Sarebbe un disastro – non solo per i “tradizionalisti” ma per l’intera Chiesa Cattolica – se Papa Francesco proibisse o solo limitasse la Forma Straordinaria del Rito Romano
Ritengo che ha proprio ragione l’amico e collega Marco Tosatti, quando scrive: “L’impressione è che si voglia fare in modo che anche le pecore più tranquille e docili giungano a un punto in cui cominciano a mordere”. Sembra che siamo già ben avanzati sulla strada dello “scisma indotto” [1].
Il 26 maggio abbiamo scritto [Francesco vuole abrogare il Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Messainlatino.it riferisce che l’ha detto alla Plenaria della Conferenza Episcopale Italiana]: «Il Summorum Pontificum del 7 luglio 2007 [QUI], l’opera maggiore di Papa Benedetto XVI, è in pericolo. Questa Lettera apostolica in forma di Motu proprio del 7 luglio 2007 contiene le indicazioni giuridiche e liturgiche che, insieme alle precisazioni emanate dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, sono attualmente in vigore per la celebrazione della Santa Messa nella Forma Straordinaria del Rito Romano, cioè, secondo il Missale Romanum promulgato da San Pio V ed edito da San Giovanni XXIII nel 1962, utilizzato durante il Concilio Vaticano II. Le disposizioni del Summorum Pontificum sono entrate in vigore il 14 settembre 2007, festa dell’Esaltazione della Santa Croce e hanno sostituito le precedenti norme contenute nella Lettera della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Quattuor abhinc annos del 3 ottobre 1984 ai Presidenti delle Conferenze Episcopali relativa alla celebrazione della Messa nella forma tridentina e nella Lettera apostolica in forma di Motu proprio Ecclesia Dei adflicta del 2 luglio 1988, con cui San Giovanni Paolo II ha istituita la Pontificia commissione Ecclesia Dei (soppresso il 17 gennaio 2019 da Papa Francesco)».
Poi, il 31 maggio abbiamo specificato [Ad orientem, conversi ad Dominum. Rivolgersi insieme verso il Signore nella Liturgia Eucaristica]: «Visto le ricorrenti domande che ci vengono poste in riferimento alle recenti notizie circa il pericolo, che il Motu proprio Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI del 7 luglio 2007 venga abrogato, riteniamo doveroso sottolineare per l’ennesima volta che non si tratta (soltanto) del latino o una lingua volgare come lingua del sacro culto, nella Forma Ordinaria o Straordinaria del Rito Romano, della celebrazione individuale o concelebrazione della Santa Messa. Si tratta in sostanza dell’orientamento nel culto: ad orientem (il celebrante/i concelebranti insieme al popolo verso il Signore o verso il popolo). Mentre nella Forma Straordinaria del Rito Romano (regolata dal Summorum Pontificum) la celebrazione è sempre in latino, individuale e rivolta ad Oriente verso Dio, invece niente proibisce nella Forma Ordinaria del Rito Romano la celebrazione in latino, individuale e rivolta ad Oriente verso Dio (anche se è prassi generale la Santa Messa in lingua volgare, concelebrata e rivolta verso il popolo)».
Di seguito riportiamo un ulteriore intervento – nella nostra traduzione italiana dall’inglese – che porta precise informazioni e conferme preoccupanti, in riferimento a quanto abbiamo già riferito il 23 maggio 2021, da una fonte statunitense autorevole e di solito ben informata.
Un disastro incombe se Papa Francesco limitasse la Messa tradizionale
di Phil Lawler
Catholicculture.org, 2 giugno 2021
Le voci sono vere. Le mie fonti romane – troppe e troppo attendibili per essere dubitate – confermano che in Vaticano sta circolando un documento che, se approvato dal Papa, limiterebbe significativamente l’uso della “forma straordinaria” della liturgia, la Messa Latina Tradizionale (MLT).
Questo documento è in forma di bozza. Potrebbe essere modificato. Potrebbe non essere mai rilasciato. Ma non sarebbe nemmeno in discussione senza il consenso almeno tacito (se non attivo) di Papa Francesco. E se fosse rilasciato nella sua forma attuale, sarebbe un disastro pastorale e dottrinale. Contrasterebbe un potente movimento di riforma nella Chiesa e, paradossalmente, minerebbe l’autorità stessa del Papa.
Lasciatemi spiegare.
Nel Summorum Pontificum, la sua Lettera apostolica del 2007, Papa Benedetto XVI ha dato ai fedeli cattolici un accesso molto più ampio alla MLT. Con questo nuovo documento, concepito come una “Istruzione” per l’“attuazione” del Summorum Pontificum, Papa Francesco ripudierebbe di fatto l’opera del suo predecessore, e allo stesso tempo interromperebbe l’afflusso di sangue alla parte in più rapida crescita del Chiesa universale.
Papa Benedetto ha scritto Summorum Pontificum perché ha riconosciuto, nella crescente domanda della liturgia tradizionale, un autentico movimento dello Spirito Santo all’interno della Chiesa. Il desiderio per la MLT non è mosso dalla nostalgia; la stragrande maggioranza delle persone nei banchi non ha l’età per ricordare la liturgia che era universale prima del Concilio Vaticano II. In un momento in cui i cattolici stanno lasciando la Chiesa a migliaia, e soprattutto i giovani stanno abbandonando la fede, le parrocchie tradizionaliste stanno vedendo una crescita esplosiva, segnata in particolare da un afflusso di giovani famiglie.
Allora perché un prelato cattolico, impegnato nell’evangelizzazione, dovrebbe voler interferire con la crescita del cattolicesimo tradizionale? Perché scherzare con il successo? Potrebbe essere perché l’evidente salute pastorale delle comunità tradizionaliste crea uno spiacevole contrasto con i fallimenti delle parrocchie che si stanno rapidamente riducendo nella corrente cattolica? Come ho osservato solo poche settimane fa, è rivelatore “che l’unica opzione liturgica che i cattolici liberali non possono rispettare è l’opzione per l’antica liturgia”.
Nel Summorum Pontificum, Papa Benedetto ha dichiarato che ogni sacerdote ha il diritto di celebrare la liturgia tradizionale, senza richiedere un “indulto” o un permesso speciale dal suo vescovo. Secondo quanto riferito, la bozza del documento annullerebbe tale autorizzazione. A dire il vero, in pratica questo cambiamento non avrebbe troppo impatto sulla disponibilità della MLT, perché qualsiasi sacerdote diocesano prudente sa già che se dispiace al vescovo offrendo la MLT senza la sua approvazione, probabilmente subirà rappresaglie. In tal modo, contrariamente allo spirito del Summorum Pontificum, molti vescovi hanno continuato a soffocare la richiesta della liturgia tradizionale.
Tuttavia, il requisito dell’approvazione episcopale (che è solo una delle numerose nuove restrizioni proposte) avrebbe un effetto molto significativo in un altro modo. Nel Summorum Pontificum Papa Benedetto ha anche chiarito che, contrariamente a un’impressione diffusa, la MLT non era mai stato abrogato. “Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso”, ha spiegato Papa Benedetto XVI [2].
Chiaramente, se Papa Francesco ora proibisse effettivamente la celebrazione della MLT, e/o disse che la liturgia tradizionale è dannosa – o dà ai vescovi diocesani il potere di farlo – allora starebbe contraddicendo direttamente il suo predecessore. E se Papa Francesco può contraddire l’insegnamento di Papa Benedetto XVI, cosa impedisce a un futuro Pontefice di contraddire Papa Francesco? Chiunque sia sinceramente interessato a preservare l’autorità papale (invece di ottenere un vantaggio temporaneo nei dibattiti intramurali) dovrebbe riconoscere il danno che questa bozza di documento potrebbe causare.
Ironia della sorte, i leader cattolici che stanno facendo pressioni per un uso pesante del potere papale in questo caso, hanno passato le ultime generazioni a inveire contro l’invocazione dell’autorità papale in altri casi, incluso il caso del Summorum Pontificum. Ma la legittima autorità del Romano Pontefice è severamente limitata. Può solo proclamare le verità tramandate nella Tradizione cattolica. Se contraddice l’insegnamento dei precedenti Pontefici – se suggerisce che ciò che un tempo era sacro non è più sacro – attacca la base su cui poggia la sua stessa autorità.
Questa bozza di documento, quindi, rappresenta non solo un problema per i tradizionalisti, ma un grave pericolo per la Chiesa. Dovrebbe essere vigorosamente contrastato da chiunque abbia a cuore la missione dell’evangelizzazione, l’integrità della dottrina e la conservazione dell’autorità papale.
* * *
[1] Lo “scisma indotto” o la “mossa del cavallo”: lasciare una via di fuga
Quando tempo fa lessi “L’arte della guerra” di Sun Tzu (VI-V secolo a.C.) una delle idee che più mi avevano colpito è quella di lasciare sempre una via di fuga per il nemico – “Lascia una via d’uscita a un esercito accerchiato” – che si può commentare con Cao Cao: “La regola degli antichi aurighi dice: ‘Accerchia da tre lati ma lasciane uno libero, per indicare così la strada alla vita’”.
Se la vita è presente nella loro mente, i soldati nemici si batteranno con meno ardore. Del resto lo stesso Sun Tzu subito dopo dice anche di: “Non incalzare un nemico disperato”, perché: “Un animale atterrito lotterà fino alla fine, è una legge naturale”.
Non è una mossa strategica, sconosciuta all’occidente, tant’è che come racconta Machiavelli nel suo “Arte della guerra”, fu adottato da Cesare contro delle tribù germaniche: queste, completamente circondate si battevano con furia; aprendo loro una via di fuga, Cesare preferì farsi carico del successivo inseguimento piuttosto che avere a che fare con un nemico così combattivo e furioso.
Quello che cambia, e questo lo abbiamo capito leggendo Francois Jullien, è che quello che per gli occidentali è solo un espediente, un aneddoto su cui neanche soffermarsi, per i cinesi è un concetto dalla portata molto più profonda. Nella mentalità cinese quello che rende pavidi o coraggiosi e il “potenziale della situazione”, e quindi quello che il generale deve fare non è chiedersi come rendere i suoi uomini coraggiosi e i suoi nemici pavidi, ma come agire, come operare per costringerli in quelle determinate situazioni.
Se lasciare una via di fuga serve per rendere “pavido” il nemico, tagliare i ponti, bruciare le navi, “far salire in alto e poi togliere la scala” è un modo per rendere coraggiosi i propri soldati. Portati in territorio nemico e isolate le vie di comunicazione, gli uomini non avranno scelta e saranno costretti al coraggio.
“Il bruciare i ponti”, secondo gli economisti Avinash Dixit e Barry Nalebuff e anche un modo per rendere credibili i propri impegni.
Premesso che la credibilità è fondamentale per la buona riuscita di ogni strategia, chiarito che “stabilire una buona credibilità in senso strategico significa far sì che ci si aspetti che portiate a termine le vostre mosse incondizionate, manteniate le vostre promesse e mettiate in atto le vostre minacce”, si può sostenere che bruciarsi i ponti alle spalle è proprio uno dei possibili modi per obbligarsi a mantenere i propri impegni. Citando ancora Dixit e Nalebuff: “Credibilità implica trovare il modo per non tornare indietro. Se non c’è un domani, l’impegno di oggi non può essere ritrattato” (Ivano Paolo Todde).
– Actuating Schism – Provocare lo scisma | by Patrick Archbold – Creativeminorityreport.com, 27-30 November/3 December 2018 (Inglese e Italiano)
– Daniel Mitsui: il Maligno è più raffinato di noi. La Chiesa è debole. Il cristiano deve pregare tra le rovine, come sempre – 1° febbraio 2020
[2] «Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Missale Romanum. Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto. Ovviamente per vivere la piena comunione anche i sacerdoti delle Comunità aderenti all’uso antico non possono, in linea di principio, escludere la celebrazione secondo i libri nuovi. Non sarebbe infatti coerente con il riconoscimento del valore e della santità del nuovo rito l’esclusione totale dello stesso» (Lettera di Sua Santità Benedetto XVI ai Vescovi in occasione della Pubblicazione della Lettera Apostolica “Motu proprio data” Summorum Pontificum sull’uso della Liturgia romana anteriore alla riforma effettuata nel 1970, 7 luglio 2007 [QUI]).
Preti, Vescovi: Funzionari del Culto, o Pastori? L’Opinione di Aurelio Porfiri.
Giugno 2021 2 Commenti
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, è un momento in cui si parla molto del ruolo di sacerdoti e vescovi. E purtroppo non mancano gli episodi , frequenti, in cui pare che gli intermediari fra il popolo e il sacro vengano meno ai loro doveri. Nei giorni in cui si fa memoria del Corpus Domini guardiamo, insieme ad Aurelio Porfiri, a come troppi sacerdoti non siano degni servitori, meditando sulle parole del passionista Enrico Zoffoli, filosofo e teologo insigne. Buona lettura, e buon ascolto.
§§§
A che punto è il piano per emarginare la Messa antica
“La resistenza e anche la lotta nascosta e aperta contro la Messa tradizionale di tanti che oggi occupano posizioni di potere nella Chiesa è espressione di un’ideologia, perché vogliono una fede diversa e quindi una liturgia diversa”
Vescovo Athanasius Schneider su Twitter
Vedi i precedenti sul Rito antico a rischio qui – qui – qui – qui.
Leggo su The Remnant la conferma che in Vaticano, almeno due cardinali di Curia – Pietro Parolin, segretario di Stato, e Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi – appoggiano il documento in fieri per limitare la lettera apostolica di Papa Benedetto XVI Summorum Pontificum [ne abbiamo parlato qui].
Il documento si troverebbe in terza bozza presso la Congregazione per la dottrina della fede e resta fermo il timore che costituisca una minaccia per la diffusione del Rito antico. Contestualmente è in predicato anche l’amministrazione degli altri sacramenti nel rito antico, cioè matrimonio, battesimo, cresima, ecc. che, a dire delle fonti di Remnant, dovrebbe essere mantenuta solo per coloro che hanno già il permesso di celebrare la Messa tradizionale.
Corre voce che Bergoglio faccia pressioni per la pubblicazione del documento, a suo tempo accompagnato da una sua lettera introduttiva molto dura e aspra nei confronti della messa tridentina.
Dalle fonti di Remnant si apprende che la prima bozza del documento poneva rigide limitazioni all’età dei celebranti similmente all’indulto di Paolo VI, che consentiva ai sacerdoti anziani di continuare a celebrare la Messa tridentina dopo la promulgazione del Novus Ordo Missae. Ma il cardinale gesuita Luis Ladaria, prefetto della CDF, si è opposto fermamente sia alla lettera che alla prima bozza che da allora è stata rivista.
Nella bozza attuale, le comunità e i sacerdoti diocesani che già celebrano la Messa nel Rito antico possono continuare a farlo, ma il clero diocesano che desidera iniziare a celebrarlo dovrebbe chiedere l’autorizzazione. È ancora in discussione se l’autorizzazione debba essere affidata ai vescovi locali o alla Santa Sede.
Ma la Messa antica non è né una concessione più o meno benevola e neppure una conquista; ma un tesoro inalienabile da custodire e da difendere.
I risultati del questionario
Le preoccupazioni per possibili restrizioni alle celebrazioni del Rito romano antico erano emerse dopo l’invio, da parte della CDF ai presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo, di una lettera con allegato un questionario in nove punti sul Summorum Pontificum [vedi] che, secondo il cardinale Ladaria, era richiesto dal Papa per essere “informato sull’attuale applicazione” del Summorum.
Tra tutte le domande poste la più insidiosa, seppur espressa in modo apparentemente neutro, era l’ottava (Vedi link supra): “Il motu proprio Summorum Pontificum ha influenzato la vita dei seminari (il seminario della diocesi) e di altri istituti di formazione?”. Una domanda insidiosa perché il fine è quello di isolare le comunità tradizionali e questo non si può fare efficacemente se in seminario ci sono seminaristi che hanno almeno curiosità, quando non interesse, del rito antico. Curiosità nefasta, se paragonata a quanto i vescovi sono ben disposti a coprire e lasciar correre… Tutto è permesso (se non promosso) ma la prassi antica no! È la grande contraddizione odierna: da un lato si promuove l’oscena interscambiabilità tra fedi e religioni diverse; dall’altro non si tollera la presenza di due riti perché presupporrebbero due visioni teologiche ed ecclesiologiche diverse. Non è servito neppure tirar fuori le “due forme” delle stesso rito…
Più fonti confermano che ha risposto al questionario il trenta per cento dei vescovi, più della metà dei quali in termini favorevoli o neutrali, nonostante le domande fossero particolarmente tendenziose contro il Summorum Pontificum, o formulate in modo non sempre chiaro e specifico. In effetti dall’esito del questionario è emerso il radicamento della Messa tradizionale e la circostanza che anche in luoghi inaspettati, essa è abbracciata e amata dai giovani e dalle famiglie e sta dando frutti di parrocchie fiorenti, vocazioni sacerdotali e religiose, mentre favorisce la preghiera e la devozione dei fedeli.
Le tappe precedenti. Esempi in Francia
Non dimentichiamo l’excursus delle varie tappe con cui il legislatore romano era giunto ad interpretare la promulgazione del messale del 1969 come non obbligatoria : nel 1984 con Quattuor abhinc annos, nel 1988 con Ecclesia Dei, nel 2007 con Summorum Pontificum.
L’ultima Lettera di Paix Liturgique [qui], più ampiamente citata di seguito, ricorda che soprattutto in Francia le sanzioni comminate da alcuni vescovi non facevano altro che promuovere la diffusione delle celebrazioni mentre la sospensione a divinis di mons. Lefebvre nel 1976 diede alla sua iniziativa una vasta popolarità. L’evento fu seguito dalla pacifica occupazione della chiesa di san Nicola di Chardonnet, a Parigi, ad opera di mons. Ducaud-Bourget e dei suoi fedeli, che vi fecero ingresso una domenica e che vi sono tuttora. Allo stesso modo, 10 anni più tardi, nel 1986, nei pressi di Versailles, i parrocchiani della messa tradizionale di San Luigi di Port-Marly, cacciati dalla loro chiesa, le cui porte erano state murate per questo, le hanno sfondate, molto semplicemente, per ritornare in quei locali. Non se ne sono più andati.
Le avvisaglie attuali
Tornando a Roma, sempre secondo le fonti di Remnant, le incombenti misure restrittive saranno attendibilmente attuate dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – già deprivata del Card, Sarah – nella persona del nuovo sottosegretario mons. Aurelio García Marcías, che Bergoglio avrebbe elevato all’episcopato proprio per portare a compimento questi piani, conferendogli le responsabilità precedentemente svolte dall’Ecclesia Dei [inglobata nella CDF vedi] nella persona dell’ex presidente, l’arcivescovo Guido Pozzo. Professore del Pontificio istituto liturgico del pontificio ateneo Sant’Anselmo mons. García è noto per non condividere le opinioni di Benedetto XVI sulla sacra liturgia ed è descritto come “il personaggio più antitridentino mai conosciuto”.
Di fatto, dopo l’uscita di scena del card. Sarah, il papa ha nominato al vertice della Congregazione per il culto divino l’ex segretario Roche. Difficilmente si troverà in lui uno strenuo difensore della liturgia antica e del diritto dei fedeli e dei sacerdoti di potersi avvalere del Messale mai abrogato. Roche ha sostenuto il diritto dei vescovi di fare a pezzi tutti i pronunciamenti autorevoli della Chiesa sulla questione della comunione in mano. Ammiratore di Piero Marini, è stato infatti la spina nel fianco di Sarah e rappresentava l’opposizione interna all’allora Prefetto.
Effetti sulle comunità tradizionali
Ancora secondo le fonti di Remnant, la prima bozza del documento inizialmente prevedeva la collocazione delle società sacerdotali (ad es. Fraternità di San Pietro, Istituto di Cristo Re e Istituto del Buon Pastore) e altre comunità tradizionali sotto la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
La terza bozza in itinere sposta l’ufficio del ricorso per le questioni attinenti alla Messa tradizionale e la vigilanza sulle società sacerdotali e comunità religiose che utilizzano il Messale antecedente al 1970, dalla quarta sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede (già pontificia commissione Ecclesia Dei) alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Tale spostamento sarebbe potenzialmente più problematico per queste comunità, alla luce alle modalità con cui la Congregazione per il culto ha gestito gli ordini contemplativi nel recente passato, vale a dire, attraverso l’Istruzione Cor Orans del 2018(1), che richiede ai monasteri femminili autonomi di appartenere a una federazione più ampia, e chiede alle novizie e alle monache contemplative professe di lasciare la loro clausura per la formazione iniziale e permanente, cosa estranea alla vita contemplativa di clausura.
Non è ancora chiaro se la quarta sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede continuerà a occuparsi delle questioni dottrinali e dei rapporti con la Fraternità San Pio X.
L’irreprimibile resistenza
Ben venga dunque l’irreprimibile resistenza evocata dall’ultima lettera, del 31 maggio, di Paix Liturgique dal titolo: La galassia del Summorum Pontificum si prepara a resistere! [qui]. La galassia Summorum evidentemente si riferisce ai gruppi sorti dopo il 2007 per effetto del motu proprio di Benedetto XVI ora a rischio; ma viene da sé che la resistenza riguarda tutti i fedeli al Rito romano antico. In ogni caso, anche con i suoi limiti, il motu proprio, così com’è, è una spina nel fianco per i neomodernisti al comando e riesce comunque a far rinascere e mantenere l’interesse per una liturgia che essi si illudevano si sarebbe spenta da sola.
Nel descrivere le disposizioni del motu proprio Summorum Pontificum come disposizioni di pace. che “cercavano di pacificare liturgicamente una Chiesa che sprofondava sempre più nella crisi”, gli autori sottolineano il paradosso che fin dall’inizio il movimento tradizionale si è fondato sull’azione dei laici (che sostengono ed anche «generano» sacerdoti, tramite gli istituti specializzati), rifiutando le consegne del Vaticano II, benché siano tali da «promuovere il laicato». E aggiungono che, dopo il Vaticano II, cessando la Chiesa romana d’esser tridentina, del tridentinismo – benché per essenza gerarchico – si è ormai fatto carico il popolo di base.
E dunque teologicamente e non più sociologicamente si tratta di una manifestazione sorprendente e provvidenziale del sensus fidelium, l’istinto della fede da parte dei fedeli, istinto che difende con le unghie e con i denti l’esprimersi attraverso la lex orandi della dottrina del sacrificio eucaristico, della presenza reale, del sacerdozio gerarchico e, più complessivamente, della trascendenza del mistero del «Fate questo in memoria di me!».
Di fronte al pericolo che si profila oggi, si può allora cercare di valutare le forze in gioco, attraverso la situazione francese, che non è certo quella della Chiesa universale, ma che offre sempre in questo contesto ottime indicazioni.
E se Bergoglio decidesse di vanificare il Summorum Pontificum col nuovo documento, Paix Liturgique afferma che la “resistenza «sul campo», di per sé irreprimibile, non escluderà peraltro dimostrazioni ed azioni efficaci, già seriamente valutate in varie parti del mondo”.
Solennità del Corpus Domini
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- Cor oransè una sorta di manuale di applicazione di Vultum Dei quaerere [qui – vedi i prodromi qui], la costituzione apostolica sulla vita contemplativa femminile del 29 giugno 2016, che contiene disposizioni spesso vaghe o astratte, miranti a risolvere problemi per lo più non reali, ma sollevati per ragioni di sapore ideologico, derivate da ideali irrealistici ed eventualmente idonee a far da copertura a intenti surrettizi. Inoltre le citazioni inserite nel testo (Scrittura, Padri, Magistero) sono spesso forzatamente piegate a conferma del discorso, di tono tipicamente modernista: siccome la vita claustrale è una sfida per il nostro tempo, bisogna cambiarla. Si fatica a comprendere la logica di tale tacito assunto, a meno che non si voglia snaturare la vocazione che fin dalle origini costituisce il più efficace antidoto contro la corruzione e l’intiepidimento del popolo cristiano. Il sospetto è confermato dall’insistenza del decreto sulla necessità di formazione permanente, collaborazione tra monasteri, appartenenza a federazioni: è difficile non pensare ad una volontà di ingerenza nella vita monastica e a un metodo di indottrinamento, visti i bei risultati prodotti sui religiosi in genere dallo studio della cattiva teologia e dall’influenza degli organismi associativi…
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