ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 23 dicembre 2012

Gli orsi non sono lupi


Quel cristiano dell'orso Baloo

Dopo l’ultimo mio articolo sulla visione teologica dell'opera di Tolkien, ho ricevuto attacchi e critiche da ogni dove, per quella che alcuni hanno definito come un’infame strumentalizzazione. Eh, sì, perché uno deve per forza trovare interpretazioni proprie di un’opera!, e come si sa tutte le interpretazioni sono soggettive. Ho constatato dunque, ancora una volta, che 5 secoli di Riforma Protestante non sono passati in vano, al punto che ormai sembra non resti più traccia del povero Aristotele e della sua consapevolezza che la realtà esiste, che è oggettiva, che è razionalmente conoscibile e che il mondo non è la proiezione dell’ego smisurato di ciascuno (comprese le opere letterarie che ne fanno parte). Del resto lo aveva previsto Chesterton: “Spade saranno sguainate/ per dimostrare che le foglie sono verdi d’estate”. E siccome a questo punto non posso esimermi dall'incrociare le spade, getto un altro macigno nello stagno.
La sera di mercoledì 19 dicembre 2012 la televisione di Stato, in un rarissimo momento di lucidità, decide di trasmettere il lungometraggio disneyano “Il Libro della Giungla”. Mentre sono piegato in due dalle risate, mi accorgo di un paio di cose che non avevo ben osservato da bambino. Il giorno dopo, chiacchierando col mio amico Marco Piazza, constato che se ne è accorto anche lui. E, aristotelicamente, concludo che questo divertente cartone è intriso di cristianesimo. Ebbene si, cari miei pro-pro-pro-nipoti di Lutero, fatevene una ragione!

Iniziamo dalla canzone dell’orso Baloo, LA canzone, che da sola vale tutto il film: “Ti bastan poche briciole/ lo stretto indispensabile/ e i tuoi malanni puoi dimenticar!/In fondo basta il minimo/sapessi quanto è facile/trovar quel po’ che occorre per campar!” Ditelo ad uno che non è cristiano, che si può essere felici con quel poco che si ha! “E quando sai che puoi farne a meno/ e non ci stai pensando nemmeno/ sai cosa accadrà?/ Quel che ti occorre lì per lì ti arriverà!”. Del resto:
“per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito?
Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.” (Mt 6, 25-32).


Ecco poi il re Luigi, orang-utan che canta a Mowgli: “Io sono qui nelle giungla ormai una personalità/ma mai quaggiù varrò di più e questo poco mi va./ Io voglio diventar uomo e andando giù in città/sentirmi fra i miei simili, son stufo di stare qua”. Ecco uno che dello stretto indispensabile non sa che farsene: è il re fra i suoi simili, ma vuole di più, vuole il potere di cambiare la propria stessa natura, di sovvertire l’ordine naturale. Non so voi, ma io in questo ci vedo qualcosa di satanico. Del resto, Dio creò l’uomo a Sua immagine e somiglianza, e in virtù di questa sua condizione, l’essere immagine di Dio, è stato posto al centro del Creato. Di più:
“Il Signore Dio plasmò dal suolo tutti animali della campagna e tutti gli uccelli del cieloe li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato gli esseri viventi, quello doveva essere il loro nome” (Gn 1, 19)
Dare un nome, nella cultura del redattore della Genesi, voleva dire stabilire un dominio su ciò che si nominava, era quasi un gesto equivalente alla Creazione, dato che Dio aveva fatto esistere il mondo con la sua Parola. Insomma, una scimmia che vuole diventare uomo a me sembra proprio un’allegoria dell’ uomo che vuole essere Dio. E proprio in questo, nel voler essere come Dio, costituisce il peccato originale. Un re a cui non basta il potere, vuole l’Onnipotenza. Del resto il trono di Luigi è collocato proprio al centro di un antico tempio. Ma, ovviamente, Luigi non potrà mai essere davvero uomo, potrà al massimo imitarlo, esserne appunto la scimmia, così come Satana è la scimmia di Dio. E come chiunque covi questi sogni empi, Luigi viene servito: il tempio gli crolla addosso, mentre lui, assiso su un piedistallo, cerca di puntellarlo, ma gli resta in mano solo un misero capitello e tutto attorno rovine.

E la ninna nanna di Kaa, allora? Che il serpente sia uno dei travestimenti prediletti dell’Avversario (quello con cui ingannò i nostri progenitori!) penso che sia di cultura generale. E per chi avesse dubbi, invito ad ascoltare la ninna nanna in questione: “Spera in me/solo in me/ non pensar/ e spera in me!”. Il serpente che cerca di carpire l’idolatria dell’uomo: davvero satanico, tutto ciò! Come satanico è il tono viscido, sensuale e ipnotico della sua voce mentre canta. E infatti, si tratta di un imbroglio, come solo Satana è capace di architettarne, ordito per soggiogare la volontà e stringere fra le proprie spire colui che Kaa vuole solo divorare.

Ancora: “Tu la sposeresti una pantera?” Con questa domanda Bagheera apre un vero interrogativo antropologico: nessuno, appunto, può sovvertire l’ordine naturale, nessuno può negare la propria stessa natura, per questo è giusto che Mowgli, volente o nolente, vada al villaggio degli uomini.
Inoltre: “Non c’è amore più grande di chi da la vita per i propri amici” (chiara citazione dal Vangelo di Giovanni), proclama Bagheera nel vibrante necrologio di Baloo, quando lo crede morto nello scontro con Sher Kahn.
E poi ecco Mowgli che, di fronte ad una dolce fanciulla umana, fa finalmente la scelta di essere uomo: per essere davvero se stesso, non può che completarsi con una donna, l’unica creatura a lui davvero complementare. Altro che sposare una pantera! E poi ecco Baloo e Bagheera andarsene a braccetto cantando LA canzone, avendo ciascuno imparato una lezione. Baloo ha imparato che la Natura non può essere sovvertita, mentre il serioso e apprensivo Bagheera ha finalmente imparato che: “Ti bastan poche briciole/ lo stretto indispensabile/ e i tuoi malanni tuoi dimenticar!”.

Con questo si suggella non solo il film, ma tutta l’opera dello zio Walt: questo è infatti l’ultimo suo cartoon prima di prendere congedo dal mondo. Un vero e proprio testamento spirituale! E pensare che Tolkien non lo poteva digerire, accusandolo di avere stravolto le fiabe svuotandole di contenuto! Quanto si sbagliava! Siamo però sicuri che, da buon cristiano, il vecchio Gei Ar, di fronte a questo nostro affettuoso rimbrotto, si farebbe una bella risata, non prendendosi troppo sul serio.
E lo stesso invito a non prendersi troppo sul serio lo rivolgo a coloro che, letto questo articolo, sono già pronti a dare fuoco alle loro tastiere: e fatevela 'na risata! In fondo… "ci bastan poche briciole, lo stretto indispensabile, e i tuoi malanni puoi dimenticar!".
di Paolo Maria Filipazzi

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