ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 6 giugno 2012

L’interrogatorio.


 Gabriele collabora “ma rimane in isolamento”.

Ieri, infatti, dopo tredici giorni di detenzione, Gabriele ha subìto il primo interrogatorio – sentito dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet alla presenza dei difensori Carlo Fusco e Cristiana Arrù e del promotore di giustizia Nicola Picari – e la sensazione è che la strada di qui in avanti sia ancora parecchio lunga.

Gabriele ha trascorso tredici giorni in una stanza (tecnicamente la chiamano “camera di sicurezza”) tre metri per quattro, con bagno, finestra, un letto, una scrivania e un crocifisso, situata all’interno del palazzo della Gendarmeria. Imputato con l’accusa di «furto aggravato» di documenti riservati dall’appartamento del Papa, è «per ora» – ha detto ieri mattina padre Federico Lombardi, portavoce vaticano – l’unico accusato. Infatti, «nessuna imputazione è stata formulata a carico di altri».
Certo, il fatto che Gabriele non lascerà presto il Vaticano non significa che in futuro la cosa non possa accadere. «In qualsiasi momento il Papa – ha spiegato sempre ieri Paolo Papanti Pelletier, uno dei giudici del tribunale di prima istanza vaticano – può intervenire e se lo ritiene opportuno concedergli la grazia».
Sull’interrogatorio di ieri la Santa Sede intende mantenere il massimo riserbo. Non si vogliono fughe di notizie. L’istruttoria formale deve procedere senza contaminazioni esterne al fine di fare luce su tutti quei documenti – «un’ingente mole», ha detto nei giorni scorsi il Vaticano – ritrovati nella sua abitazione.
In questi tredici giorni Gabriele non ha potuto vedere la televisione. Ha letto i quotidiani italiani ma non gli è stato concesso altro svago. Ha incontrato per qualche minuto i suoi familiari e la scorsa domenica è stato accompagnato «non ammanettato» (sono parole di Papanti Pelletier) in una delle chiese interne al territorio vaticano per seguire la santa messa. Quindi è stato riaccompagnato nella camera di sicurezza dove rimarrà rinchiuso massimo cinquanta giorni, che possono però divenire cento qualora la Santa Sede lo ritenga opportuno ai fini dell’indagine in corso.
Ma cosa rischia Gabriele se riconosciuto colpevole? Da uno a sei anni con una circostanza aggravante e da due a otto anni, con due o più circostanze aggravanti. Il Vaticano sta cercando di capire anche se i documenti pubblicati sui quotidiani italiani nei mesi scorsi ma anche nelle scorse ore, e anche all’interno del libro di Gianlugi Nuzzi “Sua Santità”, siano autentici o falsi e se siano stati diffusi da una o più persone.
Padre Lombardi ha ribadito che per il momento non sono partite dal Vaticano rogatorie verso l’Italia. E ha smentito seccamente una notizia: quella secondo la quale Gabriele avrebbe iniziato la sua collaborazione con la giustizia vaticana prima dell’arresto, trasformandosi così in una sorta di “agente doppio”, ipotesi definita «assolutamente infondata e non plausibile».
I tempi dell’indagine non si annunciano brevi. «La fase istruttoria non ha una durata limitata», ha spiegato ieri Paolo Papanti Pelletier. Questi, docente di diritto civile all’università romana di Tor Vergata, non è direttamente coinvolto per ora nel caso Gabriele. Ma il tribunale di cui fa parte, composto da tre persone e presieduto dal rettore della Lumsa Giuseppe dalla Torre, verrà chiamato in causa se il giudice istruttore Bonnet, assimilabile al nostro Gip, decida con sentenza il rinvio a giudizio. Il processo sarebbe pubblico, potranno prendervi parte i giornalisti, mentre gli atti della fase istruttoria rimarranno in ogni caso segreti.
Pubblicato sul Giornale mercoledì 6 giugno 2012
Palazzo Apostolico – Diario Vaticano di Paolo Rodari

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