ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 19 luglio 2021

Abrogato: chiaro e semplice :Oremus..!

“Traditionis custodes”: un atto dispotico motivato dall’odio



Ite Missa est: le conseguenze

Quindi eccoci qui, solo ventiquattr’ore (al momento in cui scriviamo) dopo la detonazione nucleare del documento ridicolmente intitolato Traditionis custodes (Tc). Mi vengono in mente i messaggi scarabocchiati sull’involucro della bomba atomica Fat Man sganciata su Nagasaki: “Ecco a te!” scrisse un Art Josephson di Chicago. “Ecco a te!” ha detto Bergoglio mentre lanciava la sua bomba su un risveglio liturgico in rapida crescita, guidato da giovani, che mette in luce sempre più chiaramente la morbilità terminale della vasta distopia ecclesiale a cui Bergoglio presiede.

Il novus ordo si stava già estinguendo più o meno alla velocità dettata dalle tavole della mortalità umana. Ma il processo di morte è stato rapidamente accelerato dall’imposizione da parte di Bergoglio del Culto del Covid in aggiunta a tutti gli altri insulti al Corpo Mistico, da quando Paolo VI avviò il processo di autodemolizione ecclesiale che lo lasciò in pianto nelle aule vaticane per “un vero e proprio invasione della Chiesa da parte del pensiero mondano”. Bergoglio ha chiuso San Pietro ai fedeli chiedendo obbedienza ai folli comandi delle autorità civili che, nel giro di pochi mesi, hanno fatto a pezzi il tessuto sociale con una quarantena universale pari a un virtuale stato di legge marziale in tutta l’Europa occidentale e la maggior parte del resto del mondo occidentale. Le chiese sono state svuotate; l’obbligo della Messa è stato sospeso per più di un anno; le donazioni sono crollate; e molti di coloro che sono stati espulsi dalle parrocchie del novus ordo dai loro stessi parroci non tornano mai più. La “tacita apostasia” lamentata da Giovanni Paolo II in Ecclesia in Europa si manifesta ormai istituzionalmente in santuari ancora più deserti del “grande rinnovamento” nella sua fase post Covid.

Secondo Bergoglio, qual è ora lo statuto della tradizionale Messa tridentina, codificata in perpetuo da papa san Pio V? È, così vorrebbe farci credere, abrogato: chiaro e semplice.

Intanto, secondo una sorta di Legge ecclesiale di Gresham [la legge di Gresham, teorizzata dal mercante e banchiere inglese Thomas Gresham nel XVI secolo, afferma che “la moneta cattiva scaccia quella buona”, ndt], la liturgia tradizionale continua irresistibilmente a soppiantare la creazione di Bugnini, e i giovani cercatori della Tradizione soppiantano i vecchi ideologi della rivoluzione conciliare, compreso quel clericale astuto e malizioso arrivato dall’Argentina, il quale pensa che la sua mera occupazione della Cattedra di Pietro lo investa di un potere assoluto sui beni della Chiesa e perfino sulla verità rivelata (come vediamo con il suo rigetto arrangiato della rivelazione divina circa l’indissolubilità del matrimonio e la giustizia della pena capitale).

Come monsignor Charles Pope ha ammesso in un’intervista a Ewtn, il movimento delle Messe vetus ordo è “un segmento in crescita della Chiesa”. Mentre “nella maggior parte delle aree della Chiesa, i nostri numeri stanno diminuendo ovunque, questa è una specie di parte giovane, vibrante e in crescita”. Ora, per un papa che vede la Chiesa come “Cosa mia”, questa situazione è intollerabile. Quei giovani “rigidi”, compresi i seminaristi e i sacerdoti neo-ordinati, minacciano di dimostrare che la “Chiesa postconciliare” è un’illusione, una grande facciata di novità effimere destinata a tramontare in favore di ciò che sempre è stato e sempre rimarrà. Come ha affermato papa Benedetto nella sua lettera che spiega il Summorum pontificum: “Ciò che le generazioni precedenti consideravano sacro, rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o addirittura considerato dannoso”.

Bergoglio non ha questo modo di pensare. La Chiesa è sua, ne dispone come meglio crede e non si fermerà davanti a nulla per ottenere ciò che vuole dalla cosa di cui è al comando. Ciò che vuole è la fine del movimento della Messa in latino. Ma ciò richiederebbe non solo l’abrogazione del Summorum pontificum, e persino il precedente regime di indulto sotto l’Ecclesia Dei, che diede al movimento il suo primo impulso, ma anche niente meno che l’abrogazione della stessa Messa tradizionale. Solo con queste misure Bergoglio potrebbe – o almeno così egli spera – amputare radicalmente il movimento e farlo morire. E si tratta proprio di quelle misure incredibilmente brutali che Bergoglio ha annunciato: così si scriva, così si faccia.

Il resto di Tc è una serie di prescrizioni per garantire che il movimento della Messa in latino venga soffocato e infine messo a morte.

Così, in modo del tutto ridicolo, l’articolo 1 della Tc dichiara che la Messa immemorabile, ricevuta e approvata nella Chiesa d’Occidente, la Messa dei santi, fondamento liturgico della cristianità il cui Canone romano è di origine apostolica, è soppressa dal rito romano, che ora consiste solo nella Nuova Messa: “I libri liturgici promulgati da san Paolo VI e da san Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del rito romano” (art. 1).

Assolutamente ridicolo. Quindi, secondo Bergoglio, qual è ora lo statuto della tradizionale Messa latina, codificata in perpetuo da papa san Pio V? È, così vorrebbe farci credere, abrogato, chiaro e semplice. O quanto meno, annullato per sostituzione tramite l’articolo 1. Come spiega la sua lettera di accompagnamento: “Rispondendo alle vostre richieste, prendo la ferma decisione di abrogare tutte le norme, istruzioni, permessi e consuetudini che precedono il presente Motu proprio, e dichiaro che i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità con il decreti del Concilio Vaticano II, costituiscono l’unica espressione della lex orandi del rito romano. Mi conforta in questa decisione dal fatto che, dopo il Concilio di Trento, San Pio V ha anche abrogato tutti i riti che non potevano vantare una provata antichità, stabilendo per tutta la Chiesa latina un unico Missale Romanum”.

La spudorata menzogna di questo papa raggiunge qui un nuovo apice con la pretesa che abrogando l’immemorabile rito della Messa in favore di una novità liturgica imposta alla Chiesa solo cinquant’anni fa (una delle cui “preghiere eucaristiche” fu composta in una trattoria) stia seguendo l’esempio di san Pio V, che ha abrogato le novità liturgiche in favore della Messa immemorabile. Se Bergoglio emulasse davvero san Pio V, abrogherebbe la Nuova Messa, facendo meglio di Benedetto, ripristinando l’unicità della Rito romano ed eliminando l’espediente mai persuasivo, meramente verbale, di una distinzione tra forma “ordinaria” e forma “straordinaria” dell’unico rito.

Nella sua suprema arroganza, Bergoglio pubblica questo pettegolezzo con l’aspettativa che venga preso sul serio. Ma, ovviamente, è assolutamente nullo. Il papa non ha il diritto di abrogare il rito ricevuto e approvato della Messa nella Chiesa, motivo per cui Benedetto XVI si è preoccupato di chiarire nel Summorum che Paolo VI non lo aveva mai fatto. Come scrisse il futuro papa Benedetto nel decimo anniversario dell’Ecclesia Dei: “La Chiesa, nel corso della sua storia, non ha mai abolito né proibito forme liturgiche ortodosse, che sarebbero del tutto estranee allo Spirito della Chiesa”. Ma poi l’intero pontificato di Bergoglio è stato del tutto estraneo allo Spirito della Chiesa.

Non lasciando assolutamente alcun dubbio che considera la tradizionale Messa vetus ordo una lettera morta, la cui sepoltura è solo questione di tempo – nozione che suscita giustamente le nostre risate sprezzanti -, Bergoglio dichiara inoltre nella lettera esplicativa che l’intero scopo di Tc è “tornare a una forma unitaria di celebrazione”, intendendo solo il novus ordo, e che qualsiasi uso continuato del Messale del 1962 deve essere regolato dalla “necessità di ritornare a tempo debito al Rito Romano promulgato dai Santi Paolo VI e Giovanni Paolo II, e , d’altra parte, di interrompere l’erezione di nuove parrocchie personali legate più ai desideri desiderati dei singoli sacerdoti che al reale bisogno del popolo santo di Dio”.

Perché Francesco odia la Messa antica?

Il resto di Tc è una serie di prescrizioni per garantire che il movimento della Messa in latino venga soffocato e infine messo a morte. Dopo aver informato i vescovi all’articolo 2 che sono incaricati delle celebrazioni liturgiche nelle loro diocesi, compreso l’uso del Messale romano del 1962, all’articolo 3 li informa – con la consueta menzogna – che non sono incaricati, ma anzi devono fare tutto per spegnere al più presto la Messa tradizionale. Ciò include le seguenti misure che ribaltano non solo il Summorum, e mentre Benedetto è ancora in vita, ma anche gran parte del regime di indulto dell’Ecclesia Dei:

  • un giuramento di fedeltà alla Nuova Messa da parte di tutti i gruppi che assistono alla Messa tradizionale (§ 1);
  • radunare gruppi di messe latine in nuovi luoghi che non siano chiese parrocchiali, ponendo così fine a tutte le Messe latine tradizionali nelle parrocchie regolari frequentate dai fedeli in generale (§ 2);
  • nessuna nuova parrocchia personale dedicata alla Messa in latino, ponendo così un limite assoluto alla crescita del numero di coloro che sono attratti dalla liturgia tradizionale (§ 2);
  • limitare le celebrazioni della Messa tradizionale a giorni particolari e richiedere non solo che le letture siano in volgare, ma che utilizzino le orrende “traduzioni della Sacra Scrittura approvate per l’uso liturgico dalle rispettive Conferenze episcopali” (§ 3);
  • nominare un sacerdote “affidato” a tutte le celebrazioni della Messa tradizionale nella diocesi e alla “cura pastorale” di coloro che le assistono, cioè un sorvegliante per assicurare l’obbedienza alla volontà di Bergoglio (§ 4);
  • riconsiderare se eventuali parrocchie speciali erette per i gruppi di Messa in latino “sono efficaci per la loro crescita spirituale… per determinare se conservarli o meno” – in altre parole, iniziare a chiuderli (§ 5);
  • nessuna costituzione di “nuovi gruppi”, cioè vietare qualsiasi crescita nel movimento latino della Messa (§ 6).

Segue l’articolo 4, che stringe la morsa mortale di Bergoglio su qualsiasi sacerdote ordinato dopo la data del Tc (16 luglio 2021) che celebrerà la Messa tradizionale. I neo-ordinati “devono presentare una richiesta formale al Vescovo diocesano che consulterà Vedi prima di concedere questa autorizzazione.” Non solo il permesso episcopale, ma anche quello vaticano è ora richiesto a qualsiasi giovane sacerdote per usare il Messale del 1962.

L’articolo 5 richiede che anche i sacerdoti che già celebrano la messa tradizionale debbano ora chiedere “l’autorizzazione a continuare a godere di questa facoltà”, un invito ai vescovi ostili a iniziare a revocare quelle “facoltà”, che sostituiscono il diritto intrinseco di ogni sacerdote di ricorrere alla Messa tradizionale assicurata dal Summorum.

Mirando alla Fraternità di San Pietro, all’Istituto Cristo Re e agli altri apostolati della Messa latina “eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesa Dei” gli articoli 6 e 7 li pongono tutti sotto la giurisdizione della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica in concomitanza con la Congregazione per il culto divino, entrambe sotto il controllo dei compari di Bergoglio, tutti ostili alla Messa tradizionale. Il destino toccato ai Frati francescani dell’Immacolata è ora potenzialmente, e forse imminente, più o meno, lo stesso che si prefigura per la Fraternità e le altre comunità sacerdotali delle Messe in latino, compresi i loro seminari.

Infine, l’articolo 8 dichiara che “sono abrogate le precedenti norme, disposizioni, autorizzazioni e consuetudini non conformi alle disposizioni del presente Motu Proprio”. E per “costumi” Bergoglio intende chiaramente l’immemorabile consuetudine della tradizionale Messa latina.

Per fornire la patina di una logica pastorale, onde nascondere ciò che è semplicemente odio per ciò che cerca di distruggere, Bergoglio rivela ulteriormente l’illimitatezza della sua arroganza. Con disgustosa condiscendenza verso i suoi due immediati predecessori, Bergoglio dichiara che la sua indagine fra i vescovi riguardo alle comunità delle Messe antiche – un evidente esercizio di pregiudizio confermativo precedente all’emissione della Tc – mostra che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si sbagliavano nella loro sollecitudine verso tutte le cattivi persone che hanno sfruttato il Messale del 1962 per i loro nefasti fini: “Un’opportunità offerta da san Giovanni Paolo II e, con ancora maggiore magnanimità, da Benedetto XVI, tesa a recuperare l’unità di un corpo ecclesiale con diverse sensibilità liturgiche, è stata sfruttata per ampliare le distanze, rafforzare le divergenze e favorire i disaccordi che ferire la Chiesa, bloccarle il cammino ed esporla al pericolo della divisione”.

Dopo un fuggevole accenno allo stato abominevole della nuova liturgia, per cui non intende assolutamente fare nulla, Bergoglio cita una vaga colpa per altrettanto vaga associazione come unica garanzia per il suo comando che la liturgia tradizionale sia rigorosamente messa in quarantena in previsione della sua lenta morte: “Ma non di meno mi rattrista un uso strumentale del Missale Romanum del 1962, sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la ‘vera Chiesa’. Se è vero che il cammino della Chiesa va compreso nel dinamismo della Tradizione, ‘che trae origine dagli Apostoli e che progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo’ (DV 8), di questo dinamismo il Concilio Vaticano II costituisce la tappa più recente, nella quale l’episcopato cattolico si è posto in ascolto per discernere il cammino che lo Spirito indicava alla Chiesa. Dubitare del Concilio significa dubitare delle intenzioni stesse dei Padri, i quali hanno esercitato la loro potestà collegiale in modo solenne cum Petro et sub Petro nel concilio ecumenico, e, in ultima analisi, dubitare dello stesso Spirito Santo che guida la Chiesa” (Lettera ai vescovi).

Quindi, la Messa tridentina deve essere confinata e alla fine estinta perché alcune persone che la frequentano – non importa chi o quanti – “dubitano del Concilio”. Non un insegnamento specifico del Concilio, perché questo non può mai essere realmente specificato, ma “il Concilio” come evento epocale, la cui essenza deve essere intuita in modo gnostico come “la via per la Chiesa indicata dallo Spirito Santo”. Il grande Romano Amerio spiega questa mistificazione della Fede, che supera ogni dottrina, dogma e pratica, come un aspetto della proliferazione dei “circiterismi” nel pensiero postconciliare. Il “circiterismo” è qualcosa che ricorre frequentemente nelle argomentazioni degli innovatori. Consiste nel riferirsi a un termine indistinto e confuso come se fosse qualcosa di ben stabilito e definito, e poi estrarre o escludere da esso l’elemento da estrarre o escludere. Il termine spirito del concilio, o addirittura il concilio, è proprio una tale espressione.

Quindi, non si deve “dubitare del Concilio”. Poiché Bergoglio associa il dubbio circa il  Concilio al Messale del 1962, che egli disprezza, solo per questo motivo la Messa tridentina deve essere avviata in breve tempo all’abolizione, affinché la Chiesa possa continuare sulla lunga strada del “Concilio”, che non è altro che il dettato continuo dello Spirito Santo. L’eresia viene così ridefinita come l’ostinato dubbio post-battesimale del “Concilio” piuttosto che qualsiasi articolo di fede divina e cattolica. E l’unità della Chiesa è solo una funzione di adesione cieca al “Concilio” come interpretato da chi sa.

Finché non ci sono dubbi sul “Concilio” c’è unità, e la Chiesa è in ordine. Pertanto, solo i rigidi aderenti alla tradizione liturgica latina e i loro intollerabili dubbi sul “Concilio” devono essere trattati con severità: “In difesa dell’unità del Corpo di Cristo, sono costretto a revocare la facoltà concessa dal i miei predecessori”. Ma non ci sarà “difesa dell’unità del Corpo di Cristo” contro coloro che attaccano i fondamenti stessi della Fede, che a Bergoglio interessano poco, come ha chiarito nella sua interminabile invettiva contro la “rigidità”. In effetti, Bergoglio non vede alcuna associazione tra la disunione ecclesiale nella Chiesa e la Nuova Messa, in continua diminuzione di aderenti (tra cui Biden e Pelosi).

La persecuzione dei seguaci della Messa antica che Bergoglio intendeva lanciare è già iniziata in meno di un giorno, come vediamo qui e qui, e il peggio sicuramente è in arrivo da parte di vescovi ostili e collaboratori scelti da Bergoglio nell’apparato vaticano. Ma ci sono buone ragioni per sperare che questo atto brutale di un despota vendicativo gli si ritorcerà contro, come spesso accade ai despoti. Già ci sono i primi segni che i vescovi simpatizzanti si impegneranno nella resistenza passiva a un tiranno che ha passato gli ultimi otto anni a prendersi gioco dell’ufficio petrino, esercitando il suo potere come il dittatore di una repubblica delle banane. Loro, come i fedeli, ne hanno abbastanza di lui.

Bergoglio, infatti, potrebbe vivere nel rammarico di aver mai promulgato Traditionis custodes. Poiché dichiarando guerra alla Messa di sempre, guerra che non può vincere, ha dichiarato guerra non solo ai fedeli sulla terra, ma alla Comunione dei Santi che sono stati elevati ai suoi altari, compreso nientemeno che il santo pontefice a quale Bergoglio ha osato paragonarsi nel pretendere di abrogare la stessa Messa che quel grande papa fortificò, contro gli attacchi degli intrusi profani: “In virtù della Nostra autorità apostolica, concediamo e concediamo in perpetuo che, per il canto o la lettura della Messa in qualsiasi chiesa, questo Messale sia d’ora innanzi assolutamente seguito, senza alcuno scrupolo di coscienza o timore di incorrere in alcun sanzione, giudizio o censura, e possono essere liberamente e lecitamente utilizzati…. Parimenti dichiariamo e ordiniamo che nessuno, chiunque sia costretto o costretto ad alterare questo Messale, e che il presente documento non può essere revocato o modificato, ma resta sempre valido e conserva tutta la sua forza nonostante le precedenti costituzioni e decreti della Santa Sede…

Pertanto, nessuno a chiunque sia autorizzato a modificare questo avviso del Nostro permesso, statuto, ordinanza, comando, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e divieto. Chiunque, tuttavia, presumesse di commettere un tale atto, dovrebbe sapere che incorrerà nell’ira di Dio Onnipotente e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo”.

Papa San Pio V, prega per noi! Santi Pietro e Paolo, emanate la celeste censura!

di Christopher A. Ferrara

Titolo originale: Ita Missa est: the Aftermath

https://www.aldomariavalli.it/2021/07/19/traditionis-custodes-un-atto-dispotico-motivato-dallodio/

Federazione Una Voce: “Tristi per le restrizioni, preghiamo per il papa e per i vescovi. Vogliamo solo vivere una vita liturgica normale”

La Federazione internazionale Una Voce (Fiuv) è l’organizzazione mondiale di fedeli laici addetti alla celebrazione della Messa secondo l’Editio typica 1962 del Messale romano, conosciuto fino a oggi come Forma straordinaria del Rito romano, Usus antiquior, o semplicemente Messa latina tradizionale.

Fin dalla sua fondazione nel 1965, la Fiuv ha sviluppato la sua attività in obbedienza e in sintonia con la Santa Sede, dove siamo sempre stati accolti con cordialità e apertura.

Il 16 luglio 2021, papa Francesco ha pubblicato una Lettera apostolica data motu proprio, Traditionis custodes, che stabilisce forti restrizioni e limitazioni alla celebrazione della Messa tradizionale in latino.

La Federazione internazionale non può non notare che la motivazione della nuova Lettera apostolica, come si legge nella lettera di accompagnamento del regnante pontefice, deriva da presunti atteggiamenti e parole di chi di noi sceglie la Messa tradizionale, come riferito da alcuni vescovi alla Santa Sede, atteggiamenti che comportano un “rifiuto della Chiesa e delle sue istituzioni in nome di quella che considerano la vera Chiesa” oltre a un “uso strumentale del Missale romanum del 1962, sempre più caratterizzato da un crescente rifiuto non solo della riforma liturgica ma del Concilio Vaticano II, con l’infondata e insostenibile pretesa di aver tradito la Tradizione e la vera Chiesa”.

Sia la caratterizzazione dei cattolici fedeli alla Messa tradizionale, sia le nuove dure restrizioni su di essa ci addolorano molto. È nostra esperienza, come rappresentanti di gruppi di fedeli, che ciò che attrae principalmente le persone alla spiritualità della Messa tradizionale non sono le discussioni teologiche o pastorali del passato, ma il rispetto per il Sacro e il senso della continuità della Tradizione, che non rimane come mera aspirazione, ma è vissuta quotidianamente nel venerabile rito che si è sviluppato lentamente nei secoli e non è mai stato abrogato.

Certamente, come per altri gruppi di fedeli, non c’è assoluta omogeneità nelle opinioni e negli atteggiamenti di coloro che sono legati all’ex Messale. Ma, proprio nel loro desiderio di assistere a questa Messa nell’ambito delle loro diocesi e parrocchie, questi cattolici esprimono implicitamente il loro riconoscimento della vera Chiesa, cum Petro et sub Petro.

Infine, come figli e figlie della Chiesa, desideriamo esprimere la nostra tristezza per le restrizioni alla nostra capacità di continuare a nutrire la nostra vita spirituale usando le chiese parrocchiali, come qualsiasi cattolico vorrebbe fare. Se c’è una cosa che desideriamo ardentemente, è poter vivere una vita normale senza essere costretti a utilizzare spazi nascosti o inaccessibili.

Crediamo che i bei frutti spirituali di questo Messale debbano essere condivisi, e preghiamo affinché possiamo essere strumenti di Dio dentro e fuori la Chiesa.

La Federazione internazionale è profondamente grata a ciascuno dei vescovi che generosamente provvedono ai fedeli che seguono l’antica Messa nelle loro diocesi e ai sacerdoti cui è affidata la cura delle loro anime.

I gruppi Una Voce di tutto il mondo sono uniti nella preghiera, come sempre, con i loro vescovi e con il papa.

Molti fedeli si rivolgono a noi per far conoscere i loro desideri, particolarmente a Roma, in un modo che coniughi un sincero rispetto per la Chiesa universale e il Santo Padre, con l’amore per le Tradizioni che sono in definitiva da esse inseparabili. Siamo impegnati in questo compito, che noi e i nostri predecessori abbiamo intrapreso da oltre mezzo secolo.

di Felipe Alanis Suarez, presidente Una Voce

Fonte: fiuv.org

https://www.aldomariavalli.it/2021/07/19/federazione-una-voce-tristi-per-le-restrizioni-preghiamo-per-il-papa-e-per-i-vescovi-vogliamo-solo-vivere-una-vita-liturgica-normale/

1 commento:

  1. La risposta è semplice e ce l'ha data la Madonna in uno dei Suoi Messaggi al mondo intero: "L'Anticristo non pronuncerà mai una parola in Latino!"...

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