci sarebbe bisogno di un ripensamento, di una messa in discussione di alcuni fattori.
Sono nondimeno d’accordo con gli altri (quelli liberisti) quando sostengono che senza la conversione personale all’unica vera fede non si va da nessuna parte, e il sistema che ne uscirà non sarà che l’ennesima orribile utopia. Sottolineando, se ce ne fosse bisogno, che la vera conversione qui intesa non ha nulla a che vedere con quella “conversione ecologica” che tanti fedeli lascia comprensibilmente sgomenti.
Ha ragione chi ritiene che l’abitudinario “si è sempre fatto così” sia un pensiero debole, ma sarebbe più completo se ricordasse anche che la ricerca spasmodica della novità, del “non si è mai fatto così, per cui di sicuro è meglio”, sia spesso in misura ancor minore garanzia di cosa buona e giusta. Il primo sembra sulla buona strada quando sostiene che “urge una diversa narrazione economica”, ma qualche problema sorge se s’intende questa nuova narrazione corrispondente a quella di Jeffrey Sachs, il maestro di “sviluppo sostenibile”, “crescita inclusiva”, “felicità globale”, tutte cose sulla carta bellissime, se solamente non fossero formule esteticamente accettabili che nascondono ben altri indicibili progetti. Sachs, per capirci, è quello che nel suo libro Il bene comune. Economia per un pianeta affollato “ha lanciato un appello per legalizzare l’aborto come un modo conveniente per eliminare i “bambini indesiderati” quando la contraccezione fallisce”.
Sarà questa la “mistica del bene comune” che ci ha invitato a riscoprire chi ha tirato le somme concludendo l’evento economico multicolor e covid-free di Assisi, guardandosi bene dallo specificare cosa intendeva? Perché la tattica, ormai la conosciamo bene, sembra proprio questa: gettare sul piatto suggestive espressioni come “cultura dell’incontro”, “avviare processi, tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze” e “mistica del bene comune”, lasciando che a fare il lavoro sporco, ovvero riempire queste vuote parole di contenuti aberranti, sia gente come Sachs.
Concordo con i simpatizzanti liberisti quando promuovono una società meritocratica in cui chi voglia migliorare la propria condizione sociale debba arrotolarsi le maniche e darsi da fare senza aspettarsi che la manna cada dal cielo. Nondimeno c’è da considerare che vi debbano essere le condizioni strutturali basilari a far sì che ciò sia reso possibile alla maggior parte di coloro che ne abbiano l’intenzione, le capacità, la spinta; tenendo presente che non si può ambire a salvare il mondo intero quando già è parecchio complicato far funzionare le cose a casa propria. Perciò è da considerare seriamente la costruzione di muri, metaforici e non, dove sia necessario; oltre ad abbattere ponti con quelle società che si manifestino incompatibili non tanto con i valori occidentali (che non si sa bene quali siano), quanto con la civiltà cristiana di un tempo che fu. Siamo d’accordo, d’accordo con tutti, anche se forse queste ultime idee non le considerano né gli uni né gli altri.
Opportunamente, gli amici capitalisti hanno ben presente la praticissima teologia del peccato originale, che espongono alla base del loro sistema e come motore dell’agire umano al fine del proprio interesse e collateralmente di quello del resto della società. La parte opposta su questo aspetto è indietrissimo, si dice progressista ma è rimasta in epoca pre-cristiana, vorremmo dire selvaggia: colpevolmente lo ignora, o dolosamente non ci crede. È pur vero che lo stesso peccato originale, ben impiegato dai capitalisti, disgraziatamente non si pone limiti, e non si ferma a ciò che torna essi utile ad avallare la loro idea, ma volentieri va oltre, consentendo al capitalista di diventare finanziere d’assalto, al dirigente di diventare un esoterico CEO, all’azienda di diventare multinazionale intergalattica, al prestatore di diventare usuraio, al bancario di provincia di diventare banchiere europeo o global investor. E “i padroni del mondo” si riducono sempre più di numero. Vuoi vedere che alla fine ne rimarrà solo uno?
I simpatici liberisti hanno ragione, ma perché il capitalismo non funziona in nessun luogo se non c’è dall’altra parte uno stato pesante a limitarne i danni e compensarne le storture? La qual cosa, tra l’altro, è sempre più complicata da fare viste le dimensioni dei colossi industriali, tecnologici o finanziari che movimentano cifre non più alla portata di molte nazioni.
Comunque siamo ancora d’accordo con i convenuti virtualmente in Umbria che sia assolutamente necessario “non separare l’economico dall’umano”, solo aggiungendo una modesta postilla secondo la quale ciò è integralmente inutile se poi si separa l’umano dal divino. E purtroppo non ci stupisce più che a non fare questo collegamento sia addirittura la chiesa (la Chiesa non potrebbe). Il “non separare l’economico dall’umano” a modo loro lo avevano messo in pratica anche Marx e i comunisti da una parte, anche Bernard de Mandeville, Adam Smith e i liberisti dall’altra.
Non separare l’economico dall’umano, né l’umano dal divino (quindi nemmeno l’economico dal divino) lo aveva fatto invece Leone XIII, che non aveva espresso un generico pietismo umanitarista verso le classi povere quando scriveva nella Rerum Novarum: Defraudare poi la dovuta mercede è colpa così enorme che grida vendetta al cospetto di Dio.
E quando parlava di Carità come “regina delle virtù sociali” non intendeva certo un insipido buonismo assistenzialista: Ciascuno faccia la parte che gli spetta e non indugi, perché il ritardo potrebbe rendere più difficile la cura di un male già tanto grave. I governi vi si adoperino con buone leggi e saggi provvedimenti; i capitalisti e padroni abbiano sempre presenti i loro doveri; i proletari, che vi sono direttamente interessati, facciano, nei limiti del giusto, quanto possono; e poiché, come abbiamo detto da principio, il vero e radicale rimedio non può venire che dalla religione, si persuadano tutti quanti della necessità di tornare alla vita cristiana, senza la quale gli stessi argomenti stimati più efficaci si dimostreranno scarsi al bisogno.
È da questa enciclica, grazie a due intellettuali del calibro di Chesterton e il citato Belloc, che nel secondo decennio del secolo scorso prese l’avvio il tentativo di produrre un pensiero in materia economico-sociale attenentesi il più possibile alla dottrina cristiana e alla legge naturale, pensiero noto come distributismo, in base all’idea difficilmente aggirabile che Se soffri perché la proprietà è limitata a pochi, puoi modificare questo fattore del problema mettendo la proprietà nelle mani di molti, o mettendola nelle mani di nessuno. Non esiste una terza via.
Come accennato all’inizio, i due tipi di internazionalismo, quello presunto proletario e quello a noi oggi più familiare di tipo industrialista, infelicemente noto come globalismo, hanno lo spiacevole inconveniente, rispettivamente, di mettere la proprietà dei mezzi di produzione nelle mani di nessuno e di limitarla a sempre meno e sempre più distanti quanto inaccessibili centri di potere.
Ma non divaghiamo troppo; ho iniziato ecumenicamente, ed ecumenicamente vorrei concludere.
Ad Assisi, da ciò che s’è capito, è andato tutto secondo copione. Tutto bene, per carità, ma se posso fare un piccolo appunto ho avvertito solamente la trascurabile assenza di un aspetto: l’Essenziale.
Benissimo anche gli strenui critici di Assisi che hanno denunciato la pericolosità dell’ambientalismo, del malthusianesimo, e l’estraneità dell’evento dalla Dottrina Sociale della Chiesa (giusto un dettaglio, visto che il tema avrebbe dovuto essere proprio quello), ma se potessi avanzare anche a costoro una leggerissima perplessità nel fatto che il sistema in cui siamo immersi non sia esattamente il migliore dei mondi possibili o poco meno, per cui ci sia solo qualche lieve aspetto collaterale da migliorare, lo farei. L’ho appena fatto.
Marco Manfredini
Novembre 24, 2020
https://www.ricognizioni.it/il-nuovo-spirito-di-assisi-economy-of-bergoglio-friends/
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.