(AGI) - CdV, 5 ott. - Domani il presidente del Tribunale
Vaticano Giuseppe Dalla Torre pronuncera' la sentenza al primo
processo su Vatileaks che vede un unico imputato: Paolo
Gabriele, il maggiordomo infedele di Benedetto XVI. Di processo
pero' ce ne sara' presto un altro, al tecnico informatico
Claudio Sciarpelletti, la cui posizione e' stata stralciata, e
c'e' un'inchiesta che continua per i reati piu' gravi, come
l'attentato alla sicurezza dello Stato.
Sembra scontata una condanna mite (fino a 4 anni, come ha
detto il pm d'appello Giovanni Giacobbe, mentre a detta del
giudice a latere Paolo Pellanti con tutte le aggravanti si
potrebbe arrivare ad 8 anni) per Paolo Gabriele, reo confesso
di aver sottratto documenti riservati dall'Appartamento
Pontificio. Come e' noto nella perquisizione del 23 maggio sono
stati trovati a casa sua anche un assegno di 100mila euro
intestato al Papa, una pepita d'oro e un libro del '500 che
vale altre migliaia di euro e nel processo e' emerso che
proprio lui aveva l'incarico di consegnare i doni portati al
Pontefice nelle udienze.
L'accusa per cui rischia il carcere e'
dunque quella di furto aggravato. Dalla linea difensiva del
maggiordomo si e' dissociato prima del dibattimento l'avvocato
rotale Carlo Fusco, che ha rinunciato al mandato; l'altro
legale, l'avvocatessa Cristiana Arru', in buona sostanza ha
cercato di mettere sotto accusa la Gendarmeria Vaticana, sia
lamentando condizioni di carcerazione non umane per il suo
assistito (e' stato aperto un fascicolo d'inchiesta per questo,
ma lo stesso Gabriele ha annuito quando gli e' stato fatto
notare che aveva invece ringraziato i suoi custodi per la loro
umanita') sia insinuando che la perquisizione avesse risvolti
poco trasparenti (sostiene che sono stati sequestrati piu'
documenti di quanti potevano contenerne i due armadi). Il
processo - che per il suo andamento certo non sempre favorevole
alle istituzioni vaticane difficilmente si potrebbe sospettare
sia stato "pilotato" - non ha chiarito alla fine se ci fossero
mandanti e complici: bisognera' forse aspettare gli altri
tronconi. E lascia l'amaro in bocca perche' alcuni nomi sono
stati fatti ma non si e' capito quale ruolo potessero avere e
non hanno potuto rispondere alle dichiarazioni - spesso
farneticanti - di Gabriele. Il primo nome tirato in ballo e'
stato quello del sacerdote Carlo Maria Polvani della Segreteria
di Stato, chiamato come testimone da Sciarpelletti ma non
ascoltato per via della decisione di stralciare la posizione
del tecnico informatico. Ancora peggio e' andata al vescovo di
Carpi Francesco Cavina, ex officiale vaticano, agli autorevoli
cardinali Paolo Sardi e Angelo Comastri e alla storica
governante di Joseph Ratzinger, Ingrid Stampa, tutti citati
nell'ambito di un ragionamento sulla "suggestione" che Gabriele
dice di aver subito dall'ambiente del Vaticano.
Il maggiordomo ha fatto poi altri tre nomi che non sono
pero' stati ben identificati nel dibattimento: il signor
Mauriello (in Vaticano due dipendenti hanno questo cognome),
Lucio Catano (indicato come persona anche lui autorevole,
"pensavo fosse un magistrato", ha detto Gabriele) e infine il
suo confessore, tale "padre Giovanni" di cui e' stato taciuto
il cognome benche' sembrerebbe perseguibile per il reato di
ricettazione avendo ricevuto - secondo quanto afferma il
maggiordomo - copia delle stesse carte fornite al giornalista
Gianluigi Nuzzi e da questi pubblicate nel libro "Sua
Santita'". Infine, Gabriele ha accennato ad "altri due laici"
ma non gli e' stato chiesto di indicarne i nomi. Altri punti
oscuri sono stati rilevati dal Blog degli "Amici di Papa
Ratzinger" che ha dato voce in questi mesi all'indignazione di
molti per i torti subiti dal Pontefice nella vicenda Vatileaks
(basti pensare al fatto che nella perquisizione sono stati
ritrovati documenti definiti dagli inquirenti di "totale
privacy" del Papa, e cioe' presumibilmente referti medici).
"Innanzitutto - elenca il post - Gabriele e' caduto in tutta
una serie di contraddizioni e, stando alle ricostruzioni
fornite dal pool ammesso in aula, nessuno gliele ha fatte
notare a dovere almeno sotto interrogatorio".
Per esempio, si legge, "Gabriele afferma di avere
contattato Nuzzi tramite mail ma non e' questo che c'e' scritto
nel libro del giornalista". In effetti a pagina 17 di "Sua
Santita'" Nuzzi afferma che il primo contatto con il corvo
avvenne grazie ad un suo (di Nuzzi) amico, "un professionista
lontano dal Vaticano e dai Palazzi di Giustizia". Il primo
incontro fra i due avvenne nella primavera del 2011. Chi dice
la verita'? Gabriele che parla di mail o Nuzzi che parla di
contatti personali?"
Altro elemento di discussione i tempi. "Il 'corvo' - rileva il
blog degli Amici di Papa Ratzinger - inizia a gracchiare nel
2011. Perche'? Solo allora il sacro fuoco della pulizia si fa
strada in lui? Solo allora il "corvo" capisce che occorre
assolutamente ed urgentemente aiutare il Santo Padre nella sua
opera di pulizia? Se il corvo ed i suoi suggestionatori o
complici avessero davvero voluto aiutare Benedetto XVI
avrebbero agito un anno prima, nel 2010, quando davvero il Papa
aveva bisogno di sostegno per continuare il suo impegno,
soprattutto contro i preti pedofili. Perche' Nuzzi non e' stato
contattato prima?". In sostanza, per gli Amici di Papa
Ratzinger c'e' una contraddizione nelle date. "Perche'
attivarsi nel 2011 e non prima? Che cosa o chi ha suggerito a
Gabriele di attivarsi nella primavera del 2011? A questa
domanda non e' stata data - rileva il blog - alcuna risposta".
Infine "la contraddizione" che il post definisce "piu'
clamorosa". Gabriele ha affermato, in aula, che il momento clou
della raccolta dei documenti e' iniziato nel 2010. Peccato che
monsignor Georg Gaenswein, chiamato a deporre, abbia detto
qualcosa di ben diverso. Ha infatti dichiarato di avere
personalmente visto, fra i documenti sequestrati a Gabriele,
materiale risalente ad anni precedenti il 2010. C'erano persino
carte del 2006, l'anno in cui l'imputato ha iniziato a lavorare
come assistente di camera.
"Ed e' qui - conclude la nota - che cascano tutte le
ricostruzioni fantasiose che dipingono Gabriele come l'eroe
romantico, senza macchia e senza paura, preoccupato solo di
aiutare il Papa nella sua opera di pulizia".
Insomma, non c'e' stato alcun "crescendo di indignazione"
che ha poi portato Gabriele a contattare Nuzzi.
Appena ha preso servizio, egli ha iniziato a raccogliere
documenti. "Perche'? Qualcuno gli ha chiesto la ragione di un
simile comportamento? Se una persona inizia subito a tradire la
fiducia del Pontefice, evidentemente, deve essere stato
"suggestionato" immediatamente. Da chi? Perche'? Chi l'ha
raccomandato per quel posto cosi' delicato? Ha forse insistito?
E perche'?", sono queste le domande che, chiedono gli Amici di
Papa Ratzinger, "dovrebbero avere una risposta".
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.