Domenica 26 settembre non si vota solo in Svizzera (sulle ‘nozze gay’) ma anche a San Marino sul tema dell’aborto. Il quesito referendario, riportato qui sotto, chiede la legalizzazione dell’aborto fino alla dodicesima settimana e in diversi casi anche successivamente, senza specificare un limite di tempo:
“Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?”
Il riferimento alle possibili ripercussioni sulla salute psicologica della donna a causa di anomalie (come la sindrome di Down) o malformazioni[1] consentirebbero di fatto l’ingresso dell’aborto eugenetico anche piccola Repubblica di S. Marino.
Come ha spiegato in un’intervista don Gabriele Mangiarotti, parroco a San Marino, riferendosi ai cartelloni – affissi a questo proposito nella minuscola Repubblica:
“Nei fatti il termine “anomalia” comprende i casi di sindrome di Down. La parola è contenuta nel quesito referendario. E nei manifesti è stata utilizzata per far capire la differenza tra discorsi astratti e la realtà nuda e cruda. Il nostro cartellone permetteva di vedere, di constatare tale realtà. L’immagine – che parla al cuore e alla mente dell’uomo – è stata ritenuta scandalosa dal mondo politicamente corretto, ma ha reso evidente la gravità di quanto sta accadendo: si sta andando verso l’aborto eugenetico”[2].
L’immagine è stata ritenuta scandalosa: quando si discute di aborto, i suoi fautori tendono invariabilmente ad occultare la realtà di ciò che accade. Eppure, come può essere libera la scelta di una donna, quando viene presa senza piena consapevolezza? Perché la sola proposta di far ascoltare il battito del cuoricino del nascituro alla madre, tentata ad abortire, provoca reazioni scomposte? Come mai per ogni procedura medica ci si sente in obbligo di informare su tutte le possibili conseguenze negative (si chiama consenso informato) e nessuno parla alle donne delle possibili ripercussioni psicologiche di un aborto? Eppure molte, negli anni successivi, dovranno fare i conti con crisi depressive e stress post traumatico. Al riguardo ci sono fiumi di letteratura scientifica[3].
Chi sostiene la vita ed è quindi contrario alla cultura della morte e dello scarto spesso viene tacciato di essere un oscurantista che nega la libertà di scelta della donna. In realtà chi è contrario all’aborto, come lo è stato il legislatore sammarinese che ha confermato nel 1974 la punibilità di chi provoca l’aborto (inserendolo tra i reati contro la persona)[4] ha a cuore la vita del concepito, quanto il destino della madre. Verità, questa, ribadita nella sua intervista anche da Don Mangiarotti:
“Siamo dalla parte della mamma e del futuro papà; in particolare non vogliamo che la donna sia lasciata sola né prima, né dopo la nascita del suo bimbo … L’interruzione volontaria della gravidanza non è mai senza conseguenze per la donna, a motivo del legame unico e sublime con la creatura che porta in grembo. Crediamo che nessuna donna affronti l’aborto a cuor leggero; è sempre un dramma: non vogliamo lasciare nulla di intentato per trovare alternative. Dobbiamo far sì che mai più una vita non sbocci per insicurezza, sfiducia, solitudine, mancanza di custodia e di tutele o per motivi economici”[5].
I promotori del referendum si ispirano alla legge 194 – che ha legalizzato nel 1978 in Italia l’interruzione di gravidanza – senza considerare le scoperte scientifiche degli ultimi 40 anni sulla vita umana intrauterina e gli effetti deleteri, anche sul piano economico, che questa legge ha provocato (gli oltre 6 milioni di aborti degli ultimi decenni hanno infatti generato un pauroso squilibrio tra la popolazione attiva e quella in quiescenza, rendendo sempre più insostenibili i costi della previdenza sociale).
Il referendum di domenica a San Marino, che ha visto fortemente impegnata la Chiesa (dal vescovo, monsignor Andrea Turazzi ai volontari del Comitato di laici Uno di noi) ha interpellato le coscienze delle persone, tanto che la vittoria del ‘sì’ non è più data per scontata. A noi credenti[6], grati per la coraggiosa testimonianza di questi fratelli, rimane la possibilità di una preghiera.
Riferimenti
[1] In Europa accade già, ad esempio in Inghilterra, che alcune donne abortiscano, anche a gravidanza inoltrata, a causa di malformazioni del feto anche leggere e curabili dopo la nascita, come il labbro leporino e il piede ritorto. In caso di disabilità del bambino, inoltre, la legge consente alla madre di abortire fino al momento della nascita.
[2] GIUSEPPE RUSCONI, Aborto/ San Marino al voto: perla don Mangiarotti, in – www.rossoporpora.org – 23 settembre 2021. Don Gabriele Mangiarotti – settantatreenne sacerdote sanmarinese, responsabile dell’Ufficio di pastorale scolastica e della cultura della diocesi di San Marino-Montefeltro, ha fondato il battagliero sito www.culturacattolica.it .
[3] https://www.silvanademaricommunity.it/2021/09/23/la-terra-dei-liberi-sia-la-terra-dei-vivi/
“Assistere ad un aborto è un’esperienza straziante, si è di fronte ad un vero ed autentico massacro, dove il concepito lotta strenuamente sino alla fine contro il corpo estraneo che all’improvviso piomba in quel luogo sino a quel momento così ospitale e vitale, trasformandolo nel teatro dove si consumerà la sua morte, venendo risucchiato mentre il suo corpicino viene smembrato in tanti piccoli pezzi, molto spesso però ben riconoscibili, come manine e piedini. Questo è l’aborto!”. Ivi. Non a caso nei giorni scorsi si è proiettato il film Unplanned, storia vera di Abby Johnson, direttrice in seno alla Planned Parentood (multinazionale statunitense degli aborti), che un giorno, assistendo a un aborto alla tredicesima settimana, nota dapprima un piedino che si muove nel feto che doveva essere abortito e di seguito le sofferenze evidenti che palesava mentre veniva ucciso. L’esperienza la segnò per la vita. Quando si vede, si comprende subito che l’aborto non può essere un diritto.
[4] Naturalmente, ai sensi dell’art. 42 del codice penale, la madre non è punibile se l’aborto è effettuato per la necessità di salvare la sua vita. Da notare che – dall’entrata in vigore del Codice penale del 1974 – nessuna donna è mai stata processata per aborto e tantomeno condannata a San Marino. Le sanmarinesi che hanno abortito non sono mai state perseguite perché l’hanno fatto fuori del territorio della Repubblica, in gran parte in Italia.
[5] RUSCONI, Aborto/ San Marino… In realtà la legge 194 (Tutela sociale della maternità ed interruzione volontaria della gravidanza) non sanciva teoricamente un vero e proprio diritto per la donna all’aborto, come poi è risultato invece nella prassi, vuoi per l’indeterminatezza del concetto di ‘serio pericolo per la sua salute psichica’(art. IV), vuoi per il diffondersi di uno sfavore nichilista alla vita, ma lo considerava – in determinate circostanze – come un male minore: infatti l’art. I recita “Lo Stato … riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza … non è mezzo per il controllo delle nascite”. Per evitare che lo diventi, lo Stato, le regioni e gli enti locali ‘promuovono i servizi socio-sanitari’ (come i consultori) affidando loro il compito, specie “quando la richiesta dell’interruzione della gravidanza … sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari della gestante” di esaminare con il suo consenso “le possibili soluzioni dei problemi proposti, aiutandola a rimuovere le cause che porterebbero all’aborto e mettendola così in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre”, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto (art. V). La parte della legge a tutela della maternità è rimasta disattesa: di fatto finanziamo come collettività ogni aborto richiesto, anche quando più volte ripetuto, ma non sosteniamo concretamente le gestanti in difficoltà.
di Lucia Comelli
Müller: Violare i Diritti Naturali dell’Uomo Porta alla Catastrofe.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, pensiamo sia interessante offrirvi, nella nostra traduzione, questa importante e profonda intervista del card. Gerhrard Müller, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, rilasciata a Lothar Rilinger, di kath.net, che ringraziamo per la disponibilità. Buona lettura.
§§§
Vaticano (kath.net) Gli sviluppi sociali avviati dalla filosofia e dalla teologia hanno sempre plasmato anche l’immagine dell’uomo. Come l’uomo vedeva se stesso, come si classificava come parte del mondo o – in termini cristiani – della creazione. Era visto incondizionatamente come un portatore di diritti o come una cosa posseduta da altre persone con capacità giuridica, era visto come un uguale tra uguali o come qualcuno che doveva avere diritto ai diritti umani nella misura in cui la sua posizione nella società lo imponeva? Si tratta di questioni che vengono discusse superficialmente nel campo dei diritti umani, ma che si basano sull’immagine dell’uomo che la società e i suoi membri hanno. Cos’è l’essere umano? – dobbiamo chiederci. È come oggetto una cosa o è un soggetto di diritto. È una questione che tocca le fondamenta stesse dell’umanità ed è certamente anche capace di scuoterle. Dato che la discussione si è riaccesa dalla fine della schiavitù, che trattava le persone come cose, e le persone sono divise nella dualità di corpo e mente e quindi, in base alla teoria dell’evoluzione, in cose animali e persone mentali, vogliamo trattare in diverse discussioni l’immagine dell’uomo da cui derivano i diritti umani. Abbiamo discusso questa base della convivenza umana con il teologo e filosofo, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (2012-2017).
Rilinger: Prima di passare all’immagine dell’uomo, dobbiamo discutere cosa intendiamo per natura. Dobbiamo immaginare la natura come una creatio ex nihilo, qualcosa che viene dal nulla, che si è sviluppata senza alcuna influenza regolatrice e che quindi si deve esclusivamente al caso, o la terra si è formata sulla base di un pensiero di Dio, attraverso il quale sono state impiantate delle regole nel mondo, dalle quali è possibile lo sviluppo?
Cardinale Gerhard Ludwig Müller: Questa è la domanda fondamentale: cosa è l’uomo?
Nella tradizione giudeo-cristiana, la natura speciale dell’essere umano è radicata nel suo essere creato a immagine e somiglianza di Dio. L’essere umano esiste e vive verso Dio in una relazione universale che è relativamente data e trascende il mondo. Dio è l’origine e il fine di tutti gli esseri che sono venuti all’esistenza attraverso la sua conoscenza e volontà e sono mantenuti in esistenza secondo la loro natura e causalità secondaria interna. Ma Dio non è affatto il demiurgo che forma la sua opera, il mondo e l’essere umano, come un costruttore umano a partire da un materiale transitorio presente – come lo conosciamo dalla filosofia classica greco-romana. A questa filosofia – in una versione idealista e materialista dell’interpretazione dell’essere del cosmo – l’intuizione del Dio-essere personale o trinitario di Dio e quindi l’esistenza del mondo da una creazione dal nulla era completamente remota. Secondo Platone e Aristotele, per citare qui solo i più grandi pensatori, il cosmo è permeato dalla ragione divina – il Logos. Così, il senso del mondo si rivela nella causalità che emana dal Logos. In termini di cosa individuale, questa è la combinazione di formale e Causa materiale. In relazione al tutto dell’essere, però, il Dio-Logos, cioè la ragione che pensa per se stessa, si manifesta nella causa attiva e meta, che inserisce e assegna i singoli esseri nel contesto di significato del cosmo intero (Dio che muove, ma non è mosso; Dio che si sforza, ma, poiché non è necessario, non si sforza che per se stesso). Al contrario, c’è – per dirla semplicemente – la visione atomistica del mondo di Democrito, Epicuro e Lucrezio, che spiega tutto in termini di effetti meccanici. Secondo questa visione, tutte le cose e i fenomeni del mondo stanno in un nesso causale globale. Ma tutto l’essere non rivela un Logos superiore e pervasivo. Al posto del Logos, regna il cieco fato o il caso. In questo senso, la scienza naturale moderna, metodicamente limitata alla forma di pensiero matematico-geometrico e al nesso causale meccanico, rimane solo un enigma impenetrabile per l’universo nel suo insieme e per l’origine della vita, così come l’unicità della ragione umana che trascende se stessa verso l’essere in quanto tale, come l’ha formulato Stephen Hawkins. Oppure, per quanto riguarda l’emergenza del substrato materiale della ragione umana, cioè nel quadro dell’evoluzione della specie biologica “uomo”, si può assumere solo la categoria interpretativa del “caso”. Ciò che si intende qui, naturalmente, non è il caso assoluto, cioè che ciò che esiste esiste senza la ragione della sua esistenza. Piuttosto, ciò che si intende è la casualità relativa, vale a dire che ciò che esiste è senza significato o è venuto fuori senza una ragione progettuale. Ciò che esiste per caso non ha quindi un’essenza che riunisca i suoi componenti da un principio interiore e li unisca in un insieme significativo. Filosoficamente, chiamiamo questo nichilismo, cioè l’esperienza negativa e l’opinione disperata che l’essere è senza senso e scopo e che l’uomo si rende ridicolo nella sua ricerca del senso dell’essere e dell’orientamento delle sue azioni verso il bene. L’uomo sarebbe così semplicemente gettato in un abisso che non potrebbe mai dare sostegno al nostro barcollare e cadere. Sarebbe condannato ad attribuire autonomamente un senso alla sua esistenza di fatto, perché la sua esistenza in sé è inconsistente, come la descrive Jean-Paul Sartre (1905-1980).
L’immagine dell’uomo nella cultura cristiana, diffusa oggi in tutto il mondo, cresce però dalla convinzione della fede rivelata nel Dio creatore personale, libero e sovrano. Questa immagine massimamente ottimista dell’uomo trova la sua espressione riflessiva e concettuale – in assoluta negazione del nichilismo e dell’esistenzialismo iperpessimista – collegandosi positivamente alla metafisica platonico-aristotelica dell’essere nonché alle relative filosofie della storia intellettuale umana, secondo le quali la vera ragione dell’essenza delle cose concrete – come i minerali e le piante nonché, in modo superiore, gli animali e gli esseri umani – si rivela nella loro irriducibile individualità. L’essenza dell’uomo è la sua natura sociale e spirituale-corporea, che appartiene alla sua persona. L’uomo è una persona nella misura in cui la sua esistenza non è mai un mezzo per un fine. Pertanto, la persona è la più alta realizzazione dell’essere.
Nella sua ragione si rivela il senso della sua unica esistenza – nell’orientamento verso Dio, il Logos, che era con Dio prima di ogni inizio del tempo e dello spazio, cioè nell’eterno inizio della sua divinità nell’essere del suo essere e che, come Figlio con il Padre e lo Spirito Santo, è l’unico Dio. “Tutto (ciò che è venuto ad essere) è venuto ad essere attraverso il Verbo [attraverso il Logos, attraverso la ragione e l’amore divini]” (Gv 1,3) e “dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, grazia per grazia”. (Gv 1,16). Abbiamo un essere, ma non come una rigida base di dati di processi materiali e come una rete di meccanismi di controllo sociale che inibisce il movimento. Piuttosto, la natura spirituale-corporea è l’essenza dell’uomo attraverso la quale avviene la sua trascendenza personale all’origine e al senso dell’essere in Dio. La determinazione più intima del suo essere è l’auto-realizzazione nella libertà – ma non nella separazione dalla sua corporeità o nell’allontanamento da se stesso e dal prossimo, ma nell’amore per Dio sopra ogni cosa e per il prossimo come per se stesso. Questo è il suo obiettivo come libertà nell’amore.
Rilinger: Poiché, secondo la fede del cristianesimo, il mondo è stato creato da Dio, la natura è soggetta a un piano divino. Di conseguenza, i concetti di diritto sono stati intrinsecamente e quindi irrevocabilmente assegnati agli esseri umani, che chiamiamo diritto naturale. Questi diritti naturali devono quindi essere la base di tutta la convivenza umana?
Card. Müller: La questione è su quale base si basa il nostro ordinamento giuridico con i suoi comandamenti e le sue sanzioni in una comunità. Come si è appena mostrato, per la tradizione occidentale il concetto di essenza dell’uomo si sviluppa dalla correlazione tra persona e natura spirituale-corporea. Ogni essere umano, che pensa, vuole e sente, è biologicamente, psicologicamente e socialmente in relazione con se stesso, con l’ambiente inorganico e organico, con la comunità degli altri esseri umani e – cosa che sovrasta e riassume tutto – con Dio, il suo personale creatore e perfezionatore.
Nel rifiuto di un’interpretazione puramente materialista delle scienze naturali e umane moderne, il mondo spirituale è stato nettamente distinto dal mondo materiale a partire da René Descartes (1596-1650). È emerso il dualismo di un mondo puro del pensiero e un mondo puro del corpo. L’essere umano è un’autocoscienza pensante in un corpo che è completamente soggetto alle leggi della meccanica – nel corpo e nell’anima. In questo senso, lo spirito è indipendente dalla natura. Nell’essere umano, il mondo spirituale superiore e il mondo inferiore degli istinti e delle passioni sono in contrasto tra loro a causa delle costrizioni della natura a cui è sottoposto il nostro corpo (la donna come madre) o a cui noi stessi siamo preformati e costretti nel nostro rango sociale di nobile, cittadino, lavoratore. In questa logica, l’essere umano deve liberarsi dalle costrizioni del ruolo sociale in modo rivoluzionario e persino emanciparsi dalle condizioni della sua costituzione corporea come uomo e donna o anche della vita in generale attraverso l’autodeterminazione assoluta, costruendo per se stesso “diritti umani” ideologicamente-politicamente propagati e legalmente applicabili al cambiamento di sesso, al “matrimonio con una persona dello stesso sesso”, che già non ha senso nel concetto, o al suicidio assistito.
L’antropologia dualista, che manca in partenza l’unità dell’essere umano nella sua natura spirituale-corporea, tende sempre a dissolversi nel monismo. Allora l’essere umano è – in modo idealistico – solo la coscienza, che deve separarsi dalla sfera sub-spirituale del suo corpo. Questo nega il fatto che siamo esseri comuni, così che l’individuo si dissolve in un ego senza relazioni. E viceversa, se l’essere umano diventa materialista è pensato, si riduce a un costrutto biofisico, tecnico o meramente sociale. Secondo questo, l’uomo non sarebbe altro che una macchina, un animale più sviluppato, spinto in avanti solo dalla volontà di sopravvivere e soggetto alla lotta spietata per l’esistenza. Inoltre, non sarebbe altro che il portatore biologico di un cervello elaboratore di dati, da sottoporre al controllo assoluto delle sue relazioni umane, delle sue opinioni e giudizi morali, delle sue attività economiche e finanziarie, al fine di evitare grandi disfunzioni. Naturalmente, i costruttori di questa entità transumana o postumana rivendicano anche il dominio e il controllo assoluto sul loro prodotto.
Un’élite autoproclamata del complesso politico-finanziario-massmediatico vede nella libertà di religione e di coscienza, che è il centro della consumazione dell’essere dell’uomo nella sua immediatezza a Dio, l’ultimo baluardo che sfida il dominio totale di poche persone sulla grande massa dei loro simili. Da qui il loro disprezzo per il cristianesimo e il loro odio per la Chiesa cattolica che, invocando Dio, si oppone al suo programma di essere essa stessa il Dio dell’umanità (Yuval Noah Harari, Homo Deus. Una storia del domani [Monaco 162020]). Che questa agenda sia stata concepita in termini di accordi dietro le quinte della teoria della cospirazione da parte di BigTech, SiliconValley o scuole del partito comunista cinese, o se ci lasciamo placare e convertire in negatori della cospirazione dalla propaganda del governo, non è la questione qui. La conclusione è solo che senza libertà non c’è umanità e che senza l’orientamento della coscienza verso Dio, l’uomo non potrà far valere la sua inviolabile e indivisibile dignità contro le pretese di potere dei concorrenti del mondo.
Rilinger: Nel diritto naturale, le regole della natura sono riprese e dichiarate come legge. Ma nascosto in questo presupposto c’è la questione di cosa sia la natura e quali regole contenga. Il positivista del diritto Hans Kelsen rifiuta il ricorso al diritto naturale, che chiama una “fallacia”. Egli giunse a questa conclusione perché nella disputa tra Robert Filmer, un teorico politico del XVII secolo, e John Locke, una controparte di Filmer, divenne chiaro che anche il diritto naturale non poteva essere definito in modo definitivo, ma doveva essere riconosciuto per derivazione umana. Mentre Filmer vedeva la giustificazione della monarchia assoluta nella natura del mondo e quindi la considerava una derivazione del diritto naturale, Locke rifiutava questa giustificazione e insisteva sul fatto che il sistema democratico di stato derivava dalla natura. Come si può dunque descrivere la natura per ricavarne diritti inalienabili?
Card. Müller: Gli autori citati fanno dipendere il loro accordo con ciò che si intende per legge naturale dalle conseguenze politiche che se ne traggono. “Natura” qui non significa, per così dire, ciò che è primordiale, che risulta istintivamente dalla storia e dalla cultura, proprio come un pesce appena nato, a differenza di un bambino umano, non deve prima imparare a nuotare per “allenamento”. La natura è qui l’essenza dell’uomo che, mediato dalla sua esperienza del mondo storico, riconosce i principi morali attraverso i quali è in grado di distinguere il bene dal male, anzi, che coglie in primo luogo la ragione nella sua ragionevole consumazione e la raffigura nelle categorie della logica e nelle parole del linguaggio. In termini di politica, la ragione morale può escludere certi modelli di governo – come l’assolutismo reale, il totalitarismo ideologico o il governo della folla e qualsiasi forma di ordine giuridico la cui base sarebbe l’arbitrarietà dei potenti – ma non può postulare a priori una particolare forma di governo come la monarchia, l’aristocrazia o la democrazia come esclusivamente moralmente giustificabile. Per inciso: Secondo Aristotele, pragmaticamente parlando, la migliore forma di stato e di governo è una miscela degli elementi migliori delle costituzioni effettivamente esistenti. Tuttavia, la legge naturale a cui si fa riferimento qui significa la legge morale naturale, nella misura in cui la ragione morale ci insegna e determina nella nostra coscienza a fare il bene incondizionatamente, senza cercare vantaggi, e ad evitare il male senza paura di svantaggi e rappresaglie. Ciò che gli ebrei e i cristiani hanno ricevuto attraverso la rivelazione soprannaturale nel decalogo e confermato con l’autorità divina, i gentili possono anche distinguere nella testimonianza della loro coscienza la differenza tra il bene e il male, nella misura in cui la legge morale naturale è “scritta nel loro cuore”. (cfr. Rm 2,14s).
Rilinger: Quindi, se i diritti non possono essere derivati solo dalla natura, ma sono piuttosto ancorati nella natura stessa, questi diritti dovrebbero ovviamente essere trovati allo stesso modo in ogni sfera culturale. È concepibile che ci siano diritti ugualmente fondati sulla natura in ogni cultura?
Card. Müller: Questi principi morali fondamentali, che riconosciamo nel Decalogo come i comandamenti di Dio, sono certamente conosciuti nella loro essenza in tutte le culture, anche se non sono sempre realizzati nella pratica e se ne traggono conseguenze diverse in relazione alle circostanze religiose e culturali. Il proprietario di schiavi lenisce la sua coscienza colpevole negando alle sue povere vittime la piena umanità o giustifica la loro triste sorte come una punizione meritata. Ogni conquistatore sa che il reciproco massacro di esseri umani che ha scatenato con la sua aggressione è contrario alla ragione dell’umanità, ma giustifica i mali con un presunto bene superiore che alla fine va a beneficio dell’umanità. Ma niente è più immorale della massima: il – bene – fine giustifica il – male – mezzo.
Rilinger: La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 da parte dell’ONU è basata sull’idea che l’uomo è considerato come immagine di Dio, con la conseguenza che tutti gli uomini sono uguali?
Card. Müller: L’immagine dell’uomo a immagine di Dio è in senso proprio una verità di fede. Si basa su una rivelazione soprannaturale, che può essere colta nella sua piena profondità solo attraverso la luce dello Spirito Santo. Ma la ragione naturale è anche in grado, in una certa misura, di riconoscere alla propria luce la posizione speciale dell’uomo nella coscienza della sua responsabilità davanti a Dio. È vero che la maggior parte degli autori delle dichiarazioni americana, polacca (maggio 1791) e francese dei diritti dell’uomo e del cittadino sono stati influenzati dalla teoria illuminista della “religione naturale”, che è presumibilmente la stessa nella diversità delle sue manifestazioni storiche. Ma gli autori non avevano – come pensavano – una ragione senza storia che li ha portati a queste intuizioni generali. In concreto, però, furono influenzati dall’immagine cristiana dell’uomo, anche se la privarono del suo fondamento nell’autorivelazione soprannaturale di Dio. Ma la ragione finita dell’uomo non può riconoscere la verità solo dal suo concetto. Ha anche bisogno di esperienza storica. Questo ci insegna che laddove la generalità della dignità umana e i conseguenti diritti dell’essere umano individuale e delle sue forme comunitarie naturali come la famiglia, la città, il popolo, lo stato, la religione ecc. devono passare in secondo piano rispetto alla pretesa totale di potere dello stato o di un’ideologia, o sono addirittura cinicamente negati, ne sono derivati crimini contro l’umanità, devastazioni attraverso guerre, genocidi ed espulsioni. Possiamo ancora imparare molto dall’argomentazione del Tribunale per i crimini di guerra di Norimberga del 1946. Gli effetti disastrosi che inevitabilmente derivano dalla negazione dell’universalità dei diritti umani sono la prova evidente della loro validità incondizionata.
Rilinger: Dichiarazioni sui diritti umani sono state fatte anche nel mondo arabo. Sembrano modellate sulla dichiarazione dell’ONU, ma sono soggette alla compatibilità dei diritti umani elencati con le norme della Sharia, che sono derivazioni del Corano. Queste dichiarazioni islamiche dei diritti umani confutano la nostra idea che i diritti umani elencati nella Dichiarazione del 1948 siano considerati universali e generali?
Card. Müller: Il problema sta nel non distinguere tra lo scopo dello Stato, che mira al bene comune terreno, e la religione, che è fondata nel libero riconoscimento e culto di Dio e mira alla beatitudine superiore, superiore al mondo. Una religione che non riconosce la coscienza individuale della verità e la libertà dell’atto religioso perverte la propria essenza. In uno stato, le persone di diverse religioni e visioni del mondo devono poter vivere insieme pacificamente e amichevolmente. Tuttavia, i governanti, i legislatori e i giudici non hanno alcuna autorità in materia di filosofia e religione per imporli ai cittadini con la forza o con l’inganno. In termini sociali, una comunità religiosa si basa sulla libera associazione dei suoi membri, che professano un credo e un culto. Anche la forma sociale della religione ha diritto alla libertà religiosa incondizionata nei confronti di qualsiasi Stato. Indipendente da qualsiasi potere umano, si definisce come si vede in relazione al più alto mistero dell’essere.
Tuttavia, la violazione dei diritti naturali dell’uomo non può essere dedotta dalla comprensione di un documento rivelatore o di un ordine giuridico civile o religioso evoluto, come nel caso della mutilazione dei genitali delle ragazze, falsamente chiamata circoncisione, delle forme crudeli di esecuzione o, allo stesso modo, della diffusione della fede con mezzi bellici. Al contrario, l’ordinazione delle donne al sacerdozio o il matrimonio sacramentale di un uomo con un uomo invece che con una donna non possono essere derivati dai diritti umani naturali. Né il diritto a un figlio per una coppia omosessuale deriva dal diritto naturale, perché questo contraddice il diritto elementare del bambino al padre o alla madre, o in caso di adozione, in sostituzione, a un uomo come padre e madre adottivi.
Rilinger: Si può ancora parlare di una natura unica, definita ovunque allo stesso modo, per voler giustificare i diritti naturali, o la definizione di natura è comunque non universalmente vincolante, ma piuttosto una conseguenza degli sviluppi naturali e culturali, che non corrono uniformemente nel mondo?
Card. Müller: La stessa ragione esiste ovunque, anche se viene espressa in lingue diverse. Ovunque l’uomo ha cultura, anche se in modi e qualità diverse. Secondo le sue reali possibilità, l’uomo è un essere dall’andatura eretta, anche se un neonato non può ancora camminare o l’uomo malato e vecchio deve soffrire la curvatura del suo corpo come un difetto. Ovunque ci sono gli stessi principi di logica, anche se le conseguenze variano culturalmente.
La Chiesa cattolica esiste in diverse culture, e in una comunità mondiale unisce caratteri abbastanza opposti nella stessa fede, nella stessa liturgia. La diversità nella realizzazione dell’umanità non impedisce l’intuizione che siamo comunque fratelli e sorelle di una sola famiglia e dobbiamo all’unico Dio e Padre di tutti, che ci ha creato non come una massa grigia ma nella bellezza della diversità individuale.
Rilinger: La dichiarazione dei diritti umani da parte degli stati arabi contraddice in parte la dichiarazione da parte dell’ONU. È dunque da considerarsi una colonizzazione spirituale del mondo arabo se la dichiarazione dell’ONU deve comunque avere la precedenza su quella araba?
Cardinale Müller: La colonizzazione violenta è sempre un male. Ma non si deve trasformare questo e altri fenomeni negativi in un arsenale di armi polemiche per chiudersi a un’intuizione superiore. Certamente, c’erano e ci sono diverse condizioni culturali nella relazione degli uomini con le donne. Ma questo deve essere distinto dalla violenza e dall’oppressione, che non devono essere tollerate. Né si può permettere agli uomini di vivere nel mondo moderno delle automobili, dei computer, degli smartphone, dell’istruzione generale, e alle donne di essere confinate nelle condizioni di una società feudale d’altri tempi. Una sobria coscienza della giustizia può aiutarci a distinguere i principi spirituali e morali di base che si applicano sempre e ovunque dalle condizioni di vita dell’umanità, sempre mutevoli e, speriamo, anche in miglioramento.
Rilinger: Secondo il Vangelo, la Chiesa ha ricevuto il mandato missionario da Gesù Cristo stesso. Questa missione potrebbe essere vista come una colonizzazione deliberata e nascosta del mondo non cristiano, poiché la missione include anche il compito di dimostrare al mondo intero la legge morale derivata dal giudaismo e dal cristianesimo come la vera base morale della vita e anche di proclamarla come un ordine morale generalmente valido?
Card. Müller: La colonizzazione nella pratica europeo-americana verso i paesi dell’America, dell’Africa e dell’Asia non era altro che la presa di un altro paese o l’instaurazione di un dominio straniero per lo sfruttamento di altri popoli. La Grande Commissione di Gesù è stata data 2000 anni fa ed è precisamente la continuazione della predicazione di Gesù dell’amore universale di Dio, suo Padre, per tutti gli uomini. Il suo regno non è di questo mondo, e non è alla maniera degli imperi politici così come delle concentrazioni di potere e denaro. Solo nella libertà della fede l’individuo a cui si rivolge il Vangelo, di qualsiasi origine, può rispondere alla Parola di Dio e anche entrare liberamente nella cerchia dei suoi discepoli, la Chiesa.
La discussione sui diritti umani è così urgente perché un mondo globalizzato ha bisogno di una base che sia razionalmente fondata e accessibile a tutti come postulato morale. La legge morale naturale dice con evidenza speculativa e pragmatica che il riconoscimento integrale dei diritti fondamentali di ogni essere umano alla sua vita, alla sua integrità fisica e alla sua libertà etica, insieme alle condizioni materiali per la loro attuazione, è la condizione necessaria per una prospera coesistenza dei popoli nei loro propri stati così come nell’associazione mondiale di tutti gli stati. La coercizione, il terrore, la guerra ecc. possono dare superficialmente dei vantaggi ai singoli gruppi nella “guerra di tutti contro tutti”, ma alla lunga portano alla sconfitta di tutti. I caduti e i feriti hanno vinto la guerra, anche se i leader delle loro nazioni vittoriose depongono corone di fiori sulle loro “tombe di eroi”?
Rilinger: Ritiene eticamente giustificabile che, sulla base di una concezione ideologicamente modificata dell’uomo, i diritti umani riflettano la rispettiva e momentanea visione della società e dello Stato?
Card. Müller: L’ideologia LGBT che attualmente inonda il mondo occidentale non ha alcun fondamento nella ragione filosofica e teologica ed è solo la costruzione di una religione sostitutiva dell’immagine cristiana dell’uomo perduta e rifiutata. Ciò non esclude che anche nella sua perversione si possano ancora riconoscere i grani d’oro della sua versione originale: La dignità e la libertà umana, il significato positivo e fecondo della comunità di vita dell’uomo e della donna, la sessualità come dono di Dio che fa parte della responsabilità dell’altro nell’amore. Le cose si mettono male solo quando – come spesso in passato – politici, finanzieri, rappresentanti dei media e avvocati abusano del loro potere per imporre queste ideologie alle masse del popolo, che considerano stupide e arretrate, e per imporre sanzioni a coloro che non si sottomettono alla loro dittatura di opinione. Così – per fare un esempio – la scienza oggettiva è caduta sotto le ruote dell’ideologia lì, quando ai giovani docenti viene concesso l’impiego all’università solo se si impegnano per iscritto nell’ideologia di genere.
Rilinger: La dottrina della legge naturale è considerata una dottrina cattolica speciale, quindi non è riconosciuta come universalmente valida. Può essere sostituita dall’etica sociale, come proposto dal teologo ed ex presidente della Chiesa Evangelica di Germania, Wolfgang Huber, poiché questa è concepita sulla base della “capacità di fare il proprio giudizio etico dal punto di vista della libertà responsabile”?
Card. Müller: La dottrina del fondamento dei diritti umani nella natura spirituale e morale è tutt’altro che una dottrina cattolica speciale, perché non risulta dalla rivelazione, ma dalla ragione etica – e come direbbe Kant – pratica propria di ogni essere umano. La teologia protestante ha un concetto diverso della natura umana che nasce dalla volontà della creazione. Secondo questo, la natura dell’uomo è totalmente corrotta dal peccato originale e originario. Secondo Fede cattolica, la natura dell’uomo è ferita dal peccato e viene liberata da questo grave deficit dalla grazia, ma poi anche elevata e perfezionata. Ma questa è un’altra discussione, che riguarda le questioni controverse inter-cristiane intorno al peccato e al perdono, alla fede e alla grazia, alla giustificazione e alla santificazione. La questione della legge morale naturale riguarda il fatto che ogni religione si muove solo all’interno della cerchia dei suoi aderenti o se esiste un livello comune di relazione fondato sulla ragione su cui si riflette sulla dignità di ogni singolo essere umano, sulla giustizia sociale e la preoccupazione per l’ambiente comune, sull’uso equilibrato delle risorse e la pace nel mondo, e si arriva a decisioni generalmente vincolanti.
Rilinger: Vede altre possibilità, a parte la dottrina del diritto naturale, per formulare un diritto non fallibile?
Card. Müller: Francamente, no.
Rilinger: Eminenza, grazie mille!
Marco Tosatti
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.