A Messa senza green pass o niente Messa
Presto potremmo trovarci imposto l'obbligo di Green pass per partecipare alla Messa. In questo caso non si deve accettare il ricatto, perché l’introduzione di una condizione previa, che non siano il Battesimo e la fede cattolica, per poter partecipare alla celebrazione eucaristica costituirebbe un attentato alle fondamenta della fede.
L’eccellente editoriale di Stefano Fontana ha permesso di concentrare l’attenzione sulla strana coincidenza dei due atti, uno (in)civile, l’altro ecclesiastico, che hanno sostanzialmente introdotto un regime di simil-apartheid. All’epoca, cito da Treccani, «a neri, meticci e asiatici venne subito impedito l'accesso agli impieghi qualificati e fu posta sotto severo controllo la loro presenza nelle aree urbane. I neri furono altresì privati del diritto di voto e confinati a vivere in zone delimitate e controllate dalle forze dell'ordine». Il Green pass ha già ampiamente adempiuto alla prima parte, e condurrà alla seconda. Prepariamoci. Da parte sua, il recente devastante Motu Proprio sulla liturgia antica ha anche già pensato alla location sia dei “neri” che frequentano esclusivamente la Messa antica, sia dei “meticci” che non disdegnano di frequentare anche la nuova. Per loro, infatti, non c’è più posto nelle parrocchie...
La sinistra sintonia tra il potere politico e quello religioso è riscontrabile anche nella trovata di rendere necessario il Green pass per poter partecipare alle Messe celebrate da Francesco, durante il suo viaggio in Ungheria e Slovacchia (vedi qui). Fatto che costituisce un preoccupante precedente, che potrebbe a breve essere adottato anche da singoli parroci con un pronunciato spirito d’iniziativa (come don Pasquale, vedi qui), ma anche da Vescovi, Conferenze Episcopali e persino - Dio ce ne scampi e liberi – a livello della Chiesa universale.
I prodromi di una precipitosa involuzione in questo senso ci sono già stati e sono abbondanti. La liturgia e la vita sacramentale della Chiesa sono state infatti notevolmente stravolte da norme pseudo igieniche, che si sono di fatto imposte come requisiti indispensabili per poter partecipare alla Messa. La più odiosa, ingiusta e pericolosa di tutte è certamente l’obbligo di ricevere la Comunione sulla mano; una decisione che, senza pezze d’appoggio di tipo sanitario, ha di fatto imposto ai fedeli un pre-requisito di tipo igienico per poterli ammettere al Sacramento. In barba al diritto dei fedeli e alle stesse norme della Chiesa che regolano la distribuzione della Comunione (vedi qui).
Molti fedeli, pur intuendo la gravità del problema, che non è tanto e solo il fatto di ricevere la Comunione in mano, ma di essere costretti a farlo, pena la negazione del Sacramento, hanno poi ceduto, sulla base del principio che ricevere la Santa Comunione è più importante del modo di riceverla. Si tratta spesso di fedeli molto devoti, abituati alla Comunione anche quotidiana, sui quali è pesata moltissimo la prospettiva di dover rimanere per giorni, settimane e forse mesi senza poter ricevere l’Eucaristia.
Ora, questo insidioso principio potrebbe ripresentarsi, in modo ancora più grave, allorché ci dovessimo trovare di fronte a un Green pass liturgico; potremmo essere nuovamente tentati dal ragionamento che, siccome la Messa è tutto, allora dobbiamo essere disposti a qualunque sacrificio, umiliazione, imposizione, pur di prendervi parte.
Il punto capitale da capire è che, se ci dovessimo ritrovare – e potrebbe essere molto presto – nella tragica situazione di dover scegliere tra la Messa con vaccino (già, perché chi se lo va a fare il tampone ogni 48 ore?) o niente Messa, in ragione della fede dovremo scegliere la seconda (cercando nel frattempo Messe clandestine).
L’introduzione di una condizione previa, che non siano il Battesimo e la fede cattolica, per poter partecipare alla celebrazione eucaristica costituirebbe un attentato alle fondamenta della fede; si tratterebbe di una vera e propria eresia, forse non sostenuta teoricamente (anche se ormai c’è da aspettarsi di tutto), ma introdotta nella prassi.
Il can. 912 norma che «ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione» e il can. 923 che «i fedeli possono partecipare al Sacrificio eucaristico e ricevere la sacra comunione in qualunque rito cattolico». Il Catechismo della Chiesa cattolica a sua volta insegna che «l’assemblea che celebra è la comunità dei battezzati» (n. 1141) e, richiamando un testo fondamentale di Sacrosanctum Concilium, ricorda che «il popolo cristiano, “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato” (1Pt 2, 9), ha diritto e dovere in forza del Battesimo» di partecipare pienamente, consapevolmente e attivamente alle celebrazioni liturgiche.
In forza del Battesimo, non di altro. Sono la retta fede e il Battesimo ad abilitare il credente al culto di Dio nella Chiesa; sono la fede e il Battesimo, nella comunione ecclesiale, che abilitano alla ricezione dell’Eucaristia quanti sono rettamente disposti. Chi vi antepone altre condizioni sta semplicemente manipolando e alterando la fede. E non vi è altro da fare, che resistergli apertamente.
Il Concilio di Gerusalemme aveva riconosciuto che a quanti provenienti dal paganesimo volevano abbracciare la fede cristiana non si poteva imporre la circoncisione. Pietro, a nome di tutti, aveva proclamato che Dio «non ha fatto nessuna discriminazione tra noi e loro [giudei e pagani, n.d.a], purificandone i cuori con la fede. Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare? Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro» (Atti 15, 8-11). Il senso della decisione del primo Concilio della Chiesa è l’affermazione della priorità della grazia su qualsiasi altra legge, tradizione, norma umana.
Premettere un certificato sanitario alla partecipazione alla Messa o perfino alla recezione dei sacramenti, significherebbe ritenere il Green pass o qualsiasi altra diavoleria una pre-condizione della stessa importanza del Battesimo e della professione della retta fede. Si tratterebbe di una vera e propria eresia, propagata nella prassi (con la scusa della pandemia), che ci riporterebbe a contraddire niente meno che il primo Concilio, quello di Gerusalemme, ed il principio basilare, allora affermato, che non vi possono essere altre condizioni diverse dalla retta fede a determinare l’accesso alla grazia sacramentale.
«Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna» (Gal 3, 28), non c’è più vaccinato o non vaccinato, «poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù».
Luisella Scrosati
https://lanuovabq.it/it/a-messa-senza-green-pass-o-niente-messa
PASS SANITARIO IN ARGENTINA: il contributo post mortem di Adolf Hitler al governo della provincia di Buenos Aires?
25 Luglio 2021 5 Commenti
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, José Arturo Quarracino ci offre questa riflessione sul pass sanitario imposto dalle autorità governative della provincia di Buenos Aires, il provvedimento analogo a quello che il governo Draghi sta cercando di imporre. Buona lettura.
§§§
Nei giorni scorsi, le autorità governative della provincia di Buenos Aires hanno stabilito che per entrare nei luoghi pubblici chiusi – ristoranti, bar, cinema, teatri, club e centri commerciali, tra gli altri – sarà obbligatorio presentare un certificato sanitario – su carta o nelle applicazioni autorizzate – che dimostri che chi entra in questi luoghi ha ricevuto la prima dose della vaccinazione antocovirus.19 I proprietari o gestori di ogni stabilimento dovranno chiedere a chi entra di dimostrare di aver ricevuto la prima dose della vaccinazione antocovirus.
I proprietari o gestori di ogni stabilimento dovranno chiedere a coloro che entrano nei locali la domanda o la prova cartacea che sono immunizzati, agendo così come una sorta di cane da guardia sanitario.
Sia il capo del personale provinciale, Carlos Bianco, che il ministro provinciale della salute, Daniel Gollán, hanno chiarito che l’idea non è quella di obbligare la gente a vaccinarsi, ma di permettere a coloro che sono stati vaccinati di entrare nei luoghi autorizzati, impedendo a coloro che non sono stati vaccinati di entrare.
Di fatto, le autorità provinciali hanno decretato la discriminazione di una gran parte della popolazione, che in molti casi non è convinta di fare la vaccinazione antivirale19 , per mancanza di conoscenza e di informazione sulla composizione e sugli effetti dei cosiddetti “vaccini”, quando in realtà sono solo elementi che agiscono come terapie geniche sperimentali. E siccome queste terapie geniche sono nel periodo sperimentale, la vaccinazione NON è OBBLIGATORIA.
Sorprendentemente, misure discriminatorie identiche furono decretate in Francia, durante l’occupazione tedesca nazista, da un ufficiale maggiore delle S.S. e capo della polizia della zona del comandante militare, pubblicate come “MISURE DI APPLICAZIONE del 9. Ordinanza delle autorità di occupazione sugli ebrei”. La suddetta ordinanza era stata emessa l’8 luglio 1942[1].
Queste misure proibivano agli ebrei di “frequentare tutti gli stabilimenti pubblici e assistere ai seguenti eventi pubblici: ristoranti e luoghi di ristorazione, caffè, sale da tè e bar, teatri, cinema, concerti, sale da musica e altri luoghi di piacere, cabine telefoniche pubbliche, piscine, musei, biblioteche, mostre pubbliche, siti storici, eventi sportivi – sia come partecipanti che come spettatori – campeggi, parchi”, ecc.
Momenti storici diversi e circostanze diverse, ma identica metodologia discriminatoria, in entrambi i casi infondata, perché come le stesse autorità sanitarie hanno riconosciuto in diverse occasioni, i vaccinati possono infettare e infettarsi a vicenda, perché i “vaccini” non immunizzano[2]. È lo stesso schema: discriminazione senza alcun supporto giuridico, perché le azioni che pretendono di “combattere” non sono in alcun modo criminali, perché non c’è nessuna norma giuridica che le condanni.
Ancora un altro esempio di armonia e concordanza concettuale e pratica tra posizioni ideologiche e politiche apparentemente antagoniste. Nel caso del nazismo in Francia, non era un crimine essere ebreo, ma chiunque di quella razza era discriminato e limitato. Nel caso della provincia di Buenos Aires, non è un crimine non essere vaccinati, ma è comunque un crimine discriminare e limitare le persone che hanno ragioni sufficienti per non essere vaccinate, soprattutto perché non esiste una legge che le obbliga a farlo.
Ancora una volta, siamo in presenza di concezioni politiche assolutamente ideologicamente antagoniste, ma identiche nelle loro procedure discriminatorie. In modo tale che finisce per generarsi una sorta di nazi-progressismo o progressismo nazista, a danno assoluto del popolo argentino, a breve e lungo termine.
***
[1] El documento citado se encuentra en los archivos del Centro de Documentación del Museo “Memorial de la Shoah”, identificado como CCXXXVIII-98.
[2] Ver Dr. Steven Hotze, en https://www.bitchute.com/
Sul Green pass vaccinale rilancio un interessante articolo di Agata Iacono, Sociologa, antropologa, giornalista, pubblicato su L’Antidiplomatico.
Il famigerato Green Pass, che di fatto ha reso obbligatoria la vaccinazione di massa in Italia senza che le autorità italiane abbiano il coraggio di dichiararlo apertamente per paura di doverne poi rispondere penalmente, non ha nessun valore di controllo dell’epidemia. Il test più importante, infatti, è stato realizzato in Olanda ed è fallito miseramente (1000 infettati).
È uno strumento di controllo e discriminazione, nonché il modo per far fallire definitivamente le piccole e medie imprese che vivono di turismo, di ristorazione, di spettacolo, di sport, di cultura e “intrattenimento”.
Ma non solo.
È uno strumento potenzialmente pericoloso perché attribuisce una falsa sicurezza in contesti dove il contagio si diffonde velocemente anche tra vaccinati, come fiere, eventi pubblici con alta affluenza, trasporti.
Genera, inoltre, conflitto di interessi tra chi è costretto a scegliere se vietare accesso alle proprie attività e la necessità di sopravvivere, trasformando di fatto gli esercenti in controllori di Stato sotto ricatto.
Si istituisce così il ricatto come unica modalità per godere dei diritti costituzionali.
Il famigerato Green Pass è anche uno strumento discriminatorio: viola palesemente la Costituzione ma poiché di fatto lo Stato ha privatizzato il suo uso, senza assumersi la responsabilità di rendere obbligatorio un siero sperimentale per sfuggire ai ricorsi, la guerra sarà tra poveri.
Il conflitto sociale ed economico così si sposta sulle categorie “vaccinato e non vaccinato”, laddove il primo percepirà se stesso come un privilegiato e potrà scaricare la sua frustrazione, il suo disagio socioeconomico sul non vaccinato, discriminandolo e isolandolo, in una sorta di stratificazione funzionale al sistema.
Nessuno potrà sottrarsi.
Nessuno, infatti, può essere di fatto esonerato dalla somministrazione della terapia sperimentale per ottenere il passaporto sanitario.
Le sole persone che ufficialmente possono essere esonerate dal vaccino sono per l’Aifa e il Ministero della Salute:
“Chi non tollera il principio attivo del vaccino o i suoi eccipienti”.
Punto.
Ciò significa che nessuno può sapere se non tollera il vaccino prima di farlo.
Non esistono analisi predittive, anche se, in camera caritatis, immunologi e virologi anche di strutture pubbliche consigliano ad esempio agli utenti in carico che assumono farmaci antivirali di non rischiare che la terapia salvavita venga annullata da altra tecnologia mRNA.
Inoltre, la campagna vaccinale di massa in Italia sta andando a gonfie vele. Adesioni tra le più elevate al mondo.
Il problema, quindi, è l’esitazione vaccinale?
Certamente no.
Più del 50% di vaccinati con entrambe le dosi sono ricoverati per covid in Israele, uno dei fondamentali paesi cavia che ha avuto il tempo di elaborare le conseguenze a più lungo termine.
Le varianti sono colpa dei non vaccinati?
Sembra che proprio la vaccinazione di massa, senza alcuna selezione, stia sviluppando le maggiori mutazioni, d’altronde il virus vuole sopravvivere, si adatta e si vuole riprodurre, com’è sua natura.
Dunque, perché questa insistenza?
Avrete notato che #greenpass è un nome generico e non è stato scelto un nome specifico come vaccination Passport o pass sanitaire? Perchè?
il fine è molto più ampio e si chiama European Digital Identity Framework.
L’obiettivo è creare un’identità europea digitale comune che possa avere attributi omologanti, (oltre alla vaccinazione con i sieri autorizzati da Ema non osiamo prefigurare ulteriori caratteristiche obbligatorie per ottenere il diritto di esistere…).
Con il green pass vaccinale si “educa” la popolazione all’accettazione del principio secondo cui la fruizione di servizi pubblici anche essenziali è subordinata ad una condotta (oggi vaccino).
La condotta resta formalmente una scelta individuale, non più un diritto sociale e costituzionale garantito, che comporta una reazione stigmatizzante ed inabilitante.
Quindi non è più libera scelta.
Questo stigma oggi è rappresentato dal vaccino, ma domani potrebbe essere costituito da qualsiasi caratteristica: non più la razza e il genere sessuale, però, che sembrano diventati schizofrenicamente invece i soli limiti-paravento da sbandierare e per cui è lecito e giusto rivendicare il diritto a respirare.
Risultato: i cittadini, come rane bollite, assumono il paradigma secondo cui la vita sociale è subordinata all’accettazione di regole imposte.
Il sistema costituzionale è stato di fatto svuotato dall’interno introducendo il concetto di “social credit”.
Il Governo Draghi ha reso obbligatorio il green pass per i ristoranti e i bar al chiuso, per gli spettacoli e le palestre, per i congressi, le fiere, i convegni politici e culturali (ma i parlamentari non sono sottoposti a green pass, come sottolinea il presidente della Camera Fico), persino per i parchi tematici o di divertimento per i bambini, negando anche la possibilità di espletare un concorso dopo una vita di studio.
Ma, alla conferenza stampa di Mario Draghi per l’introduzione del green pass, non è stato possibile accedere col green pass.
I colleghi giornalisti, infatti, anche se vaccinati con le due dosi, sono stati costretti a effettuare il tampone e presentarne l’esito negativo.
La dimostrazione plateale dell’assoluta inutilità del Green pass è rappresentata magistralmente dall’iperbolico paradosso del divieto a chi è fornito di green pass di accedere in sala stampa senza tampone negativo.
Che problema dovrebbero avere i politici e i giornalisti ipervaccinati rispetto al contatto con chi ancora non lo è? “Il green pass non è un arbitrio”, tuona Draghi, cercando di mettere le mani avanti, “serve per tenere aperte le attività economiche”.
E chiama praticamente “assassini” i non vaccinati, affermando che sono portatori di morte. Tutto quello che si sta per scatenare in Italia, la guerra tra poveri permanenti mentre generali e banchieri brinderanno per i prossimi decenni è sintetizzata alla perfezione dal grande filosofo e linguista nord-americano Noam Chomsky con questa nota frase:
«Il modo più intelligente per mantenere le persone passive e obbedienti è limitare rigorosamente lo spettro di opinioni accettabili, ma consentire un dibattito molto vivace all’interno di tale spettro – incoraggiando persino le opinioni più critiche e dissidenti. Ciò dà alle persone la sensazione che ci sia il libero pensiero in corso, mentre per tutto il tempo i presupposti del sistema vengono rinforzati dai limiti posti nel campo del dibattito. »
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