ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 19 settembre 2011

PAOLO VI: il Papa che cambiò la Chiesa (cap. 1)

 Di Papa Paolo VI ce ne furono due: quello che si è visto e ascoltato nelle udienze generali e private, e quello che ci hanno descritto libri e giornali del suo tempo, sopratutto come iniziatore, con Giovanni XXIII, e continuatore fino alla conclusione del Vaticano II. Noi, però, osiamo dire che Paolo VI fu un Papa che cambiò la Chiesa. Lo scrisse anche l’Avvenire del 19 marzo 1999 col titolo: “La cattedra di Paolo VI. Ruini traccia un profilo del Papa che cambiò la Chiesa”. Quindi, anche il Cardinale Ruini aveva riconosciuto che Paolo VI aveva cambiato la Chiesa.
Ma Noi ci permettiamo di affermare che il Cardinale Ruini aveva taciuto di dire che Paolo VI, dopo la sua elezione a Pontefice, aveva giurato «di non diminuire o cambiare niente di quanto trovai conservato dai miei probatissimi antecessor e di non ammettere qualsiasi novità, ma di conservare e di venerare con fervore, come vero loro discepolo e successore, che tutte le mie forze e con ...
... ogni impegno, ciò che fu tramandato».
Perché, allora, il cardinal Ruini ha mentito, come se non sapesse quale enorme ribaltamento abbia fatto lo spergiuro Paolo VI in tutte le strutture della Chiesa?
Ma chi mai si aspettava tutte quelle trame e manipolazioni post-conciliari, tali da cambiare, ab imis, tutta la Chiesa della Tradizione, e chi mai seppe sospettare che Paolo VI avesse a trovare tanti artefici luogotenenti per mandare in rovina la Chiesa?
Impossibile, ormai, elencare tutto quello scempio da Lui fatto, e quello che Lui ha coperto, o incoraggiato, o tollerato, o sviluppato, come il nichilismo, il paganesimo morale, il divorzio, l’aborto, la secolarizzazione, la pornografia, il temporalismo politico, il comunismo...
Così, l’abbandono della religiosità della vita, a causa della perdita dei valori cristiani, ha condotto il mondo cattolico a un tale stato di degrado da averci fatto dimenticare persino qual era la vita della Chiesa anteriore all’infausto Vaticano II!
E così siamo arrivati anche noi, come Lutero, a lacerare la “tunica inconsutile”, senza cuciture, di Nostro Signore Gesù Cristo, il vero unico Capo del suo Corpo Mistico, la Chiesa.
Volendo fare una sintesi del Pontificato di Paolo VI, potremmo dire che “politicamente”, era di sinistra; che “intellettualmente” era un modernista, e che “religiosamente” era un massone.
Infatti, la Fede, sotto di Lui, fu distrutta dall’“ecumenismo”, l’Evangelizzazione fu sostituita con il “dialogo”; il Regno di Dio fu rimpiazzato dal “Regno dell’Uomo”, in nome della laicità e dei presunti “diritti umani”, la Morale cattolica, affossando la Fede e la centralità della Persona di Gesù Cristo, si è dissolta, senza più contare le conseguenze del “peccato originale”, e la nuova formula, definita come “la sola legittima”, dei rapporti tra Chiesa e Mondo, fu il “dialogo”.
Ma questa sostituzione del “dialogo” fu una vera condanna della dottrina e della pratica della Chiesa attraverso i secoli.
La religione divina, perciò, quasi è scomparsa di fronte alla libertà dell’uomo, che prevale sulla verità divina, per cui la religione cristiana divenne un’opinione tra le altre.
L’Inferno, il Paradiso, la Grazia, la maledizione, la pietà, l’empietà, persero di consistenza.
Questa etero-prassi di Paolo VI generò l’eterodossia del Culto dell’Uomo.
I suoi discorsi della IV Sessione del Concilio furono la nascita del vero “Culto dell’Uomo”.
E questo suo amore per l’uomo, provocherà la famigerata “Pastorale della Chiesa nel mondo d’oggi”, facendolo divenire “centro e capo del mondo”, raffigurandolo come il coronamento dell’opera del Vaticano Il, che cancella l’ingiunzione biblica: «maledetto l’uomo che si confida nell’uomo, e fa suo braccio la carne e il cui cuore rifugge dal Signore» (Geremia, 17,5; Gv. 15, 5).
Ma Paolo VI, il 7 dicembre 1965, davanti a tutta l’Assemblea Conciliare, pronunciò un Discorso in cui proclamò il “CULTO dell’UOMO”: «Per conoscere Dio, bisogna conoscere l’uomo». «Tutte queste ricchezze dottrinali del Concilio non mirano che a una cosa: servire l’uomo». «Noi, pure Noi più di ogni altro, Noi abbiamo il CULTO dell’UOMO». «La religione del Dio che si è fatto uomo, si è incontrata con la religione (perché ce n’è una sola!) dell’uomo che si è fatto Dio»...
In un’altra occasione, il 15 luglio 1969, disse: «... L’uomo si rivela divino. Ci si rivela divino non in sè, ma nel suo principio e nel suo destino». Ma questa è idolatria. Paolo VI ignorava la frase di Gesù a Satana: «Vade retro, Satana, perché è scritto: Adorerai il Signore Dio tuo, e per Lui solo avrai un culto!» (Mt. 4,10).
Questo abbandonare Dio, per seguire Satana, cadendo, così, nel Culto dell’Uomo che si sostituisce al Culto di Dio, non è altro che un culto luciferino che, sotto le apparenze di “aggiornamento dottrinale”, fece scaturire ogni specie di “eresia”, e ai teologi fu data una vera immunità con una massima autonomia. Si direbbe che Paolo VI avesse una fobia per l’ortodossia, un’avversione per il Magistero ordinario e per ciò che insegnarono i suoi predecessori.
Il suo Magistero, infatti, fu una nuova teoria della religione, intesa come “Movimento d’animazione spirituale della Democrazia Universale”, pieno di chimere come il Messianismo rivoluzionario di Lamennais, come la Democrazia cristiana di Sangnier, entrambe, poi, tradotte in sistema da Jacques Maritain col suo “Umanesimo Integrale”.
Facciamone uno schema:
1. L’“Umanità” al posto della “Chiesa”
Leone XIII, nella sua “Humanum Genum” scrisse: «Il genere umano è diviso in due campi nemici, che combattono tra di loro, uno per la verità e la virtù, l’altro per il loro contrario. Uno, è la vera Chiesa di Cristo... l’altro, è il regno di Satana».
Paolo VI voleva un Mondo profano, corpo sociale universale, autonomo all’esterno della Chiesa. Nella sua “Ecclesiam Suam”, Egli omette intenzionalmente due “passi” ai Corinti di San Paolo: «Quale accordo tra Cristo e Belial?.. Quale rapporto tra il tempio di Dio e gli idoli?» (11 Cor. 6,14-16).
Paolo VI, invece, voleva gli uomini tutti fratelli, in una “comunione sacra”.
È il primo articolo del suo nuovo “Credo umanistico” che vuole una “umanità civilizzata”. Nel suo “Messaggio di Natale 1964”, disse: «Oggi, la fratellanza s’impone, l’amicizia è il principio di ogni moderna società umana…
Bisogna che la democrazia, a cui oggi si appella la convivenza umana, si apra ad una concezione universale, che trascenda i limiti e gli ostacoli ad una effettiva fratellanza». Fu uno dei cardini di Paolo VI: l’uomo è buono; gli uomini vogliono la pace; la forma democratica permette al popolo di imporsi alla loro volontà pacifica... «Ebbene, noi siamo in democrazia... Questo vuol dire che il popolo comanda, che il potere proviene dal numero, dal popolo, così com’è» (Discorso del 1° gennaio 1970).
Così, le virtù soprannaturali, la grazia dei Sacramenti e l’obbedienza ai Comandamenti di Dio vengono sostituite dalla “Democrazia universale” come se il “peccato originale” e il demonio non ci fossero più.
Perciò, al posto della Chiesa di Dio, Paolo VI ha messo l’ONU come speranza dell’umanità in questa Torre di Babele massonica: «Questo aspetto dell’organizzazione delle Nazioni Unite è il più bello, è il suo volto umano più autentico.
È l’ideale dell’umanità pellegrina nel tempo, è la speranza migliore del mondo, è il riflesso, osiamo dire, del disegno trascendente e amoroso di Dio circa il progresso del consorzio umano sulla terra, un riflesso dove scorgiamo il messaggio evangelico da celeste farsi terrestre» (Discorso all’ONU del 1965). Non conosceva Paolo VI il disprezzo che questa organizzazione Mondiale anticristiana – ONU, UNESCO, FAO – aveva per la Chiesa cattolica?
2. “I DIRITTI dell’UOMO”
al posto del “Vangelo” La “Democrazia Universale” sarà retta dalla “Carta dei Diritti dell’uomo”, che confonde la “coscienza morale” con la forza morale che ci dà solo la Grazia divina, e confonde la solidarietà umana con la Carità cristiana, e fa sparire la Grazia di Cristo Redentore, i Sacramenti e la Preghiera: Perché «il bene pubblico… non può sussistere diverso dal vostro (ONU), fondato sul rispetto del Diritto della giusta libertà e della dignità della persona» (“Breve” alle Nazioni Unite del 4 ottobre 1965). Ora, Paolo VI fu impegnato a fondo da quel naturalismo, la cui base è l’attuazione dei principi della Rivoluzione Francese del 1789.
3. La “DEMOCRAZIA UNIVERSALE”
al posto del “REGNO DI DIO” È chiaro che Paolo VI, con le sue chimere intellettuali, terrestri, defraudò il Regno di Dio di tutti i suoi attributi divini, per far sognare un Paradiso terrestre, costruito con le sole forze degli uomini.
Ma la parola di Dio smentisce tutte le sue affermazioni, ad una ad una, mostrando che non c’è pace, non c’è riuscita per gli uo mini empi, costruttori di quella favolosa Torre di Babele.
È solo il Cristo che dà la pace, ma non allo stesso modo di come la dà il mondo.
San Pio X, nella sua Lettera sul Sillon, scrive:
«... non si edificherà la città in modo diverso da come Dio l’ha edificata; non si edificherà la società se la Chiesa non vi ha edificato le basi e non ne dirige i lavori; no, la civiltà non si inventa e la nuova città non si edifica tra le nuvole. Essa è stata, essa è, la Civiltà cristiana, la Città cattolica. Non si tratta che di instaurarla e di restaurarla senza posa sulle sue fondamenta naturali e divine, contro gli attacchi sempre ricorrenti della malsana utopia, della rivolta e dell’empietà: omnia instaurare in Christo».
Ma Paolo VI fu anche sovversivo. La dialettica della sua enciclica “Populorum Progressio” del 26 marzo 1967, ha eccitato i risentimenti di tutti i popoli del Terzo Mondo, proponendo loro “lo sviluppo” come il primo obiettivo essenziale dei loro sforzi. Soprattutto a Bogotà, a Manila, in Australia, Paolo VI mise i poveri con tro i ricchi, sia pure raccomandando loro la soluzione del Vangelo: l’Amore. Ma questo “regno dell’amore” è una utopia irrealizzabile in un mondo senza Dio.
A parte gli idilliaci inviti all’amore, la “Populorum Progressio” suona come il “Mein Kampf” dell’Anticristo, per realizzare un mondo in cui ogni uomo, senza distinzione né di razza né di religione, può vivere una vita pienamente umana. Per questo che a Betlemme, il 6 gennaio 1964, Paolo VI disse: «Dobbiamo assicurare alla via della Chiesa un nuovo modo di sentire, di volere, di comportarsi». E con più audacia, ripeté: «La religione deve essere rinnovata »; e «Non è più il caso di attirare le anime e di interessarle alle “cose supreme”» (Discorso del dicembre 1965).
È l’ecumenismo del Vaticano II: “Non si lavora per la Chiesa, si lavora per l’umanità”, un pensare ed agire che è una vera apostasia! I dogmi, quindi, diventano tutti ostacoli alla comprensione universale, diventano intralci alla fratellanza. I Sacramenti cessano di essere sorgente di forza e di energia spirituale per ogni impegno temporale.
I Comandamenti di Dio vengono rigettati quando diventano freni insopportabili. L’istituzione della Chiesa, allora, crolla perché il suo modo di vivere, di pensare, di educare non può più integrarsi nel mondo, nella comunità secolare come il lievito nella pasta. L’umanesimo integrale, cioè, ha soffocato la Religione per cambiarsi in umanesimo ateo.
Ogni fedele, adesso, può chiedersi come Paolo VI abbia a richiamarsi alla fede cattolica, anche con fermezza, ma poi lasciare libertà a tutte le eresie senza mai intervenire contro i loro propagatori. Come, ad esempio, Teilhard de Chardin, che Paolo VI lodò per aver «dato una spiegazione dell’universo e... seppe leggere nelle cose un principio intelligente che deve chiamarsi Dio».
Questo discorso lascia trasparire l’affinità di un vago teilhardiano con la forma mentale di Paolo VI. Il suo evoluzionismo panteista, infatti, è una visione utopistica di un progresso mondiale e di unione di tutte le religioni e di tutti gli uomini verso una meta comune.
La sua visione, quindi, è quella dell’uomo che sale per l’intensificarsi di tutti i suoi sforzi. Un altro esempio l’abbiamo nella scandalosa storia del “Catechismo olandese” tradotto e diffuso in tutto il mondo.
È stato Lui che ha lasciato che quel libro velenoso si diffondesse in tutta la Chiesa, senza le correzioni volute da Roma, né osò mai pronunciare una parola di biasimo, né prendere alcun provvedimento contro gli Autori di esso, ma subito si unì agli ammiratori delle eresie contenute nel Catechismo.
Ci basti leggere il contenuto per capire il suo perché dell’accettazione. In quel catechismo, Dio non appare, ma solo l’Uomo e il Mondo. Dio è chiamato come profondità misteriosa del nostro essere... Mai è l’Essere Trascendente, sovranamente libero in rapporto alla sua creazione.
Ogni dissenso, per cui ogni contraddizione, ogni abbandono definitivo ne è escluso. Dio, perciò, è a fianco dell’uomo, preoccupato della sua felicità. Tali rapporti escludono ogni idea di rigida giustizia a beneficio, perché Dio perdona a tutti e sempre.
Il mistero della Redenzione è così negato.
La religione si unisce senza rottura di continuità con la vita naturale e mondana.
Come si vede, questo parlare non è altro che l’eterodossia della eteroprassi di Paolo VI. Egli predica la “libertà di pensiero”.
Perché Lui stesso ne aveva bisogno per le sue fantasticherie, e perché era la base dottrinale del suo umanesimo progressista. Non ho torto, allora, se dico che fu opera di Paolo VI l’avvelenamento delle seguenti generazioni di cattolici battezzati con quei catechismi nuovi, modernisti, progressisti, erotici e sovversivi.
Inutile continuare con citazioni che avevano convinto tutte le Autorità nella Chiesa che con Paolo VI non si poteva condannare nessuno, né combattere alcun errore, né atti di indisciplina: «Non costringere in niente, né impedire niente».
Un’altra figura vergognosa, Schillebeckx, fece scatenare la mafia di “Concilium”, che protestò immediatamente contro ogni attentato ai diritti dell’uomo, alla libertà di ricerca, all’autonomia del teologo. Una terza figura vergognosa è quella di Hans Küng, che continuò sempre la sua critica alle istituzioni della Chiesa, sempre tollerata da Paolo VI. Ma la Chiesa, ormai, era già guastata dalla Testa! Paolo VI trascinava, ormai, con maestria, il popolo cristiano dietro la sua chimera politica. La “fede nell’Uomo” sostituì la “fede in Dio”.
Ogni giorno, sotto Paolo VI, fu giorno di Passione per la Chiesa! Come poteva, allora, Paolo VI essere la Testa della Chiesa, al di sopra d’ogni errore, pura da ogni colpa, degna di schiacciare tutte le eresie con l’aiuto di Gesù Redentore e di Maria Immacolata, Madre di Dio?..
Ora, un Papa che non assolve il suo compito di Capo della Chiesa e di Vicario di Gesù Cristo, ma che cerca di formare nel mondo un’altra “comunità di salvezza”, un’altra “religione universale”, un “Movimento d’Animazione Spirituale della Democrazia Universale”, lo si dovrebbe considerare scismatico, perchè incapace di distinguere la Chiesa, “Corpo Mistico di Cristo”, da una “nuova religione umana”, “corpo del diavolo”!
Ogni cristiano e, a maggior ragione, ogni Sacerdote, deve avere la consapevolezza e l’amore alla Verità; e quindi, dopo l’annuncio pubblico del Cardinale Ruini su “l’Avvenire” del 29 marzo 1999, che “Paolo VI cambiò la Chiesa”, deve sentire l’obbligo di restare nella “Chiesa di prima”, quella fondata da Gesù Cristo, che non è la “Chiesa conciliare”, e reputare, di conseguenza, che il Pontificato di Paolo VI non è altro che una “punizione di Dio”. Gettato alle ortiche il “Triregno”, il regno papale di Paolo VI iniziò a manifestarsi proprio come una vera e drammatica “punizione divina”!
A cura del sac. dott. Luigi Villa
... continua ...

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