“La maggioranza dei vescovi tedeschi si rifiuta di ascoltare e di allontanarsi dal loro viaggio potenzialmente disastroso verso lo scisma. Di fronte a questa ostinazione, il tempo per un’azione più forte e più chiara da parte della Santa Sede è ora, prima che il Cammino Sinodale si imponga sulla fede cattolica che è stata affidata ai vescovi tedeschi e presenti a Papa Francesco un ultimatum per cambiare irrevocabilmente l’insegnamento della Chiesa. Deve anche essere fermato prima che questa infezione si diffonda altrove nella Chiesa.”
Un articolo di Michael Warsaw, il presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della rete cattolica globale EWTN e l’editore del National Catholic Register, da cui rilanciamo l’articolo nella mia traduzione.
La morte del teologo e sacerdote svizzero dissidente Hans Küng, avvenuta il 6 aprile all’età di 93 anni, ha provocato intense reazioni in tutto il mondo. La più immediata, per molti, è stata quella di pregare per l’anima di quest’uomo che aveva vagato così lontano dagli autentici insegnamenti della Chiesa nei decenni successivi al Concilio Vaticano II. Una seconda risposta è stata una riflessione molto triste su come i suoi scritti e la sua visione si siano diffusi come un virus nella Chiesa, portando molti sulla sua stessa strada verso l’errore e il dissenso.
Purtroppo, i pericolosi effetti di questo possono essere visti abbastanza chiaramente nel cosiddetto “Cammino Sinodale” in corso proprio ora in Germania.
Padre Küng è stato uno dei teologi più noti degli ultimi 100 anni, e ha coltivato uno status di celebrità grazie alla sua pubblica e esplicita opposizione a una serie di insegnamenti della Chiesa, compresi quelli sui temi dell’infallibilità papale, dell’eutanasia, dell’aborto, della contraccezione, dell’ordinazione delle donne, dell’autorità dei vescovi, del celibato sacerdotale, degli atti omosessuali e persino se un sacerdote fosse necessario per una valida consacrazione dell’Eucaristia. I media cattolici laici e progressisti hanno promosso i suoi libri, gli hanno dato abbondante tempo nelle trasmissioni e hanno applaudito le sue critiche, spesso aspre, rivolte ai Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Padre Küng fu effettivamente censurato nel 1979 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede – che trovò che, nei suoi scritti, si era “allontanato dalla verità integrale della fede cattolica, e quindi non può più essere considerato un teologo cattolico né esercitare come tale in un ruolo di insegnamento”. Eppure è rimasto un eroe per diverse generazioni di teologi che lo hanno visto come l’araldo di una nuova rivoluzione teologica nella Chiesa.
Quella rivoluzione potrebbe anche essere su di noi nella forma del Percorso sinodale della Chiesa in Germania (vedi qui).
Presumibilmente in risposta agli scandali sugli abusi sessuali e alla crisi legata al calo dei membri della Chiesa, i vescovi della Germania hanno annunciato nel 2019 che avrebbero riunito gli oltre 200 membri della conferenza episcopale tedesca, i leader di un gruppo laico radicalmente progressista chiamato Comitato centrale dei cattolici tedeschi, e vari altri gruppi di giovani e uffici della Chiesa per portare avanti la riforma e il rinnovamento. Gli organizzatori hanno perso poco tempo nell’annunciare un’agenda che include la stessa velenosa lista di desideri eterodossi che è stata spinta per decenni da padre Küng e altri.
Il Cammino Sinodale metterà gli insegnamenti della Chiesa in votazione a maggioranza, e i suoi leader non accetteranno ciò che essi chiamano “discorso di blocco”. E in nome degli “standard di una società democratica”, minacciosamente chiedono “che le raccomandazioni e le decisioni adottate da una maggioranza siano sostenute anche da coloro che hanno votato diversamente”.
La Santa Sede ha cercato di scoraggiare e persino di correggere il Cammino Sinodale fin dall’inizio. Papa Francesco ha inviato una lunga lettera alla Chiesa in Germania nel giugno 2019, avvertendo che questo percorso avrebbe finito per “moltiplicare e nutrire i mali che voleva superare”, e ha esortato i vescovi a concentrarsi sull’evangelizzazione. Un appello sensato, visto che si prevede che la popolazione cattolica in Germania si dimezzerà entro il 2060. Solo nel 2019 un totale di 272.771 cattolici tedeschi hanno formalmente lasciato la Chiesa.
Gli uffici vaticani si sono poi fatti sentire, dichiarando che i piani sinodali non erano “ecclesiologicamente validi” e l’intero processo non poteva essere legalmente vincolante. Proprio il mese scorso, la Congregazione per la Dottrina della Fede, con l’approvazione di Papa Francesco, ha ribadito il divieto della Chiesa sulla benedizione delle unioni omosessuali, una pratica che già avviene in alcune parrocchie tedesche e un argomento che sarà sicuramente votato dal Cammino Sinodale.
La maggioranza dei vescovi tedeschi si rifiuta di ascoltare e di allontanarsi dal loro viaggio potenzialmente disastroso verso lo scisma. Di fronte a questa ostinazione, il tempo per un’azione più forte e più chiara da parte della Santa Sede è ora, prima che il Cammino Sinodale si imponga sulla fede cattolica che è stata affidata ai vescovi tedeschi e presenti a Papa Francesco un ultimatum per cambiare irrevocabilmente l’insegnamento della Chiesa. Deve anche essere fermato prima che questa infezione si diffonda altrove nella Chiesa.
Negli anni ’70, il Vaticano ammonì padre Hans Küng e lo implorò di portare le sue opinioni in armonia con il magistero autentico della Chiesa. Alla fine si rifiutò, nonostante la censura. Rimase fino alla fine una voce di aperto dissenso.
Uno degli ex allievi di padre Küng, il cardinale Walter Kasper – non esattamente un conservatore – ha lamentato al giornale vaticano L’Osservatore Romano dopo la scomparsa di Küng che “era una persona che voleva promuovere il rinnovamento della Chiesa e realizzare la sua riforma. … Tuttavia, a mio giudizio, è andato troppo lontano – oltre l’ortodossia cattolica – e così non è rimasto legato a una teologia basata sulla dottrina della Chiesa, ma ha ‘inventato’ una propria teologia”. Il cammino sinodale tedesco è un chiaro erede di quell’eredità teologica tossica.
Sotto il pretesto della riforma, il Cammino Sinodale è sulla strada dello scisma, e i pericoli sono reali per tutta la Chiesa. Come Martin Lutero nel 1517, inchiodando le sue “95 tesi” alle porte della chiesa di Wittenberg, i vescovi tedeschi e i loro partner laici cattolici progressisti progettano di inviare il loro programma in tutto il mondo per infettare altre regioni e diocesi. E hanno enormi quantità di denaro per farlo, grazie al Kirchensteuer nazionale, o sistema fiscale della chiesa, che dà miliardi di soldi di tasse alle diocesi tedesche ogni anno.
Eventi simili accaddero nel XVI secolo, in quella che divenne la Rivolta Protestante. In quell’epoca, la Santa Sede fu lenta a reagire e a risolvere la crisi di Lutero e a imbrigliare l’autentico movimento di riforma e di rinnovamento in tempo per evitare una catastrofe per tutta la cristianità. C’è poco tempo per agire ora, o i cattolici del 21° secolo potrebbero vedere lo stesso risultato.
Preghiamo per l’anima di padre Hans Küng, per coloro che intraprendono il cammino sinodale e per la Chiesa in Germania, affinché non soccomba a questo ultimo virus teologico.
Dio vi benedica!
Di Sabino Paciolla
Chiunque alla Hans Küng attacca i Tre Amori bianchi non è Cattolico
Hans Küng (Sursee, 19 marzo 1928 – Tubinga, 6 aprile 2021) fu compagno di cordata, con i Progressisti modernisti, per tutte le pretese ascese verso il “progresso”, facendo sempre sentire le loro chiassate contro Roma, contro Pio IX e il Sillabo, contro Pio X, contro il Concilio di Trento e il Vaticano I. Non per nulla, la “Realites” del settembre 1963 mostrava, sulla copertina, Hans Küng come “le Theologien qui incarne l’aile avancèe de la pensèe catholique”, uno sproloquio che ha ancora vita soprattutto oggi, nel sentire l’aberrante elogio funebre fatto da un dicastero della Santa Sede, la Pontificia Accademia per la Vita, con il quale si elogia il teologo scomparso attraverso questo tweet: «scompare davvero una grande figura nella teologia dell’ultimo secolo, le cui idee e analisi devono fare sempre riflettere la Chiesa, le Chiese, la società, la cultura». Certo che ci vuole un bel coraggio per affermare ciò che Küng non è stato: “un grande…” e soprattutto per “la cultura” dal momento che era per l’eutanasia… essendo stato assai critico (come Papa Francesco del resto) sui “principi non negoziabili” affermati e ribaditi magistralmente da Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Se la Chiesa dovesse davvero riflettere su Küng quale “grande”, perché allora non cominciare dalle sue dichiarazioni di rottura sull’eutanasia? I suoi ammiratori ed epigoni, infatti, si sono sempre appoggiati a lui per avallare anche le loro più o meno ambigue proposizioni e tesi, non certo immuni dai pericoli per la Fede!
Hans Küng, non se ne fa segreto o mistero, anche se è stato definito un nemico degli ultimi Papi, da lui per altro conosciuti personalmente (da Pio XII a Francesco), si è definito (o che gli sia stato attribuito poco importa) “esegeta” del magistero papale di papa Francesco:
“Esatto: esegeta di Papa Francesco. Uno che è riuscito ad adombrare – leggere Repubblica per credere – che Papa Francesco non solo avrebbe già superato quell’inutile ammennicolo dottrinario che è il sacramento del matrimonio indissolubile, ma sarebbe già arrivato a giustificare finalmente l’aborto e il sacerdozio femminile, se solo non subisse come un povero vecchio citrullo (parola di Kung) «le pressioni della congregazione della dottrina della fede e del suo prefetto, l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller».” (come riporta Repubblica nel 2014)
Dunque “sì a papa Francesco”, l’unico sul quale aveva riversato tutte le sue speranze “deluse” dagli ultimi Pontefici prima di lui, specialmente deluso da Benedetto XVI (che del rapporto tra i due per ora non ce ne occuperemo), fino ad affermare che – l’eutanasia – è un diritto del quale: “Io, teologo cattolico, voglio decidere da solo quando e come morire…“. Hans Kung (il prete in giacca e cravatta) è morto dopo una lunga malattia del morbo di Parkinson… ma sembra che non abbia deciso lui il giorno e l’ora della propria morte, buon per lui!! A torto o a ragione, Hans Küng è definito semmai il più grande teologo RIVOLUZIONARIO del nostro tempo… il suo pallino fisso è stato sempre quello di una “riforma RADICALE” nella Chiesa” non alla luce dei Vangeli, come ha sempre vantato di voler fare, ma di una interpretazione dei Vangeli alla luce della modernità e delle problematiche del nostro tempo. Un “dio” che si piega sull’umanità ferita e che deve fare, per mezzo della sua Chiesa, solo ciò di cui l’uomo ha bisogno.
In sostanza una sfacciata affermazione di ribaltamento del ruolo della Chiesa del quale, il vero ostacolo, non era per lui la modernità ma… ROMA… Roma nella Santa Sede e nei Pontefici. Da qui l’elogio alla figura di Papa Francesco, “finalmente” il Papa giusto ma che lo deluse profondamente… se solo non subisse come un povero vecchio citrullo (parola di Kung) «le pressioni della congregazione della dottrina della fede e del suo prefetto, l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller».” (come riporta Repubblica nel 2014). Papa Francesco, però, sostituì il Prefetto della CdF con il suo compagno gesuita Ladaria… ed è giunto ad approvare – con lui – il Responsum contro le benedizioni alle coppie dello stesso sesso, vedi qui. Non aggiungiamo altro su questo!
Premesso ciò, vogliamo ora entrare nel cuore di un problema che è per noi di grande attualità e che è espresso nel titolo… Nel suo ultimo libro sul suo rapporto con i Pontefici da lui conosciuti (del 2015), Hans Küng racconta (spesso in tono ironico e sprezzante nei confronti dei Papi) come lentamente, ma inesorabilmente, egli giunse a prendere le distanze da Roma, cioè dall’autorità papale e che non era solo un problema riguardante l’infallibilità del Papa – dogma da lui sempre respinto, come una sorta di INFERIORITA’ che lo porterà, appunto, a dissociarsi dall’obbedienza al Papa – ma ACCANIMENTO (per non dire odio, ma questo potrà giudicarlo solo Dio) contro tutto ciò che i Papi facevano, o avrebbero fatto, contro il Modernismo!
Insomma, detto in soldoni, per Hans Küng il Papa “buono e santo” sarebbe stato solo colui che avrebbe sostenuto LA RIVOLUZIONE DELLA RIFORMA RADICALE interna alla Chiesa… la famosa “nuova Chiesa” che avrebbe dovuto includere TUTTE le altre comunità cristiane oggi separate “A CAUSA DELLA DOTTRINA IMPOSTA DA ROMA”… Il progetto è sempre il medesimo, quello che espresse il sacerdote ridotto allo stato laicale Ernesto Buonaiuti, leggi qui: “Bisogna riformare Roma con Roma”: quel Modernismo che governa oggi la Chiesa..
Ora vi condividiamo alcuni passaggi dal libro di Küng sui Papi e Vescovi, per farvi comprendere come – queste sue affermazioni – possano applicarsi tranquillamente all’oggi. Egli afferma usando il domenicano Congar:
- “La cosa peggiore in questa concezione autoritaria e quasi fascista della Chiesa è che essa è in larga misura supportata dai vescovi (…) E Congar prosegue nel suo Journal in data 9 febbraio 1954: «I vescovi sono piegati nella passività e nel servilismo; per Roma hanno una sincera e infantile venerazione. Sì, addirittura infantile. Per loro questa è “la Chiesa”… Roma in concreto, è il papa, è l’intero sistema delle congregazioni che si comportano come se fossero loro la Chiesa che Gesù ha costruito sulla roccia. Ed è il “Sant’Uffizio”. Il “Sant’Uffizio” governa in concreto la Chiesa e sottomette tutti o con la paura o con i suoi interventi. E questa suprema Gestapo, inflessibile, le cui decisioni non possono essere discusse… Il motivo di dibattito è dunque una nuova concezione della Chiesa che ci vogliono imporre e la cui base è in primo luogo una riduzione di tutto all’obbedienza e alla relazione autorità-sudditi; in secondo luogo una nuova concezione dell’obbedienza, contraddistinta da uno style super jesuitique».”
Lo “style super jesuitique …” va spiegato. Per Congar ed anche il Küng, i Papi, specialmente Pio XII erano “PRIGIONIERI” DEI GESUITI, erano diventati loro “succubi”, ma poiché parliamo di Gesuiti ancora FORTEMENTE IGNAZIANI e dottrinali, da qui l’accusa che tale influenza era negativa e becera… era IL MALE nella Chiesa, l’ostacolo alle vere riforme. Non a caso Congar scrisse un Dossier – mai pubblicato ma del quale Küng se ne farà promotore – sulla «papolatria», da Pio IX fino a Pio XII, dovuta a causa del dogma dell’infallibilità papale e del supporto dei gesuiti fedeli al Papa in quel “servilismo infantile”… fino a DENIGRARE i famosi tre “AMORI bianchi” di san Giovanni Bosco, dal Congar descritti «tre cose bianche» presenti nella Chiesa cattolica: l’ostia, Maria e il papa….
Per Congar ed anche per il Küng, come per tutto il mondo modernista del nostro tempo – per giungere ad una autentica e radicale TRASFORMAZIONE della Chiesa adatta al nostro tempo – occorre cominciare da qui:
- bisogna cioè SRADICARE il “monopolio” dell’Eucaristia dalla centralità Romana (condanna anche dell’Enciclica Ecclesia de Eucharistia di Giovanni Paolo II che vieta l’intercomunione) per poter giungere a nuovi accordi ecumenici che possano concludersi con una MENSA EUCARISTICA COMUNE CON I PROTESTANTI;
- bisogna TOGLIERE A MARIA tutti quei privilegi non riscontrabili nella Sacra Scrittura (Küng afferma di aver obbedito al Papa ma di non essere d’accordo sugli ultimi due dogmi mariani), comprese le “Apparizioni” e che sono di ostacolo al dialogo ecumenico voluto dal Concilio Vaticano II;
- Se non è possibile cancellare il dogma sull’infallibilità papale, occorre privarlo della “autorità fascistoide” (???) la cui “vera” infallibilità sarebbe data “solo” se – ad un ordine papale – vi corrispondesse il consenso di tutta la Chiesa nei suoi Vescovi, dopo ampio dibattito sinodale… Inoltre, Hans Küng ritornò su questo tema nel 2016 quando scrisse a Papa Francesco supplicandolo di rivedere il dogma dell’infallibilità e rimuoverlo quanto prima… ma non ottenne alcuna risposta.
In questi tre punti sono chiarissimi – e ben riepilogati – anche i problemi che viviamo e subiamo da ben oltre gli ultimi cinquant’anni, ma giunti oggi al triste epilogo.
- Nel primo caso – l’Eucaristia – sappiamo dalle parole stesse di Papa Paolo VI il vero motivo per cui fu fatto il “Nuovo Messale” con la “nuova Messa”… Il motivo fondamentale fu “venire incontro ai fedeli del nostro tempo” che non capivano più i Misteri della Fede e che – questi cambiamenti – auspicavano un riavvicinamento del mondo protestante. Ma così non è stato! E non solo non c’è stato alcun riavvicinamento, ma sia Paolo VI quanto i suoi Successori, tutti hanno messo dei paletti ferrei contro l’intercomunione e presunti compromessi, un aspetto questo certamente mantenuto ancora in piedi da papa Francesco ma… con sfumature diverse che, senza avvalersi di tali paletti, tende a promuovere attraverso la PRASSI, a seconda delle decisioni dei vescovi del luogo;
- Sulla vicenda di una “nuova mariologia minimalista” c’è poco da aggiungere, dopo le recenti affermazioni di papa Francesco contro il termine “Corredentrice”… e contro una atavica allergia alle Apparizioni mariane, soprattutto nei contenuti dei Messaggi… vedi qui;
- Sulla questione dell’infallibilità papale che Hans Küng definiva “fascistoide”… nulla vi sarebbe da opporsi se oggi, quella adoperata da papa Francesco, potrebbe essere definita “sovietica-comunista”, o no??!! Comunque la si pensi ci pensò Paolo VI con il potere conferito alle Conferenze Episcopali e la limitazione con il pensionamento degli emeriti a tentare di equilibrare gli animi… A nulla servì la Nota che Paolo VI fece porre in difesa dell’autorità petrina al di sopra dei Vescovi – ribadita poi nel documento Communionis notio, leggi qui… – ma, diremo oggi, non sarà forse utile meditare e discutere sul POTERE assunto dai teologi e dai CARDINALI contro le scelte DOTTRINALI dei Pontefici? Le uniche scelte che poi definiscono la vera ed autentica “infallibilità” espressa dal dogma, vedi qui. Ad ogni modo come non vedere un tentativo di risposta a Küng da parte di papa Francesco con la mania della sinodalità?
Perciò… e a ben vedere, i Papi non ignorarono mai le pretese dei teologi modernisti, ma tutti vi risposero con delle aperture limitate, ovviamente, alla ragionevolezza di quanto si poteva fare a fronte del “non possumus”… di certe pretese moderniste.
Resta palese la simpatia di Hans Küng nei confronti di Papa Francesco… e lo comprendiamo ma, al tempo stesso, è lui stesso a non vedere in lui alcuna via d’uscita. Sembra ritorcersi contro lui stesso, quell’elenco impietoso che attribuì al Venerabile Pio XII. Di lui affermò che, grazie al Concilio Vaticano II, quel magistero estremista e “fascistoide” “dovette essere corretto in quasi tutti i punti fondamentali (riforma liturgica, ecumenismo, anticomunismo, libertà religiosa, questione ebraica, «mondo moderno») dal successore e dal suo Concilio…”, a fronte di chi afferma che al Concilio non vi fu rottura, se questa non è una prova che cosa è?
Parole molto gravi!! Con le quali si liquida, ingiustamente, il pontificato di Pio XII… ma che al tempo stesso potrebbe già intravvedersi una corretta analisi dell’attuale pontificato regnante. Sempre dalle espressioni di Hans Küng, ma contro Pio XII, scorgiamo i problemi attualissimi di Papa Francesco, in corsivo le frasi di Küng tra le parentesi il comparativo all’oggi :
- “ha parlato pubblicamente più di ogni altro predecessore, ma ha taciuto sul maggiore crimine del suo tempo”; (Küng si riferisce al silenzio di Pio XII sull’Olocausto ma ciò è stato dimostrato falso, mentre lo vediamo vero come papa Francesco non si impegni maggiormente contro i crimini del nostro tempo e che sono le leggi inique sul matrimonio omosessuale, sull’aborto; silenzio sul peccato, silenzio sull’urgenza della conversione…)
- “ha operato instancabilmente per la propria Chiesa, ma è rimasto passivo di fronte alla più grande catastrofe del suo pontificato”; (per Hans Küng Pio XII sarebbe stato passivo davanti l’Olocausto, la vera catastrofe del “suo” pontificato…. e ciò si è dimostrato storicamente falso, ma cosa dire sulla passività di Papa Francesco a fronte di quanto sta accadendo, oggi, nella Chiesa in Germania e che è una vera catastrofe interna alla Chiesa?)
- “ha vincolato paternalisticamente i cattolici a un’obbedienza infantile verso di sé, soltanto per salvare «la Chiesa», il suo «diritto», il suo apparato e le sue istituzioni”; (incredibile come Hans Küng definisca il rapporto tra Pio XII e l’obbedienza dei fedeli… INFANTILE… facendo suo il pensiero di Congar. Ma come descrivere l’obbedienza oggi imposta da Papa Francesco con le ritorsioni, l’isolamento, le sospensioni “per salvare «la sua Chiesa», il suo «diritto», il suo apparato e le sue istituzioni” ??)
- ha stretto patti con i veri nemici del cristianesimo, ma, nella propria Chiesa, ha condotto una lotta spietata contro tutti i «dissidenti» e gli «innovatori». Questo pontificato, nonostante tutto il suo splendore esterno, in realtà è stato «una tragedia cristiana»; (quest’ultimo punto è da incorniciare. Definire, poi, Pio XII una sorta di tiranno contro gli innovatori o che abbia stretto patti con i nemici della Chiesa, fa solo ridere per chi conosce davvero la storia di quel tempo, ma affermare noi oggi che Papa Francesco “stringe patti con i veri nemici del cristianesimo”, non sarebbe forse la realtà dei fatti che stiamo vivendo?).
Una cosa giusta l’ha detta, Hans Küng, che parafrasiamo dal suo: Questo pontificato, nonostante tutto il suo misericordismo esteriore, in realtà sarà per la Chiesa e il mondo «una tragedia cristiana»;….. Ma noi abbiamo la speranza: il trionfo del Cuore Immacolato di Maria al quale Küng non credeva… e abbiamo la Divina Presenza reale nell’Eucaristia che non permetterà la morte dei Sacramenti; ed abbiamo il Papato nella Chiesa “una e santa” sulla quale le “porte degli inferi non prevarranno”. Noi crediamo nei Tre Amori Bianchi di san Giovanni Bosco e per questo, la nostra Resistenza fatta di persecuzioni ed umiliazioni, ne uscirà vittoriosa!
Hans Küng, il teologo che col suo «paradigma» secolarizzò il cattolicesimo
Anche la morte di Hans Küng, il teologo cattolico scomparso lo scorso 6 aprile, diciamo così, è stata raccontata sui media nella sua appetibilità giornalistica, proprio perché tutta la sua produzione scientifica è stata ridotta alla pubblicazione “Infallibile? Una domanda”, in cui nel 1970 mise in dubbio il dogma dell’infallibilità, appunto, del Papa.
Forse, invece, da un punto di vista scientifico la pubblicazione più rilevante di Küng fu “Teologia in cammino”, pubblicato in Italia nel 1987. Già, poiché qui il teologo svizzero, ideatore della Fondazione Weltethos – dopo che gli fu tolta la possibilità di insegnare Teologia cattolica – a proposito del Concilio Vaticano II, introdusse nel linguaggio teologico un termine fino ad allora usato prevalentemente nelle discipline scientifiche e filosofiche. Non che la teologia non appartenesse anche a quelle categorie – altrimenti dovremmo giudicare vane tutte quelle posizioni, come quella di Pannenberg, che hanno tentato di dare scientificità al “discorso su Dio” – però è pur vero che alcuni attrezzi linguistici fossero perlopiù utilizzati maggiormente in certi campi e non in altri.
Il clamore, infatti, di denominare gli atti del Concilio Vaticano II – in quel periodo a cavallo tra i papati di Giovanni XXIII e Paolo VI, i quali diedero il la alla fioritura della “teologia creativa” – alla stregua di un superamento «del paradigma medieval-controriformistico», come si legge a pagina 17 di “Teologia in cammino”, non fu da meno da quello associato alla non infallibilità del pontefice. Impiegare il termine «paradigma», che fino ad allora Th. S. Kuhn aveva utilizzato in epistemologia, e che Küng immette nella teologia, non fa altro che introdurre un modello interpretativo generale che fungerà da base per diverse scelte metodologiche in teologia.
Insomma, potremmo sostenere che proprio attraverso questa “sterzata”, in qualche modo Küng abbia condotto non solo ad una maggiore interconnessione metodologica tra teologia e altri campi di ricerca, ma anche verso un più sostenuto appoggio al mainstream cultural-religioso di cui l’attuale Papa Francesco è oggi assertore. La nuova teologia che con Küng e altri si apre, è quella che si qualifica per una tendenziale spinta ecumenica, che al particolarismo precedente dei secoli addietro contrappone il principio del “dialogo” con altre confessioni.
Non a caso si riscontrano diversi punti d’incontro tra Küng e l’attuale pontefice, che non invece con Benedetto XVI, di cui Küng fu collaboratore ed amico. Küng, per questo, sarebbe da annoverare come tra coloro che maggiormente hanno contribuito ad una de-confessionalizzazione della teologia, ma anche a quella che potremmo appellare come de-europeizzazione e planetarizzazione di principio del cattolicesimo. In linea con Francesco, o forse dovremmo dire in linea con Küng, si è fatta strada una Universal Theologie, una teologia ecumenica critica, impegnata più a unire che a distinguere. Dunque, una sorta di globalizzazione teologica.
La direzione la diede proprio Küng, quando a pagina 229 di “Teologia in cammino” scrive che questo indirizzo mondialista va «in due direzioni: ad intra, nel dominio dell’ecumene intraecclesiale, intracristiana, e ad extra, nel dominio dell’ecumene mondiale extraecclesiale, extracristiana, con le sue diverse regioni, religioni, ideologie e scienze». È questo il motivo per cui oggi assistiamo ad una valorizzazione di tutti quei valori cattolicamente-universalmente autentici che, su questo solco, possono albergare in ogni confessione cristiana, in ogni religione non cristiana, in ogni cultura e, persino, in ogni forma di ateismo.
Poteva pertanto Küng rimanere nell’ambito della teologia cattolica o cristiana? Hans Küng fu una delle migliori figure che meglio potevano adattarsi alla tendenza generale delle cultura progressista mondiale, così come proprio questo mainstream ha trovato in Küng quel terreno fertile per spingere verso il mondialismo umanistico. Con un grande impatto anche sulla formazione delle giovani generazioni, vista la “popolarità” di Küng. Si prenda, ad esempio, un’inchiesta condotta tra gli studenti dell’Università Pontificia Gregoriana, nei primi anni ‘70 del secolo passato. Alla domanda «Quali sono a vostro avviso i teologi che oggi hanno maggior influenza?», il 48% rispose Karl Rahner, il 20% San Tommaso d’Aquino e Schillebeeckx, e il 17% Küng, a pari merito con sant’Agostino! (il riferimento è pubblicato su “Orientierung” del 14 settembre del 1972).
L’attualità di Küng, di conseguenza, dopo la sua scomparsa tornerà fondamentale per questi motivi, per l’intrapresa verso una più radicale mondializzazione non tanto cattolica, quanto religiosa-spirituale, del pensiero ecclesiale, che si lascia alle spalle una cristianità tradizionale oggi alla ricerca di più saldi punti di riferimento. A questa domanda crescente andrebbe data una risposta teologica, che certamente non è rintracciabile nella proposta di Küng.
di Vito de Luc15 Aprile 2021
https://loccidentale.it/hans-kung-il-teologo-che-col-suo-paradigma-secolarizzo-il-cattolicesimo/
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