"La Chiesa dica no all'uso dei vaccini da cellule di feti abortiti"
Gianluca Martone da anni organizza manifestazioni di fronte agli ospedali del centro e del sud d'Italia in difesa della vita e contro la "cultura della morte". "Tempo fa ho avuto una vera e propria "chiamata" che mi ha dato il coraggio per iniziare e poi proseguire questa battaglia di civiltà; per questo ho ancora la forza di resistere di fronte alle tante persecuzioni che in automatico subiscono quelli che- come me- si schierano senza ambiguità contro l'aborto"
https://www.youtube.com/watch?v=-75Pd8ufBcU
Il vaccino nel messaggio di Natale di Papa Francesco: "Sia per tutti, vulnerabili e bisognosi al primo posto"
Il vaccino, le guerre, le violenze e gli effetti della pandemia nel messaggio di Natale e nella benedizione Urbi et orbi di Papa Francesco
Il vaccino, le guerre, le violenze e gli effetti della pandemia nel messaggio di Natale e nella benedizione Urbi et orbi di Papa Francesco
Il messaggio natalizio di Papa Francesco di quest'anno è stato incentrato sui temi più caldi della pandemia, con un sottofondo di speranza e di ottimismo per affrontare i prossimi passi di questo cammino guardando prima agli altri che a se stessi.
Il Pontefice si appella alla carità cristiana e si rivolge ai governanti del pianeta, perché "non possiamo lasciare che ci chiudiamo nei nazionalismi, nell'individualismo". Nel suo messaggio c'è spazio anche per il vaccino, di cui sono arrivate oggi le prime dosi, considerato come la luce in fondo al tunnel della paura degli ultimi mesi: "Non posso mettere me stesso davanti agli altri, le leggi dei brevetti sopra le leggi dell'umanità. Prego tutti di promuovere la cooperazione e non la concorrenza e di cercare vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi, loro al primo posto".
Il Santo Padre chiede ai fedeli di superare gli individualismi nella sua benedizione Urbi et orbi. "Grazie a questo Bambino, tutti possiamo chiamarci ed essere realmente fratelli: di ogni continente, di qualsiasi lingua e cultura, con le nostre identità e diversità, eppure tutti fratelli e sorelle", ha detto Papa Francesco, perché "in questo momento storico, segnato dalla crisi ecologica e da gravi squilibri economici e sociali, aggravati dalla pandemia del coronavirus, abbiamo più che mai bisogno di fraternità". Ha ricordato ai cristiani che "siamo tutti sulla stessa barca. Ogni persona è un mio fratello. In ciascuno vedo riflesso il volto di Dio e in quanti soffrono scorgo il Signore che chiede il mio aiuto. Lo vedo nel malato, nel povero, nel disoccupato, nell'emarginato, nel migrante e nel rifugiato". Ha pregato per i Paesi in guerra, per il Libano, per il Venezuela, per l'Armenia e per tutti quei Paesi che, oltre alla pandemia, stanno affrontando anche altre sfide interne, politiche e civili.
Il Pontefice ha invitato a pensare che "il dolore e il male non sono l'ultima parola. Rassegnarsi alle violenze e alle ingiustizie vorrebbe dire rifiutare la gioia e la speranza del Natale". Ed è "a quanti non si lasciano sopraffare dalle circostanze avverse, ma si adoperano per portare speranza, conforto e aiuto, soccorrendo chi soffre e accompagnando chi è solo", che Papa Bergoglio ha voluto rivolgere un pensiero particolare. Nelle sue preghiere di quest'oggi ci sono anche, e soprattutto, le famiglie, "quelle che oggi non possono ricongiungersi, come pure quelle che sono costrette a stare in casa".
È stato un messaggio onnicomprensivo quello di Papa Francesco ai fedeli nel giorno di Natale: "Il Bambino di Betlemme ci aiuti allora ad essere disponibili, generosi e solidali, specialmente verso le persone più fragili, i malati e quanti in questo tempo si sono trovati senza lavoro o sono in gravi difficoltà per le conseguenze economiche della pandemia, come pure le donne che in questi mesi di confinamento hanno subito violenze domestiche".
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Dopo la pubblicazione della “Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19” rilanciamo alcuni pareri in merito utili ad un approfondimento della questione.
“Se fossero disponibili alternative moralmente non problematiche, si dovrebbe rifiutare qualsiasi cosa prodotta o testata utilizzando linee cellulari realizzate da feti abortiti per onorare la dignità intrinseca della vittima abortita. Rimane la domanda: è sempre e ovunque sbagliato per una persona avvalersi di questo beneficio se non sono disponibili alternative?”
Su questo riflette Janet E. Smith, Ph.D., professoressa di teologia morale in pensione, in un articolo pubblicato sul National Catholic Register. Eccolo nella mia traduzione.
Nonostante sia meraviglioso avere i vaccini contro il virus COVID-19 così presto, ci sono purtroppo motivi per cui alcuni – se non molti – sceglieranno di non riceverli. Alcuni sono preoccupati per gli effetti collaterali; altri credono che la pandemia sia eccessivamente pubblicizzata e che venga usata dalle forze del male per esercitare un controllo sociale. (Queste preoccupazioni meritano di essere prese in considerazione, ma non sono il punto di questo saggio).
Dal momento che tutti i vaccini attualmente disponibili hanno fatto un certo uso (o nella produzione o nei test) di linee di cellule fetali sviluppate da tessuti prelevati da bambini uccisi nel grembo materno, la maggior parte delle obiezioni hanno a che fare con la possibilità di essere moralmente colpevoli del male dell’aborto.
Quasi tutte le autorità morali della Chiesa che hanno rilasciato dichiarazioni sulla moralità dell’uso di tali vaccini hanno stabilito che il loro uso comporterebbe solo una cooperazione materiale remota con il male, una cooperazione che è moralmente accettabile quando i benefici da ottenere sono proporzionati. Il Vaticano ha recentemente esposto una giustificazione basata sulle categorie tradizionali del pensiero morale cattolico e ha incoraggiato le persone a ricevere il vaccino per il bene comune.
Pur rispettando lo stretto e attento ragionamento del documento vaticano e di molti altri, penso che il principio della cooperazione con il male agli attuali vaccini COVID-19 non sia applicabile in questo caso, anche se è una comune applicazione errata. Io (e altri) credo che la categoria “cooperazione con il male” si applichi giustamente solo alle azioni alle quali il proprio “contributo” viene dato prima o contemporaneamente all’azione compiuta. Parlare di contributo a un’azione compiuta significa parlare in modo impreciso. Come posso contribuire a qualcosa che è già accaduto? Come può l’accettazione di un beneficio da un’azione passata essere un “contributo” all’azione stessa? Non posso volere che qualcosa che è stato fatto sia fatto o non sia fatto. Né posso contribuire ad essa, anche se certamente posso essere d’accordo o obiettare che quell’azione sia stata fatta. Che io abbia contribuito o meno, dovrei certamente rendere note le mie obiezioni riguardo all’azione stessa.
Il fatto che l’uso di vaccini provenienti da linee cellulari fetali abortite non sia una forma di cooperazione con il male non significa, tuttavia, che non sia moralmente problematico usarli.
Alcuni moralisti parlano ora più precisamente di “appropriazione” o di ciò che è stato conosciuto come “beneficiare di guadagni illeciti”. Si tratta di un principio che permette di beneficiare di prodotti a basso costo realizzati in paesi che sfruttano i loro lavoratori, di venerare le reliquie, fino a utilizzare gli organi delle vittime di omicidi. Quando possiamo evitare tali azioni, dovremmo farlo, ma a volte è morale trarre beneficio dalle azioni malvagie del passato (si ipotizzi il caso di imbattersi in un corpo di un uomo assassinato i cui organi siano ancora buoni per un trapianto per salvare la vita di un altro, sarebbe morale il loro utilizzo?, ndr) .
Alcuni pensano che non sia morale farlo nel caso dei vaccini provenienti da linee cellulari fetali abortite. Pensano che i benefici non siano proporzionati al disprezzo per la vita umana fetale coinvolta nell’uso di tali vaccini.
La dichiarazione più forte contro l’uso dei vaccini da parte dei vescovi Athanasius Schneider e Joseph Strickland et alii si avvicina di più a tale affermazione… La loro dichiarazione non contesta esplicitamente che la cooperazione con l’uso dei vaccini COVID-19 attualmente disponibili sia molto remota; piuttosto, insistono sul fatto che la lontananza della cooperazione sia irrilevante. Ecco il punto cruciale della loro dichiarazione:
“Il principio teologico della cooperazione materiale è certamente valido e può essere applicato a tutta una serie di casi (ad esempio, nel pagamento delle tasse, nell’uso di prodotti realizzati con il lavoro degli schiavi, e così via). Tuttavia, questo principio difficilmente può essere applicato al caso di vaccini ottenuti da linee cellulari fetali, perché coloro che consapevolmente e volontariamente ricevono tali vaccini entrano in una sorta di concatenazione, anche se molto remota, con il processo dell’industria dell’aborto. Il crimine dell’aborto è talmente mostruoso che qualsiasi tipo di concatenazione con questo crimine, anche molto remoto, è immorale e non può essere accettato in nessuna circostanza da un cattolico una volta che ne sia pienamente consapevole. Chi usa questi vaccini deve rendersi conto che il suo corpo sta beneficiando dei “frutti” (anche se rimossi attraverso una serie di processi chimici) di uno dei più grandi crimini dell’umanità”.
In breve, sostengono che l’uso dei vaccini comporti una “concatenazione, anche se molto remota, con il processo dell’industria dell’aborto” che lo renda immorale poiché si trarrebbe beneficio dai frutti “di uno dei più grandi crimini dell’umanità”.
Sono d’accordo con i vescovi Schneider e Strickland che l’aborto è un caso speciale perché il crimine abominevole dell’aborto rende quello che dovrebbe essere il luogo più sicuro sulla terra – il grembo materno – uno dei luoghi più insicuri della terra. Inoltre, ha un’accettazione talmente diffusa che è legale quasi ovunque. L’umanità del nascituro, anche se facilmente stabilita scientificamente, non è riconosciuta né dalla legge né dalla medicina. Se fossero disponibili alternative moralmente non problematiche, si dovrebbe rifiutare tutto ciò che viene fatto con linee cellulari ricavate da feti abortiti per onorare la dignità intrinseca della vittima abortita. Rimane la domanda: è sempre e ovunque sbagliato per una persona avvalersi di questo beneficio se non sono disponibili alternative? In altre parole, è un assoluto morale che non si possa mai ricevere il beneficio, indipendentemente dal bisogno o dalle circostanze?
In un convincente saggio padre Matthew Schneider elenca 12 diversi casi – molti dei quali macabri e orribili come l’aborto – in cui la cooperazione con il male è meno remota di quella con l’aborto nel contesto dei vaccini COVID-19. Egli sottolinea che la maggior parte di noi vive abbastanza comodamente con questi mali. Infatti, le stesse linee cellulari utilizzate per sviluppare i vaccini COVID-19 sono state usate in molti altri vaccini e utilizzate per altri scopi medici come il cancro. I funzionari della Chiesa non hanno rilasciato dichiarazioni contro tutti questi casi di cooperazione con il male. Affermare, come hanno fatto alcuni leader pro-vita, che ricevere benefici dai vaccini basati su linee cellulari provenienti da feti abortiti sia intrinsecamente immorale, contraddice il giudizio morale, da lungo tempo e recentemente reiterato, dei leader e dei moralisti della Chiesa, secondo cui non è immorale usare guadagni mal ottenuti quando i benefici sono proporzionati.
Io credo che se i vaccini sono efficaci e sicuri come si dice, i benefici saranno enormi e proporzionati: si salveranno delle vite, l’economia potrebbe riprendersi e noi potremmo tornare alle nostre vite normali. Questi sono benefici molto significativi che probabilmente bilanciano qualsiasi connessione che i vaccini hanno con l’aborto, specialmente se intensifichiamo le nostre obiezioni all’aborto e all’uso di linee cellulari dall’aborto.
Il vescovo Strickland ha continuato a parlare contro il collegamento dei vaccini con l’aborto, cosa che la dichiarazione del Vaticano sollecita, ma pochi leader della Chiesa lo fanno. Ciononostante, egli riconosce che altri possono discernere che dovrebbero usare i vaccini:
“Non accetterò un vaccino la cui esistenza dipende dall’aborto di un bambino, ma mi rendo conto che altri possono discernere la necessità di un’immunizzazione in questi tempi straordinariamente difficili. DOVREMO esprimere un forte e unitario grido alle aziende affinché smettano di sfruttare questi bambini per la ricerca! Basta!”
Anche se è moralmente lecito usare i vaccini secondo alcuni principi, la nostra volontà di usarli non mina forse la nostra opposizione all’aborto? Non siamo forse favorevoli all’aborto se siamo disposti a utilizzare prodotti sviluppati attraverso linee cellulari provenienti da feti abortiti?
La dichiarazione del Vaticano insiste: “L’uso lecito di tali vaccini non implica e non dovrebbe in alcun modo implicare che ci sia un’approvazione morale dell’uso di linee cellulari provenienti da feti abortiti”. A sostegno di questa affermazione cita la Dignitas Personae, n. 35:
“Quando l’illecito è avallato dalle leggi che regolano il sistema sanitario e scientifico, occorre prendere le distanze dagli aspetti iniqui di tale sistema, per non dare l’impressione di una certa tolleranza o accettazione tacita di azioni gravemente ingiuste. Ciò infatti contribuirebbe a aumentare l’indifferenza, se non il favore con cui queste azioni sono viste in alcuni ambienti medici e politici.”.
Il problema è, naturalmente, che, nonostante le nostre proteste contrarie, sembra impossibile evitare di dare “l’impressione di una certa tolleranza o tacita accettazione dell’azione gravemente ingiusta dell’aborto”. A questo proposito, una maggiore leadership da parte dei nostri vescovi è molto necessaria allo scopo di chiarire l’opposizione della Chiesa – come mettere annunci a pagina intera sui principali giornali, usare i social media per protestare contro l’uso delle linee cellulari dei feti abortiti nello sviluppo di trattamenti medici, e lanciare una campagna di lettere alle aziende farmaceutiche e ai legislatori. C’è molto che si può e si deve fare.
Questa sembra essere la situazione scomoda in cui ci troviamo:
1) Le autorità ecclesiastiche che utilizzano i principi della teologia morale tradizionale ci insegnano che è morale usare gli attuali vaccini COVID-19 e che sarebbe al servizio del bene comune farlo.
2) Ci dicono che possiamo mitigare la falsa impressione che il nostro uso dei vaccini, facendo conoscere le nostre obiezioni… ma non fanno molto in questo senso. E, francamente, questo è scandaloso e di fatto è uno dei fattori che porta alcuni altri leader e alcuni pro-vita a voler rifiutare qualsiasi uso dei vaccini.
3) Altri leader della Chiesa – che molti di noi sono arrivati a rispettare come voci profetiche – ci esortano a non usare i vaccini come un modo per protestare contro i milioni di nascituri uccisi ogni anno in tutto il mondo.
Poiché ricevere il vaccino attuale non è intrinsecamente immorale, credo che i lavoratori in prima linea, come gli operatori sanitari, e coloro che sono ad alto rischio di morire a causa del virus sarebbero perfettamente giustificati nel ricevere i vaccini e probabilmente hanno anche l’obbligo di farlo. Allo stesso tempo, devono trovare un modo per chiarire che è imperativo che le linee cellulari non provenienti da feti abortiti siano sviluppate per l’uso nella ricerca medica. Una campagna pubblica da parte degli operatori sanitari che spieghi perché sono disposti ad usare i vaccini, ma che sottolinei anche la necessità di vaccini prodotti in modo etico, sarebbe molto potente.
Coloro che hanno una probabilità molto bassa di morire a causa del COVID-19 (e cioè praticamente tutti coloro che hanno meno di 60 anni o giù di lì, senza i fattori di rischio sottostanti identificati dalla comunità medica) dovrebbero seriamente prendere in considerazione la possibilità di non prenderlo in questo momento. Ma dovrebbero fare attenzione a non dare l’impressione che ricevere il vaccino sia moralmente sbagliato in tutti i casi e dovrebbero prendere tutte le altre dovute precauzioni per assicurarsi che non contribuiscano alla diffusione del virus. Dovrebbero spiegare che, pur desiderando fortemente ricevere un vaccino che protegga se stessi e gli altri, non credono che il rischio sia elevato. Soprattutto, in coscienza credono che ci sia anche la necessità di testimoniare l’umanità dei nascituri il cui valore è troppo spesso considerato trascurabile nel nostro mondo, vite per le quali si dovrebbe fare qualche sacrificio.
Tutti noi dobbiamo sperare e pregare che presto, molto presto, i vaccini non sviluppati da linee cellulari di feti abortiti siano disponibili, e che presto, molto presto, l’aborto diventi un ricordo del passato.
Di Sabino Paciolla|
https://www.sabinopaciolla.com/sulla-moralita-dei-vaccini-covid-19/
Si salvi chi può!
Abbiamo anticipato, con la nostra verve ciceroniana, delle prime impressioni al discorso di fine anno del Santo Padre alla Curia romana, commentando il breve video apparso in Internet, che citava una delle frasi finali e conclusive del discorso [Gli auguri modernisti – 21 dicembre 2020]. Certamente è un discorso programmatico, come lo fu quello del 2005, di Benedetto XVI. La prosa di Benedetto verosimilmente autografa, è vivacemente drammatica, mentre quella di Francesco probabilmente prodotta da un writer, invero stanca e senza verve letteraria, diluita in sillogismi complessi e incentrati su concetti psico-sociologici, con richiami impacciati alla teologia e alla storia della Chiesa.
Il discorso parte dalla citazione iniziale di Hannah Arendt, definita filosofa ebrea: “Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale, ‘naturale’ rovina è in definitiva il fatto della natalità”. Con quella precisazione della contrapposizione con il pensiero di Heidegger, suo maestro e amante, che scoprì avere avuto rapporti con il nazismo. Un presupposto chiarificatore fin dall’inizio e che condisce di politica, il richiamo poetico e teologico. Ed il mistero della incarnazione è spunto per dare il messaggio sostanziale del discorso alla curia romana: essere “disarmati, umili, essenziali”, realizzando il programma suggerito da San Paolo.
La successiva serie di citazioni sulla umiltà, a dire il vero, non rende ragione dei modi di Francesco, primus inter pares, secondo il modo romano di Augusto, se noi facessimo un parallelo tra il collegio cardinalizio e la curia romana imperiale. Perché Francesco licenzia in venti minuti suoi pari, cardinali, senza motivo e senza spiegazione plausibile, a tutt’oggi misteriosamente non spiegata [Lettera aperta ai giornalisti liberi e forti sul “caso Becciu” diventato “caso L’Espresso” – 22 dicembre 2020]. L’essere disarmati evidentemente vale per tutti meno che per lui. È da questa ambiguità di fondo che l’invito perde il senso della naturale raccomandazione per divenire velata minaccia.
Il discorso quindi si incammina nell’approfondimento della crisi pandemica, definita come una tempesta “che smaschera la nostra vulnerabilità”. “Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’ sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli”.
È incredibile come in tutta la successiva argomentazione non si fa nessun riferimento ai principi identitari cattolici, il discorso è tutto sociologico, per arrivare alla affermazione finale di fede sulla fraternità. Secondo i più tipici sillogismi massonici. Talchè la successiva citazione della Provvidenza ha un sapore paradossale: ”La Provvidenza ha voluto che proprio in questo tempo difficile potessi scrivere Fratelli tutti, l’Enciclica dedicata al tema della fraternità e dell’amicizia sociale”. Tra i membri della Sacra Famiglia, Pastori, Magi, etc. si stabilirebbe una nuova complicità. Questa sarebbe insomma la dimensione della fede, la complicità (dei compagni comunisti?).
La successiva spiegazione del senso della Enciclica Fratelli tutti è: “Com’è importante sognare insieme! […] Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è”. Una spiegazione della fede cattolica ancora tutta sociologica, tutta incentrata sulla dimensione umana. Fuori di ogni complessità teologica. Nella sua semplicità anche grottesca.
Seguono quindi tutta un’altra serie di capoversi, dalla forma letteraria involuta, a spiegazione del concetto di crisi (ancora un tema psico-sociologico), con esemplificazioni riferite a personaggi biblici, fino a Gesù. Tutta una serie di interpretazioni ardite e inedite.
Quindi, il discorso della crisi si porta sulle vicende curiali, facendo la distinzione tra crisi e conflitto. E qui ci riallacciamo all’ammonimento-minaccia iniziale, che si riferiva all’essere docili. “Solo morendo a una certa mentalità riusciremo anche a fare spazio alla novità che lo Spirito suscita costantemente nel cuore della Chiesa”. “Sotto ogni crisi c’è sempre una giusta esigenza di aggiornamento: è un passo avanti”.
Insomma, le critiche dei cardinali che non condividono le posizioni di Francesco, rientrerebbero nella categoria di conflitto, mentre le sue epurazioni sommarie, sarebbero il segno della crisi che esprimono la giusta esigenza di aggiornamento. “Ma se vogliamo davvero un aggiornamento, dobbiamo avere il coraggio di una disponibilità a tutto tondo; si deve smettere di pensare alla riforma della Chiesa come a un rattoppo di un vestito vecchio, o alla semplice stesura di una nuova Costituzione apostolica. La riforma della Chiesa è un’altra cosa”. E continua: non si tratta di “rattoppare un abito”, ma siamo chiamati a rivestire con un vestito nuovo quel medesimo Corpo, affinché appaia chiaramente che la Grazia posseduta non viene da noi ma da Dio.
Il progetto insomma è chiaro, cambiare radicalmente seguendo il concetto di crisi (tipicamente massonico) con l’avvertimento chi si provasse a opporre, sarebbe tacciato di conflittualità.
E superato il pleonastico e ambiguamente dissonante richiamo alla tradizione (nello stile modernista) arriviamo alla parte terminale, al suggello del discorso, da me già anticipato nel precedente articolo, in cui – per chi si fosse dimenticato – viene ribadito che tutti debbano intendersi solo servi inutili, con citazione al Vangelo di Luca. La dove nel Vangelo di Luca il termine inutile non ha nessuna attinenza a questo contesto. Intendendosi servi che hanno già dato quello che dovevano dare. Quando invece in questo contesto, il “solo inutile” ha un valore pervicacemente annichilitorio.
Un perentorio invito a smetterla di sollevare il conflitto, per essere aperti alla crisi, ovvero ai cambiamenti che Sua Maestà Francesco vorrà apportare! “Non vi sia nessuno che ostacoli volontariamente l’opera che il Signore sta compiendo in questo momento, e chiediamo il dono dell’umiltà del servizio affinché Lui cresca e noi diminuiamo (cfr Gv 3,30)”.
Più chiari di così! Come i compagni cinesi!
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