ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 18 luglio 2021

Una mossa davvero spericolata e sciagurata

Prendere il bosco. Traditionis custodes, Motu proprio umiliante, rigido e sciagurato: non c’è posto per la tradizione liturgica nella chiesa bergogliana. Il Concilio Vaticano II è la questione reale


Oggi, dopo la pubblicazione della Lettera pastorale a forma di Motu proprio Traditionis custodes, con cui Francesco ha inteso dare un colpo mortale alla Forma Straordinaria del Rito Romano (Vetus Ordo Missæ, Usus Antiquior, Messa antica, tradizionale o tridentina, definita dal Papa regnante Liturgia romana anteriore alla riforma del 1970), ritorniamo sul tema di cui abbiamo scritto più volte in passato, a partire del 26 maggio 2021: Francesco vuole abrogare il Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Messainlatino.it riferisce che l’ha detto alla Plenaria della Conferenza Episcopale Italiana.

Con una mossa davvero spericolata e sciagurata, con delle conseguenze ancora imprevedibili oggi, Papa Francesco ha rottamato uno dei più significativi (e da molti ritenuti duraturi) atti di legislazione della Chiesa universale emanato dal suo predecessore Papa Benedetto XVI, il Motu proprio Summorum pontificum del 7 luglio 2007. Ieri, quattordici anni dopo, venerdì 16 luglio 2021 l’84enne Papa regnante ha drasticamente ridotto (asfaltato) dei diritti esclusivi che Papa Benedetto XVI aveva dato ai sacerdoti di celebrare nella Forma Straordinaria del Rito Romano a piacimento e senza il permesso dei loro superiori. Nel nuovo Motu proprio Traditionis custodes (Guardiani della tradizione), l’attuale Sommo Pontefice ha annullato quasi ogni disposizione chiave contenuta nel Motu proprio di Benedetto di quattordici anni fa. Soprattutto, Papa Francesco concede ai vescovi diocesani – detti “custodi della tradizione” (il titolo del documento) – piena facoltà di regolare la celebrazione della Vetus Ordo Missæ, Messa antica, tradizionale o tridentina nella sua diocesi: chi può celebrare la Messa antica e sotto a quali condizioni possono farlo. Finora i singoli sacerdoti avevano praticamente carta bianca. Il Papa regnante ha anche dato istruzioni rigidi ai vescovi di prendere provvedimenti per limitare rigorosamente l’uso della Messa tridentina con il chiaro obiettivo di far sì che tutti i cattolici celebrino eventualmente solo la Liturgia romana anteriore alla riforma del 1970 che seguì il Concilio Vaticano II.

Ma la vera questione di fondo è il Concilio Vaticano II stesso. Lo scopo essenziale di Papa Francesco con Traditionis custodes è difendere il Concilio Vaticano II dagli attacchi contro la sua ortodossia, come chiarisce nella sua lettera di spiegazione di accompagnamento.

Questo Motu proprio è sorprendente, dato che contraddice direttamente degli insegnamenti di Papa Benedetto XVI, mentre questo è ancora in vita. Questa Lettera apostolica fornisce anche le ragioni per farlo, dicendo che negli ultimi quattordici anni sono accadute cose che hanno costretto un cambiamento nella direzione. In sostanza, il Papa regnante sta dicendo che i benefici che predecessore credeva sarebbero derivati dal permettere più libertà di celebrare la Messa antica non sono stati prodotti, che sono arrivate divisione e ristrettezza di vedute piuttosto che una maggiore unità e generosità di spirito. Da qui questa “correzione di rotta”, ci spiega Papa Francesco.

Non c’è dubbio alcuno – e Papa Francesco non ha tentato neanche di nasconderlo – che ha represso la diffusione della Messa antica, ribaltando una delle decisioni prese da Papa Benedetto XVI, con una mossa di grande sfida ai cattolici tradizionalisti che l’hanno immediatamente condannata come un attacco alla Liturgia tradizionale e a loro stesso. Francesco ha reimposto le restrizioni alla celebrazione Vetus Ordo, che Benedetto XVI aveva allentato nel 2007. Il Sommo Pontefice ha scritto che stava agendo perché la riforma di Benedetto XVI era diventata fonte di divisione nella Chiesa Cattolica Romana ed era stata usata come strumento dai cattolici contrari al Concilio Vaticano II, che ha riformato la liturgia. La nuova legge che Francesco ha emanato Motu proprio, viene richiesto ai singoli vescovi di approvare le celebrazioni liturgiche della Messa antica e ai sacerdoti appena ordinati di ricevere il permesso esplicito di celebrarla dai loro vescovi in consultazione con la Santa Sede. In base alla nuova legge, i vescovi devono anche determinare se gli attuali gruppi di fedeli legati alla Messa antica accettano il Concilio Vaticano II, che ha consentito di celebrare la Santa Messa in volgare anziché in latino. Questi gruppi non possono più celebrare la Messa antica nelle parrocchie; invece, i vescovi devono trovare un luogo alternativo per loro.

Inoltre, Francesco ha affermato che ai vescovi non è più consentito autorizzare la formazione di nuovi gruppi per la Messa antica nelle loro diocesi. Infine, Francesco ha spiegato che stava agendo per promuovere l’unità e sanare le divisioni all’interno della Chiesa Cattolica Romana, che dal suo punto di vista erano cresciute da quando Benedetto XVI con il Summorum pontificum ha allentato le restrizioni sulla celebrazione della Messa antica. Ha spiegato di aver basato la sua decisione su un’indagine della Santa Sede del 2020 rivolta a tutti i vescovi e le cui risposte rivelano una situazione che gli preoccupa e rattrista. E gli ha persuaso della necessità di intervenire.

Ma la domanda cruciale è se la visione di Papa Benedetto XVI è mai stata davvero messa alla prova? La gerarchia della Chiesa Cattolica Romana ha mai accolta la visione che il predecessore di Francesco ha presentato nel 2007, una visione in cui la “solennità” della Messa antico è stata presentata come complementare alla “freschezza” della Messa nuova? Si potrebbe obiettare che questi quattordici anni sono stati un’occasione persa, che la possibilità di conquistare un posto per la Messa antica nel cuore di una nuova generazione è stata bloccata da errori sia dei “tradizionalisti/conservatori” che dei “riformatori/progressisti”.

Comunque sia, con il Traditionis custodes la situazione è cambiata nuovamente e non è ancora chiaro quali saranno le conseguenze. Ma non si può dire che è sconveniente fare la guerra per le liturgie? Certamente non è mai stato questo l’intento di Papa Benedetto XVI. Questo grande Papa favoriva un tipo di generosità che arricchisse reciprocamente le antiche e le nuove liturgie. Ora siamo davanti a un bivio e si profila ancora una volta l’antica questione del Concilio Vaticano II (e la narrazione che la Chiesa Cattolica Romana è cambiata con il Concilio Vaticano II, diventata qualcosa di diverso, “moderna”, “non più medievale”, “non più gerarchica”, “non più patriarcale”, non più “rigida, esclusivo ed esterno” ma piuttosto “flessibile, generoso e interno”).

Certamente c’è stato un profondo fraintendimento su cosa era il Concilio Vaticano II e su cosa intendeva fare. E oggi non sembra che quest’ultimo Motu proprio di Papa Francesco chiarisca questo malinteso. La domanda cruciale è: come va inteso il Concilio Vaticano II? Non come un Concilio che fu convocato, non per decidere alcun punto dottrinale, ma per discutere come la dottrina tradizionale possa essere meglio compresa da tutte le persone, nei tempi che cambiano, con l’uso di tutti i mezzi, scrittura, esortazione, poesia, predicazione? In altre parole, cosa accadrebbe se non ci fosse una dottrina insegnata che dovrebbe essere rifiutata? Se così fosse, i cattolici potrebbero dire che i vescovi del mondo hanno trascorso quattro anni riuniti nel Concilio Vaticano II cercando di trovare modi per ringiovanire la Chiesa e rinnovare i suoi metodi di insegnamento delle dottrine che tutti concordiamo essere vere, e semplicemente devono essere trasmesse con più passione e chiarezza e convinzione, e magari non usando il latino ma tutte le lingue contemporanee. Possiamo essere d’accordo che i vescovi riuniti nel Concilio Vaticano II hanno speso il loro tempo con saggezza.

Questo è il punto: è generalmente accettato, da studiosi e storici di ogni tipo, che il Concilio Vaticano II sia stato un Concilio “pastorale”, concentrato unicamente sul rendere più accessibile, meglio compreso l’insegnamento tradizionale della Chiesa Cattolica Romana, e che il suo scopo non era alterare alcun insegnamento di sorta, proprio come ha annunciato Papa Giovanni XXIII – con tutta la sua autorità – quando ha convocato questo Concilio.

Inoltre, è generalmente convenuto che, in questo processo di sviluppo di modi per rendere più comprensibile l’insegnamento della Chiesa Cattolica Romana, i Padri conciliari hanno discusso accanitamente su quali concetti avessero bisogno di essere enfatizzati o de-enfatizzati, in modo che l’opera dello Spirito Santo nella Chiesa poteva essere potente e libera da considerazioni terrene.

Ed è convenuto anche, che i dibattiti consiliari si riflettono in un certo flusso e riflusso nei documenti conciliari, un processo in cui i Padri conciliari hanno capito che stavano tentando di produrre un compromesso che favorisse l’unità tra l’alo più “progressista” e l’alo più” tradizionale” dei vescovi del mondo in quegli anni.

Perciò, Papa Francesco ha proprio ragione quando afferma che al Concilio Vaticano II l’episcopato Cattolico Romano si è riunito per ascoltare e discernere il cammino per la Chiesa indicato dallo Spirito Santo. Questo è chiaro. Ciò che non è chiaro è cosa intende il Papa con queste parole: «Dubitare del Concilio significa dubitare delle intenzioni stesse dei Padri, i quali hanno esercitato la loro potestà collegiale in modo solenne cum Petro et sub Petro nel concilio ecumenico» — perché c’è nessun “dubbio” possibile su un tale Concilio, un Concilio in cui il “potere collegiale” dei vescovi non è stato esercitato in nessun momento per condannare alcun errore o definire alcuna verità, e questo è generalmente accettato dagli studiosi. Sì, i Padri conciliari intendevano mettersi ” in ascolto per discernere il cammino che lo Spirito indicava alla Chiesa “, ma non intendevano cancellare, o accantonare, l’insegnamento della Chiesa, ma solo comprendere più profondamente quegli insegnamenti.

Riguardo alla liturgia della Chiesa, rimangono ancora oggi molte questioni, e sempre di più, che non vengono risolte da questo nuovo Motu proprio di Papa Francesco. La principale questione tra queste è: se consideriamo la “nuova Messa”, promulgata da Paolo VI nel 1970, come una sorta di “frutto” del magistero (pastorale) del Concilio Ecumenico Vaticano II, non è prudente, anzi essenziale, per giudicare con onestà i suoi frutti per l’approfondimento della fede, la riverenza di Dio e la santità di vita tra i fedeli, secondo quell’approfondimento e fioritura, quella “nuova primavera”, che, sì, il Concilio ha voluto suscitare? La liturgia deve comunicare la fede, rafforzare la speranza, accendere la carità, fornire il pane di vita che nutre l’anima per l’eternità. Questa è la liturgia richiesta dal Concilio Vaticano II. Era questo che la Chiesa Cattolica Romana ha ricevuto e continua a ricevere oggi, più di mezzo secolo dopo?

La decisione del Papa creò subito un putiferio tra i tradizionalisti già contrari all’inclinazione più progressista di Papa Francesco e nostalgici del papato di Papa Benedetto XVI. Questo è un documento estremamente deludente che annulla completamente le disposizioni legali”, del Motu proprio di Benedetto XVI del 2007, ha affermato Joseph Shaw, Presidente della Latin Mass Society of England and Wales. Mentre le celebrazioni in latino possono continuare, “la presunzione è costantemente contro di loro: i vescovi sono invitati a chiuderle”, ha detto Shaw, aggiungendo che l’obbligo per le Messe in latino da tenere fuori di una parrocchia è “inapplicabile” in termini pratici. È uno straordinario rifiuto del duro lavoro per la Chiesa e della lealtà alla gerarchia che ha caratterizzato per molti anni il movimento per la Messa tradizionale, che temo favorirà un senso di alienazione tra coloro che sono legati all’antica liturgia della Chiesa “, ha detto in Shaw una mail.

I tradizionalisti e i cattolici che amano la liturgia antica sono devastati. Alcuni di questi cattolici erano già tra i critici più accaniti di Francesco, alcuni lo accusavano di eresia. Rorate Caeli, un popolare blog tradizionalista, ha affermato che “l’attacco” di Francesco è stato il più forte rimprovero di un Papa contro i suoi predecessori a memoria d’uomo. “Scioccante e terrificante”, ha twittato il gruppo: “Francesco CI ODIA. Francesco ODIA la tradizione. Francesco ODIA tutto ciò che è buono e bello”.

Nick Donnelly, un diacono di orientamento tradizionale attivo sui social media, ha definito la nuova legge di Francesco “la legge appassire e morire”. “L’attacco di Bergoglio alla Messa dei secoli è molto peggio di quanto si temeva”, ha twittato.

I cardinali critici di Francesco non hanno subito commentato la legge. Nei giorni scorsi, però, il Cardinale Robert Sarah, già Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, convinto sostenitore della liturgia antico, ha inviato una serie di tweet preventivi insistendo sulla riforma “irreversibile” che Papa Benedetto XVI aveva promosso.

17 Luglio 2021   Blog dell'Editore

di Vik van Brantegem

estratto da:

http://www.korazym.org/64110/prendere-il-bosco-traditionis-custodes-motu-proprio-umiliante-rigido-e-sciagurato-non-ce-posto-per-la-tradizione-liturgica-nella-chiesa-bergogliana-il-concilio-vaticano-ii-e-la-questione/


1 commento:

  1. *
    Sempre più urgente l'indizione di un nuovo Concilio, a morte avvenuta del papa regnante (quando Iddio vorrà).

    Sarà così possibile - e sperabile - fare finalmente la verità su ciò che è stato nei fatti il Concilio Vaticano II: ossia un concilio pesantemente infiltrato e pilotato da forze AVVERSE alla Chiesa cattolica, ad onta delle ottime intenzioni iniziali dei partecipanti in buona fede

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