Nazismo progressista: la primula come stella gialla al contrario
Lo spin doctor Marco Venturini sul blog del Fatto Quotidiano propone di far indossare il simbolo della primula a chi si vaccinerà per promuovere l'esclusione sociale di chi non vorrà vaccinarsi. Il simbolo del fiore rischia di divenire una sorta di stella gialla al contrario per ghettizzare ed escludere chi dissente, spingendo gli indecisi a sottoporsi per imbarazzo e senso di colpa al vaccino.
20 Dicembre 2020 15 Commenti
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra giusto e opportuno condividere con voi queste riflessioni che Giovanni Formicola ha inviato a un gruppo di amici. Sono una riflessione lucida e spassionata sulla realtà, sulle bugie, sulle isterie e sulle voglie di ducettismo che si sta spargendo come una vera e propria pandemia – quella più pericolosa del Covid – a tutti i livelli di potere nella nostra politica. In particolare nei personaggi di una sinistra – vedi il partito Democratico, vedi LEU – che più perdono consensi, più duceggiano a sproposito. Povero Paese, poveri noi, in mano ad avventurieri corrotti, bugiardi e incapaci. Senza che i grandi giornali svolgano un minimo, ma veramente minino lavoro che non sia di adulazione del potere e di diffusione di un terrore cieco, abdicando cosa una qualsiasi forma di decenza professionale. Buona lettura.
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E’ ufficiale.
Ho atteso un po’ di più dei canonici quindici giorni d’incubazione – siamo a venticinque – per affermarlo senza più tema d’essere smentito.
Ci hanno privato della Messa e quindi di Dio, rinchiusi, segregati, distanziati, mascherati, rovinati, contro ogni diritto naturale e positivo. Ma anche inutilmente. La terroristica narrativa che tanto odio o almeno diffidenza sociale ha generato, secondo la quale possiamo “salvarci” da una brutta influenza, la cui letalità – a tutto voler concedere – non supera da nessuna parte lo zero virgola zero qualcosa, solo mascherati, chiusi in casa, distanziati, segregati, impoveriti e senza atti pubblici di culto, è stata clamorosamente smentita.
Il 25 e 26 novembre scorsi, a Napoli e provincia (non propriamente, con tutto il rispetto, Scurcola Marsicana), decine e decine di migliaia di persone, forse complessivamente qualche centinaio di migliaia, si sono accalcate, smascherate, abbracciate cantando e zompando (nugoli di particelle droplet nell’aria), per ore e ore, ben oltre le 22:00, per celebrare Maradona, appena scomparso. Altro che presenza dei fedeli in chiesa, “assembrata” o non che sia.
Quell’uomo là, quello che voleva mandare i lanciafiamme ad una festa di laurea, s’è ben guardato di proferir verbo di condanna – sapeva bene quanta impopolarità gliene sarebbe derivata -, e nessun’altra autorità è intervenuta, né censurando, né disponendo la dispersione delle folle.
S’è inaugurato una sorta di “maradonamente corretto”, al di là del bene e del male sanitario.
Ora, in quei due giorni il dato dei contagi registrava circa tremila positivi in Campania. Se anche minimamente avessero ragione i ducetti del CTS e i loro manutengoli politicanti su distanze, assembramenti, mascherine, coprifuochi etc., ad oggi avremmo dovuto registrare un pauroso picco del dato della positività, graficamente rappresentabile come quello dei voti per Biden, signo dato, a una certa ora della notte degli scrutini. Ed invece siamo a meno di mille positivi, che com’è noto non vuol dire tutti ammalati, e tant’è: non duemila in più, ma duemila in meno.
Sempre rimanendo a Napoli, con espressione propria del mio popolo, nun c’è bisogno ‘a zingara (non c’è bisogno della zingara) per capire che siamo ingannati ogni giorno da misure tanto vessatorie quanto inutili e ingiustificabili. Con le quali ci stanno togliendo anche il Natale e il suo tempo magico per le famiglie (ma se pensano ch’io non vedrò le mie nipotine, e in ben più di sei a tavola, si sbagliano di grosso). Misure che non hanno nessuna incidenza sulla diffusione del contagio. Come, al di là del ragionevole dubbio, ha dimostrato la loro violazione di massa senza conseguenze in occasione della maradoneide (anche in Argentina, e molto di più), con la dimostrazione più attendibile, quella empirica, quella dei fatti. Togliersi la maschera, e tornare a vivere, non fa male, non può far male, anzi. Napoli l’ha provato, anche se per una causa discutibile.
Un’ultima osservazione, rivolta ai nostri uomini di Chiesa, di qualunque rango, e più in generale a tutti fedeli. Sarebbe bene che tutti riflettessimo al fatto che la motivazione d’una causa percepita buona e alta vince la vile paura di ammalarsi e di morire. Peccato che questa causa, oggi, non sia rinvenuta nella fede, nel culto, nell’Eucaristia, ma nell’omaggio alla memoria di Maradona. E così, le folle, anziché fuori le chiese a reclamare il diritto e il dovere del culto, nonché la Messa di mezzanotte per il Natale, hanno “celebrato” la loro maradoneide fuori lo stadio, che adesso non è più intitolato a san Paolo.
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