J’ACCUSE
E dopo la carota del Mastino (qui)…
il bastone di don Ariel Levi di Gualdo… spezzato sulla schiena di quella frangia ideologizzata ed estetizzante (e forse agnostica) di certo “tradizionalismo” cattolico. All’attacco del pontefice con una guerra preventiva… a partire dal casus belli della “mozzetta”. E che ha dimostrato di essere tal quale quei progressisti che oggi non fanno altro che parlare di “mozzette”, croci e anelli “d’argento”, scarpe “nere anziché rosse”. Rischiando (i primi, vedi lo scandalo sacrilego del blog Messainlatino) di infangare quei cattolici ortodossi attenti a ogni aspetto della tradizione antica, perenne e viva della Chiesa, che per alimentare la loro fede frequentano la messa di rito antico… ma che non sono disponibili a giocarsi tutto su un accessorio in più o in meno… che, oltretutto, va e viene a ogni morte di papa…
Persino il Pio V che fanno finta di conoscere… li avrebbe fatti fustigare sulla pubblica piazza!
Un’approfondita analisi, teologica, dottrinale, storica, canonica, ecclesiologica. Da parte di un prete, teologo e scrittore, non solo ortodosso sino al midollo, ma anche estimatore dell’antica liturgia
di Ariel Levi di Gualdo
1. INTERNET E LA PASTORALE EVANGELICA
Per me l’Internet non è un gioco ma un prezioso strumento di nuova evangelizzazione e come tale intendo usarlo. Diversi sono i miei diretti spirituali che mi contattano attraverso la rete telematica per dare avvio a un nuovo discorso, che da lì a poco proseguirà in altra sede, cosa quest’ultima molto importante, perché eliminare il contatto reale con la persona in carne e ossa potrebbe portare a precipitare in una realtà tutta quanta virtuale quindi in un cattolicesimo surreale. La virtualità telematica serve infatti a rafforzare contatti reali, non a creare rapporti virtuali che spesso trascendono nel vero e proprio surreale. Anche alcuni miei penitenti mi hanno contattato più volte tramite posta elettronica, semmai per chiedermi indicazione su come impostare un approfondito esame di coscienza su questioni poi trattate giorni dopo nel confessionale, durante la celebrazione del Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione.
Numerose persone, inclusi giovani sacerdoti e seminaristi, dopo avere letto alcuni miei libri o commenti si sono rivolti a me attraverso questo strumento da varie parti d’Italia, per parlarmi di loro problemi. Da questi scambi ne deriva sempre una conoscenza diretta, non più “schermo a schermo” ma “corpo a corpo”, a tu per tu, perché così deve essere nel mondo del reale che si serve degli strumenti telematici, senza che mai gli strumenti telematici facciano sprofondare l’umano in una realtà tutta quanta virtuale.
Come tutte le lame a doppio taglio, l’Internet può essere usato come strumento di evangelizzazione o come strumento per la distruzione dell’essenza evangelica; come strumento di santificazione o come strumento di dannazione.
La lama dell’Internet può fare corretta informazione dando talvolta notizie importanti, sovente taciute dalla stampa nazionale di tutte le più disparate tendenze che deve stare entro i limiti fissati dai rispettivi padroni, che in un modo o nell’altro, su certi delicati temi di natura politica, economica o anche religiosa, filtrano le notizie o impongono proprio di non dare notizie, o perlomeno certe notizie.
2. INTERNET, LA GIURISPRUDENZA E LA TUTELA DELLA DIGNITÀ DELLA PERSONA FISICA E GIURIDICA
Nello specifico caso trattato in questo articolo: chi con pubblici scritti, affermazioni, ironie ingiuriose, quindi con la falsa attribuzione di affermazioni mai fatte e di fatti mai avvenuti, colpisce a vario titolo la sacra persona del Romano Pontefice, oltre ad insultare l’augusto soggetto in sé, reca grave offesa alla Chiesa ma soprattutto all’intero corpo dei suoi fedele sparsi a centinaia di milioni ai quattro angoli del mondo.
3. INTERNET E LA COMUNICAZIONE: PRIMA DI PARLARE E RISPONDERE TOLLE LEGE (PRENDI E LEGGI) COME DISSE LA VOCE ANGELICA DI UN BIMBO A SANT’AGOSTINO
A chi dà giudizi affrettati verrebbe da dire “tolle et lege”. |
Permettetemi di rifarmi ancora alla mia esperienza personale, sia pastorale sia lavorativa, posto che l’una e l’altra cosa si fondono assieme formando un tutt’uno. Prima di parlare o di scrivere bisogna leggere, studiare, conoscere e approfondire. Come direttore editoriale di una collana teologica è mio compito e responsabilità leggere anzitutto i lavori proposti da vari autori, che in libertà e onestà devo poi approvare o non approvare per la pubblicazione. Se il lavoro è meritevole di pubblicazione, a quel punto devo leggerlo di nuovo con profondo spirito critico, annotare, se ve ne sono, alcune inesattezze, suggerire eventuali integrazioni, consigliare se necessario diversa impostazione narrativa in alcune parti e via dicendo. Essendo di prassi abituato a fare questo genere di meticoloso lavoro, lascio immaginare ai lettori in che modo abbia reagito quando alcune volte, certi esperti tuttologi, leggendo il solo titolo di un libro stampato si sono lasciati andare a giudizi o peggio a impietose stroncature senza neppure avere sfogliato l’indice dell’opera. Ricordo a tal proposito la volta che dovetti sorbirmi dieci minuti ininterrotti di sproloqui da parte di un alto prelato, che ricevuta in mano la copia omaggio di un mio libro, leggendo il solo titolo sulla copertina me ne disse d’ogni mala sorta. Frenando la mia comprensibile irritazione risposi con caustica amabilità: «Seguendo questa stessa logica, se veramente il Santo Padre avesse scritto un’enciclica intitolata Eros ed Ethos[vedere a tal proposito un discorso di Giovanni Paolo II del 1980, qui ] sulla base del solo titolo di copertina, forse lei avrebbe chiesta la condanna del Santo Padre per contenuti osceni, prima di sfogliare l’enciclica e capire che parlava di tutto all’infuori di ciò che lei immaginava».
4. MOLTO PEGGIO DELL’AIDS, LA SUPERFICIALITÀ E LA FOLLIA COLLETTIVA SONO LE DUE PEGGIORI MALATTIE INFETTIVE DEL XXI SECOLO E INTERNET E’ LA GRANDE PIAZZA DI SFOGO DI QUESTI MALATI
Negli anni Ottanta si sviluppò l’AIDS, malattia che prese presto a essere chiamata “peste” o “flagello” del XX secolo. Cosa sulla quale non sono mai stato d’accordo, pur riconoscendo sia la pericolosità sia la gravità di questo terribile virus e delle tante care persone che ha colpito. Due sono infatti i flagelli e le epidemie che precedono l’AIDS e che conferiscono ad esso non il primo e neppure il secondo bensì il terzo posto: la superficialità e la follia collettiva, che rappresentano a mio parere due malattie assai più spaventose che si sono incrementate nel corso del XX secolo e che nel secolo XXI hanno raggiunto l’apice.
Il mondo della comunicazione internetica è un mezzo di diffusione di questi due pericolosi virus e brulica gente che si arrabbia per cose che tu non hai detto ma che loro hanno capito male, perché avevano fermamente bisogno di capire male per dare poi sfogo a mille psicopatologie più o meno represse. Gente che non si premura affatto di esaminare gli scritti, si limita a spulciarli, od a leggere il titolo e poche righe, per poi partire all’attacco come carri armati. E se per caso gli rispondi: «Mio caro, non solo hai capito male, perché se leggi ciò che ho scritto vedrai che non ho mai affermato ciò che mi attribuisci». Allora sì che si arrabbiano di più ancora e insistono a più non posso. Cosa che si guarderebbero bene dal fare in una pubblica aula di conferenze, o durante un qualsiasi dibattito pubblico, salvo essere presi a fischi da tutti i presenti. Ma l’Internet è anche questo: un grande manicomio dove grazie alla apprezzabile ma pur sempre defettibile legge Basaglia, i pazzi sono ormai tutti quanti a piede libero.
5. QUESTA INTRODUZIONE PER GIUNGERE INFINE AD HABEMUS PAPAM: GEORGIUM MARIUM S.R.E. CARDINALEM BERGOGLIO
Il 1° marzo 2013, su un quotidiano brasiliano che mi aveva fatto un’intervista rispondevo che «se fossi stato un elettore dentro la Cappella Sistina avrei dato il mio voto al Cardinale Jorge Mario Bergoglio» e che «auspicavo la sua elezione perché bisognava guardare al grande polmone cattolico dell’America Latina che oggi fa respirare il corpo della Chiesa [Correio Braziliense - Brasília, sexta-feira, 1º de março de 2013. Vedere qui]. Oggi devo prendere atto che non tanto ci sono state almeno 77 persone che nel Collegio Cardinalizio hanno in qualche modo esaudito quell’auspicio e quella preghiera; è stato lo Spirito Santo di Dio, che ha esaudito quella preghiera, che certo non è stata la sola.
6. DOPO IL PRIMO AFFACCIO ALLA LOGGIA CENTRALE SI È LEVATO UN CORO D’ESTETICHE PREFICHE: «NON HA INDOSSATO LA MOZZETTA ROSSA!»
Da questo momento in poi userò la parola “tradizionalismo” e “tradizionalisti” secondo l’accezione impropria ormai in uso nel linguaggio corrente, nello stesso modo in cui è impropriamente usata la parola “laico”. Ogni buon cattolico dovrebbe infatti essere un tradizionalista, se per tradizione si intende la salvaguardia e la tutela teologica e dogmatica del deposito della fede e della scrittura sulla quale la tradizione si regge e si sviluppa. Così come la parola “laico”, che nel linguaggio ecclesiale indica tutti quei fedeli cattolici e religiosi consacrati che non hanno ricevuto i sacri ordini; parola invece usata nel corrente lessico per indicare impropriamente non cattolici e non credenti.
Certi ultra progressisti che da alcuni decenni scempiano la sacra liturgia con abusi e creatività d’ogni mala sorta e certi cosiddetti tradizionalisti auto elettisi custodi della vera e unica tradizione liturgica, hanno in comune agli opposti antipodi la stessa cosa: il senso di ribellione all’autorità della Chiesa e all’occorrenza al suo Supremo Pastore. Gli uni come gli altri sono mossi da tutte quelle “migliori intenzioni” di cui sono lastricate le vie dell’Inferno. A maggior ragione valga per gli uni e per gli altri, da qui a seguire per tutto lo scritto, la precisazione “certi” e “alcuni” e giammai “tutti”.
Io non sono mai stato contrario al motu proprio circa il Vetus Ordo Missae, ma questo autentico florilegio isterico di persone che in giro per la rete si stanno dando a pianti d’ogni sorta e che in questi giorni hanno toccato l’apice del cattivo gusto in svariati commenti ingiuriosi vergati nel frequentatissimo blog del sito Messa in Latino, [vedere qui], mi stimolano a un certo ripensamento, come spiegherò più avanti. Molti di questi commentatori sono infatti giunti a trascendere nel vero e proprio oltraggio alla sacra persona del Successore di Pietro; e ciò niente di meno che in difesa della tradizione (!?!). Forse sarà il caso di ricordare a questi soggetti non facili da indurre alla ragione che la tradizione cattolica apostolica romana risiede in Pietro, pietra angolare edificante. Una Chiesa senza Pietro non è pensabile, anzi non può esistere proprio, sebbene taluni si siano inventati persino il sedevacantismo, teoria che trascende nella pura idiozia, perché l’eresia ha una sua dignità di pensiero e di conseguenza ce l’hanno gli eretici dotati di intelletto e talento, cosa che i sedevacantisti non hanno, tanto da non poter essere chiamati nemmeno eretici, poiché relegabili senza pena di offesa nell’ambito della demenzialità pseudo teologica e pseudo ecclesiologica.
So bene che citare a certe persone i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II li indurrebbe a reputare il tutto come richiami a “fonti sospette”, per ciò vedrò di accontentarli citando la costituzione dogmatica di un altro concilio ecumenico, la Pastor Aeternus del Vaticano I, promulgata dal Beato Pontefice Pio IX [vedere qui], utile e preziosa per chiarire anche e soprattutto la figura di Pietro, il suo ruolo, il suo alto ufficio la sua infallibilità quanto si esprime ex chatedra su verità di fede.
Anche la fonte giudicata da certi tradizionalisti sospetta, vale a dire il Concilio Ecumenico Vaticano II, non lascia spazio a dubbi e nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, ricalcando la Pastor Aeternus del Vaticano I, al n. 22 scrive: «Il collegio o corpo episcopale non ha però autorità, se non lo si concepisce unito al Pontefice Romano, successore di Pietro, quale suo capo» [vedere qui]. Tema sul quale ritornerà il Prefetto della Dottrina della fede Cardinale Joseph Ratzinger sempre basandosi sulla Pastor Aeternus e sulla Lumen Gentium[vedere qui].
Ciò detto, casomai Pietro non fosse gradito a certi “cattolici” custodi autentici della vera e sola tradizione, esiste da sempre una via conosciuta e praticata sin dai primi secoli di vita della Chiesa: l’eresia e lo scisma. Come successe con lo stesso Vaticano I, dal quale si scissero dall’alveo cattolico i cosiddetti vetero cattolici, anch’essi custodi della “vera tradizione” [vedere qui], oggi ridotti a fare “pastoralterapia” … “Joga esicastico” e amenità varie [vedere qui]. I vetero cattolici custodi della vera tradizione cattolica oggi “ordinano” le vescovesse lesbiche che a loro volta “ordinano” preti omosessuali che poi celebrano nozze gay, per dire a cosa spesso può portare la difesa della “vera” tradizione cattolica in ribellione a Pietro e a un Concilio Ecumenico della Chiesa [vedere qui]
Se difatti oltre ai canti gregoriani — di cui da sempre sono sia cultore sia esecutore — certi soggetti che da giorni sparano raffiche verso il nuovo Romano Pontefice in nome della difesa della tradizione, conoscessero un minimo di storia della teologia dogmatica, di storia della cristologia e di dogmatica sacramentaria, saprebbero in qual modo i primi otto secoli di vita della Chiesa siano stati corollati incessantemente da eresie e scismi, basati però, grazie a Dio, su cose serie, dinanzi alle quali verrebbe voglia di parafrasare il titolo di un vecchio libro di Mario Capanna: “Formidabili quegli anni” [ed. Rizzoli, 1980]. Sì, formidabili quei primo otto secoli turbolenti, perché da sempre la Chiesa teme molto più l’idiozia, che non la raffinata eresia portata avanti da figure di talento e di alta cultura come Ario e Pelagio. Dalle eresie ariane e pelagiane combattute da Padri della Chiesa come Atanasio e Agostino, è nata e si è solidificata la nostra migliore teologia, mentre dall’idiozia è nata solo e di prassi sempre altra idiozia, mai la migliore teologia, tanto meno la vera difesa della tradizione cattolica.
7. LA MOZZETTA ROSSA PONTIFICIA È FORSE UN ELEMENTO DOGMATICO DELLA FEDE CATTOLICA?
Francesco I – che più lo guardo e più mi ricorda l’immagine espressiva di un Pio XII con qualche chilo in più addosso – non si è presentato con un paio di pantaloni da minatore e una calabaza de mate in mano da gaucho della pampa argentina, si è presentato con la veste del romano pontefice e ci ha abbracciati con la sua apostolica benedizione.
Il fatto che il Romano Pontefice non abbia messo la mozzetta rossa ha suscitato nelle frange di certi tradizionalisti internetici un caso che ha indotto taluni a richiamare persino elementi apocalittici, sino a tirare in ballo madonne, veggenti, mistici … ovviamente tutti quanti a sproposito.
Dico, forse la mozzetta con la pelliccetta di ermellino è un elemento fondante del deposito dogmatico della fede cattolica e le scarpe rosse dimostrano il mistero del Verbo Incarnato, in assenza delle quali cade l’intero mistero dell’incarnazione?
E non venite a replicarmi “ma, la dignità della Chiesa …” ve ne prego! Perché la dignità della Chiesa comincia da una stalla, finisce su una croce di legno e tocca il proprio apice dinanzi alla pietra rovesciate del sepolcro di Cristo risorto. Questa è la nostra fede cattolica, apostolica romana; e chi ritiene che questa fede possa essere compromessa da una mozzetta rossa rifiutata, è pregato di argomentarlo in modo teologico e dogmatico, non certo supportandosi su mere isterie estetiche.
8. LO SCANDALO DELL’IGNORANZA: «IL ROMANO PONTEFICE SI È PRESENTATO COME IL VESCOVO DI ROMA E HA PARLATO DEI POVERI E DI UNA CHIESA POVERA».
È stato poi lamentato da una certa frangia di tradizionalisti, con allarme non meno apocalittico, che il Santo Padre si è presentato come il Vescovo di Roma e che ha insistito sulla figura del Vescovo. Cos’altro rispondere: anziché studiare l’arte e la corretta tessitura di chiroteche e di cappe magne, andate a studiarvi un po’ di Storia della Chiesa, di sana patrologia e di altrettanta sana ecclesiologia, se ignorate che il Vescovo di Roma è il Romano Pontefice e che nessuno, se non il Romano Pontefice, può essere Vescovo di Roma. È lo stesso Pietro, che si dichiara primus inter pares scrivendo: «Esorto gli anziani (presbytèrous) che sono tra voi, quale anziano come loro (sympresbýteros)… pascete il gregge di Dio che vi è affidato» [I, Pt. 5, 1-4]. Dunque Pietro —pietra edificante della Chiesa — è vescovo tra i vescovi, ma al tempo stesso è il primo dei vescovi e il supremo capo del Collegio Episcopale. Chi sta gridando allo scandalo perché il Santo Padre si è presentato come Vescovo di Roma e ha insistito su questo suo ruolo, conoscerà indubbiamente piviali e dalmatiche, ma di certo mostra di non conoscere il Vangelo, l’ecclesiologia e infine, non ultimo, anche il diritto canonico. Vediamo allora cosa recita il primo degli articoli del Codice di Diritto Canonico che tratta la figura del Romano Pontefice: «Il Vescovo di Roma in cui permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro … » [can. 331]. È Chiaro o qualcuno ha bisogno di “sottotitoli per non udenti”? Ebbene sottolineiamo anche per i “non udenti”: La legge codificata della Chiesa, nella parte in cui tratta la Suprema Autorità della Chiesa, non si apre citando il Romano Pontefice ma il Vescovo di Roma «nel quale permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro. Altrettanto recitava il precedente Codice di Diritto Canonico del 1917.
Il Santo Padre ha parlato dei poveri, forse è un pauperista? Ha messo una croce non d’oro, vuole forse spogliare la Chiesa dei suoi onori?
A prescindere dal fatto che dei poveri ha sempre parlato per primo e anzitutto Nostro Signore Gesù Cristo che scelse a ragion veduta Pietro come pietra per edificare la propria Chiesa. Perché mai il Santo Padre non dovrebbe rivolgersi a quelle grandi sacche di poveri del mondo che nella sua esperienza pastorale in Argentina ha assistito per tutta la vita? Fino a un paio di settimane fa, l’Arcivescovo Metropolita di Buenos Aires prendeva la metropolitana e il pullman per andare sia nelle villas de la mìseria suburbane (note col termine portoghese di favelas) sia per andare nella sua chiesa cattedrale. A questo andrebbe poi aggiunto un richiamo al più cristiano e pastorale buonsenso, o miei estetici tradizionalisti assisi all’ombra del quieto campanile italico intorno al quale nasce, vive e muore l’intera orbe cattolica. Sapete che cosa vorrebbe dire, ma soprattutto quale immagine devastante darebbe, un vescovo in visita pastorale alla parrocchia di una favela costruita in lamiera e prefabbricato che giungesse con una berlina Mercedes e che durante la sacra liturgia indossasse una preziosissima mitria gemmata, in mezzo a gente dove ancora diversi bambini camminano per le strade a piedi nudi con le fogne a cielo aperto?
Cosa pretendono da lui questi quattro esteti che frignano di sito in sito e di blog in blog, forse che tirasse fuori la sedia gestatoria, la tiara, che rimettesse in processione la nobiltà nera coi flaubelli, che andasse a celebrare una Messa al Pantheon in rito antico per il meglio della nobiltà immorale, godereccia, pluri divorziata e bancarottiera, ed infine reclamasse i territori dello Stato Pontificio basandosi sulla autenticità della Donazione Costantiniana? È forse questo l’onore della Chiesa? O forse, senza una mozzetta rossa con la pelliccetta di ermellino, Pietro non è veramente Pietro e la sua elezione non è valida?
9. UNA FEDE IMMATURA CHE PRETENDE DI RIVENDICARE LA “VERA TRADIZIONE” IGNORANDO CHE LA CHIESA E’ UN CORPO IN EVOLUZIONE
La Chiesa è un corpo in cammino che si muove e che deve necessariamente muoversi al passo coi tempi. Ciò che non muta e che mai deve mutare è la sostanza di fondo: il mistero della rivelazione e il suo messaggio di salvezza immutabile sino alla parusia. O come diceva il Dottore della Chiesa Santa Teresa d’Avila: «Dios no se muda jamas», Dio non cambia mai, ma tutto il resto cambia e muta proprio per sostenere la eterna immutabilità di Dio. A mutare in modo sempre appropriato e adeguato coi tempi è la forma dell’annuncio. Pertanto oggi Nostro Signore Gesù Cristo scriverebbe sui giornali, si farebbe intervistare dai giornalisti, andrebbe a dibattere coi moderni scribi e farisei ai più seguiti talk show e pubblicherebbe best seller. Nella Gerusalemme contemporanea non farebbe ingresso a cavallo di un asino ma con una automobile, che sicuramente non sarebbe targata né C.D (Corpo Diplomatico) né S.C.V (Stato Città del Vaticano), forse sarebbe targata V.C.F.E (Verbum Caro Factum Est).
La fede è racchiusa nella tradizione cattolica apostolica romana basata sul deposito dogmatico della divina rivelazione. Mai si mutino però in fede o peggio in dogmi di fede gli strumenti che servono a questo divino annuncio, perché in tal caso siamo di fronte alla più sfrenata idolatria agnostica.
Con l’ironia che talvolta mi fuoriesce dissi un giorno: oggi si passa direttamente dai preti in perizoma rosso ai preti vestiti con abiti ottocenteschi. Sia chiaro a chi non mi conosce di persona: io porto con decoro la talare quando devo portare la talare, soprattutto per celebrare il Sacrificio Eucaristico, amministrare sacramenti e sacramentali, ed il clergyman col collo romano quando è consentito portare il clergyman. Non sopporto i preti a la page in maglione o quelli con la camicia a mezze maniche sbottonata sotto il collo, perché un sacerdote deve essere sempre riconoscibile e mai sciatto. Semplice se vuole, ma sempre con grande decoro e dignità, mai con le pezze addosso. Permettetemi però di sorridere a malincuore dinanzi a giovani preti col mantello, lo zucchetto nero e il saturno in testa con tanto di nappa, perché sono anacronismi belli e buoni ostentati sia per insana estetica sia per insana ideologia.
Il problema è che diverse di queste persone, che oggi si dichiarano variamente impaurite … smarrite … preoccupate … si ostinano a concentrarsi in modo quasi ossessivo su una dimensione in parte politica e in parte estetico-esteriore. Cosa che denota non solo una fede infantile ma peggio il dramma di fondo di uno spirito di chiusura all’azione di grazia dello Spirito Santo di Dio.
Mi duole che di fondo questi “smarriti” manifestino una idea di Chiesa legata a criteri monarchici mondani, oserei dire quasi imperiali. Nell’economia della salvezza c’è un tempo per Pio IX, un tempo per Pio X, un tempo per Pio XII e un tempo per Francesco. E tutti sono risultati a loro modo dei santi uomini giusti al momento storico giusto, per grazia di Dio e per il supremo bene del Corpo Mistico della sua Chiesa.
10. POPULORUM PROGRESSIO: TENTARE DI FERMARE IL TEMPO È COSA ANTI EVANGELICA LESIVA ALLA CHIESA E AL POPOLO DI DIO
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