Dermot Pius Farrell è stato nominato vescovo da Papa Francesco il 3 gennaio 2018. Lo stesso Pontefice lo ha nominato arcivescovo di Dublino, la capitale dell’Irlanda, quindi la sede più importante del paese, il 29 dicembre 2020. Farrell, qualche giorno dopo la nomina ad arcivescovo ha rilasciato un’intervista all’Irish Times in cui si dichiara favorevole alle donne diaconi e ai sacerdoti sposati, e alla benedizione privata degli anelli per le coppie divorziate e risposate e per le coppie omosessuali. A questo punto, verrebbe da chiedersi quale sarebbe il criterio di scelta dei vescovi e della loro promozione.   

Ecco l’opinione in merito di padre Gerald E. Murray, pubblicata su The Catholic Thing, nella mia traduzione. 

Dermot Farrell, nuovo arcivescovo di Dublino
Dermot Farrell, nuovo arcivescovo di Dublino 

L’arcivescovo eletto di Dublino, Dermot Farrell, ha rilasciato un’intervista all’Irish Times subito dopo che la sua nomina è stata annunciata dalla Santa Sede. (Fare clic qui per la trascrizione dell’intervista.)

Il nuovo arcivescovo si dichiara favorevole alle donne diaconi e ai sacerdoti sposati. Non trova nelle Scritture un argomento contro l’ordinazione delle donne al sacerdozio. Chiama l’insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica sull’omosessualità puramente tecnico. Dice anche di non avere problemi con la benedizione privata degli anelli per le coppie divorziate e risposate e per le coppie omosessuali (anche se trova problematiche le benedizioni pubbliche perché la gente spesso le interpreta come veri e propri matrimoni).

In mezzo a tanti altri problemi, la Chiesa irlandese sembra destinata a giorni più difficili.

Il trattamento che Farrell riserva all’insegnamento e alla pratica della Chiesa riguardo all’omosessualità, per esempio, è sprezzante: “È una descrizione tecnica. La gente lo fraintende poi perché è un linguaggio teologico tecnico”. Egli considera di modificare questo linguaggio tecnico, perché “Credo che papa Francesco ne abbia discusso (di questa rimozione). E’ venuto fuori all’ultimo Sinodo”.

Davvero? Farrell si riferisce a questo insegnamento del Catechismo: “Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che per ‘gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati’. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della

vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati”. (Catechismo Chiesa Cattolica 2357)

Nel linguaggio comune, chiamare il linguaggio in un documento “tecnico” può significare che è incomprensibile o è comunemente frainteso dai non iniziati, e serve a qualche scopo arcano o legalistico. La sua rimozione è auspicabile, ma può essere difficile da fare se i pignoli, i puristi o i legalisti si oppongono. Meglio ignorarlo e trattarlo come una lettera morta, come in “Tecnicamente parlando questo è vero, ma…”. .”

Descrivere l’insegnamento chiaro, immutabile e non modificabile della Chiesa sull’intrinseca immoralità degli atti omosessuali come linguaggio tecnico di cui si potrebbe, e persino si dovrebbe fare a meno, è chiaramente un rifiuto di quell’insegnamento.

Il rifiuto dell’attività omosessuale, e dello stile di vita omosessuale, da parte dei fedeli cattolici, tuttavia, non è un fraintendimento del linguaggio “tecnico” che si trova nel Catechismo. Coloro che vogliono che la Chiesa abbracci e benedica lo stile di vita omosessuale si oppongono al linguaggio del Catechismo non perché sia frainteso dagli sprovveduti che pensano che significhi che nessuno dovrebbe compiere atti omosessuali perché, essendo intrinsecamente disordinati, sono immorali. Piuttosto, obiettano perché il linguaggio è facilmente e correttamente compreso proprio per significare questo. Il problema per loro non è la presunta confusione delle parole usate, ma piuttosto il loro chiaro significato. (In sostanza, alcuni chierici rifiutano il linguaggio del Catechismo non perché oscuro nel significato ma perché troppo chiaro e comprensibile dalla gente comune, ndr) 

L’arcivescovo Farrell, in risposta a una domanda sulla benedizione degli anelli per le coppie divorziate e risposate e per le coppie dello stesso sesso, dice:

La difficoltà con le benedizioni è che molto spesso sono mal interpretate come matrimonio. I sacerdoti hanno dato queste benedizioni in passato. Ricordo un mio collega. Gli ho detto – per lui era abitudine fare questa cerimonia della benedizione degli anelli – gli ho detto che non ho difficoltà con la benedizione degli anelli se lo si fa qui in casa, ma se si esce in pubblico, in una chiesa, e si benedicono gli anelli come li vedi. . .si sono presentati con 200 persone e l’hanno visto come un matrimonio. A volte la gente usa questa fraseologia. . .lì si fa confusione. Può essere frainteso come “sì, il prete ci ha sposati”. Le benedizioni saranno sempre fraintese ed è qui che sorge la difficoltà, perché una volta che inizi a benedire cose come questa, la gente lo interpreterà come un matrimonio. Non possiamo avere questo tipo di situazione nella Chiesa perché crea ogni sorta di problemi in termini di insegnamento e questi insegnamenti della Chiesa sono stati costanti.

Lasciando da parte la questione della benedizione degli anelli delle coppie divorziate e risposate, quale significato dobbiamo esattamente intendere riguardo la benedizione degli anelli nuziali delle coppie dello stesso sesso, sia in privato che in pubblico? È un equivoco considerare che il sacerdote che fa una tale benedizione approvi la relazione che la coppia omosessuale ha intrapreso (che è un falso, pseudo-matrimonio), e chieda il favore e l’approvazione di Dio su tale relazione come simboleggiato dagli anelli?

Il Dizionario Cattolico Moderno definisce così una benedizione: “Nel linguaggio liturgico una benedizione è una cerimonia rituale con la quale un chierico autorizzato negli ordini maggiori santifica persone o cose al servizio divino, o invoca il favore divino su ciò che benedice”. La voce del dizionario sugli anelli recita: “Nel linguaggio liturgico la benedizione è una cerimonia rituale: Il conferimento dell’anello è parte integrante della cerimonia di matrimonio per indicare l’amore reciproco tra marito e moglie, e portare l’anello simboleggia la loro promessa di fedeltà coniugale”.

Il problema principale nel benedire le fedi di una coppia dello stesso sesso non è che le persone si confondano e pensano che il sacerdote le abbia sposate. No, il problema principale è che un prete che compie un atto così empio dà l’impressione che Dio favorirà ciò che ha condannato. I “matrimoni” tra persone dello stesso sesso non sono matrimoni in nessun modo, in nessuna forma. È una relazione gravemente peccaminosa in cui due uomini o due donne si impegnano a sodomizzarsi a vicenda. Nessuna benedizione dovrebbe mai essere invocata da un sacerdote su questo rapporto innaturale né sui simboli che costituiscono una copia abusiva del sacro patrimonio del matrimonio.

L’arcivescovo Farrell dice: “Non ho difficoltà con la benedizione degli anelli”. Se questo è vero, quello che ha è una difficoltà più fondamentale: Dio ha messo in guardia i pastori che ingannano i loro greggi portandoli su sentieri di peccato e di errore perché saranno ritenuti responsabili. Preghiamo che il nuovo arcivescovo di Dublino rinunci ai suoi commenti e riaffermi l’insegnamento e la pratica della Chiesa.

Di Sabino Paciolla

https://www.sabinopaciolla.com/appena-promosso-da-papa-francesco-ad-arcivescovo-di-dublino-farrell-dichiara-di-essere-favorevole-alla-benedizione-privata-degli-anelli-per-coppie-omosessuali/