Descrivemmo, tempo fa, la tipologia del segno della pace, quello che reciprocamente si dà nel rito della Messa di Paolo VI, la “stretta di mano”, banale, salottiero e, tuttavia, sottile e perverso simbolo che, contrassegnando una pratica massonica, si contrappone al vero e santo “segno” di pace, quello della Santa Croce. Il quale ultimo segno resta, per fortuna – almeno per ora - quale sigillo finale, quando il celebrante, annunciando la conclusione del Santo e Sacro Rito del Sacrificio di Cristo, impartisce la benedizione nel nome della Santissima Trinità, visivamente espressa nel segno crociato. Ma ieri, 19 marzo, festa di san Giuseppe, giorno dell’inaugurazione del “magistero pretino del Vescovo di Roma”, un tempo intronizzazione di Sua Santità Francesco I, c’è stato la mutazione genetica, involutiva, anche della benedizione trinitaria.
Davanti a una folla di entusiaste persone, in un clima da stadio, il Papa, quasi si sentisse un allenatore di calcio uscito vittorioso da una gara, ha benedetto i presenti nel gesto del pollice ritto, agitato sul pugno chiuso, tipico, appunto di chi afferma un successo. “Ce l’abbiamo fatta!” sembrava volesse dire, ben soddisfatto, mentre intorno le grida e gli applausi scrosciavano come una festosa girandola pirotecnica.
Nessuno, della stampa odierna – figuriamoci del clero! - che si sia azzardato a mettere sotto lente critica siffatta aberrazione che, anzi, sarà inquadrata in quella visione “pauperistica” di antico e nuovo conio con la quale anche la Santissima Trinità, vista come un orpello della vecchia Chiesa, sarà da mandare al macero come un’antipatica anticaglia, un rottame.
Sua Santità, in quel frangente, così come nell’udienza concessa alla stampa il giorno 16 marzo, avrà pensato che, tra quelle persone che lo acclamavano, molti, forse, erano atei, protestanti, miscredenti, agnostici, ragion per cui sarebbe stato gesto non “ecumenistico” e poco democratico, privo di sensibilità impartire una benedizione trinitaria a chi, invece, si sarebbe offeso, alla faccia delle altre migliaia di cattolici che, volentieri, l’avrebbero ricevuta.
La sua “tenerezza”, a cui ha fatto cenno, si è concessa a una sparuta e insignificante minoranza miscredente a danno di una straripante maggioranza credente che, stante il principio liberale attualmente in auge - la democrazia, appunto - avrebbe dovuto essere privilegiata. Ma così non è stato.
E così, con il sigillo di un gesto sportivo, Sua santità, in ossequio coerente alla sua concezione della povertà, cancellata la presenza scomoda e superflua – diremmo: una carnevalata - del Padre/Figlio/Spirito Santo, inaugura il suo pontificato, anzi, il suo “episcopato romano”.
Sarà, dopo la prima rivoluzione della Chiesa - quella conciliare - la seconda che, sull’onda di tale pastoralità e di tali capovolgimenti, non troverà difficile istituire una Santa Messa celebrata in abiti civili – meglio se “casual” – con, sulla “mensa”, bicchieri di vetro e pane della Coop, e col sottofondo di musica rockettara, quella che tanto piacque a S. S. G.P. II al Congresso Eucaristico di Bologna – 1995 - che tanto piace a padre Spataro S.J. e, ancor più, al cardinal G. F. Ravasi, i due esegeti che, in tale musica corrotta, distruttiva e satanica, scorgono la presenza dell’Assoluto!!!
Exsurge Domine!
Davanti a una folla di entusiaste persone, in un clima da stadio, il Papa, quasi si sentisse un allenatore di calcio uscito vittorioso da una gara, ha benedetto i presenti nel gesto del pollice ritto, agitato sul pugno chiuso, tipico, appunto di chi afferma un successo. “Ce l’abbiamo fatta!” sembrava volesse dire, ben soddisfatto, mentre intorno le grida e gli applausi scrosciavano come una festosa girandola pirotecnica.
Nessuno, della stampa odierna – figuriamoci del clero! - che si sia azzardato a mettere sotto lente critica siffatta aberrazione che, anzi, sarà inquadrata in quella visione “pauperistica” di antico e nuovo conio con la quale anche la Santissima Trinità, vista come un orpello della vecchia Chiesa, sarà da mandare al macero come un’antipatica anticaglia, un rottame.
Sua Santità, in quel frangente, così come nell’udienza concessa alla stampa il giorno 16 marzo, avrà pensato che, tra quelle persone che lo acclamavano, molti, forse, erano atei, protestanti, miscredenti, agnostici, ragion per cui sarebbe stato gesto non “ecumenistico” e poco democratico, privo di sensibilità impartire una benedizione trinitaria a chi, invece, si sarebbe offeso, alla faccia delle altre migliaia di cattolici che, volentieri, l’avrebbero ricevuta.
La sua “tenerezza”, a cui ha fatto cenno, si è concessa a una sparuta e insignificante minoranza miscredente a danno di una straripante maggioranza credente che, stante il principio liberale attualmente in auge - la democrazia, appunto - avrebbe dovuto essere privilegiata. Ma così non è stato.
E così, con il sigillo di un gesto sportivo, Sua santità, in ossequio coerente alla sua concezione della povertà, cancellata la presenza scomoda e superflua – diremmo: una carnevalata - del Padre/Figlio/Spirito Santo, inaugura il suo pontificato, anzi, il suo “episcopato romano”.
Sarà, dopo la prima rivoluzione della Chiesa - quella conciliare - la seconda che, sull’onda di tale pastoralità e di tali capovolgimenti, non troverà difficile istituire una Santa Messa celebrata in abiti civili – meglio se “casual” – con, sulla “mensa”, bicchieri di vetro e pane della Coop, e col sottofondo di musica rockettara, quella che tanto piacque a S. S. G.P. II al Congresso Eucaristico di Bologna – 1995 - che tanto piace a padre Spataro S.J. e, ancor più, al cardinal G. F. Ravasi, i due esegeti che, in tale musica corrotta, distruttiva e satanica, scorgono la presenza dell’Assoluto!!!
Exsurge Domine!
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