REALTÀ VS IDEOLOGIA
Il fallimento della Santa Sede in Cina
Le nuove misure sul personale religioso che entreranno in vigore il prossimo 1 maggio dettano le modalità della nomina dei vescovi cattolici ignorando totalmente l'accordo con la Santa Sede recentemente rinnovato. Ulteriore conferma del fallimento della politica vaticana, gravissima macchia di questo pontificato che mette in discussione lo stesso concetto di fedeltà alla Chiesa.
Si chiama “Misure amministrative per il personale religioso”, entrerà in vigore il 1° maggio e si tratta di un provvedimento con nuove disposizioni che soffocano ulteriormente le cinque religioni riconosciute in Cina (cattolicesimo, protestantesimo, islam, buddhismo, taoismo). Ma la questione interessante per la Chiesa cattolica è che le disposizioni che riguardano i vescovi ignorano totalmente l’accordo sino-vaticano siglato nel settembre 2018 e rinnovato il 22 ottobre 2020.Il documento è stato reso noto nei giorni scorsi (c’è anche una traduzione integrale in inglese): l’obiettivo di tali misure è chiaramente quello di inasprire il controllo delle religioni, attraverso la creazione di un complicato database su cui devono registrarsi i ministri del culto delle diverse religioni. Chi non è registrato – e non ha quindi giurato fedeltà al Partito Comunista e non intende piegarsi alla sinizzazione della religione – non può più qualificarsi come sacerdote pena pesanti sanzioni pecuniarie e detentive. Il database è una vera e propria schedatura che sarà sempre aggiornato sulla situazione dei singoli iscritti.Dice l’articolo 3 che per poter esercitare la funzione religiosa si deve «amare la madrepatria, sostenere la leadership del Partito comunista cinese, sostenere il sistema socialista, rispettare la Costituzione, le leggi, i regolamenti e le regole, praticare i valori fondamentali del socialismo, aderire al principio di indipendenza e autogestione della religione e aderire alla politica religiosa della Cina, mantenendo l'unità nazionale, l'unità etnica, l'armonia religiosa e la stabilità sociale».Dice l’articolo 3 che per poter esercitare la funzione religiosa si deve «amare la madrepatria, sostenere la leadership del Partito comunista cinese, sostenere il sistema socialista, rispettare la Costituzione, le leggi, i regolamenti e le regole, praticare i valori fondamentali del socialismo, aderire al principio di indipendenza e autogestione della religione e aderire alla politica religiosa della Cina, mantenendo l'unità nazionale, l'unità etnica, l'armonia religiosa e la stabilità sociale».
Ma l’articolo più interessante per noi è il no. 16, che si riferisce alle modalità di nomina dei vescovi cattolici, che è anche l’oggetto dell’accordo sino-vaticano. Ebbene il nuovo regolamento prevede che i vescovi siano eletti attraverso l’Associazione patriottica dei cattolici (controllata dal Partito Comunista Cinese) e ratificati dalla Conferenza episcopale cinese (anche questa controllata dal Partito Comunista). Nessun riferimento al Papa o all’accordo del 2018.
Il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha sempre difeso a spada tratta l’accordo con le autorità cinesi – che resta inspiegabilmente segreto – sostenendo che per la nomina dei vescovi è riconosciuto il ruolo del Papa, anche se non è mai stato spiegato esattamente in che misura. E lo stesso papa Francesco lo scorso 8 febbraio, nel discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, è tornato a difendere l’accordo con il governo cinese inserendolo tra «gli accordi internazionali che permettono di approfondire i legami di fiducia reciproca e consentono alla Chiesa di cooperare con maggior efficacia al benessere spirituale e sociale» dei rispettivi paesi. «Si tratta – aveva detto il Papa - di un’intesa di carattere essenzialmente pastorale e la Santa Sede auspica che il cammino intrapreso prosegua, in spirito di rispetto e di fiducia reciproca, contribuendo ulteriormente alla soluzione delle questioni di comune interesse».
La Santa Sede, insomma, si ostina a esaltare non meglio specificati risultati positivi mentre la realtà dimostra esattamente il contrario. Da quando gli accordi sono stati firmati nel 2018 la persecuzione contro i cattolici si è ulteriormente intensificata e la situazione è peggiorata sia per chi segue la Chiesa ufficiale sia per la Chiesa clandestina, ora abbandonata al suo destino anche dalla Santa Sede. E il governo – come ha ricordato il cardinale Joseph Zen alla Bussola lo scorso ottobre – usa l’accordo con la Santa Sede «come un suo strumento. A chi resiste, il regime risponde: ‘anche il Papa è d’accordo’, anche se la Santa Sede sconfessa. Per chi è nella chiesa clandestina la situazione è ancora più grave. Adesso non ci sono più loro chiese perché ‘anche il Papa è d’accordo’ quindi non si chiude più un occhio su chi celebra messe clandestine. I preti stessi sono tornati alle catacombe».
Queste nuove misure amministrative sono l’ulteriore conferma dell’atteggiamento sprezzante del regime comunista cinese nei confronti della Chiesa, ma anche la conferma di una politica fallimentare da parte della Santa Sede, che di fronte a quanto accade fa finta di nulla ed evita qualsiasi presa di posizione.
L’abbandono dei cattolici cinesi, che pure per decenni hanno pagato con il martirio la loro fedeltà alla Chiesa, è una macchia gravissima di questo pontificato e della sua diplomazia e non riguarda soltanto la Cina. Perché nei fatti – se non nelle intenzioni - cambia il significato stesso di fedeltà alla Chiesa, riducendola a un fatto politico, con il sacrificio della verità sull’altare del dialogo tra istituzioni.
Riccardo Cascioli
https://lanuovabq.it/it/il-fallimento-della-santa-sede-in-cina
Il Calvario Cinese della Chiesa di Dio Onnipotente. Martirio Nascosto.
18 Febbraio 2021 3 Commenti
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, abbiamo ricevuto da un referente residente in Italia della Chiesa di Dio Onnipotente il Report preparato sulla persecuzione che questo gruppo religioso sta subendo in Cina, su istigazione del Partito Comunista Cinese, nel quadro di una campagna generale tendente a sopprimere la religione, e a portarla sotto il controllo del regime dittatoriale. Notizie come questa e come la persecuzione subita da altre entità, come gli Uighuri, per non parlare del genocidio culturale e demografico in atto in Tibet, occupato militarmente da decenni, fanno di Pechino uno dei, se non il, peggior regime dittatoriale della Storia. Per fortuna che la Santa Sede con questi galantuomini fa accordi segreti che in pratica danno loro la scelta dei vescovi…Una parte dell’articolo è stato pubblicato in podcast da Radio Roma Libera. Buon ascolto, e buona lettura.
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Uno degli elementi più straordinari dell’attualità, e in particolare dell’attualità raccontata dai mass media, è la vera e propria schizofrenia che riguarda la Cina. Corteggiata da molti, in particolare quelli che si definiscono democratici e progressisti, e che però sono pronti a indignarsi se qualcuno negli anni ’30 aveva un atteggiamento dialogante con – che so, Hitler o Mussolini.
Eppure sotto i loro occhi quel governo, quello di Pechino, un mostruoso ibrido capital-comunista, compie atrocità su una scala e con una tranquilla pervicacia da far impallidire qualsiasi confronto.
Mi sono venute in mente queste considerazioni leggendo il Report annuale della Chiesa di Dio Onnipotente sulla persecuzione compiuta nei suoi confronti.
Leggiamo dei continui attacchi che il Partito Comunista Cinese ha compiuto nel 2020 contro questa fede religiosa sotto l’ombra del COVID-19. Nel corso del 2020 non meno di 7055 Cristiani membri della Chiesa di Dio Onnipotente sono stati arrestati e 1098 hanno subito condanne, mentre 21 sono state torturati a morte.
Il report espone in maniera dettagliata l’operazione di distruzione tuttora in corso da parte del PCC delle sedi di attività religiose e di simboli cristiani, perdurante nonostante la pandemia, e pubblica documenti riservati che raccomandano un intensificazione del contrasto alla “destabilizzazione”.
“In nome della necessità di assicurare l’integrità ideologica e la stabilità del regime nel mezzo dell’epidemia, il Partito ritiene che la Chiesa di Dio Onnipotente sia un bersaglio critico in quanto costituirebbe una “velata minaccia alla sicurezza politica nazionale”, sfruttando persino l’opportunità di compiere visite di controllo nelle case e ispezioni di controllo a causa della pandemia per identificare ed arrestare Cristiani della Chiesa di Dio Onnipotente” afferma un comunicato.
Le operazioni di arresto di Cristiani da parte del PCC non hanno subito pause nonostante la situazione di caos dovuta al COVID-19; e la situazione continua a peggiorare
In febbraio, sebbene molte città e villaggi fossero in regime di lockdown, nella provincia del Sichuan è stata condotta una operazione congiunta di arresti che ha condotto alla cattura di 142 Cristiani della Chiesa di Dio Onnipotente.
Fra il 16 e il 17 di maggio, in soli due giorni, nella città di Linfen, provincia dello Shandong, almeno 120 Cristiani della Chiesa di Dio Onnipotente sono stati arrestati.
Oltre 200 Cristiani sono stati arrestati nella provincia dello Zhejiang il 3 dicembre: alcuni di questi erano stati tenuti sotto controllo da parte della polizia per quasi un anno.
I Cristiani trattenuti in stato di arresto vengono sottoposti a diverse forme di tortura: vengono privati del sonno, sono sottoposti a scosse elettriche, ammanettati ai polsi e quindi appesi per le manette, torturati con morse di ferro ai capezzoli. Almeno 21 Cristiani sono morti nel corso del 2020 in seguito a questa orrenda persecuzione, torturati brutalmente o abusati in altri modi durante la detenzione in stato di arresto.
Qin Shiqin, un membro della Chiesa di Dio Onnipotente della provincia di Shandong, è deceduto dopo essere stato trattenuto in una stazione di polizia per 10 giorni. Il suo cadavere riportava gonfiori al viso e segni di sangue agli angoli della bocca.
Statistiche incomplete mostrano che almeno 1098 membri della Chiesa di Dio Onnipotente sono stati condannati nel corso del 2020. Jiang Yanghua, un Cristiano di Xinjiang, è stato condannato ad una pena di 15 anni per avere “convocato” degli incontri. Altri tre Cristiani che erano minorenni al momento del loro arresto sono stati condannati a pene da tre anni a tre anni e mezzo.
La campagna di soppressione della Chiesa di Dio Onnipotente portata avanti dal PCC continua ad intensificarsi. In settembre la Commissione Centrale per gli Affari Politici e Giuridici ha emesso un documento riservato per indire una campagna di tre anni di “guerra a tutto campo” alla Chiesa di Dio Onnipotente, identificando nella Chiesa la “maggiore e più pericolosa minaccia” al suo potere e prescrivere quindi la sua “totale eliminazione” nonché ostacolare il suo sviluppo oltreconfine. Il numero di arresti è cresciuto stabilmente in seguito alla emissione di questo documento: nel solo mese di novembre 1525 membri della Chiesa di Dio Onnipotente sono stati arrestati in tutto il paese.
Il PCC ostacola il diritto alla libertà di religione anche al di fuori dei propri confini nazionali. Un cristiano residente all’estero che appaia in un filmato della Chiesa di Dio Onnipotente verrebbe incriminato mentre i suoi parenti residenti in Cina verrebbero presi di mira dalla polizia: in un caso sono stati persino torturati a morte da parte degli agenti.
Il PCC ha inoltre creato una piattaforma per la raccolta dei big data personali relativi alla sorveglianza individuale delle conversioni dei membri della Chiesa di Dio Onnipotente e si serve di diverse tecniche illegali quali la diffusione di campagne di incitamento antireligioso contro la Chiesa di Dio Onnipotente, l’incriminazione per associazione, lo sfruttamento del sistema di credito e la sorveglianza per estendere la persecuzione dei Cristiani. Al fine di fare pressione sui Cristiani per convincerli a firmare dichiarazioni di abiura della propria religione, il partito revoca i diritti civili dei loro familiari, come il diritto di lavorare, di iscrivere i figli a scuola, impedisce le loro possibilità di percepire un reddito, limita la loro libertà di spostamento e altro. Nel 2020 ci sono stati almeno 35752 casi di Cristiani che hanno subito simili abusi da parte della polizia.
La Chiesa di Dio Onnipotente è una nuova Chiesa cinese ed è considerata una minaccia dal Partito Comunista Cinese a causa della sua rapida diffusione e del suo rifiuto ad accettare di sottomettersi al controllo del Partito. Fin dalla sua nascita, nel 1991, la Chiesa ha subito una spaventosa oppressione e persecuzione per mano del PCC. Figura attualmente tra i gruppi religiosi più duramente perseguitati da parte del Partito Comunista e almeno 420.000 Cristiani della Chiesa di Dio Onnipotente sono stati arrestati dal 2011 ad oggi.
Questo report è basato su oltre 40.000 casi di persecuzioni di membri della Chiesa di Dio Onnipotente da parte del PCC che sono stati registrati, nonché da documenti riservati interni emessi da ufficiali del PCC. Fornisce una valida fonte di dati verificati e di prove a disposizione di persone od organizzazioni che si occupino di diritti umani e persecuzioni religiose in Cina.
Il report annuale 2020 è consultabile a questo collegamento.
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Pechino Stringe la Morsa sulla Fede. Vaticano Ignorato dalle Nuove Regole.
18 Febbraio 2021 Lascia il tuo commento
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, diversi media anglosassoni parlano delle nuove regole che stanno per entrare in vigore nella Cina comunista in tema di religioni. Ci sembra interessante offrirvi una nostra traduzione di alcuni brani tratti da The Pillar, un sito americano molto informato, e che cerca di presentare una visione equilibrata del problema. Resta comunque il fatto che l’accordo – segreto! – firmato e ri-confermato dalla Santa Sede con Pechino sembra, per quello che se ne sa, consegnare la Chiesa cattolica nel Regno di Mezzo a un regime dittatoriale che viola ogni tipo di diritto umano su scala macroscopica. Buona lettura.
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I nuovi regolamenti cinesi, che entrano in vigore il 1 maggio, rafforzano il controllo comunista sulla pratica religiosa nel paese e raddoppiano la politica di “Sinicizzazione” della religione in Cina. Ma le regole non escludono la Santa Sede dal processo di nomina dei vescovi, e alti ecclesiastici in Cina dicono che non si aspettano di vedere cadere l’accordo Vaticano-Cina.
Per quanto riguarda i vescovi cattolici, le regole prevedono che la Chiesa controllata dallo Stato e la conferenza episcopale cinese eleggano i futuri vescovi per guidare le diocesi cinesi – senza alcuna menzione del ruolo del Vaticano nel processo.
Ma mentre alcuni osservatori cinesi hanno interpretato le nuove regole come una negazione de facto dell’autorità della Santa Sede, alti ecclesiastici cattolici in Cina hanno detto a The Pillar che le nuove regole non erano principalmente rivolte ai cattolici e non invalideranno l’accordo Vaticano-Cina.
Le disposizioni delle nuove norme statali sui vescovi cattolici affermano che “i vescovi cattolici sono approvati e consacrati dalla Conferenza episcopale cattolica cinese”.
Il testo non fa alcun riferimento alla Santa Sede, e include la disposizione esplicita che ai chierici è vietato “essere dominati da forze straniere, accettare la nomina di posizioni di insegnamento da parte di gruppi o istituzioni religiose straniere senza autorizzazione, e altri atti che violano il principio di indipendenza e auto-amministrazione della religione”.
Alcuni cattolici in Cina hanno lamentato la persecuzione diffusa dei credenti religiosi nel paese, ma hanno detto a The Pillar che sarebbe un errore dedurre troppo dal testo, e che le norme sono “non buone, ma non realmente rivolte ai cattolici”.
“Facciamo un vero errore se pensiamo che questo riguardi solo noi”, ha detto a The Pillar un alto ecclesiastico in Cina. “In generale, [i cattolici] non sono visti come un problema nazionale dal governo, con l’eccezione di particolari località e individui”.
Infatti, alti funzionari del partito comunista hanno riconosciuto ai leader cattolici che i nuovi regolamenti non “interferiscono” con l’accordo Vaticano-Cina sulla nomina dei vescovi, e che “la conferenza episcopale non procederà a una consacrazione senza un mandato papale”, hanno detto le fonti a The Pillar.
Alla domanda sul perché le disposizioni dell’accordo non siano state riconosciute nel testo del nuovo regolamento, l’ecclesiastico più anziano in Cina ha detto a The Pillar che “ciò implicherebbe un riconoscimento pubblico di un potere straniero in Cina”, cosa che, ha detto, è semplicemente fuori questione per la legge interna cinese.
L’ecclesiastico, che ha parlato a condizione di anonimato a causa della situazione in Cina, ha spiegato che i nuovi regolamenti sono più dettagliati di quelli che hanno sostituito, ma sono principalmente rivolti ad altri gruppi.
Le disposizioni sulla gestione finanziaria, ha detto l’ecclesiastico, non erano rivolte ai cattolici, ma alle accuse di “frodi massicce all’interno di alcuni templi buddisti – corruzione, mancata tenuta dei conti, estorsione di denaro ai fedeli, costruzione senza permesso”.
Anche le disposizioni riguardanti la “dominazione da parte di forze straniere” non erano rivolte principalmente ai cattolici, ma alle chiese domestiche protestanti sotterranee, ha detto il religioso.
Queste chiese domestiche, ha detto il religioso, hanno spesso leader che sono “addestrati e finanziati dagli Stati Uniti, o addestrati e finanziati di seconda mano, e deliberatamente antagonisti del partito comunista – richiedendo la rinuncia all’appartenenza al partito e pubblicizzando tali conversioni”.
Tuttavia, a prescindere dall’intento primario dei regolamenti, le nuove regole vietano a qualsiasi leader religioso di esercitare il ministero a meno che non sia registrato presso il governo, e impongono altre restrizioni alla pratica religiosa in Cina.
“Il grado di rispetto della libertà di religione nella sfera pubblica è un chiaro indicatore della salute di qualsiasi società”, ha detto il cardinale Pietro Parolin durante un simposio sulla libertà di religione nell’ottobre dello scorso anno, “ed è anche una cartina di tornasole per il livello di rispetto che esiste anche per tutti gli altri diritti umani fondamentali”.
Alcuni leader cattolici cinesi dicono che le loro congregazioni affrontano una persecuzione continua – e persino intensificata – negli ultimi anni, nonostante l’accordo Vaticano-Cina del 2018 che aveva lo scopo di fornire riconoscimento e protezione ai membri della Chiesa clandestina.
Nonostante l’accordo, le autorità comuniste, in particolare i funzionari regionali, hanno continuato a arrestare i cattolici clandestini e a demolire le chiese.
Molti sacerdoti clandestini, e alcuni vescovi, hanno rifiutato di registrarsi presso la Associazione Patriottica, citando la richiesta di riconoscere l’autorità del Partito comunista sulla Chiesa e i suoi insegnamenti.
La Segreteria di Stato vaticana ha emesso una guida non firmata nel 2019, affermando che “la Santa Sede comprende e rispetta la scelta di coloro che, in coscienza, decidono di non potersi registrare nelle condizioni attuali”. I vescovi e i sacerdoti che si rifiutano di registrarsi sono stati oggetto di molestie sistematiche, arresti e detenzioni.
Parlando a The Pillar, un ecclesiastico che attualmente vive a Hong Kong ma conosce la situazione in terraferma ha definito le nuove regole “un tradimento” dei cattolici fedeli e degli altri credenti religiosi.
“Le nuove regole hanno lo stesso linguaggio sulla sicurezza dello Stato e sulle potenze straniere che abbiamo a Hong Kong a causa della legge sulla sicurezza nazionale”, ha detto, parlando a condizione di anonimato, citando le preoccupazioni per la possibilità di arresto.
“L’accordo Vaticano-Cina è un accordo di diplomatici e istituzioni, non ha un’anima e non si preoccupa delle anime”. Il cardinale Parolin [il segretario di Stato vaticano] è felice di vedere i fedeli fare sacrifici per la tranquillità della diplomazia, ma non vedrà mai l’interno di una prigione cinese o guarderà mai negli occhi di qualcuno che ha sofferto per il suo accordo”, ha detto l’ecclesiastico.
Parlando in ottobre, poco prima che l’accordo Vaticano-Cina fosse rinnovato, il cardinale Parolin ha detto che l’accordo aveva lo scopo di “aiutare le Chiese locali a godere di condizioni di maggiore libertà, autonomia e organizzazione, in modo che possano dedicarsi alla missione di annunciare il Vangelo e contribuire allo sviluppo integrale della persona e della società”.
Al momento del rinnovo dell’accordo, a Parolin fu chiesto della persecuzione dei cristiani in Cina e rispose: “Ma quali persecuzioni?”.
Parolin disse che le disposizioni dell’accordo avrebbero permesso alla Chiesa di “diventare uno strumento di evangelizzazione” in Cina, una visione non condivisa da alti cattolici locali.
Nel settembre 2020, il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, ha detto in un’intervista che l’accordo del Vaticano con la Cina, e il rifiuto di parlare contro l’imprigionamento di più di un milione di uiguri nei campi di concentramento sulla terraferma stavano danneggiando l’autorità morale della Chiesa in Cina.
“Il clamoroso silenzio [del Vaticano] danneggerà il lavoro di evangelizzazione”, ha detto Zen. “Domani, quando la gente si riunirà per progettare la nuova Cina, la Chiesa cattolica potrebbe non essere la benvenuta”.
E mentre i nuovi regolamenti lasciano intatte le disposizioni dell’accordo tra Vaticano e Cina, rimangono domande sull’efficacia dell’accordo stesso.
Gli osservatori cinesi hanno notato che mentre l’accordo del 2018 mirava a fornire una nomina regolare dei candidati episcopali, c’è stato un effettivo stallo nella nomina dei vescovi alle decine di sedi vacanti in Cina.
Al momento del rinnovo dell’accordo a ottobre, solo due vescovi erano stati nominati secondo il nuovo processo.
Da allora, a novembre, l’Ap ha annunciato la consacrazione di un terzo vescovo, Thomas Chen Tianhao, per la diocesi di Qingdao. La consacrazione è stata annunciata dalla Chiesa di Stato il 23 novembre, con fotografie dell’evento, ma la nomina non è stata annunciata dal Vaticano, e il nome di Chen non era elencato nel regolare bollettino delle nomine della Santa Sede.
Anche se il direttore della stampa vaticana ha rilasciato una dichiarazione il giorno seguente, riconoscendo Chen come “il terzo vescovo nominato e ordinato nel quadro normativo dell’Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei vescovi”, rimangono domande sul fatto che la Santa Sede abbia avuto un preavviso dell’evento, o se sia stata fatta accettare la consacrazione come un fatto compiuto.
Un ecclesiastico anziano in Cina ha detto a The Pillar che lui, e altri cattolici del continente, si aspettano che l’accordo regga, e che è improbabile che la Cina vada avanti con le nomine senza l’approvazione romana. La credibilità dei vescovi cinesi presso i fedeli locali, ha detto, è la chiave per mantenere il legame con Roma.
“I vescovi cinesi sono, nel complesso, disperati nel mantenere la loro comunione con la Santa Sede”, ha detto, “perché i fedeli – che sono molto più sospettosi dei vescovi dell’Assocazione patrottica – non avranno niente a che fare con loro se fanno qualcosa che li mette fuori dalla comunione”.
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