Il Mulino, trionfo del populismo illuminato
Compie settant'anni la rivista bolognese punto di riferimento di una certa intelligentia progressista e si rilancia con un numero sulla crisi attuale che è la quintessenza del conformismo. Nell'ansia di combattere il populismo, nuovo cancro delle democrazie, divulga una concezione assolutamente populista del momento attuale.
La rivista “Il Mulino” compie settant’anni: “A pochi anni dalla fine della guerra, un gruppo di giovanissimi decide di fondare una rivista. Nasce così «il Mulino», il cui primo numero, non a caso, viene fatto uscire il 25 aprile”. Il primo fascicolo di questo 2021 ne celebra la nascita, ricorda la sua storia, la rilancia con una diversa periodicità e con il sito completamente rinnovato.
Inutile ricordare che “Il Mulino”, nato nel 1951 e seguito poi dalla casa editrice nel 1953, ha avuto un ruolo di grande influenza nel determinare il sentire delle élites e la politica in questo lungo periodo. Un ruolo animato da una ideologia precisa: la democrazia liberale degli illuminati, ossia un contenitore in cui si potevano riconoscere i cattolici democratici in generale e i dossettiani in particolare, i continuatori del partito d’azione, i liberali gobettiani e i comunisti riformisti: il progressismo italiano più intellettualmente attrezzato.
È sufficiente trarre da questa storia alcuni nomi per far capire il potere culturale e politico che ha ruotato e ruota attorno a “Il Mulino”: Pedrazzi, Matteucci, Galli, Scoppola, Giugni, Andreatta, Spinelli, Parisi, Pasquino, Ruffilli, Panebianco, Rusconi, Bertelli, Bodei, Pombeni, Ignazi. Questi sono alcuni nomi di chi ha ricoperto incarichi istituzionali, poi ci sono gli iscritti alla Associazione di cultura e politica “Il Mulino” e lì il giro si allarga molto: Prodi, Galli della Loggia, Visco eccetera.
A leggere i contenuti del fascicolo del Settantennio ora in distribuzione – il n. 1/2021 scritto da “una nuova redazione composta interamente di giovani”, come viene specificato, e dal titolo “Guarire le nostre democrazie” – si rimane molto colpiti da come in esso venga proposta una scontatissima narrazione della crisi attuale, una visione di scuola, conformista, perfettamente adatta al sistema, preconfezionata e prevedibile.
Il progressismo italiano più intellettualmente attrezzato, nella sua ansia di combattere il populismo, nuovo cancro delle democrazie, divulga una concezione assolutamente populista del momento attuale. Se populismo è ammansire il popolo, fornirgli una narrazione delle cose addomesticata dall’alto, fargli credere in modo sistematico ciò che non è, assumere nei suoi confronti un atteggiamento protettivo e paternalista contro il diverso, beh allora “Il Mulino” è proprio questo.
Un populismo illuminato, ossia la forma peggiore di populismo.
Secondo gli autori del fascicolo – i giovani della nuova redazione – il Male si è materializzato a Capitol Hill il 6 gennaio 2021. Biden e Harris hanno ora una “presidenza da ricostruire”, dopo i “rischi”, le “ombre”, il “caos” le “pulsioni autoritarie profonde” suscitate dalla presidenza “anomala” di Trump.
Per fortuna che ora c’è Biden, accolto “con grande favore” dai leader europei dopo il “deterioramento senza precedenti” nei rapporti tra Stati Uniti ed Europa e lo “sgomento” da essi provato dopo l’assalto a Capitol Hill. Ora Biden potrà finalmente far rientrare gli Usa negli accordi di Parigi sul clima e recuperare un buon rapporto con l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a cui Trump aveva tolto i finanziamenti. Si potrà anche ricostruire una collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico per la lotta contro la pandemia, della quale Trump e gli Europei avevano visioni diverse.
I fatti di Capitol Hill, continuano i giovani redattori de Il Mulino, rimanda a Budapest: sono due esempi di “regressione delle libertà democratiche nel mondo”. Sta montando un pericoloso populismo che “sfrutta - drammatizzandole – le crisi”, che si fonda sul “nativismo” e sulla “ostilità alla immigrazione”, che “non sopporta le litanie di Bruxelles”, che “distribuisce prebende”, che protegge dalla paura deresponsabilizzando.
Che dire poi della lotta alla pandemia? Naturalmente è un “grande esperimento sociale” e deve essere una “opportunità di cambiamento”. La strada è quella di rafforzare il Welfare, “investimenti pubblici nei servizi educativi, nell’istruzione fino all’università, insieme alle politiche a ai servizi che aiutano le madri a conciliare famiglia e lavoro”, ossia più asili nido statali.
Una frittata simile di luoghi comuni politicamente impeccabili testimonia che il vero populismo è questo. Nessun dubbio sulle presidenze Trump e Biden né sulle anomalie delle elezioni americane, nessun problema sull’ideologia ambientalista degli accordi di Parigi, nemmeno un punto di domanda sulla ideologia sanitaria dell’OMS nemmeno sulla sua sudditanza alla Cina allo scoppio dell’epidemia, certezza assoluta che l’Unione Europea rappresenti il bene e sia priva di nei, rafforzamento del centralismo statalista nella lotta all’epidemia, temi etici fondamentali come l’ aborto tenuti opportunamente fuori del mirino, uso ideologico e violento dell’accusa di “populista”, visione manichea della realtà tra i buoni e i cattivi.
Il Mulino è come una cattedra, un tavolo di presidenza, lo scranno di un giudice dai quali si diffondono e si applicano criteri e valutazioni care al sistema di potere, in modo illuminato però.
Stefano Fontana
https://lanuovabq.it/it/il-mulino-trionfo-del-populismo-illuminato
Medico censurato, un bel 25 aprile di censura e "libertà"
Un 25 aprile di censura e "libertà" va in scena a Varese durante il sit in con la firma della Bussola Paolo Gulisano: il video su Youtube viene rimosso. Motivo? Ha mostrato in pubblico la sua paziente, Giusy, che in ospedale era già spacciata, ma che lui ha salvato dal Covid con terapie adeguate. Il Potere non tollera l’esibizione della prova che molti morti si sarebbero potuti evitare.
Accade davvero di tutto in questo bislacco e surreale Anno Domini 2021. Anche che dei medici scendano in piazza e manifestino per poter curare i pazienti. È successo a Varese il 25 aprile 2021. Nella piazza principale della città si è svolta, infatti, una conferenza a cielo aperto dal titolo Curare il Covid-19 a casa si può!
Tre motivi mi hanno indotto a partecipare a quell’evento. Il primo è che Varese è il luogo della mia residenza anagrafica. Il secondo è che quel giorno ero miracolosamente libero da impegni. Il terzo e più importante motivo è che tra i medici relatori vi era Paolo Gulisano (in foto), fraterno amico e commilitone nella battaglia per la verità e la libertà. La mia decisione di videoregistrare il suo intervento si è rivelata provvidenziale. Paolo ci ha donato, infatti, un discorso che meritava davvero di essere ascoltato. Anche per questo ho deciso, una volta rientrato a casa, di caricarlo sul mio canale YouTube per poterlo condividere in rete.
Con una celerità da far invidia alla famigerata C.A.C. (Cyberspace Administration of China ) della Cina comunista (国家互联网信息办公室 letteralmente “Ufficio Statale dell’Informazione Internet”), il mio video è stato rimosso «per aver violato le Norme della Community di YouTube» (QUI la versione integrale). Non mi era mai capitato. Leggo infatti nell’avviso che mi è stato notificato: «Siccome è la prima volta che capita, questo è solo un avviso. Se dovesse capitare di nuovo, il tuo canale riceverà un avvertimento e non potrai eseguire azioni come caricare video, pubblicare post o effettuare live streaming per una settimana. Se riceverai un secondo avvertimento, non potrai pubblicare contenuti per due settimane. Se riceverai tre avvertimenti nell’arco di 90 giorni, il tuo canale verrà definitivamente rimosso».Confesso, onestamente, di non conoscere le regole della fantomatica “Community” ma, da avvocato, penso di conoscere alquanto bene, sotto il profilo giuridico, quali siano i messaggi consentiti dal sacrosanto diritto di opinione sancito dall’art. 21 della Costituzione. Per questo motivo ho rivisto per ben tre volte il video censurato, e non sono riuscito oggettivamente a trovare nessuna ragione ostativa alla sua pubblicazione.
Paolo Gulisano (nota firma della Bussola ndr) si è semplicemente limitato a raccontare di aver curato pazienti affetti da Covid-19. Devo quindi concludere che sia questo il motivo della censura: non si può affermare che esista una terapia. In realtà, Gulisano ha raccontato anche il noto caso della signora Giusy, che i lettori di questo giornale conoscono, ovvero l’anziana ottantenne da lui salvata sottraendola al tentativo dei medici dell’ospedale in cui era ricoverata di «accompagnarla con la morfina verso una dolce morte». Può forse essere stato questo ad aver dato fastidio? Forse il Potere non tollera l’esibizione in piazza della prova che molti deceduti negli ospedali avrebbero potuto salvarsi con un’adeguata cura domiciliare?
Resta il fatto, gravissimo, che il discorso pubblico di Gulisano sia stato oscurato. Ora, però, è lecito porsi un interrogativo. Se nella Cina del regime totalitario comunista, come abbiamo visto, è la C.A.C., ovvero l’Ufficio Statale dell’Informazione Internet, ad occuparsi di rimuovere dalla Rete i contenuti scomodi per il Potere, da noi in Italia a chi è affidato lo svolgimento di questo servizio così poco democratico?
Abbiamo, comunque, capito che oggi nel nostro Paese non si può pubblicamente affermare che è possibile curare a casa il Covid-19. E questo nonostante il fatto che una parte della politica abbia iniziato a pensarla diversamente. Ricordiamo, per esempio, l’ordine del giorno approvato al Senato e le interrogazioni alla Camera dei Deputati. Ma chi ha interesse a sostenere che non si possono effettuare cure domiciliari per il Covid-19 (Leggi QUI il dossier della Bussola Covid at home)? Chi ha interesse ad enfatizzare la prevenzione attraverso la somministrazione del vaccino, a discapito di un’adeguata terapia per combatterlo? Chi ha interesse a non dimostrare che molti deceduti negli ospedali avrebbero potuto salvarsi attraverso idonee cure? Lo si scoprirà certamente col tempo.
Resta, comunque, il fatto che il dott. Paolo Gulisano, libero cittadino italiano, è stato censurato nell’esprimere un’opinione assolutamente conforme alla legge e alla Costituzione repubblicana, con una rapidità e brutalità che non conoscevano neppure i solerti funzionari del Minculpop fascista, del Reichspropagandaleitung nazista, o del Glavit sovietico.
Che la censura nei confronti di Gulisano sia avvenuta proprio il 25 aprile, il giorno della cosiddetta “Liberazione”, rappresenta, poi, una vera e propria ironia della sorte. Verrebbe da chiedersi, di grazia, da che cosa saremmo stati liberati, se di fatto continuiamo a vivere in un sistema a democrazia sospesa dove non è consentito esprimere una libera opinione, o dove si viene addirittura censurati.
Il fatto è che il 25 aprile continua a rappresentare una logora liturgia laica la cui celebrazione è semplicemente obbligatoria per le istituzioni.
Confesso di aver provato una certa tenerezza nell’ascoltare il discorso sull’importanza della democrazia che Mario Draghi, dopo aver presenziato alla deposizione di una corona all’altare della Patria, ha pronunciato presso il Museo storico della Liberazione. Draghi, in quell’occasione, ha anche affermato che «libertà e diritti non sono barattabili con nulla». Qualcuno lo avvisi, però, che da più di un anno nel nostro Paese la democrazia e le garanzie costituzionali sono sospese e che noi continuiamo a vivere nella pericolosa terra di nessuno costituita proprio da quell’Ausnahmezustand (stato d’eccezione) teorizzato dal giurista tedesco Carl Schmitt, stato che finì per portare Hitler al potere. Ha ragione Draghi: libertà e diritti non sono barattabili con nulla. Neppure con la necessità di arginare un’emergenza sanitaria.
Gianfranco Amato
https://lanuovabq.it/it/medico-censurato-un-bel-25-aprile-di-censura-e-liberta
Il Nyt denuncia Google: "Favorite la pedofilia online"
Il New York Times parla ancora del traffico di pornografia minorile e pedofilia presente sul web. Questa volta l’editorialista del quotidiano progressista Nicholas Kristof accusa Google non solo di non censurare contenuti depravati e illegali ma persino di favorirli. Eppure nessuno si sogna di toccare la radice del problema per cui il porno andrebbe interamente vietato.
Il New York Times ha pubblicato un nuovo articolo in cui denuncia il traffico di pornografia minorile e pedofilia presente sul web. Questa volta l’editorialista del quotidiano progressista Nicholas Kristof accusa Gooogle non solo di non censurare contenuti depravati e illegali ma persino di favorirli. Kristof continua così con la sua inchiesta sul mondo dello sfruttamento sessuale minorile e della pedofilia online, spiegando come Google abbia aiutato i suoi utenti ad accedere a contenuti di abusi sessuali e stupri su bambini pubblicati su siti come Pornhub e Xvideos.
Il Nyt aveva già denunciato Pornhub per i milioni di contenuti pedofili a cui era seguita la scelta di alcuni circuiti di carte di credito come Mastercard e Visa impedire pagamenti al sito. Quando Pornhub ha cancellato i video, milioni di clienti si sono però spostati su Xvideos, sito pornografico privo di scrupoli. L’editorialista spiega infatti che questo sito “è il fulcro di un impero porno che ottiene sei miliardi di visualizzazione al giorno e che infligge angoscia in tutto il mondo – il che solleva una domanda: perché lasciamo che queste aziende la facciano franca?”. Dato che non solo questi colossi milionari continuano ad esistere indisturbati nonostante i gravi reati di cui si sono macchiati, ma addirittura "Google è un pilastro di questo ecosistema squallido, perché circa la metà del traffico che raggiunge XVideos e XNXX sembra provenire dalle ricerche di Google”.
Una ricerca su Google legata al sesso, si legge ancora, “ha rivelato risultati video di adolescenti che fanno sesso di tutti i tipi (su un autobus, con un "fratellastro", ecc.) su XVideos e XNXX”. E, a sua volta, XVideos "suggerisce volontariamente di cercare "piccolo", "ragazza", "ragazzo"...e "porno giovanile".
Nell’inchiesta emerge anche una ricerca apparsa nel 2021 sul The British Journal of Criminology che ha rilevato che un video su otto dei tre principali siti - XVideos, Pornhub e XHamster - conteneva violenza sessuale: “Alcuni mostrano donne o ragazze intossicate o inconsce violentate. Altri provengono da telecamere spia negli spogliatoi o nei camerini delle spiagge che mostrano donne o ragazze ignare (e, meno spesso, uomini e ragazzi) spogliarsi o fare la doccia. Si rilevano epiteti razzisti e umiliazioni, così come video misogini di presunte femministe degradate o torturate. Molti filmati raffigurano stupratori, reali o falsi, che costringono al sesso bambini...Uno su XVideos nei sottotitoli riporta la protesta di una giovane: "Non è giusto, papà, fermati, per favore".
Ma gli abusi non si limitano ai siti pornografici. “Twitter, Facebook, Reddit e altri siti sono tutti pieni di immagini di abusi sessuali su minori”. Una vittima ha rivelato al Nyt che “video clip di lei nuda erano stati postati su Twitter per sei anni...Twitter aveva ignorato le sue richieste di rimuoverle”. Purtroppo Kristof aggiunge che quando lui stesso ha chiesto a Twitter di eliminare quel video in poche ore è stato cancellato. A dire che il problema non è del loro sistema informatico ma della volontà delle aziende tech che guadagnano da quello che è fra i crimini peggiori della storia.
Chiaramente, però, il giornale progressista non va alla radice profonda del problema pornografia, le cui conseguenze sono la pedofilia e la violenza sessuale. Infatti, chiarisce Kristof: “Non si tratta di pornografia, ma di stupro e abusi sessuali...Il problema è che molte persone nei video pornografici non erano adulti consenzienti”. Si deve riconoscere all'editorialista la determinazione con cui denuncia il male dei mali, quello sugli innocenti, ma è dalla pornografia fra adulti consenzienti, dal piacere sessuale fuori dal suo scopo (la donazione, insieme all’amore esclusivo e la generazione della prole) che si arriva alla sua perversione e violenza. Tolti i limiti per cui esiste la sessualità, la sua forza perde gli argini e tutto diventa possibile.
A intuirlo è la giornalista del National Review Alexandra DeSanctis per cui a Google spetta il compito di interrompere l'elaborazione dei pagamenti a Pornhub e siti simili mettendo in campo ogni azione possibile per fermare il crimine e per cui, “lungi dal fornire una forma di intrattenimento innocuo, l'industria della produzione e della distribuzione di pornografia è colpevole di abusi dilaganti, violazioni della legge, maltrattamenti sistemici delle donne e abbondanti legami con l'industria del traffico sessuale. E’ da tempo che siamo in ritardo per fare un bilancio culturale di tutto questo”.
La sola soluzione è quindi quella di vietare ogni forma di pornografia, cosa che né i giornali come il Nyt né le grandi aziende né gli Stati vogliono o hanno il coraggio di chiedere. Eppure, è storicamente provato (vedi ad esempio Umberto Galimberti, docente universitario di antropologia culturale) che le civiltà sono decadute quando il vizio e la lussuria hanno cominciato a dominarle. La pornografia infatti è una droga che priva l'individuo di forza creativa, di sublimazione dell'energia sessuale, spingendo all’isolamento e all’apatia e rendendo ogni altra cosa incapace di appagare: che sia una donna in carne e ossa, una relazione stabile, un lavoro fatto bene, una grande amicizia, una passione. Si capisce quindi come il suo dilagare online, anche quando avviene fra adulti consenzienti, come minimo indebolisce chi la guarda. Per non parlare delle sue degenerazioni che rendono violenti coloro che vi accedono (i numeri parlano di milioni di bambini e adolescenti) e con una concezione della sessualità e della donna depravata.
Ma non era il Nyt ad essere il primo fra i grandi media ad aver appoggiato le istanze femministe della rivoluzione sessuale che chiedeva l’abolizione di ogni tabù? Beh eccoci serviti.
Benedetta Frigerio
https://lanuovabq.it/it/il-nyt-denuncia-google-favorite-la-pedofilia-online
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